giovedì 27 marzo 2014

La guerra terroristica per procura degli USA in Venezuela

James Petras | petras.lahaine.org


Introduzione: Dimostrazioni di protesta, dissenso e guerre terroristiche sono ovviamente forme molto diverse di esprimere opposizione e portare il cambiamento. Il regime Obama-Kerry sostiene che l'opposizione in Venezuela è un "movimento di protesta", una "pacifica opposizione democratica" che esprime il malcontento per le condizioni economiche e che la democraticamente eletta amministrazione Maduro è un "regime autoritario" che reprime violentemente il dissenso. Washington sostiene di non svolgere alcun ruolo nell'azione di opposizione e che le sue dichiarazioni sono dirette a promuovere le libertà democratiche.

Prove schiaccianti dicono il contrario. Sotto ogni punto di vista, l'opposizione si è impegnata in prolungate ed estese attività violente, compresi atti terroristici, assassinii, incendi dolosi, distruzione di proprietà pubblica compreso l'uccisione di funzionari militari e civili sostenitori del governo. Fotografie ampiamente diffuse, anche nei media che appoggiano Washington, mostrano attivisti dell'opposizione lanciare molotov e costruire barricate per la guerriglia urbana.

L'amministrazione Obama-Kerry nega totalmente qualsiavoglia atto di violenza da parte dell'opposizione; difende incondizionatamente l'opposizione; attacca con forza e demonizza ogni sforzo da parte del Governo per difendere i diritti dei suoi cittadini, difendere la Costituzione e far rispettare la legge e l'ordine. L'intervento politico del regime Obama-Kerry, l'inasprirsi della loro  retorica, è pianificato per incitare l'opposizione a continuare e intensificare la sua attività violenta per destabilizzazione il paese.

La retorica al vetriolo di Kerry è programmata in concomitanza con il riflusso dell'attività dell'opposizione. Lo scopo è quello di garantire all'opposizione che Washington sostiene
incondizionatamente una scoperta guerra al terrorismo. La propaganda del regime di Obama, le sanzioni economiche e l'afflusso di risorse finanziarie e militari è progettato per sostenere le declinanti fortune della campagna di terrore. Le sanzioni di Kerry-Obama e la guerra di propaganda fanno da complemento alla violenta guerra terroristica interna.

Kerry-Obama fanno affidamento sulla Grande Bugia.

L'accusa di Kerry che il governo venezuelano sta lanciando "una campagna di terrore", ribalta i ruoli: è il governo venezuelano il bersaglio di due mesi di violenti assalti. È Caracas ad essere accusata dei crimini commessi dall'opposizione per procura sostenuta dagli USA: stratagemma preferito dei governi totalitari e imperialisti. Washington è determinato a rovesciare con la violenza un governo democratico e a instaurare un regime satellite.

Il lancio di una presa di potere terrorista per procura è evidente in ogni aspetto dell'attività dell'opposizione. L'opposizione è autoritaria e non democratica nelle sue rivendicazioni. Questioni economiche e sociali sono semplicemente stratagemmi per perseguire il rovesciamento del governo con la forza e la violenza. L'azione violenta dei terroristi è progettata per indebolire e scalzare il governo - non per negoziare e cercare accordi su specifiche serie di questioni. Le offerte del governo di incontrarsi e dialogare vengono immediatamente respinte. Ogni concessione governativa viene interpretata come "debolezza" e strumentalizzata. Persone arrestate per lancio di molotov che il governo ha rilasciato dal carcere tornano a lanciare bombe incendiarie contro edifici e contro la polizia.

All'opposizione è stata data ogni possibilità di influenzare l'elettorato nelle elezioni presidenziali, statali e locali e sono stati sconfitti. Si sono rifiutati di accettare la scelta elettorale della maggioranza e hanno lanciato assalti violenti per minare la regola della maggioranza. Sindaci dell'opposizione sono complici delle attività terroristiche, bloccando il commercio e aggredendo i sostenitori locali del governo nazionale.

L'opposizione ha accumulato enormi depositi di armi e munizioni idonei ad un'insurrezione armata. Ha organizzato cecchini per assassinare militari e polizia che garantiscono lo Stato di diritto e la protezione dei lavoratori comunali e dei cittadini volontariamente impegnati nella pulizia delle strade dai detriti.

In termini di mezzi, obiettivi e ideologia l'opposizione è descrivibile come una minoranza terroristica finanziata dall'imperialismo tendente a prendere il potere, distruggere la regola della maggioranza e imporre una dittatura autocratica, operando in nome e per conto del potere imperialistico degli Stati Uniti.

Politica democratica o golpe terroristico?

Nelle 8 settimane precedenti il 15 marzo 2014, l'opposizione terroristica ha compiuto 500 azioni violente in tutto il paese. Almeno 68 membri della Guardia Nazionale venezuelana sono stati feriti, colpiti o uccisi dai "democratici manifestanti" di Kerry. Il 13 maggio, funzionari governativi sono stati attaccati con armi di grande potenza; sette sono stati arrestati con armi ed esplosivi. Terroristi paramilitari sono apertamente addestrati presso due o più università (Università di Carabobo e UCV di Caracas) in cui fasulli proclami di "autonomia" sono impiegati per coprire arsenali, basi di addestramento e santuari per bande paramilitari e cecchini.

Le perdite in termini di fatturati, salari e stipendi sono dell'ordine di decine di milioni. Il fuoco dei cecchini ha limitato il diritto dei lavoratori filo-governativi e dei cittadini a fare acquisti, lavorare e manifestare. I terroristi hanno seminato paura e insicurezza, soprattutto nei quartieri della classe media - che non osano entrare nei barrios dei lavoratori.

Il governo è stato straordinariamente tollerante (o eccessivamente conciliante) con le bande terroristiche se si considera l'estensione e la profondità della violenza: al 15 marzo, dei 1.529 arrestati solo 105 rimangono in carcere in vista di andare a processo.

Molti consapevoli democratici ed esperti di terrorismo ritengono che la moderazione del governo Maduro ha lasciato ai terroristi tempo e spazio per armarsi, reclutare e ricevere fondi statunitensi tramite false ONG e per prepararsi per atti di terrorismo più importanti e distruttivi, come bombardamenti di ponti e uccisione di alti funzionari civili e militari. La loro valutazione della politica di sicurezza del governo Maduro è che è troppo focalizzata sul "livello più basso" - i lanciatori di bombe - piuttosto che sulle reti politiche che hanno infiltrazioni nei principali partiti politici e nelle élite affaristiche che forniscono aiuti finanziari, copertura politica e giustificazioni ideologiche alla guerra terroristica. Inoltre, la "porta girevole" del sistema giudiziario incoraggia i terroristi, in quanto un giorno in carcere è un piccolo prezzo per aver incendiato un centro sanitario locale o per aver attaccato con bombe incendiarie una guardia.

Il governo nei suoi sforzi per garantire accordi con una parte dell'opposizione ha legato le mani alle forze di sicurezza in molti casi: piccoli contingenti di guardie sono esposti al pericolo di bande terroristiche organizzate protette da leader politici dell'opposizione di primo piano.

Conclusione

Negli ultimi due mesi, sono oltre un migliaio gli edifici pubblici violentemente aggrediti, per lo più col lancio di bombe incendiarie da parte della "democratica e pacifica opposizione" di Kerry. Molti degli edifici presi di mira dalle bombe sono direttamente collegati al programma di benessere sociale popolare del governo. Tra essi figurano centri che forniscono programmi educativi per adulti e cure mediche; banche che finanziano progetti micro-economici a basso reddito; scuole primarie e secondarie, supermercati di proprietà pubblica che forniscono generi alimentari sovvenzionati; autocarri che trasportano prodotti sovvenzionati per i quartieri della classe operaia, autobus pubblici, stazioni radio comunitarie, centri media filo-governativi e la sede centrale del partito Socialista.

Grandi nascondigli di armamenti, inclusi fucili automatici e mortai, sono stati scoperti in un parcheggio sotterraneo comunale controllato dall'opposizione; un altro nascondiglio per 2.000 mortai e altre armi è stato trovato a Táchira, uno stato di frontiera al confine con la Colombia e una roccaforte dell'opposizione. Oltre la metà delle 68 guardie nazionali ferite sono stati colpite da cecchini dell'opposizione. Il 16 marzo un capitano della guardia è stato assassinato da un cecchino appostato su un'altura. L'assassino è stato catturato: è un mercenario cinese ingaggiato dall'opposizione per far parte di una squadra paramilitare di killer.

La pretesa di Kerry-Obama che i manifestanti sono principalmente studenti è smentita dal fatto che quasi i due terzi (971) del totale degli arrestati (1.529) non sono studenti; molti hanno ammesso di essere combattenti di strada "sovvenzionati".

La pretesa di Kerry che gli Stati Uniti "non sono coinvolti", e il grottesco tentativo del Dipartimento di Stato di ridicolizzare le accuse del Venezuela dell'intervento USA ("paranoia"), sono confutate dai documenti ufficiali pubblicati che mostrano un flusso continuo di decine di milioni di dollari l'anno alle organizzazioni di opposizione legate alle reti terroristiche, tra cui 15 milioni di dollari erogati durante i primi due mesi di quest'anno.

