lunedì 30 settembre 2013

NOVEMBRE 2013 : IMPORTANTE VIAGGIO A CUBA DEGLI INTERNAZIONALISTI DELL’ALTA MAREMMA TOSCANA /NOVIEMBRE 2013: IMPORTANTE VIAJE A CUBA DE LOS INTERNACIONALISTAS DE LA ALTA MAREMMA TOSCANA.




NOVEMBRE 2013 : IMPORTANTE VIAGGIO A CUBA DEGLI INTERNAZIONALISTI DELL’ALTA MAREMMA TOSCANA .

Anche nel  2013 il IX coloquio di Holguin per la libertà dei Cinque eroi Cubani e contro il terrorismo vedrà la presenza del coordinamento alta Maremma per la libertà dei 5. La delegazione sarà composta da 9 compagni/e militanti dell’internazionalismo rosso di una vasta zona del territorio Toscano. Da Holguin ll gruppo si recherà a Santiago per consegnare il contributo economico stanziato di recente dal CSIAM per la “casa della cultura “ distrutta nell’ottobre 2012 dal devastante passaggio dell’uragano “Sandy” … ..Attraversando tutta Cuba la destinazione successiva sarà l’eroica città di Artemisa dove verrà inaugurato il “Progetto Serena” : un nuovo consultorio pediatrico voluto con ferma volontà dai familiari e dal CSIAM per ricordare la giovane militante deceduta in tragico incidente nell’ agosto 2011 . Nel consultorio è stata affissa una targa commemorativa con l’immagine di Serena.  Nella Provincia di Artemisa è previsto un incontro con l’amministrazione del Municipio di Bahia Honda per gettare le basi di un gemellaggio con il comune Maremmano di Monterotondo Marittimo (GR). Gemellaggio che già vede l’interessamento dell’ambasciata di Cuba in Italia.

Viva l’internazionalismo proletario!!


I membri della delegazione rappresenteranno :
Prc Piombino-Elba, Prc Follonica, PCL alta Maremma, CSIAM (centro solidarietà internazionalista alta Maremma), amici di Cuba gruppo“Italo Calvino”, circolo Bolivariano alta Maremma “Alessio Martelli”, Villetta per Cuba.





NOVIEMBRE  2013: IMPORTANTE VIAJE A CUBA DE LOS INTERNACIONALISTAS DE LA ALTA MAREMMA TOSCANA.

También en el 2013 el IX coloquio de Holguin por la libertad de los Cinco héroes cubanos y contra el terrorismo, verá la presencia de la coordinación alta Maremma Toscana por la libertad de los 5, la delegación  será compuesta por 9 companeros y companeras militantes del internacionalismo rojo de vasta zona de territorio Toscano. Desde  Holguin el grupo irá a Santiago para entregar la contribución económica asignada recientemente del CSIAM por la "vivienda de la cultura”, destruída en el octubre de 2012 del desolador paso del huracán "Sandy" …. Atravesando toda Cuba el destino siguiente será en la heroica ciudad de Artemisa donde será inaugurado el "Proyecto Serena" : un nuevo consultorio pediátrico querido
de los parientes y del CSIAM para recordar la joven militante muerta en un trágico accidente en agosto de 2011. En el consultorio ha sido fijada un placa de matrícula conmemorativa con la imagen de Serena ,…En provincia de Artemisa es previsto  encuentro con la administración del Municipio de Bahia Honda para echar las bases de un hermanamiento con el Municipio Maremmano de Monterotondo Marittimo (GR). Hermanamiento que ya ve el interés de la embajada de Cuba en Italia.

Viva el internacionalismo proletario!!!



Los miembros de la delegación representarán :
Prc Piombino-Elba, Prc Follonica, PCL alta Maremma, CSIAM (centro solidarietà internazionalista alta Maremma), amici di Cuba gruppo“Italo Calvino”, circolo Bolivariano alta Maremma “Alessio Martelli”, Villetta per Cuba.





sabato 21 settembre 2013

ITALO CALVINO commemorato a Castiglion della Pescaia (GR) da associazioni e partiti di Piombino – Elba, Follonica , Monterotondo M.Mo, Alta Maremma e Colline Metallifere/Qualsiasi cosa cerchi di scrivere * di Italo Calvino Pensando a Che Guevara



Associazioni  e partiti di Piombino – Elba, Follonica , Monterotondo M.Mo, Alta Maremma e Colline Metallifere Hanno ricordato Italo Calvino a Castiglione della Pescaia (GR)



Il 19 settembre in occasione del 28 ° anniversario della morte di Italo Calvino rappresentanti  antifascisti e militanti internazionalisti  dell’ Alta Maremma si sono  recati  presso il cimitero Comunale di Castiglione della Pescaia (GR) per ricordare l’ultimo grande autore del ’900, il partigiano  “Santiago”della 2a divisione d’assalto “Garibaldi”  Felice Cascione che operava nelle Alpi Marittime.  Calvino, cresciuto con un pensiero  Anarco-comunista, grazie all’esperienza partigiana, consolidò una già radicata e profonda consapevolezza di se stesso e della realtà che lo circondava che contribuì, insieme all’entusiasmo che lo accompagnava, a determinare la sua formazione umana, politica e letteraria.

Anche dopo la rottura con il PCI nell’agosto 1957 per i fatti d’Ungheria rimase legato alla sinistra e  in una lettera scrisse “…..non rinnego il passato, vorrei rivolgere un saluto anche ai compagni più lontani dalle
mie posizioni che rispetto come combattenti anziani e valorosi, al cui rispetto, nonostante le opinioni diverse, tengo immensamente e a tutti; e a tutti i compagni lavoratori, alla parte migliore del popolo italiano dei quali continuerò a considerarmi il compagno.”


Italo Calvino nacque a Santiago de Las Vegas all’Avana Cuba nel 1923 , paese che sempre ha tenuto nel cuore. Nel 1964 vi tornò per sposarsi all’Avana con
argentina Esther Judit Singer detta” Chichita “e, in quell’occasione, fu invitato a far parte della giuria del Premio letterario Casa Las Americas. Lì conobbe e fece amicizia con il Comandante  Ernesto Che Guevara, allora Ministro dell’industria cubana. Quando nel 1967  in Bolivia il” CHE” fu ucciso, per ricordarlo, gli dedicò la bellissima lettera : *“Qualsiasi cosa cerchi di scrivere…….”,che in Italia fu diffusa solo nel 1998. Sempre nel 1964 si attivò per
co-fondare l’associazione amicizia Italia Cuba, ma già nel 1961 era presente a sostenere  Aldo Capitini nella  1a edizione della marcia pacifista Perugia-Assisi.



