..Al fine di fare chiarezza sulla storia recente
del Nicaragua, da qualche mese colpito da una nuova “rivoluzione colorata”
organizzata dall'imperialismo. Gramsci diceva che “la Storia insegna ma non ha
scolari”. Spero che queste pagine possano mostrare che qualche scolaro ce l'ha
ancora, aiutando anzitutto il movimento comunista a cogliere il nesso tra
quanto sta accadendo oggi in Nicaragua e la storia recente non soltanto sua, ma
più in generale dell'America Latina e dell'intero “Terzo Mondo” posto sotto costante
attacco da parte dell'Imperialismo Statunitense. ..
Estratto da Alessandro Pascale (a cura di), “A Cent'anni
dalla Rivoluzione d'Ottobre. In Difesa del Socialismo Reale e del
Marxismo-Leninismo”, Volume II, dicembre 2017, pp. 450-460; il libro è
scaricabile gratuitamente su www.intellettualecollettivo.it.
Il testo viene
messo a disposizione dell'Associazione Politico-Culturale “Marx21” al fine di
fare chiarezza sulla storia recente del Nicaragua, da qualche mese colpito da
una nuova “rivoluzione colorata” organizzata dall'imperialismo. Gramsci diceva
che “la Storia insegna ma non ha scolari”. Spero che queste pagine possano
mostrare che qualche scolaro ce l'ha ancora, aiutando anzitutto il movimento
comunista a cogliere il nesso tra quanto sta accadendo oggi in Nicaragua e la
storia recente non soltanto sua, ma più in generale dell'America Latina e
dell'intero “Terzo Mondo” posto sotto costante attacco da parte
dell'Imperialismo Statunitense.
Su questi temi ricordo che nel libro sono presenti ampi
materiali, concentrati soprattutto nel secondo volume. Alessandro Pascale 20
luglio 2018
5.
IL NICARAGUA E LA GUERRIGLIA ANTIMPERIALISTA DI SANDINO.
“Quando accetta la riunione con Sacasa, Sandino nomina
Ramón Raudales come capo del distaccamento di Wiwilí e si dirige verso Managua
in compagnia di suo fratello Socrate e dei generali Estrada ed Umanzor, (16
febbraio). Dichiara che la Guardia Nazionale è incostituzionale (17 febbraio).
Si riunisce infine con Sacasa e Somoza nella casa Casa Presidenziale (18
febbraio). Il quotidiano La Prensa afferma che Sandino deve consegnare le armi
senza condizioni (18 febbraio). Sacasa nomina il generale Horacio Portocarrero
delegato presidenziale nei dipartimenti del nord, con l'aperta opposizione di
Somoza (20 febbraio). Dopo una conversazione telefonica, Arthur Bliss Lane e
Somoza concedono un'intervista (21 febbraio). Successivamente Lane pranza con
Moncada. Alle sei del pomeriggio dello stesso giorno, Somoza si riunisce con
sedici ufficiali della guardia nazionale per concludere il piano criminale.
