Ignacio
Ramonet - Nicolas Maduro un governo di strada
Il presidente chavista racconta il nuovo corso del governo
bolivariano e lancia la sfida alla destra in vista delle difficilissime
comunali dell'8 dicembre
Dopo aver fallito nel tentativo di delegittimare il
presidente del Venezuela democraticamente eletto, Nicolas Maduro, l'opposizione
già prepara le elezioni comunali dell'8 dicembre. In questa prospettiva,
circola di recente la frottola - alimentata da alcuni media internazionali -
che Maduro non sarebbe nato in Venezuela e pertanto, come previsto dalla
Costituzione, la sua elezione non sarebbe valida. Su questa nuova campagna di
«intossicazione» e su vari altri argomenti abbiamo conversato con Nicolás
Maduro - a bordo di un elicottero che ci portava da Caracas a Tiguanes (nello
stato venezuelano di Guárico) - il giorno stesso in cui si compivano i suoi
primi cento giorni di governo come presidente della Repubblica Bolivariana.
Presidente, l'opposizione venezuelana ha lanciato una
campagna per affermare che lei non è nato in Venezuela, ma a Cucuta, in
Colombia, ed è in possesso della doppia cittadinanza, ciò che, secondo la
Costituzione, la invaliderebbe come presidente. Come commenta questa accusa?
Lo scopo di questa follia lanciata da un demente dell'ultradestra
panamense è di creare le condizioni per una destabilizzazione politica. Cercano
di ottenere ciò che non hanno ottenuto né con le elezioni, né con colpi di
stato, né con sabotaggi economici. Sono disperati. E si basano su un'ideologia
anticolombiana che la borghesia e la destra venezuelane hanno sempre avuto
contro il popolo della Colombia. A questo proposito, se io fossi nato a Cúcuta
o Bogotá, mi sentirei felice di essere colombiano. È una nazione fondata da
Bolívar. Se fossi nato a Quito o a Guayaquil, mi sentirei parimenti orgoglioso
di essere ecuadoriano, perché è una terra liberata da Bolívar, o a Lima, Potosí
o La Paz o a Cochabamba, sarei felice di essere peruviano e boliviano; e se
fossi nato a Panama, terra di Omar Torrijos, terra di dignità che faceva parte
della Gran Colombia di Bolívar, mi sentirei allo stesso modo orgoglioso di
essere panamense. Ma io sono nato e cresciuto a Caracas, luogo di nascita del
Libertador, in quella Caracas sempre turbolenta, ribelle, rivoluzionaria. Ed eccomi
qui come presidente. Queste follie verranno ricordate come parte della crisi di
disperazione schizofrenica in cui a volte precipita la destra internazionale
per farla finita con questo faro di luce che è la rivoluzione bolivariana.
Per altro verso, il presidente della Assemblea nazionale,
Diosdado Cabello, ha detto di recente che sono stati scoperti complotti contro
di lei, con l'intenzione di assassinarla.
Sì, con il ministro dell'interno, Rodríguez Torres, e il
presidente della Assemblea nazionale, Diosdado Cabello, abbiamo rivelato uno
dei piani di omicidio che si stavano preparando per il 24 luglio, anniversario
della nascita di Simón Bolívar, e la commemorazione dei 190 anni della
battaglia navale di Maracaibo. Erano in possesso di un insieme di piani che
abbiamo potuto neutralizzare e che hanno sempre la loro origine nella destra
internazionale. Vi appare, per esempio, il nome di Álvaro Uribe (ex presidente
della Colombia, nda), che ha un'ossessione contro il Venezuela e contro i figli
di Chávez. Vi appare anche la vecchia mafia di Miami, quella di Posada
Carriles, che ha il sostegno di importanti organi di potere negli Stati uniti.
L'amministrazione Obama non ha voluto smantellare la mafia di Posada Carriles,
un terrorista condannato e confesso, perseguito dalle leggi del nostro paese
perché ha fatto saltare in aria un aereo della Cubana de Aviación nell'ottobre
del 1976... Posso assicurarle che continueremo a difenderci, neutralizzando
tali piani... e prevalendo. Se raggiungessero il loro obiettivo si creerebbe
una situazione a cui non voglio nemmeno pensare. A chi meno conviene che capiti
qualcosa del genere è la destra venezuelana. Scomparirebbe dalla mappa politica
del nostro paese per 300 anni... Perché la rivoluzione prenderebbe un altro carattere,
senza dubbio, molto più profondo, molto più socialista, molto più
anti-imperialista. Speriamo che questi piani non abbiano mai successo, perché a
loro andrebbe molto male. E io lo vedrei dal cielo...