I massimi esperti di sicurezza in materia di guerra terroristica finanziata dall'esterno, analizzando la portata e la profondità dei danni e delle vittime, sollecitano il governo a dare maggiore supporto e un ruolo più importante alle forze armate nel pacificare il paese. Le loro raccomandazioni includono: la dichiarazione della legge marziale e l'organizzazione di
perlustrazioni militari nelle roccaforti dell'opposizione per neutralizzare e disarmare i gruppi terroristici; la detenzione illimitata in attesa di giudizio per i sospettati di omicidio e gli incendiari; processi militari per i sospetti accusati di aver ucciso soldati. Sindaci di opposizione, governatori o funzionari universitari che offrono santuari e mettono a disposizione depositi per le armi dovrebbero perdere la loro impunità. A seguito di una incalcolabile manifestazione di civili e militari a sostegno delle forze armate e che chiedeva al governo Maduro di adottare provvedimenti più fermi per porre fine terrore, Maduro ha emesso un ultimatum ai terroristi di porre termine alle loro azioni o affrontare la forza delle autorità pubbliche.

Il presidente Maduro si è anche rivolto al regime Kerry-Obama, invitandolo a smettere di sostenere l'opposizione terrorista minacciando sanzioni economiche e invitando Washington a partecipare ad una commissione tripartita, comprendente un alto esponente di Stati Uniti, Venezuela e Unione delle nazioni sudamericane (UNASUR), per discutere di pace e di sovranità. L'UNASUR si è pronunciato a favore della proposta di Maduro per il dialogo e la sua iniziativa di pace. Kerry ha proseguito con le sanzioni a sostegno della guerra terroristica per procura.

Il tempo per una conciliazione politica si sta esaurendo: le forze armate venezuelane potrebbero finalmente avere l'occasione di porre fine allo spettro della guerra imperiale per procura.

Post Script

Speriamo che i rivoluzionari in poltrona e i borghesi illuminati in Nord America e in Europa, tanto esperti nel criticare il governo del Venezuela, accantoneranno le loro "riserve" e organizzeranno infine un movimento di protesta contro la guerra per procura di Kerry-Obama contro il governo venezuelano. Ad oggi vi è una relazione inversa tra il loro abbondante chiacchiericcio in internet e la loro scarsa presenza nelle strade.



17/03/2014

Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

immagini da internet  inserite da amministratore  blog corrente


giovedì 20 marzo 2014

Le guerre di Washington - Las guerras de Washington


 
Una buona analisi sulla situazione mondiale anche se il documento  è stato redatto il 05/03/2014, cioè prima dell'aggravarsi delle relazioni tra USA/UnioneEuropea e Russia per la questione del golpe in Ucraina.
 
 




 Higinio Polo

Il generale Wesley K. Clark, che fu il comandante supremo della Nato alla fine degli anni novanta, riconosceva nel 2001 (e pubblicò nel 2003 "Winning Modern Wars: Iraq, Terrorism and the American Empire) che i piani nordamericani per attaccare l'Iraq avrebbero trovato continuità in Siria, Libano, Iran, Somalia e Sudan. Dietro questa pianificazione c'era buona parte dell'establishment statunitense, nel governo, nel Pentagono, negli istituti di pensiero o think-tank e nelle corporation, con attori come il corrotto Paul Wolfowitz (che arrivò ad essere sottosegretario alla difesa e, precedentemente, ambasciatore in Indonesia, dove sostenne il sinistro Suharto), portatore della cosiddetta "dottrina Wolfowitz", che postulava l'unilateralismo nelle relazioni internazionali e le "guerre preventive" al fine di garantire il predominio nordamericano nel XXI secolo. In generale, l'intero settore neoconservatore americano, da Dick Cheney a Donald Rumsfeld passando per lo stesso George W. Bush, da William Kristol e Richard Perle, aveva questa visione guerrafondaia, partecipando allo sviluppo dei piani e delle guerre d'aggressione che hanno insanguinato il primo decennio del secolo e la cui dinamica è proseguita sotto la presidenza Obama.

Gli anni di Bush hanno conosciuto un'offensiva generalizzata nelle diverse aree del mondo, diretta a imporre il "nuovo secolo americano". Afghanistan e Iraq sono state le guerre più importanti, conflitti sanguinosi non ancora chiusi, ma non furono le uniche: guerre segrete di bassa intensità come quelle imposta a Iran e Pakistan, le operazioni punitive condotte in diversi paesi di Africa e Asia (Somalia, Sudan, Yemen, Libia, Siria), i programmi di destabilizzazione nella periferia russa e nelle regioni cinesi tramite movimenti nazionalisti attestano la determinazione degli Stati uniti a voler mantenere la propria egemonia globale con l'uso della forza e della guerra. Alcune di queste guerre a bassa intensità sono letali: solo in Pakistan, secondo le stime di Amnesty international, gli Stati uniti hanno ucciso con i droni oltre quattromila persone negli ultimi dieci anni. E il presidente Obama non ha affatto chiuso con questa prassi, anzi.

All'ambizione di rimodellare il Medio oriente, affossare l'Iran e distruggere gli ultimi alleati di Mosca, sono stati aggiunti i piani concreti per includere l'Asia centrale nella zona di influenza di Washington, riducendo la Russia a status di potenza regionale impotente, e la progettazione di un nuovo "cordone sanitario" intorno alla Cina, il paese che più di un decennio fa era ancora la sesta economia mondiale, ma che già si profilava come una importante sfida strategica per gli Stati uniti. E questo per una buona ragione: quando incominciò l'invasione nordamericana dell'Afghanistan, nel 2001, non solamente il Pil degli Stati uniti superava abbondantemente quello cinese, ma anche Giappone, Germania, Francia e Gran Bretagna avevano un potere economico maggiore della Cina. Tuttavia, come già temevano gli analisti dell'establishment nordamericano, l'impressionante crescita economica cinese avrebbe cambiato la situazione e tutte le tendenze indicano, secondo le stime del Fmi, che la Cina sorpasserà (a parità di potere d'acquisto) il Pil nordamericano nel 2017: tre anni al temuto momento che Washington ha voluto ostacolare in ogni modo. I problemi si accumulano per Washington: l'elevato indebitamento (17mila miliardi di dollari di debito governativo, che salgono a 60mila miliardi se si aggiungono i debiti dei governi locali degli stati e delle istituzioni finanziarie), il deplorevole stato delle infrastrutture negli Stati uniti (ponti, rete viaria, mancanza di nuove comunicazioni), e la prevedibile fine del ruolo del dollaro come moneta di riserva internazionale non preannunciano tempi migliori.

Tuttavia, la pianificazione strategica nordamericana per fermare la propria relativa decadenza si è rivelata fallimentare, a dispetto di vittorie regionali, come in Libia, e nonostante mantenga un potere economico e militare non disprezzabile. L'esplosione della crisi economica nel 2008 ha acuito le tendenze negative negli Stati uniti, mostrando il loro graduale indebolimento economico e il fatto di possedere una percentuale ogni volta minore del Pil mondiale. L'arrivo di Obama alla presidenza ha fatto supporre una rielaborazione della politica estera, benché si sia rassegnato ad accettare molte delle decisioni di Bush (a cominciare dal mantenimento di Guantánamo e dalle operazioni speciali di assassinio senza alcun tipo di controllo giudiziale) e sia stato assorbito nelle dispute domestiche, mentre i circoli di potere si dibattono tra l'ambizione di mantenere il predominio e la graduale accettazione che l'ascesa cinese rende inevitabile la negoziazione di un nuovo disegno strategico mondiale. Con Obama, Washington, senza abbandonare la vecchia inerzia degli anni di Bush, ha rinunciato a spingere in modo deciso per l'apertura di una nuova tappa nelle relazioni tra le grandi potenze, a dispetto dell'annuncio di grandi iniziative (come quella presentata nel giugno 2013, a Berlino, che offriva un disarmo nucleare alla Russia e che Mosca non ha preso sul serio per via dei piani nordamericani per sviluppare lo scudo antimissili) che sono poco più che operazioni di propaganda.

Il 2013 cominciava con una tensione senza precedenti tra Stati uniti e Russia, per la legge Magnitski, appoggiata da Obama (che poneva il veto a diciotto magistrati e alti funzionari russi), misura a cui la Duma russa rispose con la legge Dima Yakovlev, (chiamata così per il bambino russo che morì abbandonato in un'automobile dal padre adottivo nordamericano), mentre, in cambio, il ministero di esteri russo pubblicò una lista dove apparivano i nomi dei capi militari di Guantánamo implicati in torture, come quelli dei consiglieri del governo e agenti della Dea. Le controversie si aggravavano.

