giovedì 29 marzo 2012

Imperialismo culturale statunitense - Imperialismo cultural estadounidense - de James Petras


Imperialismo culturale statunitense
di James Petras
23/03/2012
Estratto dal giornale "Madres de la Plaza de Mayo" (Argentina)
"Stile di vita" della classe media nordamericana imposto come forma di imperialismo culturale dagli USA nel mondo
L'imperialismo culturale nordamericano ha due obiettivi principali, uno di carattere economico ed un altro politico: imbrigliare i mercati per le sue merci culturali e catturare conformando la coscienza popolare. L'esportazione di merci culturali è una delle fonti più importanti di accumulazione del capitale e di profitti globali per il capitalismo nordamericano e ha modificato le esportazioni di beni manufatti.
Nella sfera politica, l'imperialismo culturale svolge un ruolo importantissimo nel processo di dissociazione della popolazione dalle sue radici culturali e dalle sue tradizioni di solidarietà, sostituendole con "necessità" create dai mezzi di comunicazione che cambiano con ogni campagna pubblicitaria. L'effetto politico consiste nell'alienare ai popoli i legami con le loro comunità e classi tradizionali, atomizzare e separare gli individui fra loro. L'imperialismo culturale acutizza la segmentazione della classe operaia ed incoraggia la popolazione lavoratrice a pensare sé stessa come parte di una gerarchia, enfatizzando le piccole differenze di stili di vita con coloro che stanno sotto di lei più che le grandi disuguaglianze che li separano da chi sta sopra.
L'imperialismo non può essere compreso semplicemente come un sistema economico-militare di controllo e sfruttamento. La dominazione culturale è una dimensione integrale per qualunque sistema basato sullo sfruttamento mondiale. L'imperialismo culturale si può definire come invasione e dominazione sistematica della vita culturale delle classi popolari da parte delle classi che governano l'Occidente, con l'obiettivo di ri-orientare le scale di valori, le condotte, le istituzioni e le identità dei paesi oppressi per farli coincidere con gli interessi delle classi imperialiste. L'imperialismo culturale ha forme "tradizionali" e moderne. Nei secoli scorsi la chiesa, il sistema educativo e le autorità pubbliche, svolgevano un ruolo fondamentale, inculcando ai popoli nativi idee di sottomissione e lealtà, in nome di principi divini o assolutisti.
Mentre stavano ancora funzionando quei meccanismi "tradizionali" dell'imperialismo, le nuove mediazioni moderne, radicate nelle istituzioni contemporanee, sono diventate sempre più centrali per la dominazione imperialista: i mezzi di comunicazione, la pubblicità, i presentatori ed i personaggi del mondo dello spettacolo e vecchi intellettuali svolgono oggi questo ruolo principale.
Nel mondo contemporaneo, Hollywood, CNN e Disneyland sono molti più influenti che il Vaticano, la Bibbia o la retorica delle relazioni pubbliche dei politici.
Nuove caratteristiche del colonialismo culturale
Il colonialismo culturale convenzionale (CCC) si distingue dalle pratiche del passato per vari motivi:
1. Mira a catturare un grande pubblico e non solo la conversione delle élites
2. I mezzi di comunicazione di massa, in particolare la televisione, invadono la casa e funzionano da "dentro" e "dal basso" tanto quanto da "fuori" e "dall'alto". Il messaggio è doppiamente alienante: proietta uno stile di vita imperialista e un'atomizzata serie borghese di problemi e situazioni.
3. Il CCC è globale per la sua portata e l'omogeneità del suo impatto: la pretesa di universalità serve per mistificare i simboli, gli obiettivi e interessi del potere imperialista.
4. I mezzi di comunicazione di massa, come strumenti dell'imperialismo culturale, sono oggi "privati" solo nel senso formale: l'assenza di vincoli formali con lo Stato offre una copertura che legittima i media privati proiettando gli interessi dello Stato imperialista come "notizie" o "spettacoli".
5. L'imperialismo culturale nell'era della "democrazia" deve falsificare la realtà nel paese imperialista per giustificare l'aggressione, trasformando le vittime in aggressori e gli aggressori in vittime. A Panama, per esempio, lo Stato imperialista nordamericano e i mezzi di comunicazione di massa proiettarono l'immagine di quel paese come una minaccia del narcotraffico per la gioventù degli Stati Uniti, mentre lanciavano bombe sulle comunità della classe lavoratrice panamense.
6. Il controllo culturale assoluto è la contropartita della separazione totale tra la brutalità del capitalismo reale esistente e le illusorie promesse del mercato libero.
7. Al fine di paralizzare le risposte collettive, il colonialismo culturale cerca di distruggere le identità nazionali. Per rompere la solidarietà promuove il culto della "modernità" come conformità ai simboli esterni.
Mentre le armi imperialiste disarticolano la società civile e le banche saccheggiano l'economia, i mezzi di comunicazione imperialisti modellano gli individui con varie fantasie per fuggire dalla miseria quotidiana.
Mezzi di comunicazione di massa: propaganda e accumulazione di capitale
I mezzi di comunicazione di massa costituiscono una delle principali fonti di salute e potere del capitale nordamericano. Oggi, praticamente uno ogni cinque tra i nordamericani più ricchi trae ricchezza dagli utili nei mezzi di comunicazione, a discapito di altri settori industriali.
I mezzi di comunicazione si sono trasformati in una parte integrante del sistema nordamericano di controllo politico e sociale e in una delle principali fonti di super profitti. Man mano che aumentano i livelli di sfruttamento, disuguaglianza e povertà, i mezzi di comunicazione controllati dagli Stati Uniti agiscono per trasformare un pubblico critico in una massa passiva. Le celebrità dei media e dello spettacolo di massa sono diventati importanti ingredienti nella deviazione di potenziali inquietudini politiche.
Esiste una relazione diretta tra l'incremento del numero di apparecchi televisivi in America Latina, la riduzione dei redditi e la diminuzione delle lotte popolari. Tra il 1980 e il 1990, il numero di televisori per abitante in America è cresciuto del 40%, mentre la media reale dei redditi è scesa del 40% e una moltitudine di candidati politici neoliberali molto dipendenti dall'immagine televisiva, hanno conquistato la presidenza. L'incremento dell'invasione dei mezzi di comunicazione di massa tra le classi più povere, i crescenti investimenti e profitti delle corporazioni nordamericane nei mezzi di comunicazione e l'onnipresente saturazione di messaggi che offrono alla popolazione esperienze di consumo individuale e di avventure rappresentative delle classi medio-alte, definiscono l'attuale fase del colonialismo culturale. Mediante le immagini televisive si stabilisce una falsa intimità ed un vincolo immaginario tra gli individui fortunati che appaiono nei mezzi di comunicazione e gli impoveriti spettatori dei quartieri periferici. Questa relazione offre un canale attraverso il quale diffondere il metodo delle soluzioni individuali ai problemi privati. Il messaggio è chiaro: s'incolpano le vittime della propria povertà, riconducendo il successo allo sforzo individuale.
Imperialismo e politica del linguaggio
La strategia dell'imperialismo culturale consiste nel rendere insensibile il pubblico, per far accettare la massiccia mattanza compiuta dagli stati occidentali come un'attività di routine giornaliera. Per esempio, proponendo i massicci bombardamenti sull'Iraq in forma di videogiochi.
Ponendo enfasi nella modernità delle nuove tecnologie belliche, i mezzi di comunicazione glorificano il potere raggiunto dall'elite: la tecno-guerra dell'occidente. L'imperialismo culturale promuove attualmente reportage "informativi" nei quali le armi di distruzione di massa vengono presentate con attributi umani ("bombe intelligenti") mentre le vittime del Terzo Mondo sono "aggressori-terroristi" senza volto.