Nel 1995, nel decennale della sua morte, la figlia Giovanna Calvino fu contattata dalle autorità cubane al fine di inaugurare, nel 1996, una grande lapide-ricordo nella casa natale di Italo Calvino, nel Giardino Botanico di Santiago de las Vegas, alla periferia dell'Avana. In tale occasione a Cuba sorse il comitato "Pro-Fondazione-Calvino". Tale istituzione nel 1996 dette vita al Premio Letterario Biennale Cubano Italo Calvino, riservato a
giovani talenti cubani, per teatro, poesia, narrativa e saggistica. Entrambi i suddetti Premi (in Italia e a Cuba)
sono tuttora esistenti. Nel 2000 (ma anche nel 2003, 80º anniversario della sua nascita) nel Castello del Morro dell'Avana, il governo cubano ha esposto una mostra fotografica bilingue (italo-spagnola) dedicata alla vita di Italo Calvino, il governo Cubano ha dichiarato l'anno 2013 "Anno di Italo Calvino a Cuba", in occasione della sua "Fiesta del 90º compleanno".



A ricordare Italo Calvino con un omaggio floreale  erano presenti  esponenti  in rappresentanza di :



PRC Piombino-isola D’Elba, , PCL Follonica, ANPI 
Monterotondo  Mmo.- Montieri, Comune di Monterotondo M.mo (gr) ,CSIAM (centro solidarietà  internazionalista Alta Maremma), C.lo Bolivariano alta Maremma “Alessio Martelli”,  Amici di  Cuba gruppo  “Italo Calvino”Piombino Val di Cornia, Coordinamento alta Maremma per la libertà dei cinque eroi Cubani.



Si ringraziano tutti i partecipanti, un grazie particolare al Sindaco di Monterotondo  M.mo (GR) che è stato parte attiva dell’iniziativa .

Nei prossimi anni gli organizzatori cercheranno di ampliare la presenza

a questa importante ricorrenza, che oltre a rendere omaggio ad un grande letterato del ‘900, è anche  un modo per salvare la nostra memoria storica.

Si ringrazia il  Granma internacional curato da Gioia Minuti e anche Gianfranco Ginestri con cui speriamo di collaborare per il 2014

 
Qualsiasi cosa cerchi di scrivere *

di Italo Calvino

Pensando a Che Guevara

Lettera scritta da Calvino nel 1967 quando ha avuto notizia della morte di Ernesto Che Guevara, in Italia il documento è apparso solo nel 1998



Qualsiasi cosa io cerchi di scrivere per esprimere la mia ammirazione per Ernesto Che Guevara, per come visse e per come morì, mi pare fuori tono. Sento la sua risata che mi risponde, piena d'ironia e di commiserazione. Io sono qui, seduto nel mio studio, tra i miei libri, nella finta pace e finta prosperità dell'Europa, dedico un breve intervallo del mio lavoro a scrivere, senza alcun rischio, d'un uomo che ha voluto assumersi tutti i rischi, che non ha accettato la finzione d'una pace provvisoria, un uomo che chiedeva a sè e agli altri il massimo spirito di sacrificio, convinto che ogni risparmio di sacrifici oggi si pagherà domani con una somma di sacrifici ancor maggiori.

Guevara è per noi questo richiamo alla gravità assoluta di tutto ciò che riguarda la rivoluzione e l'avvenire del mondo, questa critica radicale a ogni gesto che serva soltanto a mettere a posto le nostre coscienze.

In questo senso egli resterà al centro delle nostre discussioni e dei nostri pensieri, così ieri da vivo come oggi da morto. E' una presenza che non chiede a noi né consensi superficiali né atti di omaggio formali; essi equivarrebbero a misconoscere, a minimizzare l'estremo rigore della sua lezione. La "linea del Che" esige molto dagli uomini; esige molto sia come metodo di lotta sia come prospettiva della società che deve nascere dalla lotta. Di fronte a tanta coerenza e coraggio nel portare alle ultime conseguenze un pensiero e una vita, mostriamoci innanzitutto modesti e sinceri, coscienti di quello che la "linea del Che" vuol dire -una trasformazione radicale non solo della società ma della "natura umana", a cominciare da noi stessi- e coscienti di che cosa ci separa dal metterla in pratica.

La discussione di Guevara con tutti quelli che lo avvicinarono, la lunga discussione che per la sua non lunga vita (discussione-azione, discussione senz'abbandonare mai il fucile), non sarà interrotta dalla morte, continuerà ad allargarsi. Anche per un interlocutore occasionale e sconosciuto (come potevo esser io, in un gruppo d'invitati, un pomeriggio del 1964, nel suo ufficio del Ministero dell'Industria) il suo incontro non poteva restare un episodio marginale. Le discussioni che contano sono quelle che continuano poi silenziosamente, nel pensiero. Nella mia mente la discussione col Che è continuata per tutti questi anni, e più il tempo passava più lui aveva ragione.

Anche adesso, morendo nel mettere in moto una lotta che non si fermerà, egli continua ad avere sempre ragione.