Dopo una cena con Sacasa Sandino, scendendo dalla Casa Presidenziale, viene
rapito e portato al campo di aviazione a nordest di Managua dove viene
assassinato in compagnia del generale Francisco Estrada e Juan Pablo Umanzor
(21 febbraio); pochi istanti prima la stessa sorte toccò a suo fratello
Sócrates. La Guardia Nazionale attacca la cooperativa agricola di Sandino a
Wiwilí. Molti sandinisti vengono assassinati e il generale Abraham Rivera si
arrende (3 marzo). Il Congresso Nazionale approva un decreto di amnistia per
coloro che commisero qualsiasi delitto dal 16 di febbraio del 1933 in avanti
(25 di agosto).” (cronistoria della morte di Sandino) (1) “Andremo verso il sole della libertà o verso la morte; se
moriamo, la nostra causa continuerà a vivere.” (Augusto Cesar Sandino)2
Nell'agosto del 1925 i marines statunitensi lasciavano il Nicaragua dopo 13
anni di occupazione ma per mantenere alla presidenza Adolfo Dìaz, ex impiegato
di una compagnia mineraria yankee e uomo di fiducia del Dipartimento di Stato,
tornò con 2000 soldati per pacificare gli animi di ribellione nello stesso
Esercito. Uno dei capi liberali, Augusto Nicolás Calderón Sandino (Niquinohomo,
18 maggio 1895 – Managua, 21 febbraio 1934), guadagnò la via delle montagne e
da lì guidò la resistenza rivoluzionaria alla presenza militare statunitense
dal 1927 al 1933, diventando uno precursori della guerriglia contro gli
eserciti professionali e tenendo in scacco le truppe invasori che nel frattempo
si davano ai saccheggi e bombardavano campagne e villaggi: “Lotto per espellere
dalla mia patria l'invasione straniero. Il solo modo di mettere fine a questa
lotta è che le forze che hanno invaso il territorio nazionale si ritirino
immediatamente”. Di fronte all'impossibilità di una vittoria militare, gli USA
di Roosevelt capitolarono, accettando il cambio di governo e ritirando le forze
armate statunitensi. Ma l'autentico uomo forte, il capo della Guardia nazionale
Anastasio Somoza, ex giocatore di poker e falsario, era devoto agli yankee e fu
lui, il 21 febbraio 1934, a far rapire e assassinare Sandino, aprendosi le
porte per il potere sotto il buon auspicio di Washington, che poté imporlo come
presidente senza ulteriori resistenze nel 1936. Riportiamo quanto scrive Paco
Pena: “Fedele agli interessi imperialistici, il suo governo fu una
successione di crimini e corruttele. Rimase al potere
fino al 1956, quando venne crivellato di pallottole dal poeta Rigoberto Perez.
Il presidente Franklin D. Roosevelt disse di Somoza, l'uomo degli USA: “Somoza
sarà pure un figlio di puttana, ma è un figlio di puttana che sta dalla nostra
parte”.” (Paco Pena) (3) Su Sandino
ha scritto Bianca Braccitorsi (4 ):
“Cesar Sandino ragazzo e adolescente, assisté alla caduta del presidente
Zelaya, liberale blandamente progressista ma geloso dell'indipendenza del suo
paese, al primo sbarco dei marines Usa a sostegno del colpo di stato del
partito conservatore, alla ribellione del generale indio Zeledon, schiacciata
nel sangue. Giovane e già esperto meccanico nel 1920 fu coinvolto in una rissa
e costretto ad espatriare in Honduras, in Guatemala, e infine in Messico a
Tampico, città operaia con una vivace presenza sindacale, dove ebbe la
possibilità di dare uno sbocco politico alle sue confuse idee di giustizia
sociale e indipendenza nazionale, scoprendo il legame fra i discorsi di Simon
Bolivar, letti nella biblioteca paterna, e le miserabili condizioni di vita di
sua madre. Individuò anche il nemico da battere, l'imperialismo USA. Con questo
bagaglio, più qualche risparmio ed una pistola, nel 1926 tornerà nel Nicaragua
ancora una volta invaso dai marines accorsi a sostenere i conservatori
minacciati da una rivolta liberale. Cesar Sandino fu accolto con diffidenza da
patrioti sinceri che volevano l'indipendenza nazionale, ma mantenendo ben ferme
le distinzioni di classe: “Terra ai contadini” è una parola d'ordine
“bolscevica” e i bolscevichi non hanno buona fama nella borghesia latino
americana. Rispondono invece con slancio, contadini operai e ragazze di vita di
Puerto Cabezas, con l'aiuto dei quali vengono recuperati fucili e munizioni
gettati in mare per ordine degli statunitensi. Di queste armi e di trecento
uomini è fatto il nucleo iniziale dell'esercito sandinista che ha nel suo
programma politico, oltre alla fine di ogni intromissione militare, politica e
economica degli Usa in Nicaragua, la riforma agraria, il controllo del lavoro
di donne e minori, l'istruzione e la sanità pubbliche e gratuite. Aderiscono i
vecchi militanti delusi dai vecchi capi nazionalisti, uomini e donne dei
villaggi indios depredati, operai, studenti e anche rivoluzionari provenienti
da tutta l'area latinoamericana, tra i quali il salvadoregno Farabundo Martì,
più tardi fondatore del partito comunista del suo paese e fucilato dal
dittatore Martinez. “Avremo in Nicaragua il nostro trionfo definitivo” scrive
Sandino “con cui si accenderà la miccia dell'esplosione proletaria contro gli
imperialisti della terra”.”