La manipolazione culturale mondiale si sostenta nella corruzione del linguaggio della politica. Una delle maggiori "innovazioni" recenti dell'imperialismo culturale è l'appropriazione del linguaggio della sinistra e il suo uso per razionalizzare pratiche e politiche profondamente reazionarie. Questa è una politica di "disinformazione" che ruba alla sinistra il linguaggio e i concetti utilizzati per attaccare la dominazione della classe capitalista.
Terrorismo culturale: la tirannia del liberalismo
Il terrorismo culturale è responsabile della liquidazione fisica degli artisti e delle attività culturali locali. Proietta nuove immagini di "mobilità" e "libertà di espressione", distruggendo gli antichi vincoli comunitari. Gli attacchi contro le restrizioni e i vincoli tradizionali costituiscono un meccanismo per il quale il mercato e lo Stato capitalista si trasformano nel centro essenziale del potere esclusivo.
In nome della "auto-espressione", l'imperialismo culturale opprime le popolazioni del Terzo Mondo che temono di essere considerate come "tradizionali", seducendole e manipolandole mediante false immagini di "modernità" senza classi. I popoli del Terzo Mondo ricevono divertimento, coazioni e stimoli per essere "moderni": si arrendono davanti al moderno rifiutando i propri confortevoli e tradizionali capi d'abbigliamento larghi, per rimpiazzarli con jeans stretti e scomodi.
La nordamericanizzazione e il mito della "cultura internazionale"
E' diventato di moda evocare termini come "globalizzazione" e "internazionalizzazione" per giustificare gli attacchi contro qualsiasi forma di solidarietà, comunità e/o valori sociali. Sotto il travestimento dell'"internazionalismo", Europa e Stati Uniti si sono trasformati negli esportatori dominanti di forme culturali più efficaci di depoliticizzazione e banalizzazione dell'esistenza quotidiana. Le immagini di mobilità individuale, di self-made person, l'enfasi nella "esistenza autocentrata" (prodotta e distribuita massicciamente dall'industria nordamericana dei mezzi di comunicazione) si sono trasformati in importanti strumenti di dominazione del Terzo Mondo.
I nuovi modelli culturali - predominio del privato sul pubblico, dell'individuale sul sociale, del sensazionalismo e della violenza sulle lotte quotidiane e le realtà sociali - contribuiscono ad inculcare con precisione valori egocentrici e a minare l'azione collettiva. Questa cultura delle immagini, delle esperienze transitorie, della conquista sessuale, agiscono contro la riflessione, il compromesso e i sentimenti condivisi di affetto e solidarietà. La nordamericanizzazione della cultura significa focalizzare l'attenzione popolare sulle celebrità, sul personalismo e sui pettegolezzi privati e non sulle profondità sociali, le questioni economiche sostanziali, nella condizione umana.
La cultura che glorifica il "provvisorio" riflette lo sradicamento del capitalismo nordamericano. Il suo potere di contrattare e licenziare, di muovere capitali senza considerazione alcuna per le comunità. Il mito della "libertà di movimento" riflette l'incapacità della popolazione di stabilire e consolidare le proprie radici comunitarie prima dei cambiamenti che esige il capitale. La cultura nordamericana glorifica le relazioni fugaci e impersonali come "libertà", quando in realtà quelle condizioni riflettono l'anomia e la subordinazione burocratica di una massa di individui al potere del capitale transnazionale.
La nuova tirannia culturale è attecchita nell'onnipresente, ripetitivo e semplice discorso del mercato, di una cultura omogeneizzata del consumo, in un sistema elettorale degradato. La nuova tirannia mediatica si orienta in parallelo alla gerarchizzazione statale e delle istituzioni economiche. Il segreto del successo dell'aggressione culturale nordamericana è la sua capacità di modellare fantasie per fuggire dalla miseria. Gli ingredienti essenziali del nuovo imperialismo culturale sono la fusione della commercialità-sessualità-conservatorismo, ognuno di questi presentati come espressioni idealizzate delle necessità private, un'autorealizzazione individuale.
Impatto dell'imperialismo culturale
La violenza statale negli anni '70 e inizio '80 produsse un danno psicologico e di sfiducia su larga scala e, rispetto alle iniziative radicali, un sentimento di impotenza davanti all'autorità stabilita, anche se questa stessa autorità era odiata. Il terrore portò la gente "verso il dentro", verso l'ambito privato. Il "terrorismo economico" susseguente la chiusura delle fabbriche, l'abolizione della protezione legale del lavoratore, l'incremento del lavoro temporaneo, la moltiplicazione delle imprese individuali molto mal pagate, aumentarono la frammentazione della classe lavoratrice e delle comunità urbane. In questo contesto di frammentazione, diffidenza e privatizzazione, il messaggio culturale dell'imperialismo trova terreno fertile per esplorare sensibilità di popolazioni vulnerabili, incoraggiando ed approfondendo sempre l'alienazione personale, le attività autocentrate e la competizione individuale per risorse sempre scarse.
L'imperialismo culturale e i valori che promuove hanno svolto un ruolo fondamentale nel prevenire la risposta collettiva degli individui sfruttati al peggioramento delle loro condizioni. La maggiore vittoria dell'imperialismo non è solo l'aver ottenuto profitti, bensì la conquista dello spazio interno della coscienza attraverso i mezzi di comunicazione di massa. La dove sia possibile un risorgimento della politica rivoluzionaria, questa dovrà cominciare con l'aprire un fronte di lotta non solo contro le condizioni di sfruttamento, ma anche contro la cultura che sottomette le sue vittime.
Limiti dell'imperialismo culturale
Contro le pressioni onniscienti del colonialismo culturale vi è un principio di realtà: l'esperienza personale della miseria e dello sfruttamento, realtà quotidiane che non potranno mai essere cambiate dagli evasivi mezzi di comunicazione. Nella coscienza delle popolazioni esiste una lotta costante tra il demonio dell'evasione individuale (coltivata dai media imperialisti) e la conoscenza intuitiva che l'azione collettiva e la responsabilità è l'unica risposta pratica.
La Coca Cola si trasforma in un cocktail esplosivo, la promessa di opulenza si trasforma in un affronto per quelli che perpetuamente rimangono relegati. L'impoverimento prolungato e l'estesa decadenza erodono l'incantesimo e l'attrattiva delle fantasie dei mass media.
Le false promesse dell'imperialismo culturale si trasformano in amare beffe.
In secondo luogo, le risorse dell'imperialismo culturale sono limitate dal perdurare di vincoli di collettivi. Lì dove perdurino i vincoli di classe, etnia, di sesso e dove sono forti le pratiche di azione collettiva, l'influenza dei mezzi di comunicazione di massa è limitata o respinta.
In terzo luogo, dal momento in cui esistono tradizioni e culture preesistenti, queste formano un "circolo chiuso" che integra pratiche sociali e culturali orientate verso il dentro e verso il basso, non verso l'alto e verso il fuori. Lì dove il lavoro, la comunità e la classe convergono con le tradizioni e le pratiche culturali collettive, l'imperialismo culturale retrocede e fa irruzione.
 l'imperialismo militarizzato.
La lotta culturale è radicata nei valori di autonomia, comunità e solidarietà, necessari per creare una coscienza favorevole alle trasformazioni sociali.
Ma soprattutto, la nuova visione deve ispirare la popolazione affinché desideri non solo di essere libera dalla dominazione, ma essere libera di creare una vita personale piena di senso, costituita da relazioni affettive non strumentali, che trascendano il lavoro quotidiano anche quando ispirino la gente a continuare a lottare. L'imperialismo culturale si alimenta delle novità, delle manipolazioni personali e transitorie, ma mai di una visione di autentici e profondi vincoli, basati sull'onestà personale, l'uguaglianza tra i sessi e la solidarietà sociale.