Pensa che il
fallimento del tentativo di destabilizzazione si debba alla politica che lei ha
promosso, o a un cambiamento di atteggiamento della stessa opposizione in vista
delle comunali dell'8 dicembre?
Si deve soprattutto alla forza istituzionale della
democrazia venezuelana, e alla decisione che ho preso, appoggiandomi su quella
forza, di sconfiggere tempestivamente il tentativo insurrezionale e la
violenza. Non lasciare che si diffondesse. Non dimentichiamo che lo scorso
aprile hanno tentato una sorta di insurrezione nelle principali città del
paese.
Qual è il grado di
violenza che è stato raggiunto?
Hanno ucciso undici persone, persone umili, tra cui
una bambina e un bambino. E hanno causato quasi cento feriti, dei quali poco si
parla. L'opposizione ha svelato il suo vero volto golpista. Mostrava buone
maniere democratiche ma quando (il 5 marzo, nda) è morto il Comandante Chávez,
ha deciso di disconoscere i risultati delle elezioni e di cercare di imporre
con la forza - con il presunto supporto internazionale degli Stati Uniti e di
altri governi di destra - un'operazione per destabilizzare la Rivoluzione.
Siamo riusciti a sconfiggerli. Ora non hanno altro modo che riprovare,
attraverso le elezioni, a occupare spazio nei comuni. Li abbiamo costretti a
questo. Se non fosse stato per la nostra decisione di far rispettare la
Costituzione, avrebbero spinto il paese in una situazione guerra civile.
Lei però ha
lanciato l'allarme su possibili crepe nell'unità della Rivoluzione. Teme
divisioni nel chavismo?
Le forze della divisione hanno sempre minacciato
qualunque rivoluzione. Le aspirazioni al potere di gruppi e di individui sono
la negazione del progetto stesso della Rivoluzione Bolivariana, che ha un
carattere socialista, ed esige abnegazione e sacrificio. (...) Io sono il
presidente, non per ambizione individuale o perché rappresento un gruppo
economico o politico, no, io sono presidente perché il Comandante Chávez mi ha
preparato, mi ha designato e il popolo venezuelano mi ha confermato in elezioni
libere e democratiche. Quindi tutte queste forze dissolutrici esistono sempre.
Ma la Rivoluzione ha la capacità morale, politica e ideologica per superare
ogni tentativo di dividere le sue forze. Ho detto queste cose nel Llano
venezuelano (una regione del paese, ndt), perché stavo vedendo lì, proprio di
fronte a me, una persona che afferma di essere chavista ma, sotto sotto, è
finanziato dai latifondisti, e che fa un discorso chavista per dividere. Non è
impossibile che, quando questo individuo constati di non essere designato dalla
Rivoluzione come candidato a sindaco del comune, si lanci per proprio conto...
Siamo però nelle condizioni di presentare candidati unitari in quasi tutti i
comuni del paese; e ci toccherà fare un grande sforzo per sconfiggere le forze
disgregatrici di chi si dice chavista ma alla fine è alleato della
controrivoluzione.
Rispetto alla prassi del precedente governo lei ha
introdotto diversi cambiamenti: critica dell'insicurezza, denuncia della
corruzione e, soprattutto, ciò che lei chiama il «governo della strada». Perché
ha sentito il bisogno di insistere su questi temi? E qual è il suo bilancio del
«governo della strada»?
In primo luogo, il «governo della strada» è un metodo
perché vi sia una direzione collettiva della Rivoluzione. In secondo luogo, si
è creato un sistema di governo in cui non ci sono intermediari tra il potere
popolare locale e il governo nazionale. Questo fornisce una soluzione a
problemi specifici ma soprattutto contribuisce alla costruzione del socialismo,
delle comuni, di un'economia socialista, e al consolidamento di un sistema di
salute pubblica integrale, gratuito, di qualità, e di un sistema educativo
pubblico e gratuito di qualità... «Il governo della strada» è una rivoluzione
nella rivoluzione.
Se l'opposizione vincesse le elezioni comunali di dicembre
è probabile che chiederà un referendum per revocarla nel 2015. Come si prepara?