* ottobre 1967
inizio commemorazione 19 settembre 2013 Cimitero Castiglion della Pescaia-Gr

 Rappresentanza Prc Federazione  Piombino-Isola- D'elba
Rappresentanza PCL Follonica colline metallifere

 Sempre e comunque antifascisti

membri  del Circolo Bolivariano Alta Maremma "Alessio Martelli" con il Sindaco Monterotondo M.mo (gr)-( bandiera non conforme ma unica disponibile)

domenica 15 settembre 2013

Il presidente chavista racconta il nuovo corso del governo bolivariano e lancia la sfida alla destra in vista delle difficilissime comunali dell'8 dicembre


Ignacio Ramonet - Nicolas Maduro un governo di strada
Il presidente chavista racconta il nuovo corso del governo bolivariano e lancia la sfida alla destra in vista delle difficilissime comunali dell'8 dicembre


Dopo aver fallito nel tentativo di delegittimare il presidente del Venezuela democraticamente eletto, Nicolas Maduro, l'opposizione già prepara le elezioni comunali dell'8 dicembre. In questa prospettiva, circola di recente la frottola - alimentata da alcuni media internazionali - che Maduro non sarebbe nato in Venezuela e pertanto, come previsto dalla Costituzione, la sua elezione non sarebbe valida. Su questa nuova campagna di «intossicazione» e su vari altri argomenti abbiamo conversato con Nicolás Maduro - a bordo di un elicottero che ci portava da Caracas a Tiguanes (nello stato venezuelano di Guárico) - il giorno stesso in cui si compivano i suoi primi cento giorni di governo come presidente della Repubblica Bolivariana.

Presidente, l'opposizione venezuelana ha lanciato una campagna per affermare che lei non è nato in Venezuela, ma a Cucuta, in Colombia, ed è in possesso della doppia cittadinanza, ciò che, secondo la Costituzione, la invaliderebbe come presidente. Come commenta questa accusa?
Lo scopo di questa follia lanciata da un demente dell'ultradestra panamense è di creare le condizioni per una destabilizzazione politica. Cercano di ottenere ciò che non hanno ottenuto né con le elezioni, né con colpi di stato, né con sabotaggi economici. Sono disperati. E si basano su un'ideologia anticolombiana che la borghesia e la destra venezuelane hanno sempre avuto contro il popolo della Colombia. A questo proposito, se io fossi nato a Cúcuta o Bogotá, mi sentirei felice di essere colombiano. È una nazione fondata da Bolívar. Se fossi nato a Quito o a Guayaquil, mi sentirei parimenti orgoglioso di essere ecuadoriano, perché è una terra liberata da Bolívar, o a Lima, Potosí o La Paz o a Cochabamba, sarei felice di essere peruviano e boliviano; e se fossi nato a Panama, terra di Omar Torrijos, terra di dignità che faceva parte della Gran Colombia di Bolívar, mi sentirei allo stesso modo orgoglioso di essere panamense. Ma io sono nato e cresciuto a Caracas, luogo di nascita del Libertador, in quella Caracas sempre turbolenta, ribelle, rivoluzionaria. Ed eccomi qui come presidente. Queste follie verranno ricordate come parte della crisi di disperazione schizofrenica in cui a volte precipita la destra internazionale per farla finita con questo faro di luce che è la rivoluzione bolivariana.

Per altro verso, il presidente della Assemblea nazionale, Diosdado Cabello, ha detto di recente che sono stati scoperti complotti contro di lei, con l'intenzione di assassinarla.

Sì, con il ministro dell'interno, Rodríguez Torres, e il presidente della Assemblea nazionale, Diosdado Cabello, abbiamo rivelato uno dei piani di omicidio che si stavano preparando per il 24 luglio, anniversario della nascita di Simón Bolívar, e la commemorazione dei 190 anni della battaglia navale di Maracaibo. Erano in possesso di un insieme di piani che abbiamo potuto neutralizzare e che hanno sempre la loro origine nella destra internazionale. Vi appare, per esempio, il nome di Álvaro Uribe (ex presidente della Colombia, nda), che ha un'ossessione contro il Venezuela e contro i figli di Chávez. Vi appare anche la vecchia mafia di Miami, quella di Posada Carriles, che ha il sostegno di importanti organi di potere negli Stati uniti. L'amministrazione Obama non ha voluto smantellare la mafia di Posada Carriles, un terrorista condannato e confesso, perseguito dalle leggi del nostro paese perché ha fatto saltare in aria un aereo della Cubana de Aviación nell'ottobre del 1976... Posso assicurarle che continueremo a difenderci, neutralizzando tali piani... e prevalendo. Se raggiungessero il loro obiettivo si creerebbe una situazione a cui non voglio nemmeno pensare. A chi meno conviene che capiti qualcosa del genere è la destra venezuelana. Scomparirebbe dalla mappa politica del nostro paese per 300 anni... Perché la rivoluzione prenderebbe un altro carattere, senza dubbio, molto più profondo, molto più socialista, molto più anti-imperialista. Speriamo che questi piani non abbiano mai successo, perché a loro andrebbe molto male. E io lo vedrei dal cielo...

Pensa che il fallimento del tentativo di destabilizzazione si debba alla politica che lei ha promosso, o a un cambiamento di atteggiamento della stessa opposizione in vista delle comunali dell'8 dicembre?

Si deve soprattutto alla forza istituzionale della democrazia venezuelana, e alla decisione che ho preso, appoggiandomi su quella forza, di sconfiggere tempestivamente il tentativo insurrezionale e la violenza. Non lasciare che si diffondesse. Non dimentichiamo che lo scorso aprile hanno tentato una sorta di insurrezione nelle principali città del paese.

Qual è il grado di violenza che è stato raggiunto?

Hanno ucciso undici persone, persone umili, tra cui una bambina e un bambino. E hanno causato quasi cento feriti, dei quali poco si parla. L'opposizione ha svelato il suo vero volto golpista. Mostrava buone maniere democratiche ma quando (il 5 marzo, nda) è morto il Comandante Chávez, ha deciso di disconoscere i risultati delle elezioni e di cercare di imporre con la forza - con il presunto supporto internazionale degli Stati Uniti e di altri governi di destra - un'operazione per destabilizzare la Rivoluzione. Siamo riusciti a sconfiggerli. Ora non hanno altro modo che riprovare, attraverso le elezioni, a occupare spazio nei comuni. Li abbiamo costretti a questo. Se non fosse stato per la nostra decisione di far rispettare la Costituzione, avrebbero spinto il paese in una situazione guerra civile.

Lei però ha lanciato l'allarme su possibili crepe nell'unità della Rivoluzione. Teme divisioni nel chavismo?