Ha scritto righe altrettanto intense Dante Liano (5 ):
“Forse la magia di Augusto César Sandino sta nel
3 - P.
Pena, “Gli interventi statunitensi in America Latina”, cit., pp. 344-345.
5 Dalla prefazione
di M. Campisi, “Sandino. Il generale degli uomini liberi”, Fratelli Frilli
editori, 2003.
fatto che non rappresenta l’eroe tipico, lontano e
irraggiungibile. Nei murales, il volto meticcio deve essere colorato di
marrone, non di arancione come si fa coi bianchi, e i suoi tratti regolari non
denunciano nessuna bellezza cinematografica. Ha il volto segnato di qualunque
contadino centroamericano. Il cappello, poi, bianco alato con una striscia alla
base, è quello di tutti i lavoratori che si recano al lavoro, sotto le stelle
mattutine. Sandino è un eroe, non un mito, e per questo lo troviamo molto più
vicino a noi. Non una vita stupenda né cinematografica, ma l’eterna esistenza
degli umili. La sua grandezza è la sua ribellione. Sandino imparò a dire di no
agli americani in Messico, coi rivoluzionari di quel paese, e vide che si
poteva mantenere la dignità e la vita contemporaneamente. Forse, il gesto più
significativo della sua vita fu dire di no al padre. Volano via in questo
episodio terribile tutti i trattati di psicoanalisi e di sociologia prodotti
dai nostri scienziati. Il padre, uomo semplice e tranquillo, che segue gli
ordini del governo senza riflettere, va dal figlio a dirgli: “Arrenditi”. La
frase deve essere stata ancora più comica, dato il nome di Sandino: “Augusto
César, arrenditi!”. E Sandino, che è sicuro dei suoi ideali, manda a quel paese
suo padre e i generali che gliel’hanno mandato. Sandino è uomo libero, è “il
generale degli uomini liberi”, e gli uomini liberi sono un esercito di
straccioni, donne e bambini, che lo seguono per le montagne del Nicaragua. “Qui
non si arrende nessuno!” gridano con le bandiere sandiniste sporche del fango e
rotte dalle intemperie. Sopra di loro, il cielo stellato di Kant e del
Nicaragua. Sandino abbraccia gli uomini, non gli dà la mano. Fa parte delle sue
credenze spiritiste. Sandino porta con sé l’aura della dignità. A un certo
punto, per sempre, Sandino diventa la dignità dei centroamericani. Un uomo
buono e deciso, testardo e tutto d’un pezzo come può indovinare il tradimento
di uno dei più malvagi uomini politici dell’America Centrale, il servo
Anastasio Somoza? Avvolto nella sua dignità, Augusto César Sandino va incontro
alla morte. […] Conoscere la storia di questo eroe semplice è imparare cosa è
il Centroamerica e dove scorrono le sue arterie più nascoste, le sue “vene
profonde”, là dove la gente ricorda e recupera il suo statuto di umanità.
Augusto César Sandino, la storia del nostro orgoglio e la nostra libertà.
”
5.1.