Siamo preparati a tutti gli scenari. Al popolo stiamo
dicendo sempre la verità. Se l'opposizione dovesse prendere molti voti,
cercherà di intensificare la destabilizzazione per disgregare la nostra patria,
porre fine all'indipendenza e cancellare la Rivoluzione del Comandante Chávez e
il concetto di Repubblica bolivariana. Imporrebbero scenari di
destabilizzazione violenta, per prima cosa, e gli Stati uniti cercheranno di
annullare i livelli di indipendenza e di unità che l'America Latina ha oggi.
Abbiamo una grande responsabilità, perché noi difendiamo un progetto che può
rendere possibile un altro mondo nella nostra regione e può contribuire a
creare un mondo multipolare, senza egemonie economiche e militari né politiche
dell'imperialismo statunitense. Un altro mondo, che rispetti i diritti dei
popoli del Sud- e anche dei popoli d'Europa, perché l'Europa si scuota di dosso
il neoliberismo - dipende da questo: che in America latina trionfino
definitivamente i progetti per costruire un blocco di forze tali da consolidare
l'idea che non siamo più un «cortile» degli Stati Uniti. Tutto questo però
dipende in gran parte da quel che accade qui in Venezuela.
Come pensa di vincere alle comunali del prossimo 8
dicembre?
C'è un elettorato che ha sempre votato per l'opposizione.
(...) e chi non ha votato per noi lo ha fatto perché scontento, per le cose
fatte male, i problemi accumulati... Tuttavia, questi elettori non hanno mai
sostenuto le avventure golpiste e antibolivariane della destra. A quei
venezuelani e a quelle venezuelane noi, in modo permanente, diciamo che stiamo
lavorando per la strada a migliorare le cose. Sanno che non è stato facile. E
che l'epopea più grande è stata, alla vigilia del 14 aprile, superare la
tragedia storica della morte del Comandante Hugo Chávez. Superare il lutto
collettivo. Quando una persona entra in lutto può perdere la speranza, non
credere più in nulla. E buona parte del popolo venezuelano è entrata in un
profondo lutto. (...) Perciò la nostra vittoria del 14 aprile è stata veramente
eroica. Quello che stiamo facendo - il «governo della strada», la ripresa
dell'economia, l'attenzione a problemi improrogabili come l'insicurezza
cittadina, la corruzione... - ci darà la forza per una grande vittoria l'8
dicembre. (...)
Fin dove pensa di arrivare nella sua lotta contro la
corruzione?
Fino alle estreme conseguenze. Ci serviremo di tutto.
Siamo di fronte a una destra molto corrotta. (...) Ma siamo anche di fronte
alla corruzione annidata all'interno del campo rivoluzionario o all'interno
dello stato. Non ci sarà tregua! Ho costituito una squadra segreta di
ricercatori incorruttibili che hanno già scoperto casi enormi. Abbiamo già
arrestato persone al più alto livello e continueremo ad attaccare duramente.
Tutti saranno giudicati e andranno dove devono andare: in galera.
Come vede la situazione economica? Diverse analisi mettono
in guardia circa l'alto livello di inflazione.
L'economia del Venezuela è in transizione verso un
nuovo modello di produzione, diversificato e «socialista del XXI secolo»,
nell'ambito della costruzione di un nuovo quadro economico costituito
dall'integrazione sudamericana e latinoamericana. Non si deve dimenticare che
ora siamo membri del Mercosur (...), membri di Alba (Alleanza Bolivariana per i
popoli della nostra América, ndt) e guidiamo Petrocaribe. Si tratta di un
blocco di 24 paesi del continente che potrebbe rappresentare - mettendo insieme
Mercosur, Alba e Petrocaribe - quasi la quarta economia mondiale... Perciò
dobbiamo trasformare l'economia venezuelana e collegarla con lo sviluppo di
questo nuovo quadro economico, e a nostra volta integrarci nell'economia
mondiale in una situazione di vantaggio. Non di dipendenza. Per questo dico che
siamo in fase di transizione. Sull'inflazione le dirò che abbiamo subito un
attacco molto duro, speculativo, contro la nostra moneta, e lo stiamo
superando. C'è anche un sabotaggio sulla fornitura di vari prodotti. Tutto
questo produce inflazione. Ma abbiamo cominciato a controllare, a equilibrare,
e sono sicuro che supereremo questa situazione nel resto del secondo semestre.