Extraído del periódico «Madres de la Plaza de Mayo» (Argentina)

 

Imperialismo cultural estadounidense
James Petras 23 marzo 2012
"Estilo de vida" de la clase media norteamericana, impuesto como forma de imperialismo cultural de EE.UU. en el mundo

El imperialismo cultural norteamericano tiene dos objetivos principales, uno de carácter económico y otro político: capturar mercados para sus mercancías culturales, y capturar y conformar la conciencia popular. La exportación de mercancías culturales es una de las fuentes más importantes de acumulación de capital y de beneficios mundiales para el capitalismo norteamericano y ha desplazado a las exportaciones de bienes manufacturados. En la esfera política, el imperialismo cultural desempeña un papel importantísimo en el proceso de disociar a la población de sus raíces culturales y de sus tradiciones de solidaridad, sustituyéndolas por «necesidades» creadas por los medios de comunicación, que cambian con cada campaña publicitaria. El efecto político consiste en alienar a los pueblos de sus vínculos con sus comunidades y clases tradicionales, atomizar y separar a los individuos de los demás. El imperialismo cultural agudiza la segmentación de la clase obrera y alienta a la población trabajadora a pensar en sí misma como parte de una jerarquía, haciendo hincapié en las pequeñas diferencias de estilo de vida con aquellos que están por debajo suyo, más que en las grandes desigualdades que les separan de quienes están por encima.
El imperialismo no puede ser entendido sencillamente como un sistema económico-militar de control y explotación. La dominación cultural es una dimensión integral para cualquier sistema basado en la explotación mundial.
El imperialismo cultural puede definirse como la penetración y dominación sistemáticas de la vida cultural de las clases populares por parte de las clases gobernantes de Occidente, con vistas a reorientar las escalas de valores, las conductas, instituciones e identidades de los pueblos oprimidos para hacerlos concordar con los intereses de las clases imperiales. El imperialismo cultural ha tomado formas «Tradicionales» y modernas. En siglos pasados, la Iglesia, el sistema educativo y las autoridades públicas desempeñaban un papel principal inculcando a los pueblos nativos las ideas de sumisión y lealtad en nombre de principios divinos o absolutistas. Mientras aún funcionaban esos mecanismos «tradicionales» de imperialismo, las nuevas mediaciones modernas, arraigadas en instituciones contemporáneas, se volvieron crecientemente centrales para la dominación imperialista: los medios de comunicación, la publicidad, los anunciantes y los personajes del mundo del espectáculo e intelectuales seculares desempeñan hoy en día el principal papel.
En el mundo contemporáneo, Hollywood, CNN y Disneylandia son muchos más influyentes que El Vaticano, la Biblia o la retórica de relaciones públicas de los políticos.
Nuevas características del colonialismo cultural
El colonialismo cultural convencional (CCC) se distingue de las prácticas del pasado en varios sentidos:
1. Se orienta a capturar audiencias masivas, y no sólo a la conversión de las élites.
2. Los medios de comunicación de masas, en particular la televisión, invaden el hogar y funcionan desde «dentro» y «por debajo» tanto como desde «fuera» y «por encima». El mensaje es doblemente alienante: proyecta un estilo de vida imperialista y una atomizada serie burguesa de problemas y situaciones.
3. El CCC es global por su alcance y la homogeneidad de su impacto: la pretensión de universalidad sirve para mistificar los símbolos, objetivos e intereses del poder imperial.
4. Los medios de comunicación masiva, como instrumentos del imperialismo cultural, son hoy «privados» sólo en el sentido formal: la ausencia de vínculos formales con el Estado brinda una cobertura legitimadora para los medios privados que proyectan los intereses del Estado imperial como «noticias» o «espectáculos».
5. El imperialismo cultural en la era de la «democracia» debe falsificar la realidad en el país imperial para justificar la agresión, convirtiendo a las víctimas en agresores y a los agresores en víctimas. Por ejemplo, en Panamá, el Estado imperial norteamericano y los medios de comunicación de masas proyectaron la imagen de aquel país como amenaza de narcotráfico para la juventud de Estados Unidos, mientras se arrojaban bombas sobre comunidades de la clase trabajadora panameña.
6. El control cultural absoluto es la contrapartida de la total separación entre la brutalidad del capitalismo real existente y las ilusorias promesas del mercado libre.
7. A fin de paralizar las respuestas colectivas, el colonialismo cultural busca destruir las identidades nacionales. Para quebrar la solidaridad promueve el culto de la «modernidad» como conformidad con símbolos externos.
Mientras las armas imperiales desarticulan la sociedad civil, y los bancos saquean la economía, los medios de comunicación imperiales modelan individuos con fantasías escapistas de la miseria cotidiana.
Medios de comunicación de masas: propaganda y acumulación de capital
Los medios de comunicación de masas constituyen una de las principales fuentes de salud y poder del capital norteamericano. Hoy, prácticamente uno de cada cinco de entre los norteamericanos más ricos obtienen su riqueza a través de sus intereses en medios de comunicación, desplazando a otros sectores industriales.
Los medios de comunicación se han convertido en una parte integral del sistema norteamericano de control político y social, y una de las principales fuentes de obtención de superbeneficios. A medida que aumentan los niveles de explotación, desigualdad y pobreza, los medios de comunicación controlados por Estados Unidos actúan para convertir a un público crítico en una masa pasiva. Las celebridades de los medios y del espectáculo de masas se han vuelto importantes ingredientes en la desviación de potenciales inquietudes políticas.
Existe una relación directa entre el incremento del número de aparatos de televisión en América Latina, la reducción de ingresos y la disminución de las luchas populares. Entre 1980 y 1990, el número de televisores por habitante en América se incrementó en un 40%, mientras que el promedio real de ingresos descendió en un 40%, y una multitud de candidatos políticos neoliberales muy dependientes de las imágenes de televisión conquistaron la presidencia. El incremento de la penetración de los medios de comunicación de masas entre los sectores más pobres, las crecientes inversiones y beneficios de las corporaciones norteamericanas en medios de comunicación, y la omnipresente saturación con mensajes que ofrecen a la población experiencias de consumo individual y de aventuras, representativas de las clases medias-altas, definen la actual fase de colonialismo cultural.
Mediante las imágenes televisivas se establece una falsa intimidad y una vinculación imaginaria entre los individuos afortunados que aparecen en los medios de comunicación y los empobrecidos espectadores de los barrios periféricos. Estos enlaces ofrecen un canal a través del cual se propaga el discurso de las soluciones individuales para problemas privados. El mensaje es claro: se culpa a las víctimas de su propia pobreza, haciendo recaer el éxito en los esfuerzo individuales.
Imperialismo y política del lenguaje
La estrategia del imperialismo cultural consiste en insensibilizar al público para aceptar las matanzas masivas realizadas por los estados occidentales como actividades de rutina diaria; por ejemplo, presentando los bombardeos masivos sobre Irak en forma de videojuegos. Al poner énfasis en la modernidad de las nuevas tecnologías bélicas los medios de comunicación glorifican el poder alcanzado por la élite: la tecno-guerra del Oeste. El imperialismo cultural promueve actualmente reportajes «informativos» en los cuales las armas de destrucción masivas se presentan con atributos humanos («bombas inteligentes») mientras que las víctimas del Tercer Mundo son «agresores-terroristas» sin rostro.