I SANDINISTI AL POTERE IN NICARAGUA
Il 19 luglio 1979 il Fronte Sandinista di Liberazione
Nazionale riesce ad entrare a Managua, capitale, e a porre fine alla dittatura
della famiglia dei Somoza, istruita e armata dagli americani, di cui era fedele
ed ubbidiente alleata. Il Frente Sandinista de Liberacion Nacional (FSLN), era
stato fondato nel 1961 e aveva aggiunto nel 1963 la denominazione sandinista in
onore al comandante guerrigliero Augusto César Sandino. Il Fronte gode di un
vastissimo appoggio popolare, soprattutto tra i contadini (che più scontavano
la repressione degli sgherri di Somoza e il durissimo sfruttamento a cui erano
sottoposti dalle multinazionali nordamericane), tra gli studenti, gli
intellettuali, e molti cristiani della chiesa povera, convinti assertori della
teologia di liberazione. L'esasperazione creata dai Somoza, che avevano creato
una dittatura che basata sul massacro e sul terrore, sullo sfruttamento dei
territori e sull'abbandono della popolazione (più del 75% di analfabeti e due
terzi della popolazione che guadagnava meno di 300 dollari all'anno, mentre
Somoza, in esilio di Miami, aveva cumulato secondo l'intelligence statunitense
circa 900 milioni di dollari), ha negli anni spesso portato a gesti individuali
estremi e azioni di rivolta, susseguitesi per i decenni successivi, e creano
sempre più consenso nei confronti dell'organizzazione sandinista: tanto per
fare degli esempi, la liquidazione dell'odiato generale Perez Vega, caduto
nella trappola tesagli dall'avvocatessa militante Nora Astorga o la
spettacolare operazione di occupazione del Palazzo Nazionale, con il sequestro
di 76 membri del congresso. Il 10 gennaio 1978 Pedro Joaquin Chamorro, editore
di uno dei giornali di opposizione al regime, La Prensa, viene assassinato da
sicari di Somoza, di fatto facendo crescere l'indignazione popolare e
preparando il terreno per l'offensiva finale. A seguito di questo omicidio la
rivolta popolare dilaga in tutte le città del Paese, mentre l'offensiva
sandinista parte alla conquista delle campagne. Il presidente USA Carter non
riesce nell'intento di promuovere dal nulla un'alternativa “moderata” ai
sandinisti, facendo promuovere all'ultimo momento dalla stampa e dai sindacati
controllati dalla CIA la necessità di un nuovo movimento politico: in poco più
di un anno la dittatura è rovesciata e il FSLN sale al potere. A questo punto
Carter “autorizzò la CIA a offrire un sostegno finanziario e di altro genere
agli oppositori” e iniziarono a far “pressioni sui sandinisti affinché includessero
nel nuovo governo alcuni personaggi”. Si continuò il finanziamento “a
organizzazioni non governative e al settore privato, compreso l'American
Institute for Free Labor Development, da lungo tempo avamposto della CIA”, con
l'obiettivo evidente di rinsaldare le posizioni per “rafforzare gli uomini
della cosiddetta opposizione moderata e indebolire l'influenza dei paesi
socialisti in Nicaragua”. Ogni aiuto militare venne rifiutato, mentre nel
frattempo i sostenitori di Somoza si organizzarono come contras, nell'attuare
azioni terroristiche contro il governo che nel frattempo attuò una politica da
subito incentrata sull'alfabetizzazione di massa, sul miglioramento del sistema
sanitario nazionale e in genere nel miglioramento delle condizioni di vita della
popolazione. Il nuovo governo espropriò naturalmente i beni di Somoza (le sole
proprietà agricole corrispondevano a un quarto dell'arativo totale) e le aree
non coltivate, ridistribuendo le terre confiscate a circa 60.000 famiglie
contadine; nazionalizzò le banche private, le compagnie di assicurazione, i
settori minerario, forestale e ittico, istituì una serie di enti pubblici, come
l'ENAL (Empresa Nicaragüense del Algodón), la BANANIC (Empresa Nicaragüense del
Banano), l'ANAZUCAR (Empresa Nicaragüense del Azúcar), l'ENMAR (Empresa
Nicaragüense de Productos del Mar) ecc., per incrementare le principali
produzioni e controllare il relativo commercio.