Stabilizzeremo la moneta. Già abbiamo iniziato a stabilizzare
l'approvvigionamento, ma la chiave principale per uscire da questo modello di
rendita, dipendente, è di diversificare la nostra produzione. Stiamo
realizzando grandi investimenti in settori chiave della produzione alimentare,
dell'agro-industria e dell'industria pesante. (...) Recentemente abbiamo fatto
un giro in Europa e siamo molto ottimisti sul fatto che il capitale arrivi da
Francia, Italia, Portogallo... Desideriamo che arrivi capitale anche da
Brasile, India, Cina, con la loro tecnologia, per sviluppare l'industria
intermedia in Venezuela, e diversificare. Affinché il Venezuela non faccia più
affidamento solo sul petrolio, (...) anche se non dimentichiamo che qui abbiamo
le maggiori riserve del mondo e la quarta più grande riserva di gas. Il
Venezuela è un'economia con molto potere economico e finanziario. A partire dal
2014 sono sicuro che torneremo a crescere.
Come si spiega però
la carenza di merci?
Fa parte della «guerra silenziosa» di attori politici ed
economici, nazionali e internazionali, iniziata nel dicembre dell'anno scorso
quando le condizioni del Comandante Chávez hanno cominciato ad aggravarsi. In
più, ci sono stati errori nel sistema di cambio delle valute, errori che
abbiamo corretto. Queste forze antibolivariane hanno cominciato a colpire la
fornitura dei prodotti che importiamo. Inoltre, per spiegare la scarsità di
alcuni prodotti, si deve rilevare che il potere d'acquisto dei venezuelani ha
continuato a salire. Abbiamo solo un 6 per cento di disoccupazione e il salario
minimo urbano qui è il più alto dell'America latina. Un altro punto importante
riconosciuto dalla Fao è che siamo il paese che ha fatto di più per combattere
la fame. Tutto questo - è molto importante tenerlo in conto - ha generato un
aumento della capacità di consumo della popolazione, che sta crescendo ogni anno
di oltre il 10 per cento. I consumi crescono a un ritmo superiore alla capacità
produttiva del paese e della capacità che abbiamo di rifornirci con le
importazioni. Il Comandante Chávez, l'ultima volta che ho parlato con lui
personalmente, il 22 febbraio scorso, quando valutammo la situazione economica
e parlammo della penuria, disse: «Si è scatenata una 'guerra economica' per
approfittare della mia malattia nella speranza di arrivare a un'elezione
presidenziale». Ma oggi stiamo uscendo da questi problemi. Al popolo
venezuelano non è mai mancato il cibo. Mai. Vada in qualunque quartiere
popolare, di quelli che ho conosciuto negli anni Ottanta, dove i bambini
morivano di fame, dove la gente mangiava una volta al giorno e qualche volta
era cibo buono per i cani ... Vada nel quartiere più umile che può trovare, non
importa dove, si metta lì, apra la dispensa, e vedrà carne, riso, olio,
latte... Il popolo ha la garanzia del cibo, e l'ha avuta nelle peggiori
circostanze della «guerra economica» che ci hanno fatto. (...) Per questo
abbiamo la stabilità sociale e politica. Oggi questa guerra è molto diversa da
quella di undici anni fa. (...) È tutto morbido, nascosto, e la destra
fascistoide arriva sorridendo: «Questo governo è incapace perché non può
rifornirsi di prodotti». (...) Ma lo stiamo superando e ci stiamo vaccinando
(...).
In economia quale
ruolo vede per il settore privato?