La manipulación cultural global se sustenta en la corrupción del lenguaje de la política. Una de las mayores «innovaciones» recientes del imperialismo cultural es la apropiación del lenguaje de la izquierda y su uso para racionalizar prácticas y políticas profundamente reaccionarias. Esta es una política de «desinformación» que roba a la izquierda el lenguaje y los conceptos que utiliza para atacar la dominación de la clase capitalista.
Terrorismo cultural: la tiranía del liberalismo
El terrorismo cultural es responsable de la liquidación física de los artistas y las actividades culturales locales. Proyecta nuevas imágenes de «movilidad» y «libertad de expresión», destruyendo los antiguos vínculos comunitarios. Los ataques contra las restricciones y obligaciones tradicionales constituyen un mecanismo por el cual el mercado y el Estado capitalista se convierten en el centro esencial de poder exclusivo.
En nombre de la «auto-expresión», el imperialismo cultural oprime a las poblaciones del Tercer Mundo que temen verse consideradas como «tradicionales», seduciéndolas y manipulándolas mediante falsas imágenes de «modernidad» sin clases. los pueblos del Tercer Mundo reciben entretenimiento, coacciones y estímulos para ser «modernos»: para rendirse ante lo moderno, para desechar sus confortables y tradicionales prendas holgadas y reemplazarlas por inconvenientes vaqueros ajustados.
La norteamericanización y el mito de la «cultura internacional»
Se ha puesto de moda evocar términos como «globalización» e «internacionalización» para justificar los ataques contra cualquiera de las formas de solidaridad, comunidad y/o valores sociales. Bajo el disfraz de «internacionalismo», Europa y Estados Unidos se han convertido en los exportadores dominantes de formas culturales más eficaces de despolitización y banalización de la existencia cotidiana. Las imágenes de movilidad individual, de self-made person, el énfasis en la «existencia autocentrada» (producido y distribuido masivamente por la industria norteamericana de medios de comunicación) se han convertido en importantes instrumentos de dominación del Tercer Mundo.
Las nuevas pautas culturales -predominio de lo privado sobre lo público, de lo individual sobre lo social, del sensacionalismo y la violencia sobre las luchas cotidianas y las realidades sociales- contribuyen a inculcar con precisión valores egocéntricos y a socavar la acción colectiva. Esta cultura de imágenes, de experiencias transitorias, de conquista sexual, actúan contra la reflexión, el compromiso y los sentimientos compartidos de afecto y solidaridad. La norteamericanización de la cultura significa focalizar la atención popular en celebridades, personalismo y chismorreos privados; y no en profundidades sociales, en cuestiones económicas sustanciales, en la condición humana.
La cultura que glorifica lo «provisional» refleja el desarraigo del capitalismo norteamericano; su poder de contratar y despedir, de mover capitales sin consideración alguna por las comunidades. El mito de la «libertad de movimiento» refleja la incapacidad de la población para establecer y consolidar sus raíces comunitarias antes las cambiantes exigencias del capital. La cultura norteamericana glorifica las relaciones fugaces e impersonales como «libertad» cuando en realidad esas condiciones reflejan la anomia y subordinación burocrática de una masa de individuos al poder del capital transnacional.
La nueva tiranía cultural está enraizada en el omnipresente, repetitivo y simple discurso del mercado, de una cultura homogeneizada del consumo, en un sistema electoral degradado. La nueva tiranía mediática se orienta en paralelo a la jerarquización estatal y de las instituciones económicas. El secreto del éxito de la penetración cultural norteamericana es su capacidad para modelar fantasías para escapar de la miseria. Los ingredientes esenciales del nuevo imperialismo cultural sin la fusión de la comercialidad-sexualidad-conservadurismo, cada uno de ellos presentado como expresiones idealizadas de las necesidades privadas, de una autorrealización individual.
Impacto del imperialismo cultural
La violencia estatal de las décadas de 1970 y comienzos de 1980 produjeron un daño psicológico y desconfianza a gran escala y, respecto a las iniciativas radicales, un sentimiento de impotencia ante las autoridades establecidas, aun cuando estas mismas autoridades puedan ser odiadas. El terror volcó a las gentes «hacia adentro», hacia ámbitos privados. El «terrorismo económico» subsecuente, el cierre de fábricas, la abolición de la protección legal del trabajador, el incremento del trabajo temporal, la multiplicación de las empresas individuales muy mal pagadas aumentaron la fragmentación de la clase trabajadora y de las comunidades urbanas. En este contexto de fragmentación, recelo y privatización, el mensaje cultural del imperialismo encuentra campos fértiles para explorar sensibilidades de poblaciones vulnerables, alentando y profundizando la alienación personal, las actividades autocentradas y la competición individual por recursos siempre escasos.
El imperialismo cultural y los valores que promueve han desempeñado un papel fundamental en prevenir que individuos explotados respondiesen colectivamente a sus condiciones cada vez más deterioradas. La mayor victoria del imperialismo no es sólo la obtención de beneficios materiales, sino su conquista del espacio interior de la conciencia a través de los medios de comunicación de masas. Allí donde sea posible un resurgimiento de la política revolucionaria, éste deberá empezar por abrir un frente de lucha no sólo contra las condiciones de explotación, sino también contra la cultura que somete a sus víctimas.
Límites del imperialismo cultural
Contra las presiones omniscientes del colonialismo cultural está el principio de realidad: la experiencia personal de miseria y explotación, las realidades cotidianas que nunca podrán cambiar los medios de comunicación escapistas. En la conciencia de las poblaciones existe una lucha constante entre el demonio del escapismo individual (cultivado por los medios imperialistas) y el conocimiento intuitivo de que la acción colectiva y la responsabilidad es la única respuesta práctica.
La Coca Cola se convierte en un cóctel molotov; la promesa de opulencia se convierte en una afrenta para aquellos que perpetuamente quedan relegados. El empobrecimiento prolongado y la extendida decadencia erosionan el encanto y el atractivo de las fantasías de los mass media.
Las falsas promesas del imperialismo cultural se convierten en objetos de amargas burlas.
En segundo término, los recursos del imperialismo cultural están limitados por los perdurables vínculos de colectivos. Allí donde perduren los vínculos de clase, etnia, de sexo, y donde son fuertes las prácticas de acción colectiva, la influencia de los medios de comunicación de masas es limitada o repelida.
En tercer lugar, desde el momento en que existen tradiciones y culturas preexistentes, estas forman un «círculo cerrado» que integra prácticas sociales y culturales orientadas hacia dentro y hacia abajo, no hacia arriba y hacia afuera. Allí donde el trabajo, la comunidad y la clase convergen con las tradiciones y prácticas culturales colectivas, el imperialismo cultural retrocede y penetra el imperialismo militarizado.
La lucha cultural está arraigada en valores de autonomía, comunidad y solidaridad, necesarios para crear una conciencia favorable a las transformaciones sociales.
Por encima de todo, la nueva visión debe inspirar a la población porque coincide con sus deseos no sólo de ser libre de la dominación, sino de ser libre para crear una vida personal plena de sentido, constituida por relaciones afectivas no instrumentales, que trasciendan el trabajo cotidiano incluso cuando inspiren a la gente a continuar luchando. El imperialismo cultural se alimenta de la novedad, de la manipulación personal y transitoria, pero nunca de una visión de auténticos vínculos profundos, basados en la honestidad personal, la igualdad entre sexos y la solidaridad social.
http://socialismo-solucion.blogspot.it/