Un rapporto di Amnesty International riguardante i primi
tre anni della Giunta al potere (1979-1981) giudicò la situazione dei diritti
dell'uomo in Nicaragua notevolmente migliorata. Nell'agosto 1979 venne emanato
lo Statuto dei diritti e garanzia dei nicaraguensi e abolita la pena di morte e
fu promulgato lo Statuto Fondamentale della Repubblica di Nicaragua;
quest'ultimo abolì la costituzione, la presidenza, il congresso e tutte le
corti; garantì il pieno rispetto della Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani, del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e
del Patto Internazionale sui diritti civili e politici dell’ONU e della
Dichiarazione Diritti e Doveri dell’Uomo dell’Organizzazione degli Stati
Americani, sancì l'uguaglianza incondizionata di tutti i nicaraguensi, la
libertà di coscienza e di religione, di unione e organizzazione politica,
sciolse la Guardia Nazionale e gli organi di spionaggio, istituì un Esercito
Nazionale composto dai combattenti del FSLN e dagli ufficiali della disciolta
Guardia Nazionale che si erano uniti alla lotta per il rovesciamento di Somoza.
Lo Statuto precisava, inoltre, che l'Esercito assumeva temporaneamente le
funzioni di polizia in tutto il paese. Chiaramente iniziava il boicottaggio
economico da parte statunitense con le strategie che ormai ben già conosciamo,
e quando salì al potere Reagan, condannò “la scalata al potere del Nicaragua
dei marxisti-leninisti” e si affrettò a trovare ogni mezzo, legale o illegale,
per finanziare i Contras nella guerriglia.(6)
6 - W. Blum, “Il libro nero degli Stati Uniti”,
cit., pp. 432-452. 5.2. L'AIUTO DEL BLOCCO SOCIALISTA CONTRO I CONTRAS DELLA
CIA.
5.2.
L'AIUTO DEL BLOCCO SOCIALISTA CONTRO I CONTRAS DELLA CIA.
A questo punto diamo la parola a Andrew e Gordievskij7
per mostrare l'atteggiamento del blocco socialista: “Malgrado l'appoggio cubano
[…] Mosca non si precipitò a soccorrere i sandinisti. Apprezzava il loro
sostegno morale” riguardo all'azione sovietica “dell'Afghanistan, e trovava di
suo gusto il loro inno nazionale che stigmatizzava gli yankees come “nemici
dell'umanità”. Tuttavia il Cremlino continuò per due anni a nutrire la speranza
che il conformista partito comunista nicaraguense potesse prendere il posto dei
meno ortodossi sandinisti come forza dominante del nuovo regime. Alla fine del
1981 Castro e i rapporti del KGB avevano convinto Mosca della genuinità dello
spirito rivoluzionario dei sandinisti […]. Con l'assistenza dei cubani e dei
sovietici, i sandinisti potenziarono l'esercito del Nicaragua portandone gli
effettivi da 5.000 a 119.000, facendone pertanto la maggiore forza militare
nella storia dell'America centrale. (Malgrado il sostegno americano, gli inetti
guerriglieri antisandinisti Contras non superarono mai, neppure nelle stime più
ottimistiche, la forza complessiva di 20.000 unità) Il Centro di Mosca fu
svelto a concludere un accordo con i servizi d'informazione di Managua e
mandare alcuni ufficiali del Ventesimo Dipartimento a stabilire il contatto con
“i nostri amici nicaraguensi” […] il direttore del servizio [di intelligence
del Nicaragua, ndr] era un ufficiale della DGI cubana che usava lo pseudonimo
di Renan Montero. Il Centro mandò settanta consiglieri e istituì in Nicaragua
una scuola per la sicurezza dello Stato. […] il Nicaragua permise ai sovietici
di installare sul suo territorio quattro basi per la sigint.” Manovre
ingiustificate? Forse no, visto “l'aiuto degli USA ai Contras (guerriglieri
antisandinisti) e la rivelazione, nel 1984, che la CIA aveva collaborato a
minare i porti nicaraguensi e alla distruzione dei serbatoi di petrolio nel
porto di Corinto sulla costa del Pacifico. […] Nell'America latina, e anche
altrove, si alzò un'ondata di sdegno contro gli Stati Uniti, facendo convergere
la solidarietà internazionale sulla lotta antisandinista contro l'imperialismo
americano. Malgrado la popolarità personale di Reagan, i suoi appelli per
maggiori finanziamenti ai Contras non convinsero né il Congresso né l'opinione
pubblica americana. Gli aiuti ai Contras cessarono ufficialmente nel 1984. I
tentativi di continuarli in forma ufficiosa invischiarono la Casa Bianca […].”