Le forze della divisione hanno sempre minacciato qualunque rivoluzione. Le aspirazioni al potere di gruppi e di individui sono la negazione del progetto stesso della Rivoluzione Bolivariana, che ha un carattere socialista, ed esige abnegazione e sacrificio. (...) Io sono il presidente, non per ambizione individuale o perché rappresento un gruppo economico o politico, no, io sono presidente perché il Comandante Chávez mi ha preparato, mi ha designato e il popolo venezuelano mi ha confermato in elezioni libere e democratiche. Quindi tutte queste forze dissolutrici esistono sempre. Ma la Rivoluzione ha la capacità morale, politica e ideologica per superare ogni tentativo di dividere le sue forze. Ho detto queste cose nel Llano venezuelano (una regione del paese, ndt), perché stavo vedendo lì, proprio di fronte a me, una persona che afferma di essere chavista ma, sotto sotto, è finanziato dai latifondisti, e che fa un discorso chavista per dividere. Non è impossibile che, quando questo individuo constati di non essere designato dalla Rivoluzione come candidato a sindaco del comune, si lanci per proprio conto... Siamo però nelle condizioni di presentare candidati unitari in quasi tutti i comuni del paese; e ci toccherà fare un grande sforzo per sconfiggere le forze disgregatrici di chi si dice chavista ma alla fine è alleato della controrivoluzione.

Rispetto alla prassi del precedente governo lei ha introdotto diversi cambiamenti: critica dell'insicurezza, denuncia della corruzione e, soprattutto, ciò che lei chiama il «governo della strada». Perché ha sentito il bisogno di insistere su questi temi? E qual è il suo bilancio del «governo della strada»?

In primo luogo, il «governo della strada» è un metodo perché vi sia una direzione collettiva della Rivoluzione. In secondo luogo, si è creato un sistema di governo in cui non ci sono intermediari tra il potere popolare locale e il governo nazionale. Questo fornisce una soluzione a problemi specifici ma soprattutto contribuisce alla costruzione del socialismo, delle comuni, di un'economia socialista, e al consolidamento di un sistema di salute pubblica integrale, gratuito, di qualità, e di un sistema educativo pubblico e gratuito di qualità... «Il governo della strada» è una rivoluzione nella rivoluzione.

Se l'opposizione vincesse le elezioni comunali di dicembre è probabile che chiederà un referendum per revocarla nel 2015. Come si prepara?

Siamo preparati a tutti gli scenari. Al popolo stiamo dicendo sempre la verità. Se l'opposizione dovesse prendere molti voti, cercherà di intensificare la destabilizzazione per disgregare la nostra patria, porre fine all'indipendenza e cancellare la Rivoluzione del Comandante Chávez e il concetto di Repubblica bolivariana. Imporrebbero scenari di destabilizzazione violenta, per prima cosa, e gli Stati uniti cercheranno di annullare i livelli di indipendenza e di unità che l'America Latina ha oggi. Abbiamo una grande responsabilità, perché noi difendiamo un progetto che può rendere possibile un altro mondo nella nostra regione e può contribuire a creare un mondo multipolare, senza egemonie economiche e militari né politiche dell'imperialismo statunitense. Un altro mondo, che rispetti i diritti dei popoli del Sud- e anche dei popoli d'Europa, perché l'Europa si scuota di dosso il neoliberismo - dipende da questo: che in America latina trionfino definitivamente i progetti per costruire un blocco di forze tali da consolidare l'idea che non siamo più un «cortile» degli Stati Uniti. Tutto questo però dipende in gran parte da quel che accade qui in Venezuela.

Come pensa di vincere alle comunali del prossimo 8 dicembre?


C'è un elettorato che ha sempre votato per l'opposizione. (...) e chi non ha votato per noi lo ha fatto perché scontento, per le cose fatte male, i problemi accumulati... Tuttavia, questi elettori non hanno mai sostenuto le avventure golpiste e antibolivariane della destra. A quei venezuelani e a quelle venezuelane noi, in modo permanente, diciamo che stiamo lavorando per la strada a migliorare le cose. Sanno che non è stato facile. E che l'epopea più grande è stata, alla vigilia del 14 aprile, superare la tragedia storica della morte del Comandante Hugo Chávez. Superare il lutto collettivo. Quando una persona entra in lutto può perdere la speranza, non credere più in nulla. E buona parte del popolo venezuelano è entrata in un profondo lutto. (...) Perciò la nostra vittoria del 14 aprile è stata veramente eroica. Quello che stiamo facendo - il «governo della strada», la ripresa dell'economia, l'attenzione a problemi improrogabili come l'insicurezza cittadina, la corruzione... - ci darà la forza per una grande vittoria l'8 dicembre. (...)

Fin dove pensa di arrivare nella sua lotta contro la corruzione?


Fino alle estreme conseguenze. Ci serviremo di tutto. Siamo di fronte a una destra molto corrotta. (...) Ma siamo anche di fronte alla corruzione annidata all'interno del campo rivoluzionario o all'interno dello stato. Non ci sarà tregua! Ho costituito una squadra segreta di ricercatori incorruttibili che hanno già scoperto casi enormi. Abbiamo già arrestato persone al più alto livello e continueremo ad attaccare duramente. Tutti saranno giudicati e andranno dove devono andare: in galera.

Come vede la situazione economica? Diverse analisi mettono in guardia circa l'alto livello di inflazione.