martedì 27 marzo 2012

Occupyamo piazza affari il 31 marzo a Milano ci proviamo



 
Credo che oramai sia evidente che tutti i movimenti, tutte le lotte in corso in questo paese, per quanto differenti negli obiettivi e nelle storie, hanno di fronte lo stesso avversario che argomenta allo stesso modo. I metalmeccanici, da poco scesi in piazza con rabbia e orgoglio, sono di fronte alla devastazione del contratto nazionale e delle più elementari libertà nei luoghi di lavoro. Milioni di altri lavoratori subiscono le stesse aggressioni senza avere la stessa forza o senza essere chiamati alla lotta da un sindacalismo confederale sempre meno capace di reagire. In Valle Susa nel nome degli affari, della competitività, del “lo vuole l’Europa”, si sta procedendo a una sopraffazione democratica e ambientale tra le più gravi della storia della Repubblica. Sulle pensioni il governo ha realizzato il sistema previdenziale più feroce d’Europa, lo dice la stessa Unione. Il decreto sulle liberalizzazioni reinterpreta l’articolo 41 della Costituzione, rovesciandone il significato e i limiti vengono così posti al pubblico e non al privato. Alla faccia del referendum sull’acqua e dei beni comuni. Che anzi, con il patto di stabilità e con i vincoli agli enti locali diventeranno la principale fonte di affari dei prossimi anni.
Con il pareggio in bilancio assunto a norma costituzionale e con l’intreccio di questa norma con il fiscal compact europeo, cioè con l’impegno ventennale a restituire metà del debito pubblico complessivo, lo stato sociale viene posto al di fuori della Costituzione della Repubblica. Ed è stupefacente che un parlamento di nominati possa decidere del nostro futuro senza alcuna
consultazione democratica e sono pesanti anche le responsabilità del Presidente Napolitano. Infine l’articolo 18. Che verrà colpito dal governo, proprio perché così vogliono quei mercati e quella finanza internazionale che questo governo rappresenta e rassicura.
Cosa devono farci ancora? Questo governo è ormai chiaramente, anche nelle battute volgari con cui si esprimono i ministri, un governo di destra. Di quella destra europea che attorno a Monti, Merkel e Sarkozy, affronta la crisi con un’operazione tecnicamente reazionaria. Cioè con lo smantellamento dello stato sociale, con le privatizzazioni, con il ritorno a un liberalismo ottocentesco,
Chi decide?
Per apporre la firma online clicca qui
Per andare alla pagina sulla petizione clicca quiaccompagnato dai poteri dello stato degli anni Duemila. Quando il capo della Banca europea Mario Draghi dice che il sistema sociale europeo è finito, propone una soluzione devastante alla crisi, con l’imitazione di quel modello sociale ed economico degli Stati Uniti, che è la prima causa della crisi mondiale.
Dieci anni fa a Genova e in tutta Europa un grande movimento di lotta e di coscienze contestava il liberismo, il mercato e la globalizzazione, che allora sembravano vincenti ovunque. Oggi che siamo dentro la crisi della globalizzazione e del dominio finanziario su di essa, quelle politiche liberiste che l’hanno provocata paiono avere più consenso di dieci anni fa. E' giusto cercare spiegazioni culturali, sociali ed economiche approfondite. Però bisogna farlo mentre ci si rimette in moto. A differenza di Alberto Asor Rosa, quando Monti va all’estero e si vanta di aver attuato nel nostro paese brutali riforme sociali senza nessuna reale contestazione, io mi vergogno. Cosi come mi vergogno quando vedo il concerto europeo massacrare la Grecia e usarla come minaccia verso tutti popoli.
In Italia abbiamo qualche problema in più che altrove perché, come in Grecia, le principali forze politiche di centrodestra e centrosinistra sostengono il governo ispirato dalla Bce. E deve fare le capriole Bersani, quando dichiara di sostenere Hollande che in Francia vuol mettere in discussione i patti europei, mentre in Italia sostiene Monti che appoggia apertamente Sarkozy.
Dobbiamo provare a ripartire per ricostruire. Dopo il 15 ottobre ci siamo fermati e loro sono andati avanti come treni, anzi come tav... L’appello che lancia la manifestazione a Milano, Occupyamo Piazza Affari, è sottoscritto da militanti sindacali e politici, da movimenti ambientali e civili, da sindacati e partiti, da protagonisti delle lotte di fabbrica e nel territorio. La decisione di lottare e di essere alternativi senza remore a monti e alla sua politica, questo è ciò che unisce.

lunedì 26 marzo 2012

 
Comité Internacional por la Libertad de los 5 Cubanos

Levantemos Nuestras Voces por los 5 Cubanos Frente a la Casa Blanca






Imagen creada por Marivi Rodriguez

                                   
    Día: Sábado 21 de Abril
Hora: 1pm
Lugar: Casa Blanca
Demandemos a Obama:
¡Libertad Ya para los 5 Cubanos!

RESERVE CUANTO ANTES SU ASIENTO EN LOS AUTOBUSES QUE SALDRÁN DESDE NEW YORK 

Súmese a los amigos solidarios que viajarán en la "Caravana por la Libertad de los Cinco" a Washington DC.

Precio de pasaje ida y vuelta $5 -Por favor lleve su almuerzo.
  
Hora de salida de los Autobuses: 6AM Regreso: 4PM.

El lugar de salida de los autobuses será anunciada próximamente. 

Para más información, para adherir y/o reservar su asiento hoy mismo
Llame al teléfono 917-887-8710  
O escriba a casadelasamericas@unacuba.org
www.unacuba.org
info@july26coalition.org
www.july26coalition.org


 El Rally frente a la Casa Blanca es parte de la Jornada
"5 Dias por los 5 Cubanos en Washington DC"
del 17 al 21 de Abril
Agenda PreliminarLista Parcial de Adhesiones 
 
Comité Internacional por la Libertad de los 5 Cubanos 
 Para información actualizada visite:  

Forward email                                                                                   
                                                        

domenica 25 marzo 2012

La mano Criminale di Washington dietro le ultime provocazioni a CUBA/La mano Criminal de Washington tras las últimas provocaciones a CUBA