Dunque il supporto offerto dall'URSS e da Cuba, e pienamente accettato dal
governo nicaraguense, è stato determinante per proteggere il Nicaragua dai
tentativi golpisti degli USA, che in questo caso persero per il resto del
periodo della guerra fredda un tassello del puzzle del Centro America. I
supporti sovietici proseguirono anche dopo, così come la guerra sotterranea
degli USA (solo nel 1986 il Congresso degli Stati Uniti approvò lo stanziamento
di cento milioni di dollari per
7- C. Andrew & O. Gordievskij, “La storia segreta del
KGB”, cit., pp. 593-594.
finanziare i Contras) proseguì finché non riuscì a
vincerla ottenendo la vittoria delle elezioni nella prima tornata elettorale
pluripartitica del 1990 (nella quale vinse l'Unione Nazionale di Opposizione,
ampiamente finanziata con milioni di dollari dagli USA). Nel frattempo però,
nel 1987, il leader sovietico Michail Gorbaciov aveva proposto di sospendere gli
aiuti militari sovietici al Nicaragua se gli USA avessero interrotto l'appoggio
militare ai contras: “non esistono indicazioni di sorta che il presidente abbia
dato alcun seguito alla proposta”. Per spiegare la sconfitta alle elezioni del
1990, i sandinisti ritennero che “i dieci anni di guerra su tutti i fronti
avevano logorato la popolazione. Temevano che, finché i sandinisti fossero
restati al potere, i contras e gli Stati Uniti non avrebbero mai moderato la
campagna per rovesciarli. La gente votò per la pace. (Come la popolazione della
Repubblica Dominicana aveva votato nel 1966 per il candidato appoggiato dagli
Stati Uniti per prevenire un ulteriore intervento militare americano). […] Aquì
no se rinde nadie. Per dieci anni la gente del Nicaragua aveva gridato questo
slogan: “Qui nessuno si arrende”. Ma nel febbraio 1990, fecero esattamente
questo.” Si apriva così per il Paese un periodo di transizione e di
assestamento della vita politica, caratterizzato dal contrasto fra gli
orientamenti del potere governativo e quelli di istituzioni a predominante
composizione sandinista (esercito, sindacati, ecc.), e si dava avvio a una
politica economica neoliberista. Profondi dissidi si verificavano ben presto
sia all'interno della coalizione di maggioranza, sia nel Fronte di Liberazione
Nazionale Sandinista (FLNS), che si scisse. La corrente sandinista moderata,
capeggiata da Sergio Ramírez, infatti si separava nel 1994, dando origine nel
1995 a un nuovo gruppo politico, il Movimento Rinnovato Sandinista (MRS). Anche
le elezioni del 1996 vedevano la sconfitta del leader sandinista Daniel Ortega
e l'avvento del candidato della destra, il neosomozista Arnoldo Alemán Lacayo,
rappresentante della grande proprietà terriera, guardato con simpatia dalle
gerarchie ecclesiastiche locali. Assunta la carica nel gennaio 1997, Alemán
confermava la politica economica delle privatizzazioni adottata
dall'amministrazione precedente e cercava di trovare una soluzione legale alle
richieste di quanti, primi fra tutti la famiglia Somoza, si erano visti
confiscare le proprietà durante il periodo della rivoluzione sandinista.