Nell'aprile 2013, il consigliere per la sicurezza nazionale nordamericano, Tom Donilon, consegnò una nota di Obama al presidente russo che affrontava le differenze politiche e militari sullo scudo antimisili e l'armamento atomico, presentando alcune proposte commerciali. Il ministro degli esteri russo, Lavrov, sostiene che la normalizzazione delle relazioni con Washington è una questione centrale per Mosca, benché sia cosciente che la Russia in varie occasioni è stata ingannata dagli Stati uniti, i quali sono venuti meno agli impegni. Lo ha fatto con l'integrazione dell'Europa orientale nella Nato, con l'incorporazione delle repubbliche baltiche e continua a farlo col persistente tentativo di impadronirsi di Ucraina e Georgia, oltre alle operazioni portate avanti in Asia centrale, alcune pubbliche, altre coperte. Lo ha fatto anche con l'imposizione di una forza Nato in Afghanistan, con la bugia sullo scudo antimisili per "difendersi" dall'Iran, e con le operazioni militari contro Libia e Siria, paesi che mantenevano buoni rapporti con Mosca. È ovvio che Mosca non possa fidarsi della serietà delle parole di Washington. L'ultimo rapporto elaborato dal dipartimento di stato nordamericano sul compimento degli accordi di disarmo, gettava sale sulle ferite accusando la Russia di non rispettare la Convenzione sulla proibizione di armi batteriologiche e tossiche, la Convenzione sulle armi chimiche e gli accordi sulle armi convenzionali in Europa. La relazione evitava di citare la mancata ratifica del Trattato sulla proibizione dei test nucleari che Washington si era impegnata a fare. Non ci sono avanzamenti nei negoziati sul disarmo, nonostante siano apparse, perfino negli Stati uniti, serie critiche allo scudo antimisili, come sostenuto da un gruppo di scienziati del Mit, in particolare dal fisico Theodore Postol, e a dispetto della proposta di disarmo esposta pubblicamente da Obama a Berlino.

Putin, come una dimostrazione di buona volontà, ha accettato di cedere una base alla Nato, a Ulianosvsk, per la campagna militare nordamericana in Afghanistan, anche se le differenze sulla Siria (Ginevra 2), sui negoziati con Iran, sullo scudo antimissili o il previsto ampliamento della Nato verso oriente e l'intromissione in Ucraina, Moldavia e Georgia, continuano a deteriorare le loro relazioni. Afghanistan, origine delle rotte della droga, ha somma importanza per Mosca, e il governo russo è molto interessato alla pacificazione del paese e alla lotta contro il narcotraffico, ma niente è certo. Il generale John R. Allen, capo militare della Nato in Afghanistan (a cui Obama aveva riservato la direzione dell'alleanza), si è dimesso ed è stato sostituito da Joseph Dunford Jr, l'uomo che dovrà organizzare il ritiro, mentre le attività segrete della Cia, dei commandos delle operazioni speciali di Washington e della stessa Nato hanno alimentato i canali dei trafficanti di droga afgani e dei signori della guerra. Non bisogna dimenticare che settori
della Cia e del Pentagono hanno collaborato con organizzazioni di narcotrafficanti per controllare a distanza le loro azioni e metterli al servizio dei loro obiettivi di predominio politico in Asia. Mosca è molto interessata a limitare il flusso di droghe. La Russia, dove causano migliaia di morti ogni anno, è uno dei paesi più colpiti del mondo. È certo che in Afghanistan, gli Stati uniti hanno cercato di combattere le coltivazioni di oppio, ma la loro politica si trasformata in un evidente fallimento che ha aggravato la situazione nel paese (molti contadini poveri finiscono nelle mani dei narcotrafficanti per debiti, dovendo perfino consegnare in pagamento le proprie figlie), e che diventa una minaccia per la Russia. Senza dimenticare la sua implicazione nelle guerre: buona parte delle attività dei gruppi armati che combattono il governo siriano di Bachar al-Assad si finanziano col narcotraffico afgano. Víctor Ivanov, responsabile del Fskn russo (l'organismo preposto al contrasto del narcotraffico), ha affermato che circa ventimila mercenari presenti in Siria dipendono dal denaro ottenuto con la vendita di eroina in diversi paesi asiatici ed europei, come la Russia.

Mentre si indebolisce il potere economico e politico statunitense, si rafforza la sua macchina bellica. Lo spiegamento della Nato in Asia intende assicurare il predominio nordamericano. Le ambizioni su basi militari permanenti in Afghanistan, Iraq, Kirghizistan (e anche in Uzbekistan), oltre a Filippine, Indonesia, Giappone e Corea del sud, seguono questa logica, con la collaborazione della Nato. Inoltre, la diplomazia nordamericana lavora per inserire nel suo ambito di influenza Kazakistan e Turkmenistan. Questa strategia non è nuova. Già nel 1997, sotto Yeltsin, e su iniziativa del senatore repubblicano Sam Brownback, gli Stati uniti approvarono il "Silk road strategy act" per consolidare i nuovi stati centroasiatici, stimolare le tendenze di rottura con Mosca, ed attrarli verso la loro sfera di influenza utilizzando ogni mezzo diplomatico e le operazioni segrete di Cia, Pentagono e dei servizi segreti alleati, come Arabia, Israele o Turchia.

Questo ricorso ad operazioni segrete è utilizzato anche dalle compagnie petrolifere che ingaggiano imprese di mercenari, fatto che, unito in molte zone all'intervento militare aperto e al sistematico utilizzo da parte del governo Obama di compagnie di mercenari ("contractors", secondo l'ipocrita linguaggio del Pentagono e del dipartimento di stato), ha creato grande confusione in molte zone alimentando il terrorismo come reazione, terrorismo che paesi come Cina o Russia si sforzano di contenere perché temono che aumenti all'interno dei loro paesi. I recenti attentati in Xinjiang e nel Caucaso russo lo dimostrano. Questa condotta viene da lontano. Baku, per esempio, è stata utilizzata per anni dai servizi segreti nordamericani (col governo azero che chiudeva volontariamente gli occhi), per introdurre mercenari islamisti nelle regioni russe di Cecenia e Daghestan, molte volte in collaborazione con la mafia cecena dedita al narcotraffico. Non bisogna dimenticare che il presidente Ilham Aliyev (come prima suo padre, il defunto Gueidar Aliyev), che ha ricevuto l'appoggio delle imprese petrolifere occidentali, dirige un governo-cliente degli Stati uniti. Le compagnie petrolifere nordamericane (e britanniche) si riparano dietro lo scudo dei mercenari e la loro capacità di corrompere funzionari e ministri è una risorsa in più nello sviluppo dell'influenza politica nordamericana.

La Cina è il terzo protagonista del triangolo strategico. Le riforme spinte dal nuovo governo cinese che pretendono, tra le altre cose, la diminuzione del peso delle esportazioni nella propria economia e lo sviluppo del mercato interno, si accompagnano a differenti progetti strategici, in maggioranza orientati al suo rafforzamento economico e a dare impulso ad un mondo multipolare. La pressione cinese, per quanto anche russa e di altri paesi, per riformare il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale e perfino l'Organizzazione mondiale del commercio, va di pari passo con lo sviluppo di nuovi accordi commerciali della Cina in differenti aree del pianeta, come nell'Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean), in paesi americani come Perù, Cile e Costa Rica, in Asia e Oceania (Nuova Zelanda). La retrocessione del dollaro come moneta, unita alla crescente internazionalizzazione dello yuan, inaugura nuovi scenari quasi impensabili fino a pochi anni fa: la Cina ha stipulato accordi per commerciare nelle rispettive monete, senza utilizzare la valuta nordamericana, con paesi alquanto rilevanti come Brasile o Giappone e altri.

Gli Stati uniti rispondono alla nuova realtà con il " pivot to Asia", proclamato dalla diplomazia nordamericana che altro non è se non il riconoscimento della progressiva perdita di influenza nel continente più grande e popolato. Washington è cosciente che il consolidamento cinese in Asia limita la sua presenza, benché non rinunci al suo storico protagonismo conquistato dalla fine della Seconda guerra mondiale. Per questo motivo, l'apparizione di fuochi di conflitto nel sud-est asiatico, la periodica ripresa della crisi nella penisola coreana, le decisioni giapponesi o filippine in materia di dispute marittime, sono espressione della politica nordamericana di contenimento della Cina, senza dimenticare l'utilizzo della carta dell'individualismo nazionalista in Tibet, Xinjiang, o perfino in Mongolia. Washington continua a contare su solidi alleati in Asia (Giappone, Corea del Sud, Filippine e Tailandia) e cerca di rafforzare i suoi accordi con Indonesia, India e Malesia, allettando perfino il Vietnam. Mentre la Cina vuole aprire canali diplomatici di contrattazione sulle controversie asiatiche, gli Stati uniti incoraggiano lo scontro e pretendono inoltre di essere presenti nei negoziati bilaterali tra paesi. La rivendicazione cinese delle isole Diaoyu (Senkaku, per il Giappone), occupate dagli Stati uniti alla fine della Seconda guerra mondiale e trasferite a Tokyo nel 1972, ha dato luogo a nuove divergenze, potenzialmente pericolose. Pechino esige che i velivoli che attraversino lo spazio aereo delle isole si identifichino, fatto che ha portato il segretario per la difesa nordamericano, Chuck Hagel, a dare garanzie al governo giapponese che Washington proteggerà militarmente la sovranità nipponica sulle isole, e a dare istruzioni affinché aerei da guerra pattuglino la zona e ignorino lo spazio aereo cinese sulle isole. Dei portavoce del governo nordamericano hanno mostrato la loro preoccupazione per la condotta cinese che, secondo Washington, "preoccupa i suoi vicini".