La mano di Washington dietro le provocazioni durante la visita del Papa a Cuba.
25 marzo 2012 - Iroel Sanchez http://lapupilainsomne.jovenclub.cu/
Il quotidiano messicano La Jornada ha pubblicato un articolo, del suo corrispondente negli Stati Uniti, che documenta il ruolo del governo USA nelle azioni destinate a convertire la visita di Papa Benedetto XVI a Cuba in una piattaforma per promuovere la loro politica di "cambiamento di regime" nell'isola.
Per gli anni fiscali 2009 e 2010 il Congresso degli Stati Uniti ha stanziato 35 milioni di dollari a tal fine, ricorda il giornalista David Brooks e conclude, su La Jornada, che "nel momento della visita del Papa a Cuba, tutto indica che l'obiettivo di Washington e Miami è proprio questo, provocare". Brooks usa come fonte Cuba Money Project, del giornalista nord americano Trace Eaton per osservare che 150 milioni sono stati impiegati al riparo della legge Helms-Burton per i cosiddetti "programmi di promozione della democrazia" a Cuba.
In un altro articolo, nell'ottobre dello scorso anno, il giornalista canadese Jean Guy Allard ha dichiarato che "i dati pubblicati da Eaton implicitamente rivelano il motivo degli scontri tra la FNCA (Cuban American National Foundation) e un'altra "organizzazione non-governativa (ONG)" di Miami, il Direttorio Democratico Cubano, dell'attivista "anticastrista" Orlando Gutiérrez-Boronat".
Allard ha scritto:
"Nel marzo 2008, la Fondazione Nazionale Cubano Americana ha pubblicamente richiesto "una maggiore trasparenza" nell'uso delle sovvenzioni del governo. In un rapporto di 22 pagine, la FNCA ha sostenuto che solo una piccola percentuale dei fondi destinati alle ONG in realtà arrivavano all'isola.
"La FNCA denunciava allora il Direttorio di Gutiérrez-Boronat, di fatto ​​suo concorrente, sostenendo che spendeva solo il 4% del denaro attribuito dall'USAID in sostegno finanziario alla propria clientela di "dissidenti".
"Un Gutiérrez-Boronat furioso ha poi dichiarato di sentirsi "deluso e costernato" da questo tipo di attacchi da parte di "compagni di lotta" e ha chiesto alla FNCA di cessare tale campagna diffamatoria e di divisione "che sicuramente la dittatura cubana sfrutta".
"I dati rivelati dal sito di Tracey Eaton mostrano il sorprendente ritratto di organizzazioni che spendono somme milionarie in viaggi di tutti i tipi, comunicazioni, computer, mobili per ufficio, conferenze, convegni e riunioni, rispetto all' "aiuto umanitario" distribuito alla dissidenza che sembra insignificante.
"Nel caso del Direttorio, è particolarmente importante per la quantità di denaro speso per viaggi. Le spese di questa organizzazione riferite dal 2007 al 2009 includono: 913166 dollari per il viaggio; 2278713 dollari per gli stipendi, salari e benefici ai dipendenti (compresa la moglie del proprietario), 330704 dollari per uffici in Europa, Centro e Sud America 550055 per i programmi all'estero.
"Il costo delle visite e delle delegazioni all'estero, è dettagliato come segue: Repubblica Dominicana, 200557 dollari, Argentina, 126412; Messico, 56936, Costarica, 58988 dollari, Repubblica Ceca, 13968; Slovacchia, 20118; Spagna, 73076$".
La visita del Papa a Cuba sembra essere lo scenario ideale per riprendere la lotta per il denaro tra le organizzazioni con sede a Miami che vivono del contribuente nord americano.
Analizzando le fonti più attive nell'amplificazione delle provocazioni intorno alla visita papale all'isola - sempre con il sostegno di quel portavoce del Dipartimento di Stato in spagnolo che é l'agenzia di stampa EFE, che ha dedicato diversi articoli negli ultimi giorni - evidenzia ancora una volta il Direttorio Democratico Cubano (DDC) che ha anche divulgato, pochi giorni fa, una lettera firmata - secondo loro - da mezzo centinaia di personalità che chiedono di fermare "la repressione" e le "molestie" contro i cosiddetti dissidenti a Cuba. Un discorso che ha anche ottenuto il favore dei portavoce del Dipartimento di Stato e del Consiglio di Sicurezza Nazionale a Washington.
Finanziare provocazioni sull'isola in stile "occupazione" di templi e la mascherata delle Dame in bianco, che si sono verificati giorni fa, che obbligano le autorità cubane ad agire e generano la ripercussione mediatica sul quale si posiziona il dispositivo della propaganda contro l'isola, condito con condanne provenienti da Washington e Miami, sembra essere la logica operativa delle azioni in corso. Ciò persegue il chiaro obiettivo di fornire ai nemici di Cuba un'immagine di caos e di repressione da L'Avana per facilitare i loro piani interventisti in un momento di alta visibilità come lo è la visita del papa.
Il ricercatore Carlos Fazio ha segnalato il DDC come "una creatura della CIA":
"Il DDC è un'organizzazione composta da un nucleo, duro e ristretto, di collaboratori della CIA, a cui non interessa l'attività di proselitismo e il reclutamento di nuovi membri. Il suo leader principale, Orlando Gutiérrez Boronat, é un precoce terrorista dell'esilio di Miami, che inoltre ha sviluppato azioni di propaganda contro Cuba attraverso WSCV Canale 51 di Miami e TV Marti. In Messico, il CDD, ha guidato la creazione della Promozione Internazionale dei Diritti Umani, molto attivo nel chiedere il voto del governo messicano contro Cuba nella ex Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra.
"Uno dei progetti più importanti del DDC, per il quale ha ricevuto ingenti risorse materiali e finanziarie della CIA, é Radio Repubblica. E' una emittente diretta verso gli ascoltatori a Cuba, i cui programmi sono preparati da specialisti in guerra psicologica della centrale dell'agenzia di Langley. Radio Repubblica, che la CIA propaganda come "la voce del DDC" trasmise per la prima volta il 15 agosto 2005, attraverso le onde dell'emittente ufficiale USA Radio Miami International, dalla frequenza di 9955 kHz, banda di 31 metri.
[...]
"Da allora, insieme a Radio Marti, l'emittente costituisce quella di maggior peso nella propaganda radio nemica contro Cuba trasmettendo 116 ore settimanali. Radio Repubblica utilizza ripetitori in territorio di Gran Bretagna, Canada e Germania, paesi alleati degli Stati Uniti. Tuttavia, ci sono fondati sospetti per ritenere che l'emittente intende ampliare il suo lavoro sovversivo e destabilizzante contro il Nicaragua e El Salvador, da una stazione con base in territorio costaricano."
Nel novembre 2011 Boronet Gutierrez è stato accusato a Miami di inviare a Cuba solo il 4% del denaro ricevuto dall'USAID. Questo sarebbe un indicatore di quanto a buon mercato si vendono i servitori del governo degli Stati Uniti sull'Isola ma anche che la maggior parte dei fondi sono investiti in azioni di propaganda all'estero per amplificare il poco, ma molto diffuso, che fanno questi piccoli gruppi a Cuba con il denaro e i mezzi di comunicazione che il DDC gli invia attraverso emissari stranieri in operazioni come quelle recentemente denunciate dal quotidiano Granma.
Ma il denaro non ha usi dubbi solo nel suo viaggio verso Cuba; di recente la madre del prigioniero Orlando Zapata Tamayo, ha accusato Janissett Rivero, di averle voltato economicamente le spalle dopo aver incoraggiato il suicida sciopero della fame di suo figlio al fine di discreditare il governo cubano.
Il DDC è una delle organizzazioni più attive nella cosiddetta "Assemblea della Resistenza" composta dai più reazionari e violenti estremisti di destra in Florida, come il Consiglio per la Libertà di Cuba (CLC) - finanziatore delle azioni di terrorista Luis Posada Carriles -, Alfa 66 - con lunga storia di violenza criminale - e il "Movimento Democrazia", ​​esecutore di incursioni provocatorie nelle acque territoriali cubane attraverso le cosiddette "flottiglie", guidate da un altro terrorista Ramon Saul Sanchez.
L'atmosfera a Miami, con l'incoraggiamento delle dichiarazioni da parte dei portavoce del governo degli Stati Uniti, si è riscaldata. Si parla di "posti di comando" nel ristorante Versailles, la denominata Casa del prigioniero e la sede della Fondazione Cubano-Americana, al seguire il corso di ciò che si aspettano che accada a Cuba nelle prossime ore. Ma ancora una volta rimarranno con il desiderio, tutti i soldi dei loro padroni yankee non saranno sufficienti per vincere l'intelligenza, serenità e fermezza di un popolo che sa cosa ciò che è in gioco con la visita di Benedetto XVI.
La mano de Washington tras provocaciones durante visita papal a Cuba