Trovato un accordo fra la maggioranza e l'opposizione sandinista per la
restituzione delle terre espropriate e arresosi l'ultimo movimento di
guerriglia attivo nel Paese, il Fronte unito Andrès Castro, il processo di
pacificazione nazionale si concludeva nel 1997. La politica neoliberista di
Alemán e la drastica riduzione del deficit del Paese, attuata per realizzare il
rigido programma strutturale imposto dal Fondo Monetario Internazionale e dalla
Banca Mondiale, facevano però precipitare il Nicaragua in uno stato di grave
recessione economica. Bisogna aspettare il novembre 2006 per veder tornare i
sandinisti, molto moderatisi nel tempo, al potere: nelle elezioni presidenziali
vince Daniel Ortega con il 38,07% dei voti; il candidato “liberale” Eduardo
Montealegre, appoggiato da Washington, si ferma al 29%. Nel 2011 Ortega viene
rieletto con il 62,6% dei consensi. Nel 2014 il Parlamento approvava una
modifica alla Costituzione che rafforza il potere legislativo del presidente,
permettendogli di ricandidarsi per un terzo mandato nel 2016 stravinto
addirittura con il 72,44% dei voti. Nonostante alcune critiche giunte da
sinistra (8 ), analisti sostengono che i motivi della larga riconferma ottenuta
da Ortega sono da ricercarsi nelle politiche sociali portate avanti in favore
dei meno abbienti, oltre che negli investimenti pubblici nelle infrastrutture,
per l’elettrificazione del paese, per la salute e l’educazione. Politiche di
sostegno alla cultura e allo sport sono state implementate con forza e
convinzione. Da non dimenticare lo sviluppo e il rafforzamento della
cooperazione con la Cina, come si evince dai lavori per la realizzazione del
canale del Nicaragua che sta attraendo numerosi investimenti nel paese. Tra i
messaggi di congratulazioni per questa nuova vittoria ottenuta dal Comandante
Ortega, vi sono quello del Presidente della Repubblica Bolivariana del
Venezuela, Nicolas Maduro che parla di “vittoria della Patria Grande in
Nicaragua”; così come il leader cubano Raul Castro che afferma come con questa
schiacciante vittoria “Nuestra America potrà continuare a contare sul Nicaragua
per avanzare verso la giustizia e la prosperità per i nostri popoli”.(9)
5.3.
IL RUOLO DESTABILIZZATORE DELLE ONG
“Né il governo degli Stati Uniti né i suoi alleati
europei vedono bene il modello di commercio e cooperazione inspirato dal
socialismo che si sviluppa nei paesi dall'Alba. Appoggiano la campagna di
destabilizzazione dell'opposizione nicaraguense come appoggiarono quelle che
ebbero luogo in Venezuela e Bolivia. Tutte questi campagne fanno parte dello
sforzo dei governi degli Stati Uniti e dei suoi alleati di ostacolare i
tentativi dei paesi dell'America Latina di avanzare verso un'integrazione
progressista e sovrana al di fuori della logica capitalista della
globalizzazione corporativa.” (Associazione Amicizia e Solidarietà
Italia-Nicaragua, 2008)10 In un articolo uscito su Misiòn Verdad nel 201611, si
accusa gli USA di aver attuato per anni, con la fine della guerriglia dei
Contras, una nuova tipologia di operazione clandestina. Leggiamo: “Le ONG sono
le facciate “indipendenti” che beneficiano dell’aiuto finanziario, e che
operano con obiettivi chiari, nel contesto della guerra con risorse
asimmetriche. Ma anche partiti politici sono attenti al portafoglio dei
dollari. Non è per pura speculazione che Misión Verdad ha riportato i casi che
si riferiscono al contesto venezuelano […]. E il caso nicaraguense, come quello
venezuelano, non è esente dai finanziamenti di enti governativi statunitensi.