Storicamente, il settore privato è poco sviluppato in
Venezuela. Non c'è mai stata una borghesia nazionale. Il settore privato, in
via principale, si è sviluppato quando si è scoperto come fattore molto legato
all'appropriazione dei proventi petroliferi. Quasi tutte le grandi ricchezze
della borghesia venezuelana sono legate alla manipolazione del dollaro, sia per
importare i prodotti (la borghesia commerciale) che per appropriarsi della
rendita e collocarla nei conti delle grandi banche all'estero. Quindi, in cento
anni, non abbiamo avuto una borghesia produttiva come l'ha avuta il Brasile,
per esempio, o l'Argentina. Ora è il momento in cui stiamo vedendo sorgere
settori privati legati alla vera produzione di ricchezza per il paese. Nel
modello socialista venezuelano, il settore privato ha un ruolo da giocare nella
diversificazione dell'economia. Da sempre il Comandante Hugo Chávez ha favorito
i rapporti con il settore privato, sia nella piccola come nella media o grande
impresa. Ha favorito lo sviluppo di imprese miste e l'arrivo di capitale
straniero. Il Venezuela ha una politica economica: per selezionare in quale
area sono necessari investimenti esteri e che capitale può venire e a quali
condizioni. Per esempio, benché il nostro petrolio sia nazionalizzato, ci sono
modi diversi che permettono investimenti nella Cintura dell'Orinoco da parte di
tutto il capitale mondiale; là ci sono aziende di tutto il mondo, imprese
miste: il 40% capitale internazionale, il 60% Venezuela. Facciamo pagare le
tasse dovute - in precedenza si pagava l'1 per cento, oggi il 33. Il Venezuela
offre tutte le garanzie costituzionali per ricevere il capitale internazionale.
Come vanno i
rapporti con Washington?
Vorrei dire, innanzitutto, che l'elezione di Obama a
presidente è l'effetto di alcune circostanze. Si tratta di una circostanza
all'interno della classe dirigente degli Stati uniti. Perché Obama arriva alla
presidenza? Perché conveniva agli interessi degli complesso
militare-finanziario e delle comunicazioni che dirige gli Stati uniti con un
progetto imperiale. Chi conosce a fondo la storia della fondazione degli Usa e
del loro espansionismo riconoscerà che è il più potente impero che sia
esistito, con un progetto di dominazione mondiale. Le élites degli Usa hanno
eletto Obama in funzione dei loro interessi. E hanno raggiunto parte
dell'obiettivo che si proponevano: far sì che un paese isolato e screditato,
ossia gli Stati uniti nell'era di George W. Bush, si trasformasse, grazie a
Obama, in una potenza che possiede di nuovo capacità di influenza e di dominio.
Vediamo il caso dell'Europa, soggetta ai dettami di Washington come mai prima.
Quel che è successo al presidente della Bolivia Evo Morales quando quattro
stati europei gli hanno negato il proprio spazio aereo, è una dimostrazione
gravissima di come, da Washington, vengono diretti i governi europei. È davvero
molto sconcertante. Non so se i popoli europei lo sanno, perché a volte, con il
controllo della comunicazione che c'è, queste notizie vengono banalizzate e
lasciate ai margini. Ma è molto grave. Obama è riuscito a far sì che l'Impero
cresca in influenza politica. Gli Stati Uniti si stanno preparando per una
nuova fase, che consiste nella crescita del dominio militare ed economico. In
America latina, il loro progetto è rovesciare i processi progressisti di
cambiamento per farci tornare a essere il loro cortile. Perciò stanno tornando
- con un altro nome - al progetto dell'Alca (Area di Libero Commercio delle
Americhe): per dominarci economicamente e riprendere gli stessi metodi del
passato. Guardi cosa è successo sotto la presidenza Obama: colpo di stato in
Honduras diretto dal Pentagono; tentato colpo di stato contro il presidente
dell'Ecuador, Rafael Correa, teleguidato dalla Cia; colpo di stato in Paraguay
gestito da Washington per rimuovere il presidente Fernando Lugo... Che nessuno
si illuda, se gli Stati uniti vedono che ci sono condizioni favorevoli
tornerebbero subito a riempire di oscurità e morte l'America Latina. Perciò il
rapporto dell'amministrazione Obama con noi è schizofrenico. Pensano di poterci
ingannare con la «diplomazia soft», che ci lasceremo dare il «bacio della
morte». Ma noi lo abbiamo sempre detto molto chiaramente: voi là con il vostro
progetto imperialista, noi qui con il nostro progetto di liberazione. L'unico
modo per instaurare una relazione stabile e permanente è che ci rispettino.
Perciò ho detto: «Tolleranza zero verso la mancanza di rispetto gringa e delle
sue élites. Non lo tollereremo più». Se continuano ad attaccarci, risponderemo
a ogni aggressione con maggiore forza. È il tempo della tolleranza zero.
Ignacio Ramonet è il
direttore di Le Monde Diplomatique spagnolo su cui, a settembre, è comparsa
questa intervista realizzata il 31 luglio, di cui pubblichiamo ampi stralci.
Fonte: www.ilmanifesto.it
14.09.2013
Traduzione dallo spagnolo a cura di www.democraziakmzero.org .
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