L'economia del Venezuela è in transizione verso un nuovo modello di produzione, diversificato e «socialista del XXI secolo», nell'ambito della costruzione di un nuovo quadro economico costituito dall'integrazione sudamericana e latinoamericana. Non si deve dimenticare che ora siamo membri del Mercosur (...), membri di Alba (Alleanza Bolivariana per i popoli della nostra América, ndt) e guidiamo Petrocaribe. Si tratta di un blocco di 24 paesi del continente che potrebbe rappresentare - mettendo insieme Mercosur, Alba e Petrocaribe - quasi la quarta economia mondiale... Perciò dobbiamo trasformare l'economia venezuelana e collegarla con lo sviluppo di questo nuovo quadro economico, e a nostra volta integrarci nell'economia mondiale in una situazione di vantaggio. Non di dipendenza. Per questo dico che siamo in fase di transizione. Sull'inflazione le dirò che abbiamo subito un attacco molto duro, speculativo, contro la nostra moneta, e lo stiamo superando. C'è anche un sabotaggio sulla fornitura di vari prodotti. Tutto questo produce inflazione. Ma abbiamo cominciato a controllare, a equilibrare, e sono sicuro che supereremo questa situazione nel resto del secondo semestre. Stabilizzeremo la moneta. Già abbiamo iniziato a stabilizzare l'approvvigionamento, ma la chiave principale per uscire da questo modello di rendita, dipendente, è di diversificare la nostra produzione. Stiamo realizzando grandi investimenti in settori chiave della produzione alimentare, dell'agro-industria e dell'industria pesante. (...) Recentemente abbiamo fatto un giro in Europa e siamo molto ottimisti sul fatto che il capitale arrivi da Francia, Italia, Portogallo... Desideriamo che arrivi capitale anche da Brasile, India, Cina, con la loro tecnologia, per sviluppare l'industria intermedia in Venezuela, e diversificare. Affinché il Venezuela non faccia più affidamento solo sul petrolio, (...) anche se non dimentichiamo che qui abbiamo le maggiori riserve del mondo e la quarta più grande riserva di gas. Il Venezuela è un'economia con molto potere economico e finanziario. A partire dal 2014 sono sicuro che torneremo a crescere.

Come si spiega però la carenza di merci?

Fa parte della «guerra silenziosa» di attori politici ed economici, nazionali e internazionali, iniziata nel dicembre dell'anno scorso quando le condizioni del Comandante Chávez hanno cominciato ad aggravarsi. In più, ci sono stati errori nel sistema di cambio delle valute, errori che abbiamo corretto. Queste forze antibolivariane hanno cominciato a colpire la fornitura dei prodotti che importiamo. Inoltre, per spiegare la scarsità di alcuni prodotti, si deve rilevare che il potere d'acquisto dei venezuelani ha continuato a salire. Abbiamo solo un 6 per cento di disoccupazione e il salario minimo urbano qui è il più alto dell'America latina. Un altro punto importante riconosciuto dalla Fao è che siamo il paese che ha fatto di più per combattere la fame. Tutto questo - è molto importante tenerlo in conto - ha generato un aumento della capacità di consumo della popolazione, che sta crescendo ogni anno di oltre il 10 per cento. I consumi crescono a un ritmo superiore alla capacità produttiva del paese e della capacità che abbiamo di rifornirci con le importazioni. Il Comandante Chávez, l'ultima volta che ho parlato con lui personalmente, il 22 febbraio scorso, quando valutammo la situazione economica e parlammo della penuria, disse: «Si è scatenata una 'guerra economica' per approfittare della mia malattia nella speranza di arrivare a un'elezione presidenziale». Ma oggi stiamo uscendo da questi problemi. Al popolo venezuelano non è mai mancato il cibo. Mai. Vada in qualunque quartiere popolare, di quelli che ho conosciuto negli anni Ottanta, dove i bambini morivano di fame, dove la gente mangiava una volta al giorno e qualche volta era cibo buono per i cani ... Vada nel quartiere più umile che può trovare, non importa dove, si metta lì, apra la dispensa, e vedrà carne, riso, olio, latte... Il popolo ha la garanzia del cibo, e l'ha avuta nelle peggiori circostanze della «guerra economica» che ci hanno fatto. (...) Per questo abbiamo la stabilità sociale e politica. Oggi questa guerra è molto diversa da quella di undici anni fa. (...) È tutto morbido, nascosto, e la destra fascistoide arriva sorridendo: «Questo governo è incapace perché non può rifornirsi di prodotti». (...) Ma lo stiamo superando e ci stiamo vaccinando (...).

In economia quale ruolo vede per il settore privato?

Storicamente, il settore privato è poco sviluppato in Venezuela. Non c'è mai stata una borghesia nazionale. Il settore privato, in via principale, si è sviluppato quando si è scoperto come fattore molto legato all'appropriazione dei proventi petroliferi. Quasi tutte le grandi ricchezze della borghesia venezuelana sono legate alla manipolazione del dollaro, sia per importare i prodotti (la borghesia commerciale) che per appropriarsi della rendita e collocarla nei conti delle grandi banche all'estero. Quindi, in cento anni, non abbiamo avuto una borghesia produttiva come l'ha avuta il Brasile, per esempio, o l'Argentina. Ora è il momento in cui stiamo vedendo sorgere settori privati legati alla vera produzione di ricchezza per il paese. Nel modello socialista venezuelano, il settore privato ha un ruolo da giocare nella diversificazione dell'economia. Da sempre il Comandante Hugo Chávez ha favorito i rapporti con il settore privato, sia nella piccola come nella media o grande impresa. Ha favorito lo sviluppo di imprese miste e l'arrivo di capitale straniero. Il Venezuela ha una politica economica: per selezionare in quale area sono necessari investimenti esteri e che capitale può venire e a quali condizioni. Per esempio, benché il nostro petrolio sia nazionalizzato, ci sono modi diversi che permettono investimenti nella Cintura dell'Orinoco da parte di tutto il capitale mondiale; là ci sono aziende di tutto il mondo, imprese miste: il 40% capitale internazionale, il 60% Venezuela. Facciamo pagare le tasse dovute - in precedenza si pagava l'1 per cento, oggi il 33. Il Venezuela offre tutte le garanzie costituzionali per ricevere il capitale internazionale.

Come vanno i rapporti con Washington?