Tra gli obiettivi della diplomazia cinese e russa vi è un nuovo quadro di relazioni internazionali, che contemplano anche l'apporto dell'India. In occasione della dodicesima riunione dei ministri degli esteri cinese, russo ed indiano, a Nuova Delhi, Wang Yi, il ministro degli esteri cinese proponeva alla fine del 2013 che Cina, Russia e India spingessero avanti la loro cooperazione per raggiungere lo status di alleati strategici, coordinandosi davanti alle crisi e alle dispute internazionali più rilevanti (con particolare attenzione a Siria, Iran, Afghanistan e penisola della Corea), con l'obiettivo di democratizzare le relazioni internazionali ed avanzare verso un mondo multipolare. Il ministro cinese non ha dimenticato di commentare l'importanza della cooperazione per sviluppare la proposta di una nuova via della seta, con le possibilità economiche che essa può aprire. La Cina ha proposto anche di sviluppare un "corridoio economico" fra Bangladesh, India, Birmania e Cina, con speciale attenzione al trasporto ferroviario e alla costruzione di impianti energetici.

La Cina non punta a sostituirsi agli Stati uniti nella posizione egemonica sul mondo, ma lavora per sviluppare un nuovo ordine mondiale che superi la fase di predominio nordamericano, fonte di molti dei problemi attuali. Non vuole neanche essere trascinata in confronti militari, benché non smetta per questo di tracciare linee rosse che gli Stati uniti non devono oltrepassare. Il vecchio mondo vigilato dal gendarme americano sta giungendo alla fine e le strutture politiche internazionali scricchiolano. L'ampliamento del vecchio G-7 e la sua conversione nel G-8 non ha risolto la pratica inoperosità di questo gruppo che, un quarto di secolo fa, pretendeva di essere un governo mondiale de facto, diretto dagli Stati uniti. In realtà, il nuovo G-20 è il riconoscimento del fallimento e dell'inutilità pratica del G-7, tratto che, unito al rafforzamento dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco), asse della politica estera cinese, e all'apparizione di piattaforme informali come gli incontri dei Brics, annunciano già il nuovo mondo multipolare. Di fronte a ciò, non è per caso che Susan Rice, consigliere per la sicurezza nazionale del governo Obama, insistesse, alla fine del 2013, sul fatto che l'Asia era "il principale centro d'attenzione" del suo paese, assicurando il dispiegamento del sessanta percento della flotta Usa nel Pacifico entro un termine di cinque o sei anni. Corea del Nord, Giappone, Filippine ed il Mare della Cina meridionale saranno gli scenari di nuove controversie.

Gli Stati uniti non hanno ancora rinunciato a conservare la loro supremazia globale e a questo fine continuano ad utilizzare la loro capacità diplomatica, l'influenza negli organismi internazionali, il peso economico e l'impressionante forza militare. Continuano ad essere la maggiore potenza militare del pianeta, ma questa circostanza, paradossalmente, non gli consente di vincere le guerre moderne né di aumentare la propria influenza strategica. Ciò ha anche creato problemi tra gli alleati di Washington: le relazioni con Arabia, Israele, Egitto o Pakistan hanno conosciuto tempi migliori, ed è ovvio che i negoziati aperti con l'Iran sono il riconoscimento implicito dei limiti della sua politica estera. Le guerre sono combattute come nel passato, ma anche con droni, operazioni segrete, commandos per rapire persone, con la tutela dei gruppi terroristici, il finanziamento di gruppi politici, con lo spionaggio planetario della Nsa, come evidenziato dal caso Snowden: gli Stati uniti si sono assegnati lo status di modello da seguire, di democrazia esemplare, che ha diritto di giudicare il resto dei paesi, di esigere cambiamenti e decisioni e perfino di imporre la sua opinione con la forza. Così, è Washington che decide il grado di democrazia di ogni paese, la giustizia di una decisione e la bontà di qualunque politica. Chi si oppone alla sua visione e strategia, è qualificato come tiranno.

Mentre l'Europa non riesce ad uscire dalla crisi ed emergere come protagonista internazionale, il nuovo ordine mondiale in arrivo sarà organizzato, con ogni probabilità, sulla base di tre grandi potenze, Cina, Stati uniti e Russia, e di una seconda corona di paesi che, con status di potenze regionali, avranno anche protagonismo internazionale: India, Brasile, Unione europea (o, in alternativa, la Germania) e Giappone. Gli Stati Uniti sono riluttanti ad accettarlo, tuttavia, la realtà si impone e le guerre moderne delle quali parlava il generale Wesley K. Clark non hanno portato al rafforzamento del potere del cowboy litigioso che è stato sempre Washington, ed altri fronti hanno fatto la loro comparsa, fino al punto che il veterano Henry Kissinger, vecchio criminale di guerra ed attento lettore del mondo che verrà, si mostra cosciente della diminuzione del potere nordamericano sostenendo che il nuovo ordine internazionale ruoterà intorno a Stati uniti, Cina e Russia e ben sapendo che Washington dovrà condividere l'alba di una nuova era.


Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Las guerras de Washington

El general Wesley K. Clark, que fue comandante supremo de la OTAN a finales de los años noventa, reconoció en 2001 (y publicó en 2003: Winning Modern Wars: Iraq, Terrorism and the American Empire) que los planes norteamericanos para atacar Iraq tendrían continuidad en Siria, Líbano, Irán, Somalia y Sudán. Detrás de esa planificación estaba buena parte del establishment norteamericano, en el gobierno, en el Pentágono, los institutos de pensamiento o think-tanks, y las corporaciones, con protagonistas como el corrupto Paul Wolfowitz (que llegó a ser subsecretario de Defensa (y, antes, embajador en Indonesia, donde apoyó al siniestro Suharto), quien elaboró la denominada “doctrina Wolfowitz” que postulaba el unilateralismo en las relaciones internacionales y las “guerras preventivas” para asegurar el predominio norteamericano en el siglo XXI. En general, todo el sector neoconservador norteamericano, desde Dick Cheney hasta Donald Rumsfeld pasando por el propio George W. Bush, por William Kristol y Richard Perle, mantenía esa visión belicista y participaron en el desarrollo de los planes y guerras de agresión que han ensangrentado la primera década del siglo XXI, y cuya inercia ha continuado durante el mandato de Obama.
Los años de Bush vieron una ofensiva generalizada en diferentes áreas del mundo, dirigida a imponer el “nuevo siglo americano”. Afganistán e Iraq fueron las guerras más relevantes, sangrientos conflictos que todavía no se han cerrado, pero no fueron los únicos: guerras secretas de baja intensidad como las impuestas a Irán y Pakistán, y operaciones punitivas desarrolladas en diferentes países de África y Asia (Somalia, Sudán, Yemen, Libia, Siria), y programas de desestabilización en la periferia rusa y en las regiones chinas que cuentan con movimientos nacionalistas, dan fe de la determinación norteamericana de sostener su hegemonía planetaria con el recurso a la fuerza y a la guerra. Algunas de esas guerras de baja intensidad son letales: solamente en Pakistán, según los cálculos de Amnistía Internacional, Estados Unidos ha asesinado con sus drones a más de cuatro mil personas en la última década. Y la presidencia de Obama no ha roto, ni mucho menos, con esa dinámica.
A la ambición de remodelar Oriente Medio, ahogar a Irán y acabar con los últimos aliados de Moscú, se añadieron planes concretos para incluir Asia central en el área de influencia de Washington, reduciendo a Rusia a la condición de una potencia regional impotente, y el diseño de un nuevo “cinturón sanitario” alrededor de China, el país que, hace más de una década, aún era la sexta economía mundial, pero que se perfilaba ya como un desafío estratégico de envergadura para Estados Unidos. No era para menos: cuando se inició la invasión norteamericana de Afganistán, en 2001, no solamente Estados Unidos superaba con creces el PIB chino; también Japón, Alemania, Francia y Gran Bretaña tenían un poder económico mayor que China. Sin embargo, como ya temían los analistas del establishment norteamericano, el impresionante crecimiento económico chino iba a cambiar la situación, y todas las tendencias indican, s egún las estimaciones del FMI, que China sobrepasará (en PPA) el PIB norteamericano en 2017: tres años de plazo para el temido momento que Washington ha querido impedir por todos los medios. Los problemas se acumulan para Washington: el elevado endeudamiento (17 billones de dólares para la deuda gubernamental… que asciende a 60 billones si se añaden las deudas de gobiernos locales y Estados e instituciones financieras), el lamentable estado de las infraestructuras en Estados Unidos (puentes, red viaria, falta de nuevas comunicaciones), y el previsible fin del papel del dólar como moneda de reserva internacional no auguran mejores tiempos.
Sin embargo, la planificación estratégica norteamericana para detener su relativa decadencia se ha revelado fallida, pese a victorias regionales, como Libia, y pese a que mantiene un poder económico y militar que no es, precisamente, desdeñable. El estallido de la crisis económica en 2008 agudizó las tendencias negativas en Estados Unidos, mostrando su paulatino debilitamiento económico y el hecho de que posee un porcentaje cada vez menor del PIB mundial. La llegada de Obama a la presidencia supuso la reelaboración de la política exterior, aunque resignándose a aceptar muchas de las decisiones de Bush (empezando por el mantenimiento de Guantánamo, y por la actuación de los grupos de operaciones especiales que asesinan sin ningún tipo de control judicial), ensimismándose en las disputas domésticas mientras los círculos de poder se debaten entre la ambición de mantener el predominio y la paulatina aceptación de que el ascenso chino hace inevitable la negociación de un nuevo diseño estratégico mundial. Con Obama, Washington, sin abandonar la vieja inercia de los años de Bush, ha renunciado a impulsar de forma decidida la apertura de una nueva etapa en las relaciones entre las grandes potencias, pese al anuncio de grandes iniciativas (como la presentada en junio de 2013, en Berlín, ofreciendo un desarme nuclear a Rusia, que Moscú no tomó en serio a la vista de los planes norteamericanos de desarrollar escudos antimisiles), que son poco más que operaciones de propaganda.
El año 2013, se iniciaba con una tensión sin precedentes entre Estados Unidos y Rusia, por
la ley Magnitski, apoyada por Obama (que vetaba a dieciocho magistrados y altos funcionarios rusos), medida que la Duma rusa contestó con la ley Dima Yákovlev, (llamada así por un niño ruso adoptado que murió abandonado en un coche por su padre adoptivo norteamericano), al tiempo que, en reciprocidad, el Ministerio de Exteriores ruso publicó una lista donde aparecían los nombres de los jefes militares de Guantánamo, implicados en torturas, así como asesores del gobierno y agentes de la DEA. Las disputas se encarnizaban.
En abril de 2013, el asesor de seguridad nacional norteamericano, Tom Donilon, entregó una nota de Obama al presidente ruso, abordando las diferencias políticas y militares, sobre los escudos antimisiles y el armamento atómico, y presentó algunas propuestas comerciales. El ministro de Exteriores ruso, Lavrov, mantiene que la normalización de las relaciones con Washington es una cuestión central para Moscú, aunque es consciente de que Rusia ha sido engañada en varias ocasiones por Estados Unidos, faltando a sus compromisos: lo hizo con la integración del Este de Europa a la OTAN, con incorporación de las repúblicas bálticas, y continúa haciéndolo con el persistente intento de apoderarse de Ucrania y Georgia, además de las operaciones que desarrolla en Asia central, algunas públicas, otras encubiertas. También lo hizo con la imposición de una fuerza de la OTAN en Afganistán, con la mentira sobre el escudo antimisiles para, supuestamente, defenderse de Irán, y con las operaciones militares contra Libia y Siria, países que mantenían buenas relaciones con Moscú. Es obvio que Moscú no puede confiar en la seriedad de las palabras de Washington. El último informe elaborado por el Departamento de Estado norteamericano sobre el cumplimiento de los acuerdos de desarme, añadía sal a las heridas acusando a Rusia de incumplir la Convención sobre prohibición de armas bacteriológicas y tóxicas, así como la Convención sobre armas químicas, y los acuerdos sobre armas convencionales en Europa. El informe obviaba citar la falta de ratificación del Tratado de Prohibición de Ensayos Nucleares, que Washington se comprometió a hacer. No hay avances en las negociaciones de desarme, pese a que, incluso en Estados Unidos, han aparecido serias críticas al escudo antimisiles, como las defendidas por un grupo de científicos del MIT, donde destaca el físico Theodore Postol, y pese a la propuesta de desarme planteada públicamente por Obama en Berlín.
No obstante, Putin, como una muestra de buena voluntad, aceptó a ceder una base a la OTAN, en Ulianosvsk, para la campaña militar norteamericana en Afganistán, aunque las diferencias sobre Siria (Ginebra 2), sobre las negociaciones con Irán, el escudo antimisiles o la prevista ampliación de la OTAN hacia el Este, y la intromisión en Ucrania, Moldavia y Georgia, siguen dañando sus relaciones. Afganistán, origen de las rutas de la droga, tiene suma importancia para Moscú, y el gobierno ruso está muy interesado en la pacificación del país y en la lucha contra el narcotráfico, pero nada es seguro: el general John R. Allen, jefe militar de la OTAN en Afganistán (y a quien Obama le había reservado la jefatura de la alianza), presentó su renuncia y fue sustituido por Joseph Dunford Jr., el hombre que deberá organizar la retirada, mientras las actividades secretas de la CIA, de los comandos de operaciones especiales de Washington, y de la propia OTAN, han alimentado los canales de los traficantes de drogas afganos y de los señores de la guerra. No hay que olvidar que sectores de la CIA y del Pentágono han colaborado con organizaciones de narcotraficantes para teledirigir sus acciones y ponerlas al servicio de sus propios objetivos: el predominio político en Asia. Moscú está muy interesada en limitar el flujo de drogas: Rusia, donde causan miles de muertes cada año, es uno de los países más afectados del mundo. Es cierto que, en Afganistán, Estados Unidos ha intentado combatir los cultivos de opio, pero su política se ha saldado con un evidente fracaso, que ha agravado la situación en el país (muchos campesinos pobres acaban en manos de los narcotraficantes por deudas, y deben, incluso, entregar en pago a sus propias hijas) y que amenaza a Rusia. Sin olvidar su implicación en las guerras: buena parte de las actividades de los grupos armados que combaten al gobierno sirio de Bachar al-Asad se financian con el narcotráfico afgano: Víctor Ivanov, responsable del FSKN ruso (el organismo para combatir el narcotráfico) ha afirmado que unos veinte mil mercenarios presentes en Siria dependen del dinero conseguido con la venta de heroína en diferentes países asiáticos y europeos, como Rusia.
Mientras se debilita el poder económico y político estadounidense, se fortalece su maquinaria bélica. El despliegue de la OTAN en Asia pretende asegurar el predominio norteamericano: las ambiciones sobre bases militares permanentes en Afganistán, Iraq, Kirguizistán (e, incluso, en Uzbekistán), además de en Filipinas, Indonesia, Japón y Corea del sur, tienen esa lógica, y la OTAN colabora con ella. Además, la diplomacia norteamericana trabaja para atraerse a su ámbito de influencia a Kazajastán y Turkmenistán. Esa estrategia no es nueva: ya en 1997, bajo Yeltsin, y a iniciativa del senador republicano Sam Brownback, Estados Unidos aprobó la Silk Road Strategy Act para consolidar los nuevos Estados centroasiáticos, estimular las tendencias de ruptura con Moscú, y atraerlos hacia su ámbito de influencia, utilizando todo tipo de medios diplomáticos y también operaciones secretas de la CIA, el Pentágono y de servicios de inteligencia aliados, como Arabia, Israel o Turquía.
Ese recurso a operaciones secretas es utilizado también por las compañías petroleras, que contratan empresas de mercenarios, hecho que, junto a la intervención militar abierta en muchas zonas, y la sistemática utilización por parte del gobierno de Obama de compañías de mercenarios (“contratistas”, según el hipócrita lenguaje del Pentágono y del Departamento de Estado), ha creado una mayor confusión en muchas zonas y alimenta el terrorismo como reacción, terrorismo que países como China o Rusia se esfuerzan por contener porque temen que aumente en el interior de sus países: los recientes atentados en Xinjiang y en el Cáucaso ruso así lo muestran. Ese proceder viene de lejos: Bakú, por ejemplo, ha sido utilizada desde hace años por los servicios secretos norteamericanos (con el gobierno azerí cerrando voluntariamente los ojos) para introducir mercenarios islamistas en las regiones rusas de Chechenia y Daguestán, muchas veces en colaboración con la mafia chechena dedicada al narcotráfico. No hay que olvidar que el presidente Ilham Aliyev (como antes su padre, el ya fallecido Gueidar Aliyev), que recibió apoyo de las empresas petrolíferas occidentales, dirige un gobierno-cliente de Estados Unidos. Las compañías petroleras norteamericanas (y británicas) permanecen tras esas pantallas de mercenarios, y su capacidad para corromper funcionarios y ministros es un recurso más en el desarrollo de la influencia política norteamericana.
China es el tercer protagonista del triángulo estratégico. Las reformas impulsadas por el nuevo gobierno chino, que pretenden, entre otras cosas, la disminución del peso de las exportaciones en su economía, y el desarrollo del mercado interno, se acompañan de diferentes proyectos estratégicos, la mayoría orientados a su reforzamiento económico y al impulso de un mundo multipolar. La presión china, aunque también rusa y de otros países, para reformar el FMI, el Banco Mundial e incluso la OMC, va de la mano del desarrollo de nuevos acuerdos comerciales de China en diferentes áreas del planeta, como en la ASEAN, en países americanos como Perú, Chile y Costa Rica, y en Asia y Oceanía (Nueva Zelanda); y del retroceso del dólar como moneda, junto a la creciente internacionalización del yuan, inaugura nuevos escenarios casi impensables hace pocos años: China ha cerrado acuerdos para comerciar en las respectivas monedas, sin utilizar la divisa norteamericana, con países tan relevantes como Brasil o Japón, y otros.
Estados Unidos responde a la nueva realidad con el “giro hacia Asia”, proclamado por la diplomacia norteamericana, cuya expresión no deja de ser el reconocimiento de su pérdida progresiva de influencia en el mayor continente y el más poblado. Washington es consciente de que el fortalecimiento chino en Asia va a limitar su presencia, aunque no renuncia a perder su histórico protagonismo conquistado desde el fin de la Segunda Guerra Mundial: por eso, la aparición de focos de conflicto en el sudeste asiático, la periódica reactivación de crisis en la península coreana, decisiones japonesas o filipinas a propósito de disputas marítimas, son la expresión de la política norteamericana de contención a China, sin olvidar que también utiliza las cartas del particularismo nacionalista en Tíbet, Xinjiang, o incluso en Mongolia interior. Washington sigue contando con sólidos aliados en Asia: Japón, Corea del Sur, Filipinas y Thailandia, y pretende reforzar sus acuerdos con Indonesia, India y Malaisia, tentando incluso a Vietnam. Mientras China pretende abrir canales diplomáticos de negociación de las disputas asiáticas, Estados Unidos estimula enfrentamientos y pretende, además, estar presente en las negociaciones bilaterales entre países. La reclamación china de las islas Diaoyu (Senkaku, para Japón), ocupadas por Estados Unidos al final de la Segunda Guerra Mundial, y traspasadas a Tokio en 1972, ha dado lugar a nuevos enfrentamientos, potencialmente peligrosos. Pekín exige que los aviones que atraviesen el espacio aéreo de las islas se identifiquen, lo que ha llevado al secretario de Defensa norteamericano, Chuck Hagel, a dar garantías al gobierno japonés de que Washington protegerá militarmente la soberanía nipona sobre las islas, y a dar instrucciones para que sus aviones de guerra patrullen la zona e ignoren el espacio aéreo chino sobre las islas. Portavoces del gobierno norteamericano mostraron su preocupación por el proceder chino que, según Washington, “inquieta a sus vecinos”.
Un nuevo marco de relaciones internacionales está entre los objetivos de la diplomacia china y rusa, que contemplan también la aportación de la India. Con ocasión de la duodécima reunión de los ministros de exteriores chino, ruso e indio, en Nueva Delhi, Wang Yi, ministro de Asuntos Exteriores chino, proponía a finales de 2013 que China, Rusia y la India impulsaran su cooperación para alcanzar la condición de aliados estratégicos, coordinándose ante las crisis y disputas internacionales más relevantes (con especial atención a Siria, Irán, Afganistán y la península de Corea), con el objetivo de democratizar las relaciones internacionales y avanzar hacia un mundo multipolar. El ministro chino no olvidó reseñar la importancia de la cooperación para desarrollar la propuesta de la nueva ruta de la seda, con las posibilidades económicas que puede abrir. China ha propuesto también desarrollar un “corredor económico” que una Bangla Desh, India, Birmania y China, con especial atención a los transportes ferroviarios y la construcción de plantas energéticas.
China no apuesta por sustituir a Estados Unidos en una posición hegemónica en el mundo, pero trabaja por desarrollar un nuevo orden mundial, que supere la etapa de predominio norteamericano, fuente de muchos de los problemas actuales. Tampoco quiere verse arrastrada a enfrentamientos militares, aunque no deja por ello de definir las líneas rojas que Estados Unidos no debe traspasar. El viejo mundo vigilado por el gendarme americano está llegando a su fin, y las estructuras políticas internacionales crujen. La ampliación del viejo G-7 y su conversión en el G-8 no han resuelto la práctica inoperancia de este grupo que, hace un cuarto de siglo, pretendía ser un gobierno mundial de facto, dirigido por Estados Unidos. De hecho, el nuevo G-20 es el reconocimiento del fracaso y de la inutilidad práctica del G-7, rasgo que, unido al reforzamiento de la OCS, eje de la política exterior china, y a la aparición de plataformas informales como los encuentros de los BRICS, anuncian ya el nuevo mundo multipolar. Ante ello, no es ninguna casualidad que Susan Rice, asesora para la Seguridad Nacional del gobierno de Obama, insistiese, a finales de 2013, en que Asia era “el principal foco de atención” de su país, asegurando que el sesenta por ciento de su flota estaría centrado en el Pacífico en un plazo de cinco o seis años. Corea del Norte, Japón, Filipinas y el Mar de la China meridional serán escenarios de nuevas disputas.
Estados Unidos todavía no ha renunciado a mantener la supremacía global, y sigue utilizando para ello su capacidad diplomática, su influencia en los organismos internacionales, su peso económico y su impresionante fuerza militar. Continúa siendo la mayor potencia militar del planeta, pero esa circunstancia no le permite, paradójicamente, ganar las guerras modernas ni aumentar su influencia estratégica. Incluso le ha creado problemas entre sus aliados: sus relaciones con Arabia, Israel, Egipto o Pakistán, no pasan por sus mejores momentos, y es obvio que las negociaciones abiertas con Irán son el reconocimiento implícito de los límites de su política exterior. Las guerras se libran como en el pasado, pero también con drones, operaciones secretas, comandos para raptar personas, con el pupilaje de grupos terroristas, la financiación de grupos políticos, con el espionaje planetario de la NSA, como ha puesto de manifiesto el caso Snowden: Estados Unidos se ha adjudicado la condición de modelo a seguir, de democracia ejemplar, que tiene derecho a juzgar al resto de los países, a exigir cambios y decisiones, e incluso a imponer su opinión por la fuerza. Así, es Washington quién decide el grado de democracia de cada país, la justicia de una decisión y la bondad de cualquier política. Quienes se oponen a su visión y a su estrategia, son calificados de tiranías.
Mientras Europa no consigue salir de la crisis para emerger como un protagonista internacional, el nuevo orden mundial que llega estará organizado, con toda probabilidad, alrededor de tres grandes potencias, China, Estados Unidos y Rusia, y una segunda corona de países que, con estatus de potencias regionales, tendrán también protagonismo internacional: India, Brasil, Unión Europea (o, en su defecto, Alemania), y Japón. Estados Unidos se resiste a aceptarlo; sin embargo, la realidad se impone, y las guerras modernas de las que hablaba el general Wesley K. Clark no han traído el fortalecimiento del poder del cowboy pendenciero que siempre ha sido Washington, y otros frentes han aparecido, hasta el punto de que el veterano Henry Kissinger, viejo criminal de guerra y atento lector del mundo que viene, se revela consciente de la disminución del poder norteamericano, y mantiene que el nuevo orden internacional girará en torno a Estados Unidos, China y Rusia: sabe que Washington debe compartir la aurora de un tiempo nuevo.