Iroel Sánchez
El diario mexicano La Jornada ha publicado un artículo de su corresponsal en Estados Unidos que documenta el papel del gobierno norteamericano en acciones que pretenden convertir la visita del Papa Benedicto XVI a Cuba en una paltaforma para promover su política de “cambio de régimen” en la Isla.
Para los años fiscales 2009 y 2010 el Congreso norteamericano destinó 35 millones de dólares para ese objetivo, recuerda el periodista David Brooks y concluye en La Jornada que “en la coyuntura de la visita del Papa a Cuba, todo indica que el objetivo desde Washington y Miami es justo eso, provocar”. Brooks utiliza como fuente al Cuba Money Project, del periodista norteamericano Tracey Eaton para señalar que 150 millones han sido empleados al amparo de la Ley Helms-Burton para los llamados “programas de promoción de la democracia” en Cuba.
En otro artículo, de octubre del pasado año, el periodista canadiense Jean Guy Allard decía que “los datos publicados por Eaton revelan implícitamente el porqué de choques ocurridos entre la FNCA (Fundación Nacional Cubano Americana” y otra “organización no gubernamental (ONG)” de Miami, el Directorio Democrático Cubano, del activista “anticastrista” Orlando Gutiérrez-Boronat”.
Decía Allard:
En marzo del 2008, la Fundación Nacional Cubano Americana exigió públicamente “una mayor transparencia” en el uso de las subvenciones del gobierno. En un informe de 22 páginas, la FNCA proclamó que solo un pequeño porcentaje de los fondos atribuidos a organizaciones no gubernamentales llegaban efectivamente a la Isla.
La FNCA denunciaba entonces al Directorio de Gutiérrez-Boronat, de hecho su competidor, afirmando que solo gastaba el 4 % del dinero atribuido por la USAID en apoyo financiero a su clientela de “disidentes”.
Un Gutiérrez-Boronat furioso declaró entonces sentirse “decepcionado y consternado” por tales ataques de parte de “compañeros de lucha”, y pidió a la FNCA cesar esta campaña de desprestigio y de división “que seguramente la dictadura cubana debe disfrutar”.
Los datos revelados por el sitio web de Tracey Eaton muestran el asombroso retrato de organizaciones que se gastan sumas millonarias en viajes de todo tipo, comunicaciones, computadoras, muebles de oficina, congresos, convenciones y reuniones, cuando en comparación la “ayuda humanitaria” distribuida a la disidencia remunerada parece insignificante.
En el caso del Directorio, resulta particularmente importante la cantidad de dinero dedicado a los viajes. Los gastos de esta organización reportados desde el 2007 hasta el 2009 incluyen: 913 mil 166 dólares para viajes; 2 millones 278 mil 713 dólares para los sueldos, salarios y beneficios para los empleados (incluida la esposa del dueño); 330 mil 704 dólares para oficinas en Europa, América Central y América del Sur y 550 mil 55 para los programas en el extranjero.
El costo de las visitas y representaciones en el extranjero se detalla así: República Dominicana, 200 mil 557 dólares; Argentina, 126 mil 412; México, 56 mil 936; Costa Rica, 58 mil 988 dólares, República Checa, 13 mil 968; Eslovaquia, 20 mil 118; España, 73 mil 76 dólares.”
La visita del Sumo Pontífice a Cuba parece ser el escenario ideal para retomar la lucha por el dinero entre las organizaciones radicadas en Miami que viven del contribuyente norteamericano.
Revisando las fuentes más activas en la amplificación de las provocaciones alrededor de la visita papal a la Isla -siempre con el apoyo de esa vocera del State Department en español que es la agencia de prensa EFE, que les ha dedicado varias notas en los últimos días- resalta nuevamente el Directorio Democrático Cubano (DDC) que incluso ha llegado a divulgar días atrás una carta firmada -según ellos- por medio centenar de personalidades pidiendo que frene “la represión” y el hostigamiento” contra los llamados disidentes en Cuba. Un discurso que también ha tenido el favor de los voceros del Departamento de Estado y el Consejo de Seguridad Nacional en Washington.
Financiar provocaciones en la Isla al estilo de la “ocupación” de templos y la mascarada de las llamadas Damas de blanco, ocurridas días atrás, que obliguen a actuar a las autoridades cubanas y generen la repercusión mediática sobre la que se posicione el aparato de la propaganda contra la Isla, aderezado con condenas desde Washington y Miami, parece ser la lógica operacional de las acciones en curso. Esto persigue el claro objetivo de proporcionar a los enemigos de Cuba una imagen de caos y represión desde La Habana que facilite sus planes injerencistas en un momento de alta visibilidad como lo es la visita del Papa.
El investigador Carlos Fazio ha señalado al DDC como “un engendro de la CIA”:
El DDC es una organización compuesta por un núcleo duro y pequeño de colaboradores de la CIA, a quienes no les interesan las actividades proselitistas y la captación de nuevos miembros. Su principal cabecilla, Orlando Gutiérrez Boronat, es un terrorista precoz del exilio miamense, que además ha desarrollado acciones de propaganda contra Cuba a través de la WSCV Canal 51 de Miami y Tv Martí. En México, el DDC impulsó la creación de la Promotora Internacional de Derechos Humanos, muy activa en la exigencia del voto del gobierno mexicano contra Cuba en la ex Comisión de Derechos Humanos de la ONU en Ginebra.
Uno de los proyectos más importantes del DDC, para el cual ha recibido cuantiosos medios materiales y financieros de la CIA, es Radio República. Se trata de una emisora dirigida hacia los radioescuchas en Cuba, cuyos programas son preparados por especialistas en guerra sicológica de la central de la agencia en Langley. Radio República, que la CIA promociona como “la voz del DDC”, transmitió por primera vez el 15 de agosto de 2005, a través de las ondas de la emisora oficial estadunidense Radio Miami Internacional, por la frecuencia 9955 KHZ, banda de 31 metros.
[...]
Desde entonces, junto a Radio Martí, la emisora constituye la de mayor peso en la propaganda radial enemiga por onda corta contra Cuba, transmitiendo 116 horas semanales. Radio República utiliza transmisores situados en territorios de Gran Bretaña, Canadá y Alemania, países aliados de Estados Unidos. Sin embargo, existen fundadas sospechas de que la emisora pretende ampliar su trabajo subversivo y desestabilizador contra Nicaragua y El Salvador, desde una estación con base en territorio costarricense.”
En noviembre de 2011 Gutiérrez Boronet fue acusado en Miami de enviar a Cuba sólo el 4% del dinero recibido de de la USAID. Esto sería un indicador de lo barato que se venden los servidores del gobierno norteamericano en la Isla pero también de que el grueso de los fondos se invierten en acciones propagandísticas en el exterior para amplificar lo poco pero muy difundido que hacen estos pequeños grupos en Cuba con el dinero y los medios de comunicación que el DDC les envía a través de emisarios extranjeros en operaciones como las que denunció recientemente el diario Granma.
Pero el dinero no tiene usos turbios sólo en su viaje hacia Cuba, recientemente la madre del recluso Orlando Zapata Tamayo, denunció a Janissett Rivero, por haberle dado la espalda enconómicamente en Miami después de alentar la suicida huelga de hambre de su hijo con el fin de desactreditar al gobierno cubano.
El Directorio Democrático Cubano es una de las organizaciones más activas dentro de la llamada “Asamblea de la Resistencia”, integrada por lo más reaccionario y violento de la ultraderecha en La Florida, como el Consejo por la Libertad de Cuba -financista de las acciones del terrorista Luis Posada Carriles-, Alpha 66 -con largo historial de actos criminales violentos- y el “Movimiento Democracia”, ejecutor de incursiones provocadoras en las aguas territoriales cubanas a través de las llamadas “flotillas”, liderado por el también terrorista Ramón Saúl Sánchez.
El ambiente en Miami, con el estímulo de las declaraciones de los portavoces del gobierno norteamericano, se ha caldeado. Se habla de “puestos de mando” en el restaurante Versalles, la llamada Casa del preso y la sede de la Fundación Cubano Americana, para seguir el curso de lo que esperan suceda en Cuba en las próximas horas. Pero una vez más se quedarán con las ganas, todo el dinero de sus amos yanquis no alcanzará para vencer la inteligencia, serenidad y firmeza de un pueblo que sabe lo que está en juego con la visita de Benedicto XVI.