Vorrei dire, innanzitutto, che l'elezione di Obama a presidente è l'effetto di alcune circostanze. Si tratta di una circostanza all'interno della classe dirigente degli Stati uniti. Perché Obama arriva alla presidenza? Perché conveniva agli interessi degli complesso militare-finanziario e delle comunicazioni che dirige gli Stati uniti con un progetto imperiale. Chi conosce a fondo la storia della fondazione degli Usa e del loro espansionismo riconoscerà che è il più potente impero che sia esistito, con un progetto di dominazione mondiale. Le élites degli Usa hanno eletto Obama in funzione dei loro interessi. E hanno raggiunto parte dell'obiettivo che si proponevano: far sì che un paese isolato e screditato, ossia gli Stati uniti nell'era di George W. Bush, si trasformasse, grazie a Obama, in una potenza che possiede di nuovo capacità di influenza e di dominio. Vediamo il caso dell'Europa, soggetta ai dettami di Washington come mai prima. Quel che è successo al presidente della Bolivia Evo Morales quando quattro stati europei gli hanno negato il proprio spazio aereo, è una dimostrazione gravissima di come, da Washington, vengono diretti i governi europei. È davvero molto sconcertante. Non so se i popoli europei lo sanno, perché a volte, con il controllo della comunicazione che c'è, queste notizie vengono banalizzate e lasciate ai margini. Ma è molto grave. Obama è riuscito a far sì che l'Impero cresca in influenza politica. Gli Stati Uniti si stanno preparando per una nuova fase, che consiste nella crescita del dominio militare ed economico. In America latina, il loro progetto è rovesciare i processi progressisti di cambiamento per farci tornare a essere il loro cortile. Perciò stanno tornando - con un altro nome - al progetto dell'Alca (Area di Libero Commercio delle Americhe): per dominarci economicamente e riprendere gli stessi metodi del passato. Guardi cosa è successo sotto la presidenza Obama: colpo di stato in Honduras diretto dal Pentagono; tentato colpo di stato contro il presidente dell'Ecuador, Rafael Correa, teleguidato dalla Cia; colpo di stato in Paraguay gestito da Washington per rimuovere il presidente Fernando Lugo... Che nessuno si illuda, se gli Stati uniti vedono che ci sono condizioni favorevoli tornerebbero subito a riempire di oscurità e morte l'America Latina. Perciò il rapporto dell'amministrazione Obama con noi è schizofrenico. Pensano di poterci ingannare con la «diplomazia soft», che ci lasceremo dare il «bacio della
morte». Ma noi lo abbiamo sempre detto molto chiaramente: voi là con il vostro progetto imperialista, noi qui con il nostro progetto di liberazione. L'unico modo per instaurare una relazione stabile e permanente è che ci rispettino. Perciò ho detto: «Tolleranza zero verso la mancanza di rispetto gringa e delle sue élites. Non lo tollereremo più». Se continuano ad attaccarci, risponderemo a ogni aggressione con maggiore forza. È il tempo della tolleranza zero.

Ignacio Ramonet è il direttore di Le Monde Diplomatique spagnolo su cui, a settembre, è comparsa questa intervista realizzata il 31 luglio, di cui pubblichiamo ampi stralci.

Fonte: www.ilmanifesto.it
14.09.2013

Traduzione dallo spagnolo a cura di www.democraziakmzero.org .



Foto inserite da internet da autore blog

mercoledì 11 settembre 2013

QUARANT'ANNI FA IL CILE / SERGIO VUSKOVIC ROJO, IL PRIMO DELLA LISTA INTERVISTA - Geraldina Colotti


QUARANT'ANNI FA IL CILE

Nuestra querida Geraldina COLOTTI nos envía la edición de ayer de IL MANIFESTO, con su reportaje sobre los 40 años del golpe en Chile (ver la pag 16 del anexo). Destaco el recuadro "La primavera allendista rinasce per le vie di Caracas" y, más abajo transcribo la entrevista a Sergio Vuskovic Roja, militante comunista y, para la época, Alcalde de Valparaiso.


La primavera allendista rinasce per le vie di Caracas

Ai tempi del golpe, sui muri di Valparaiso l'estrema destra cilena scriveva: «Giacarta». Alludendo al milione di comunisti massacrati in Indonesia nel '65, chiariva i termini della partita che si stava giocando nel pieno del Novecento, in Cile e nel mondo. «In questo momento definitivo, l'ultimo in cui potrò rivolgermi a voi, voglio che impariate la lezione: il capitale straniero, l'imperialismo, unito alla reazione, ha creato il clima affinché le Forze armate rompessero la loro tradizione», disse alla radio Salvador Allende. Poi, nel palazzo presidenziale della Moneda bombardato dai militari golpisti, scelse di suicidarsi con l'Ak 47 regalatogli da Fidel Castro. Il colpo di stato in Cile costituì uno spartiacque, dentro e fuori il paese. E il regime civico-militare che gestirà la dittatura per 17 anni diventerà un laboratorio per le politiche neoliberiste a livello mondiale, tutt'altro che scomparse nel nuovo secolo.

E così, nel Cile delle lotte studentesche o nell'America
latina che scommette sul Socialismo del XX secolo, a quarant'anni da quel tragico giorno la breve stagione deallendista fa ancora discutere. È possibile liberarsi del modo di produzione capitalista per la via parlamentare? Si deve approfondire il cambiamento o privilegiare le alleanze a destra? Si può governare la globalizzazione economica con l'autorità politica degli stati? E quale incidenza può avere una nuova alleanza continentale di segno progressista nell'articolazione del mondo multipolare? I presidenti di quella parte di America latina che sta vivendo oggi una nuova stagione hanno studiato a fondo l'eredità di quella primavera. È stato così per l'ex operaio metallurgico Lula da Silva, come Allende eletto alla presidenza del Brasile dopo tre tentativi, nel 2002. È stato così per Hugo Chávez nel Venezuela bolivariano, il paese che ha elaborato la lezione cilena superando a sinistra le titubanze di Allende o i conflitti che egli ebbe con la sua parte più radicale.
In Venezuela il golpe intentato dalla Cia e dalle destre nel 2002 è stato neutralizzato dopo 48 ore: dalla reazione popolare e dalla "forza armata socialista", perno di un'unione civico-militare con vocazione alla pace e alla giustizia sociale. Un'alleanza che ha tenuto anche nei nuovi tentativi destabilizzanti, messi in atto dalle destre dopo la morte di Chávez e l'elezione di Nicolas Maduro, ad aprile. La formazione delle milizie popolari, mobilitate a fini difensivi e sociali costituisce un altro contrappeso importante. Per commemorare i 40 anni dal golpe cileno, da domani al 13 a Caracas si svolge l'Incontro internazionale antifascista per la pace e la vita. Una iniziativa decisa sabato scorso durante il vertice straordinario contro l'aggressione armata alla Siria,
organizzato dai paesi dell'Alba, l'Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America ideata da Fidel Castro e Chávez nel 2004. Se Allende, aderendo al Movimento dei paesi non allineati aveva denunciato le grandi manovre compiute dalle multinazionali e auspicato misure di emancipazione dal dollaro, l'Alba ha istituito una moneta comune già parzialmente alternativa al dollaro, il Sucre.
«Se dei grandi uomini si è soliti dire che sono stati uomini del loro tempo, di Allende bisogna dire che è stato uomo di un tempo più lungo», ha scritto Jesus Manuel Martinez nella biografia che ha dedicato a Salvador Allende, edita da Castelvecchi.