 Foto inserite da amministratore blog

mercoledì 19 marzo 2014

Gli occhi intelligenti dello spionaggio britannico e statunitense





Antonio Randon* 
 
Con l’argomento di perfezionare le vie d’identificazione dei sospettosi di attività illecite, i servizi britannici e statunitensi hanno spiato e immagazzinato delle registrazioni fatte da cittadini comuni usando camere web.
L’ex contrattato dell’Agenzia di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, Edward Snoden, ha facilitato dei documenti al giornale The Guardian che dimostrano l’uso da parte di queste entità, di un programma computerizzato per catturare e riunire immagini  statiche di conversazioni realizzate tramite il servizio di Chat di Yahoo.

Il “Nervo Ottico”, che è uno strumento disegnato per facilitare le operazioni di riconoscimento facciale, è diventato gli occhi di Londra e di Washington nella rete delle reti ed è stato utilizzato nella vigilanza di persone che non necessariamente sono vincolate ad attività delittuosa.

Nominato in riferimento alla trasmissione d’informazione visuale dalla retina fino al cervello animale, questo programma è capace di immagazzinare, ogni cinque minuti, immagini casuali provenienti dalla comunicazione on line.

Secondo le ultime rivelazioni di Snowden, tramite il suo uso la Caserma Generale di Comunicazioni del Governo del Regno Unito (GCHQ), con l’aiuto della NSA, ha riunito informazione visuale di più di un milione800mila account di usurari di Yahoo in un solo semestre del 2008.

Non è conosciuto il numero esatto di cittadini colpiti ed il livello raggiunto da queste azioni di spionaggio, realizzate entro il 2008 ed il 2010,  però in alcuni casi hanno avuto accesso ad archivi di elevato contenuto sessuale e tutta l’informazione è stata salvata nelle basi dei dati.

Yahoo, che è il secondo e-mail più importante del mondo dopo Gmail, ha espresso il suo sconcerto ed ha accusato le agenzie di violare la privacy dei suoi usurari.

Da parte sua, il GCHQ si è negato ad esprimere la sua opinione rispetto agli avvenimenti divulgati perché si tratta di questioni di sicurezza ed ha indicato che le azioni di vigilanza sono controllate dalle autorità del governo del suo paese e loro rispettano le leggi britanniche.