 Documento tratto dal documento originale :


immagini tratte da internet usate dal blogger

sabato 24 marzo 2012

L’ONU ricorda la figura di monsignor Oscar Arnulfo Romero/ Romero e Teologia della Liberazione scritto da Giulio Girardi




Oggi non ci interessa la visita del Papa a Cuba, forse neanche domani, forse mai,.... tanto la chiesa di Roma fa i suoi sporchi giochi politico/economici e non gli interessi della povera gente.. oggi ricordiamo invece un grande teologo della liberazione, morto proprio il 24 marzo del 1980 per difendere dai soprusi fascisti i campesinos, i diseredati, gli ultimi , …
(by Sandino)

L’ONU ricorda la figura di monsignor Oscar Arnulfo Romero
Nazioni Unite, 23 mar (Prensa Latina) Le Nazioni Unite domani renderanno omaggio all’ucciso sacerdote salvadoregno Oscar Arnulfo Romero, in occasione della Giornata Internazionale per il Diritto alla Verità per le Vittime delle Violazioni dei Diritti Umani e per la Dignità delle Vittime.
La data, stabilita nel dicembre del 2010 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ricorda il sacerdote ucciso in un massacro il 24 marzo 1980 per il fatto di rifiutare di rimanere in silenzio sulla violenza, sugli abusi e sull’ingiustizia.
In un messaggio, il segretario generale dell'organismo mondiale, Ban Ki-moon, ha affermato la necessità di preservare e di scoprire la verità sulle violazioni dei diritti umani commesse durante i periodi di repressione e di conflitto.
Ha detto che il diritto alla verità ed alla giustizia è essenziale per porre fine all'impunità sulle violazioni dei diritti umani, ed ha appoggiato le famiglie che vogliono conoscere la sorte dei loro cari, vittime di sparizioni forzate.
Allo stesso tempo, ha accolto con favore la recente nomina di un relatore speciale delle Nazioni Unite per la promozione della verità, della giustizia, del risarcimento e delle garanzie di non ripeterle.
Ban Ki-moon ha inoltre sottolineato l'importanza del lavoro di diversi meccanismi di ricerca della verità e della riconciliazione in diversi paesi.
La data in ricordo di Mons. Romero ha l'obiettivo di promuovere la memoria delle vittime di violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani e l'importanza del diritto alla verità ed alla giustizia.
Istituendo la commemorazione, l'Assemblea Generale ha definito il religioso salvadoregno come un umanista dedicato alla difesa dei diritti umani, alla tutela della vita umana ed alla promozione della sua dignità.
Ig/ogt/vc


Gli amici di Cuba gruppo“Italo Calvino” Piombino/ V.di Cornia  vogliono ricordare
Mons. Romero con uno scritto più incisivo (2005) del grande compagno/teologo Giulio Girardi morto il 26 febbraio 2012,
che pochi anni fa alla Villetta -Garbatella -Roma in una iniziativa a sostegno di Cuba abbiamo avuto il piacere di conoscere e di  parlarci un poco, malgrado già fosse debilitato nella salute.

MONSIGNOR ROMERO E LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE”
Per la Teologia della Liberazione, mons. Romero. rap-presenta oggi una delle grandi sorgenti di ispirazione. Ma non tutti conoscono la profonda evoluzione che segnò la sua vita e il suo impegno pastorale: evoluzione che lo condusse a maturare scelte radicalmente nuove. Più che di una evoluzione, si tratta di una repentina illuminazione, che lo sconvolse, quando il suo amico, il padre Rutilio Grande e due contadini con lui, morirono assassinati sulla via di Aguilares, il 12 marzo del 1977. La via di Aguilares fu per lui come la via di Damasco per San Paolo, una rottura radicale con il suo passato. Essa segnò la sua conversione e divise in due parti la sua vita, due periodi contrassegnati da due concezioni della vita, del sacerdozio, del cristianesimo.
Era stato nominato vescovo di San Salvador e preferito a mons. Rivera y Damas, dietro pressioni della oligarchia, perché conosciuto come conservatore e legato all'Opus Dei. Essi speravano che la sua pastorale avrebbe segnato una rottura con quella del suo predecessore, Luis Chávez y González. La sua nomina destò vive preoccupazioni nei settori progressisti della diocesi.
Egli dissentiva aggressivamente dalla Teologia della Liberazione, accusandola di orizzontalismo, razionalismo, marxismo e considerandola una deviazione "politica" della missione della Chiesa.
Per questo egli era ostile ai gesuiti, per esempio a Jon Sobrino, criticava la loro cristologia, che, diceva, conduce alla rivoluzione e all'odio di classe; era ostile ai sacerdoti che ispiravano la loro pastorale alla Conferenza episcopale di Medellín . Dissentiva per queste ragioni anche dalla pastorale del suo amico p. Rutilio Grande, che pure stimava personal-mente, tanto che era per lui un problema. Si adoperò, con gli altri vescovi, perché i gesuiti fossero allontanati dalla direzione del seminario. Accettava le novità del Concilio e di Medellín, ma le interpretava in chiave conservatrice, ossia rifiutandole.
Conservatore in teologia, lo era anche in politica. Avallò, con gli altri vescovi, la militarizzazione dell'università, considerata un luogo di sovversione, e la conseguente repressione
Di passaggio a Cuernavaca, evitò di visitare mons. Méndez Arceo, considerato un "vescovo rosso".
L'assassinio del p. Rutilio e dei due contadini lo sconvolse. Essa sciolse ai suoi occhi la "contraddizione" del p. Rutilio, attestando la validità della sua pastorale e la coerenza della sua vita. Egli vide in lui un martire.
Così la scelta dei poveri, nucleo della pastorale di Rutilio, divenne la sua.. Sono i poveri che lo evangelizzano, che lo convertono. Sono essi che lo "manipolano", come dicono i suoi detrattori. Il loro punto di vista diventa il suo. Egli è consapevole del cambiamento che questo punto di vista opera in lui. Parlando di una signora dell' Opus Dei, come anche del segretario della nunziatura, egli commenta: "non capiscono come io non capivo".
Del suo passato, egli chiede perdono a una comunità di base, e anche al rettore del seminario. Ne è pentito.
Questa nuova scelta cambia per lui il senso di tutte le cose. I poveri sono il Cristo nella storia, il Cristo crocifisso.
Per fedeltà ai poveri, egli deve affrontare l'ostilità e l'incomprensione della oligarchia, del governo, dell'esercito, della maggioranza dei vescovi (ad eccezione solo di Rivera y Damas), dei dicasteri romani (in particolare del card. Baggio), della nunziatura. Tra i vescovi, mons. Aparicio e il cardinale Casariego lo giudicano un irresponsabile, che mette a rischio la Chiesa con la sua ostilità al governo ed all'esercito La sua radio emittente viene distrutta, per tacitare la sua parola.
La scelta dei poveri cambia la sua concezione della Chiesa, identificata appunto con i poveri e giustamente chiamata, egli dice,"chiesa popolare".
Essa relativizza il senso della istituzione e del diritto canonico.
Essa cambia il senso dell'identità cristiana, definita non più dall'appartenenza all'istituzione ma dall'identificazione con i poveri.
Essa cambia il senso della missione sacerdotale ed episcopale che diventa quella di "andare raccogliendo i cadaveri e tutto ciò che produce la persecuzione della Chiesa"; diventa quella di restituire la speranza ai poveri.
Essa cambia la sua esperienza di Dio, che diventa il Dio dei poveri; il senso della gloria di Dio diventa la vita del povero (gloria Dei vivens pauper).
Essa cambia le sue scelte politiche, individuando nel popolo il criterio di valutazione dei partiti politici.
Essa cambia il suo rapporto con la curia romana e la nunziatura, che diventa più libero ed autonomo.
Essa cambia il senso dell'autorità che diventa testimo-nianza di coerenza; e che ispira una continua consultazione del popolo e quindi la fedeltà al punto di vista del popolo.
Essa cambia il senso della messa, che, celebrata con i poveri, cessa di essere un dovere giuridico e diventa la presenza di Cristo crocifisso e sanguinante e il sacramento della comunione con i poveri.
Essa rinnova il senso dell'amore, scoprendo la sua dimensione politica e con essa una nuova concezione del martirio.
Essa rinnova infine il senso della risurrezione, che cessa di essere una prospettiva individuale e diventa la forma definitiva di identificazione con il popolo: "se mi uccidono risorgerò nel popolo".
Così la Teologia della Liberazione cessa di essere una nuova dottrina e diventa una nuova