SERGIO VUSKOVIC ROJO, IL PRIMO DELLA LISTA
INTERVISTA - Geraldina Colotti


11 settembre '73. Pinochet ha preso il potere, Allende si è ucciso. A poche ore dal golpe, il sindaco di Valparaiso viene condotto nella nave scuola della Marina militare e torturato per 9 giorni
Cile, 11 settembre 1973. Sergio Vuskovic Rojo, sindaco comunista di Valparaiso, viene condotto nella nave scuola della Marina militare cilena alle due del pomeriggio. Da poche ore, il generale Pinochet ha preso il potere con un colpo di stato. Il presidente socialista Salvador Allende ha preferito uccidersi piuttosto che arrendersi. Per nove giorni, Vuskovic non sarà che un corpo in catene nelle mani dei torturatori. Cosa succede alla mente sotto tortura? Vuskovic, da noi intervistato nel 2007, lo racconta in poche pagine di intensa riflessione dal titolo Un viaggio molto particolare, pubblicato nei Quaderni di via Montereale (N. 19-2007).

Cosa ricorda del periodo precedente il colpo di stato militare?
La grande partecipazione popolare alla vita pubblica, l'enorme consenso, le nazionalizzazioni. Ricordo il presidente Allende, un uomo di grande spessore politico e umano. Lo avevo conosciuto nel '52 insieme a Neruda, che era appena tornato dall'esilio. Ricordo il mio ultimo incontro con il poeta. Come sindaco di Valparaiso, ero andato a portargli una medaglia d'oro a nome del comune. Era malato, ma continuava a fare progetti. Mi ha detto: guarda, l'anno prossimo avrò 70 anni, sto scrivendo 7 libri, uno per ogni decade. Dopo, quando è morta la moglie Matilde, li ha pubblicati, era riuscito a finirli prima di morire. Il 26 giugno del 2008, i cento anni dalla nascita, torneremo a chiederci come abbia potuto Pinochet, un essere che sapeva solo latrare, guidare una rivoluzione conservatrice di quelle proporzioni.

Cosa accadde nelle ore del golpe?
All'epoca ero un dirigente operaio del Partito comunista cileno, membro del comitato regionale di Valparaiso, di cui ero sindaco. Per questo motivo, mi hanno arrestato subito dopo il golpe, faceva parte del piano generale. Sembrava fosse scoppiata la Terza guerra mondiale, arrestavano chiunque senza motivo. Mi hanno portato alla nave scuola della Marina militare cilena e torturato per tre giorni. Ero legato a un palo, in mutande, le mani dietro la schiena. Mi applicavano scariche di corrente elettrica su tutto il corpo, soprattutto sui testicoli, il petto e la schiena. Poi, arrivava la gragnuola di colpi, calci e pugni, che mi lasciava lividi violacei dappertutto. Gli ufficiali facevano a turno, non so chi fossero, né quanti, perché avevamo tutti la testa coperta da un cappuccio. Alcuni torturavano ferocemente, altri meno. Quando entravano nei camerotti per colpirci, alcuni lo facevano con violenza, altri mettevano il piede in modo da farti meno male. Sono stato lì fino al 19 settembre. Poi, insieme ad altri compagni, sono stato trasferito sull'isola di Dawson, a sud del Canale di Magellano.

Come vi trattavano sull'isola?
Era un campo di concentramento per soli uomini, l'isola apparteneva alla Marina militare. Eravamo ai lavori forzati. Ogni 15 giorni cambiava la guardia, la peggiore era quella dell'esercito, la forza armata il cui comandante in capo era Pinochet, quando era di turno la Marina o la forza aerea o i carabinieri era meno peggio. Cercavamo di riunirci e parlare, lontano dai soldati. Pioveva sempre, oppure grandinava o nevicava. Eravamo 42, due o tre sono morti per il freddo, i postumi delle torture e la cattiva alimentazione. Se non ci avessero trasferito in un campo di concentramento al centro del paese, saremmo morti tutti. Dopo, sono rimasto 8 mesi in un campo e altri sei in un altro prima di andare in prigione a Valparaiso. Ho fatto tre anni.

Già in quei primi mesi del golpe, molti prigionieri venivano uccisi o fatti scomparire nelle prigioni segrete. Lei come ha fatto a salvarsi?
Giocarono, credo, alcuni fattori d'ordine generale e personale. Intanto, il nostro era stato un governo giusto, che non aveva avuto prigionieri politici, aveva rispettato i diritti dell'opposizione, compreso il ruolo della chiesa cattolica. Anche nelle forze armate, certi ammiragli erano d'accordo con le nazionalizzazioni del rame, perché pensavano che se lo stato cileno avesse avuto più soldi, ne sarebbero andati di più alla difesa. E non tutti i militari erano fascisti, solo che, da noi, le forze armate seguono gli alti comandi in modo prussiano. Quanto a me, non avevo mai rimosso un funzionario dell'opposizione, ed ero amico del comandante in capo della Marina militare. So che aveva chiesto di non torturarmi. Non gli hanno dato retta, e hanno torturato anche mio figlio di 17 anni, che era studente ed è rimasto 9 mesi in carcere. A mia moglie e a mia figlia, però, non hanno fatto del male. A casa ho ancora tutte le mie opere marxiste: questo almirante Merin ne aveva fatto una questione fra uomini, di riconoscimento del coraggio e così non mi aveva distrutto la casa. Intanto, l'università di Bologna mi aveva inviato al campo di concentramento un contratto di lavoro che avevo firmato, e il regime mi ha lasciato uscire dal paese. L'importante, per loro, era che non andassimo a chiedere rifugio in un'ambasciata, che non ci fosse troppo rumore sul piano internazionale.