Questa entità ha promesso di scartare le immagini di intimità catturate dal programma per evitare l’invasione alla vita privata delle persone, delitto già commesso a partire dall’accesso alle loro registrazioni senza previo consentimento.

Contrariamente al presunto obiettivo del “Nervo Ottico”, cioè identificare  criminali, i documenti filtrati dimostrano che la maggioranza degli archivi riuniti non hanno un valore strategico e corrispondono  invece a video famigliari, commerciali e di pornografia.

“Sfortunatamente, un elevato numero di individui usano le loro camere web per mostrare parti intime del loro corpo”, riconosce una relazione del GCHQ offerto da Snowden e aggiunge che tra il 3 e l’11% delle immagini immagazzinate conteneva nudi.

Per questa ragione, afferma l’informazione divulgata da The
Guardian, i servizi dell’intelligenza britannici hanno fatto il compromesso di includere nelle future ricerche soltanto archivi che permettano identificare il viso dei soggetti, senza scoprire dettagli non necessari del loro corpo.

Però, detta promessa non garantisce il rispetto totale alla vita privata individuale, ma suppone il perfezionamento dei sistemi di spionaggio e la continuità della loro applicazione a tutti i tipi di persone.
 
E’ allarmante l’esistenza, secondo l’informazione filtrata, di altri progetti di programma con lo stesso principio di funzionamento del “Nervo Ottico”, e tra di loro, l’utilizzazione delle camere contenute nei videogiochi per la vigilanza dei soggetti che le utilizzano.

I progetti della NSA e del GCHQ vanno al di là delle immagini ottenute tramite le camere web: contemplano inoltre, la creazione di strumenti capaci di rivelare dettagli più specifici, come è il caso del riconoscimento tramite l’iride dell’occhio delle persone.

Alan Rusbridger, editore di The Guardian, ha affermato in dicembre scorso presso il Parlamento britannico che si era solo pubblicato l’1% degli archivi sui programmi di spionaggio filtrati da Snowden.

In quell’occasione, il giornalista ha criticato la posizione dei funzionari del governo che hanno accusato il giornale di attentare contro l’integrità della sua nazione quando hanno pubblicato  informazione di questo genere ed ha affermato che avrebbe continuato a divulgare i documenti segreti.

Rivelazioni realizzate dal giornale alla fine del 2013, hanno messo in rilievo la complicità della sicurezza statunitense e britannica nella vigilanza di organizzazioni di carità, programmi delle Nazioni Unite ed i funzionari di diversi paesi.

Tra gli integranti di un’ampia lista di vittime di spionaggio si trovavano il commissario europeo della Concorrenza, Joaquin Almunia, diversi  uffici del governo, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia e l’Organizzazione Mondiale della Salute.

Le azioni contro queste entità hanno incluso l’indagine di messaggi, telefonate ed e-mail, e ciò è stato fatto senza avere sospetti di alcun vincolo criminale.

L’anteriore, insieme alla creazione del “Nervo Ottico”, può dimostrare il livello di sviluppo raggiunto per quanto riguarda le tecniche di spionaggio nel mondo, ed il perfezionamento dei sistemi come questi ci mette in guardia sull’esistenza di una privacy illusoria, oltraggiata da occhi intelligenti.


* giornalista di Prensa latina
 


Prensa Latina in Italiano curata da Ida Garberi

Immagine The Guardian, e NSA inserite da amministratore blog corrente

lunedì 17 marzo 2014

CARTE SEGNATE NON SERVONO PIU’/ CARTAS MARCADAS YA NO SIRVEN



La tecnica difficile è molto chiaro. Il presidente Maduro s 'sintetizzato: quando l'opposizione vince le elezioni è rispettato e non c'è frode. Ma se perdono, bruciare la terra ei suoi abitanti impegnati nel terrorismo. Rompere il patto costituzionale e democratico, braccio guarimbas, bruciare edifici, Parlamento, le persone, fabbriche, ospedali e scuole

 Si tratta di un tragico gioco in due campi diversi. Due campi che non utilizzano le stesse leggi del gioco, due schede. In uno di essi le parole sono in contraddizione per dichiarare atti. E che in castigliano chiama cinismo si chiama barare.
Quando le leggi sono rotti il gioco più a lungo possibile. Se un giocatore non rispetta leggi di gioco dichiarano che rispetti però, che il giocatore è definito come un imbroglione e vietati immediatamente.
Ogni volta portavoce USA e UE si pronunciano, instancabilmente recitare due parole chiave: "libertà" e "democrazia" sono le sue carte segnate. E giocare con le carte segnate durante l'attività fisica, quali il terrorismo e la criminalità, la violenza e finanziare il diritto internazionale in vigore sono saltati.
Un enorme coro - (da sinistra-ni-ni-con domande metafisiche sulla purezza rivoluzionaria, mercenari dittatoriali e colorate genetiche, anche le pratiche relative ai diritti più recalcitranti di terrore fascista, attraverso una vasta gamma dei democratici timorosi che solo PLANEN e sfocatura dei fatti) - ripete le parole libertà e la democrazia, come se fossimo degli idioti che non sanno cosa è la dittatura capitalista. Come se non sapessimo che stiamo vivendo in un momento di enorme intensificazione della lotta di classe internazionale e di sostegno o resistere al saccheggio dei diritti civili e sociali fondamentali, sia in USA e nell'UE.
Tempo fa si diceva che l'impero era una tigre di carta e le sue scosse di assestamento sarebbe terribile. E qui stiamo vivendo in questi preda terribili. Scosse di assestamento che provocano la perversione del significato delle parole chiare come la libertà e la democrazia. Preda infrangono alcuna legge, tutto il rispetto per gli standard internazionali, accordi o intese giuridiche. Le organizzazioni internazionali create dopo la Seconda Guerra Mondiale soffrono la paralisi o cecità lungo. E nel campo della normativa, perché le carte sono gimmicked non hanno mai rispettato ciò che la gente per lo più scelgono in libertà e democrazia.
La tigre di carta si indebolisce e si rompe il ponte con metodi terroristici. Questo è ciò che sta accadendo con l'assemblaggio di queste bande per il finanziamento di uccidere il proprio popolo. Metodi testati in molti luoghi, e sono chiaramente identificati da quel crimine di guerra commessi contro la Jugoslavia, che era il laboratorio dove questa metodologia è stata testata con la creazione di Otpor, e ha concluso con il bombardamento atroce NATO "liberazione", che distrutto le vite della gente e del paese.
La tecnica difficile è molto chiaro. Il presidente Maduro s 'sintetizzato: quando l'opposizione vince le elezioni è rispettato e non c'è frode. Ma se perdono, bruciare la terra ei suoi abitanti impegnati nel terrorismo. Rompere il patto costituzionale e democratico, braccio guarimbas, bruciare edifici, Parlamento, le persone, fabbriche, ospedali e scuole.
Violenza generata dai milioni di dollari che USAID investe in gruppi addestrati a creare il caos. Essi stanno adempiendo alla funzione per cui sono stati creati: per rompere la democratica, costituzionale busto quadro, uccidere il villaggio è attraverso la distruzione economica o di spazi pubblici, proiettili e terrorista sabotaggio strangolamento.
Mentre questo accade, è disgustoso vedere l'uomo nella caduta la mascella, voglio dire Kerry , un degno rappresentante del Quaternario, dichiaro che supporta assassini Maidan e minacciano Venezuela sanzioni sovrani, senza nemmeno riconoscere che loro e la loro ambizione olio che hanno generato e finanziato le violenze, perché non possono vincere un modo costituzionale, democratico e pacifico. La legge Kerry violenta sconosciuto sconosciuto e quindi risoluzioni dell'ALBA e UNASUR , l'invito fatto dal presidente del Venezuela e la richiesta costante contro la violenza fascista dialogo di pace. Kerry torna a giocare con le carte segnate cinicamente ripetendo la libertà di due parole-chiave e la democrazia mentre il finanziamento l'uso di armi e bombe criminali che cercano di distruggere le enormi conquiste sociali della rivoluzione bolivariana.
Sì, che stanno dando la coda, si stanno spendendo milioni di dollari per creare il caos, stanno addestrando dopo assassini non possono controllare, tutti senza cadere dalla bocca contorta le parole libertà e la democrazia. Lo hanno fatto in Iraq, Afghanistan, Libia, Siria, Ucraina , e sono riusciti a distruggere paesi, né colpi di stato (per cento e 50 anni in America Latina), o con bombardamento criminale e la Libia. E molto prima in Vietnam, dove è tuttora in attesa del processo per crimini di guerra commessi. Ma in Vietnam furono sconfitti e lasciano sconfitti in America Latina.
Il potere dell'impero era sbagliato. O è che la disabilità non capisce che abbiamo già rimosso queste due parole chiave per caricare altri contenuti: l'uguaglianza la libertà e la democrazia partecipativa verso il socialismo. E quelle parole sono supportate dalle azioni quotidiane di milioni, pronto a difenderli.
Non hanno capito che questo è l'altro ponte e che non ci sono carte segnate. Dobbiamo affrontare e fermare la loro violenza, ma il percorso è irreversibile, perché le democrazie latino-americane hanno consolidato. C'è una costituzione, tanto da difendere e conquistato molto in questa lunga marcia verso il socialismo. La lotta sarà lunga, ma non c'è dubbio che non si può tornare indietro perché ha sperimentato che cosa significa democrazia reale, non il discorso cinico dell'impero. Non ci sono marcate carte in difesa della democrazia, socialisti e rivoluzionari. Mettere i dollari messi a sostenere guarimbas incendiari, e le loro portavoce dei media, tra cui El País della Spagna è stato il premio è.
Non si può uccidere un popolo della propria volontà e dei suoi diritti civili e politici a Cuba non poteva, non poteva in Viet-Nam, possono in Venezuela.
Unità latinoamericana è un vecchio desiderio, ma oggi più che mai "questa umanità ha avuto abbastanza e ha iniziato a camminare" su un vasto territorio e gran parte della strada e ha vinto la libertà e la democrazia, verso il socialismo.
La tigre di carta è in procinto di svelare, interno marcio, e la paura porta a pronunciare irrazionalità, non ascolto e sorprendente: sono segni della sconfitta. Confuso, diventa sempre più assetato di sangue. Ma lui è perduto.
Come diceva Brecht, "un fascista è un borghese spaventato" e potrebbe aggiungere "un borghese spaventato che non ha spazio per continuare a giocare con le carte segnate."
 Cartas Marcadas ya no sirven

Es un juego trágico en dos campos distintos. Dos campos que no usan las mismas leyes de juego, dos tableros. En uno de ellos las palabras que se declaran son contradictorias con los actos. Y a eso en castellano se le llama cinismo, se le llama trampa.
Cuando las leyes de juego se rompen el juego deja de ser posible. Si un jugador no respeta las leyes del juego aunque declare que las respeta, ese jugador es  definido como tramposo y excluido inmediatamente.
Siempre que los voceros de USA y la UE se pronuncian, recitan incansablemente dos palabras claves: “libertad” y “democracia”, son sus cartas marcadas. Y juegan con esas cartas marcadas mientras ejercitan el terrorismo y el crimen, financian la violencia y se saltan toda la legalidad internacional vigente.
Un coro enorme -(que va desde la izquierda –ni-ni- con sus metafísicas dudas sobre la pureza revolucionaria, la genética dictatorial y el colorido de los mercenarios, hasta las derechas más recalcitrantes con prácticas de terror fascista, pasando por una amplia gama de demócratas miedosos que sólo plañen y enturbian los hechos)- repite las palabras libertad y democracia, como si fuéramos imbéciles que no sabemos lo que significa la dictadura capitalista. Como si no supiéramos que estamos viviendo una época de enorme agudización de la lucha de clases internacional y soportando o resistiendo el saqueo de los derechos sociales y civiles básicos, tanto en USA como en la UE.
Hace mucho se decía que el imperio era un tigre de papel y que sus coletazos serían terribles. Y he aquí que estamos viviendo esos terribles coletazos. Coletazos que se traducen en la perversión del sentido de palabras tan claras como libertad y democracia. Coletazos que rompen toda legalidad, todo respeto por las normas internacionales, pactos o acuerdos legales. Los organismos internacionales creados después de la guerra mundial padecen parálisis o ceguera desde hace mucho tiempo. Y en el campo del imperio las cartas están trucadas porque jamás han respetado aquello que los pueblos mayoritariamente eligen en libertad y en democracia.
El tigre de papel está debilitado y rompe la baraja usando métodos terroristas. Eso es lo que está sucediendo con el armado de estas bandas a las que financian para asesinar a sus propios pueblos. Métodos que se probaron en muchas plazas, y que están claramente identificados desde aquel crimen de guerra cometido contra Yugoslavia, que fue el laboratorio donde se probó esta metodología con la creación del OTPOR, y concluyó con los atroces bombardeos de la OTAN “liberadora” que destruyó la vida de la gente y el país.
La técnica tramposa es muy clara. El presidente Maduro la sintetizó: cuando la oposición gana alguna elección se respeta y no hay fraude. Pero si pierden, incendian la tierra con su gente y se dedican al terrorismo. Rompen el pacto democrático y constitucional, arman guarimbas, incendian edificios , parlamentos, personas, fábricas, hospitales y escuelas.
Generan violencia gracias a los millones de dólares que la USAID invierte en  grupos entrenados para generar el caos. Están cumpliendo la función para la que fueron creados: romper el juego democrático, reventar el marco constitucional, asesinar al pueblo sea mediante el estrangulamiento económico o con destrucción de espacios públicos, balas y sabotaje terrorista.
Mientras esto sucede, es repugnante ver al hombre de la mandíbula caída, me refiero a Kerry, digno representante del cuaternario, declarar que apoya a los asesinos de Maidan y amenazar a la Venezuela soberana con sanciones, sin siquiera reconocer que son ellos y su ambición de petróleo los que han generado y financiado esa violencia, porque no pueden ganar de manera constitucional, democrática y pacífica. El violento Kerry desconoce la ley y desconoce de esta manera las resoluciones del ALBA y la UNASUR, el llamado al diálogo hecho por el presidente de Venezuela y el constante reclamo de PAZ contra la violencia fascista. Kerry vuelve a jugar con cartas marcadas repitiendo de manera cínica las dos palabras claves –libertad y democracia- mientras financia el uso de las armas y las bombas criminales que pretenden destruir las enormes conquistas sociales de la revolución bolivariana.
Sí, están dando los últimos coletazos, están gastando millones de dólares en crear el caos, están entrenando asesinos que después no podrán controlar, todo esto sin que se les caiga de la boca torcida las palabras libertad y democracia.  Lo han hecho en Irak, en Afganistán, en Libia, en Siria, en Ucrania, y han conseguido destruir países, sea con golpes de estado (durante ciento cincuenta años en América Latina), sea con bombardeos criminales como en Libia.  Y mucho antes en Viet-Nam, donde todavía está pendiente el juicio por los crímenes de guerra que cometieron. Pero de Viet-Nam salieron derrotados y saldrán derrotados de América Latina.
El poder del imperio se equivoca de era. O es tal su incapacidad que no comprende que ya le hemos quitado esas dos palabras esenciales para cargarlas de otro contenido: libertad en igualdad y  democracia participativa rumbo al socialismo. Y que esas palabras están sostenidas por la acción cotidiana de millones, dispuestos a defenderlas.
No han comprendido que esa es la otra baraja y que aquí no hay cartas marcadas. Hay  que enfrentarlos y detener su violencia, pero el camino es irreversible, porque las democracias latinoamericanas se han consolidado. Hay una constitución, hay mucho que defender y hay mucho conquistado en esta larga marcha hacia el socialismo. La lucha será larga, pero no cabe duda de que no hay vuelta atrás porque se ha experimentado lo que significa la verdadera democracia, no la de los discursos cínicos del imperio. No hay cartas marcadas en la defensa de la democracia, socialista y revolucionaria. Pongan los dólares que pongan para sostener las guarimbas incendiarias, y a sus voceros mediáticos entre los que el diario El País de España se lleva el premio.
No se puede matar  a un pueblo propietario de su voluntad y de sus derechos civiles y políticos, no pudieron en Cuba, no pudieron en Viet-Nam, no podrán en Venezuela.
La unidad latinoamericana es un deseo antiguo, pero hoy como nunca “esta humanidad ha dicho basta y ha echado a andar”  sobre un territorio inmenso y con gran parte del camino ya ganado en libertad y democracia, rumbo al socialismo.
El tigre de papel está a punto de deshilacharse, podrido por dentro, y el miedo lo lleva al irracionalidad más absoluta, no escucha  y se aturde: son síntomas de su derrota. Confundido, se vuelve más sanguinario cada vez. Pero está perdido.
Como decía B. Brecht, “un fascista es un burgués asustado”, y podríamos agregar  “un burgués asustado que ya no tiene espacio para seguir jugando con cartas marcadas”.

lapupilainsomne.wordpress.com



Immagine Chavez Maduro, Bolivar,   e immagine Kissinger Kerry inserite da amministratore blog corrente





LA RIVOLUZIONE BOLIVARIANA NON STA SOLA, L'ALTA MAREMMA  TOSCANA, ANTIFASCISTA- INTERNAZIONALISTA, STA AL FIANCO DI NICOLAS MADURO, PRESIDENTE VENEZUELANO REGOLARMENTE ELETTO DAL POPOLO,  L'UMANITA' NON PUO' PERMETTERE AI CRIMINALI IMPERIARILISTI YANQUI DI FAR RIVIVERE SITUAZIONI DEVASTANTI COME UN  CHILE DI PINOCHET, UN NICARAGUA  ATTACCATO DAI CON I CONTRAS DI REAGAN, UN BISHOP ASSASSINATO DURANTE L' ASSALTO A GRENADA,...e TUTTE LE ALTRE ATROCITA' CHE QUOTIDIANAMENTE L'IMPERO COMPIE PER POTER ALLEGGERIRE LA SUA AGONIA, CHE IN MOLTI SPERANO CHE SIA VELOCE E MOLTO DOLOROSA SOLO PER IL MALE CHE HA FATTO E STA FACENDO ALL'UMANITA'.