Il suo libro racconta le astuzie della mente per resistere alla tortura, la lotta psichica fra il comunista prigioniero e quello che lei chiama l'Uccello torturatore. Un'esperienza quasi mistica.
Quando due torturati si incontrano non si parlano, si abbracciano, e così si dicono tutto. Io, però, ho voluto che anche altri potessero capire. Dopo aver vissuto un'esperienza-limite, percepisci in modo diverso la realtà. Ti senti portatore di un'intima presenza, estranea al mondo quotidiano com'era per te prima. All'esiliato che sia passato attraverso la tortura, nei primi tempi di libertà, capita di rifiutare tutto ciò che è straniero. In quel modo distorto, rifiuta l'"altro" che lo ha torturato, l'altro-carnefice. Ma poi, si è preda di un sentimento ambivalente: da una parte si prova estraneità verso chi non ha vissuto quell'esperienza, dall'altra si avverte il bisogno di comunicarla. E però ci si accorge che mancano le parole: soprattutto quando la lingua del dolore è ormai solo un'invocazione, un modo di testimoniare un'esperienza, senza odio o vendetta. Quei codici della cultura comune, che appiattisce tutto, che rende incomunicabile l'esperienza del poeta, la vera percezione dell'altro, non sono adatti a trasmetterla.

Forse perché la tortura, come la morte, è un viaggio nel dolore dai tratti unici che nessuna tecnica di resistenza può anticipare fino in fondo.
Il linguaggio ha difficoltà a far capire la tortura perché chi la subisce è di fronte a un mistero, al terrore psicologico nell'immaginare la scarica elettrica - soprattutto i colpi ai genitali - verso cui l'esperienza del dolore precedente non fornisce abbastanza difese. Il corpo anticipa quel terrore durante le sessioni di interrogatorio in cui un carnefice minaccia, e magari un altro fa la parte del "buono". Teso fino al parossismo, il corpo immagina l'arrivo del colpo. L'Io più nascosto sente che la malvagità di quello che ti interroga "con le buone" è in agguato. "Dov'è nascosto tuo figlio?" mi chiedevano. "E come faccio a saperlo se sono sempre stato qui?" rispondevo. "Ti rinfresco io la memoria" diceva l'Uccello Torturatore. Allora io cercavo di ricordare dei versi in lingua basca che avevo letto tanto tempo prima. In quale romanzo si trovavano? Forse in un'opera di Baroja. Com'era la traduzione? Per cercarla, dovevo assolutamente ricordare tutto il romanzo dal principio. Poi, arrivavano altre scariche. "Dove sono le armi?" mi chiedevano. "Ve lo dirò", rispondevo. "Ecco, così va bene". "Si trovano in caserma", dicevo. "Ci prendi per i fondelli", urlavano, e giù altre scariche. E allora facevo finta di gridare di più quando la corrente mi colpiva sulla schiena, dove invece sopportavo meglio, e a volte ci cascavano, ma non sempre. Quello che vale sempre, è però la determinazione iniziale: la libera scelta di non consegnarsi al carnefice e di andare fino in fondo. Per me, questo ha voluto dire viaggiare fino al limite della spoliazione dell'Io, verso il vuoto mentale assoluto: il pensiero svanisce, l'Io si paralizza e il suo ultimo attimo cosciente è quello in cui constata la perdita della sua identità ontologica. Dopo aver accolto il dolore, gli opposti si uniscono, diversi ma coesistenti, in una sintesi perenne che si riproduce. L'unità essenziale è completa: mentre una delle due parti soffre, l'altra prova piacere; mentre una cammina, l'altra rimane immobile; mentre una parte scende nella tomba, l'altra rinasce a nuova vita. Se la morte è solo una parte di questo corpo generale, non è così terribile. Se la tua carne è parte della carne del mondo che vive e si trasforma, ti chiedi: esiste forse anche una mente universale, in cui la tua coscienza non è che una piccola goccia nel mare? E allora, ecco che non hai più paura. Provi pietà persino per l'Uccello Torturatore, che ti costringe a un breve viaggio di ritorno per riadeguare il tuo sistema di difesa. Ora ti appare per quello che è: lo strumento di un sistema sociale dominante che per esistere deve ridurre le persone al grado zero dell'umano. Ma un sistema così è storicamente condannato

foto inserite da autore blog

lunedì 2 settembre 2013

Nasce il circolo Bolivariano alta Maremma "Alessio Martelli"

Nasce il circolo Bolivariano alta MaremmaAlessio Martelli

Durante la 17° festa internazionalista è stata annunciata la nascita del circolo Bolivariano alta MaremmaAlessio Martelli. Per il gruppo promotore la rivoluzione Bolivariana portata avanti da Hugo Chavez Frias e proseguita dal Presidente Nicolas Maduro, fa del Venezuela un esempio per quei paesi del mondo che sono alla ricerca di una rivoluzione socialista che li porti alla definitiva indipendenza dal giogo imperialista.
In questa Italia allo sbando con una destra feroce e una sinistra che non cè bisogna lavorare duro per la costruzione di un nuovo modello di società basato sulluguaglianza, lequità e la giustizia sociale, quindi è importante realizzare un movimento
internazionale che difenda e diffonda il Socialismo Bolivariano che, in questi anni, ha portato alla crescita altri paesi latino americani come :Bolivia, Ecuador, Nicaragua, Cuba (faro che ha illuminato la strada di Chavez),ma che ha influenzato positivamente quasi tutto il contenente latino americano. La nascita dellALBA, del CELAC, le conquiste sociali dei popoli, hanno inferocito gli Stati Uniti e i suoi paesi satelliti che cercano di
abbattere la svolta Bolivariana che ha fatto capire chiaramente che un altro mondo è possibile.
Il CircoloBolivarianoAlessio Martellisarà
presente nel territorio dellalta Maremma Toscana dove ancora esistono gruppi e movimenti di sinistra che credono nella Rivoluzione Bolivariana , nella sua lotta per la costruzione del Socialismo del XXI secolo.


Il circolo è dedicato a Alessio Martelli vedi Link


C.lo Bolivariano alta Maremma “Alessio Martelli "
 C/O Rifondazione Comunista Piombino – isola Elba
Via M.Polo 4, 57025 Piombino(LI) italia tel/fax0565221429 maremmabolivariana@gmail.com