[…] I dati forniti dal giornalista svedese Dick Emanuelsson confermano il
finanziamento da parte del Dipartimento di Stato (via NED e USAID) e del
National Democratic Institute (IND, del partito di Hillary Clinton), per
citarne solo due, ai partiti principali di quella che è definita “Coalizione
Democratica” e alle ONG in Nicaragua. La ONG “Movimento per il Nicaragua”, che
si dice difensora dei diritti della “società civile” contro la “dittatura
sandinista” e che riunisce più i mascalzoni dei media che la gente nelle
strade, ha come finanziatore, oltre la NED, la USAID e l’IND, come già si è
detto, anche l’ambasciata degli Stati Uniti a Managua (città capitale del
Nicaragua), la Open Society Foundation di George Soros, attraverso la rete
“Probidad”, l’Istituto Repubblicano Internazionale (IRI) e l’ambasciata del
Giappone, paese rivale – geopoliticamente parlando – della Repubblica Popolare
Cinese. Anche la ONG “Comisión Permanente de Derechos Humanos”, rappresentata
dal suo direttore esecutivo Marcos Carmona, ha ricevuto un buon mazzo di
bigliettoni (20.000 dollari, non di più nel 2008, ma Emanuelsson fa notare che
tale somma equivale a 25.671 salari minimi al mese) da parte della USAID.
Un’altra ONG, l’“Istituto di Studi Strategici e Politiche Pubbliche”, ha
ricevuto dalla NED più di 50.000 dollari dal 2005, e ha
contato sull’appoggio del NDI, della Banca Interamericana di Sviluppo (BID) e
dell’IRI per l’organizzazione di manifestazioni. Tanto il Partito Liberale
quanto il Movimento di Rinnovamento Sandinista (MRS) si sono impantanati nella
stessa cloaca finanziaria, e gli stessi dirigenti del MRS hanno dichiarato
pubblicamente che ci sono state marce e riunioni sotto l’auspicio dell’IRI. Gli
interessi di diversi repubblicani nella storia del Nicaragua sono stati
rivelati fin dal decennio del 1980. Riassume il giornalista svedese: “Questo
organismo (IRI) è stato diretto fino alla sua morte (7 dicembre 2006) dalla
fervente anticomunista Jean Jordan Kirkpatrick. Questa signora era
l’ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU nel 1983 quando il suo capo, il
presidente Ronald Reagan, aveva disseminato di mine il golfo di Fonseca e
impedito alle navi di entrare nel principale porto del Nicaragua sulla costa
pacifica, il porto di Corinto. […] I repubblicani e Reagan&Kirkpatrick
cercavano con le mine di soffocare il piccolo paese centramericano. Il popolo
nicaraguense fu vittima di innumerevoli massacri da parte dei “Contras”,
diretti da un altro repubblicano, l’ambasciatore John Negroponte, dalla
capitale honduregna. Più di 50.000 nicaraguensi furono vilmente assassinati
dalla guerra di Reagan e dei repubblicani durante il decennio del 1980”. La
lista delle organizzazioni finanziate da differenti organismi del governo di
Wall Street, scusate, dalla Casa Bianca, è lunga, ma non per questo meno
pericolosa.”
5.4.
PREGI E LIMITI DELL'ESPERIENZA SANDINISTA
“Nei momenti di gioia e nel momenti di dolore ho invocato
sempre Dio e ho ringraziato Dio. Le nostre radici sono il cristianesimo, di lì
vengono i nostri valori: dal cristianesimo”. “Per arrivare a Sandino sono prima
dovuto arrivare a Cristo, per arrivare alla Rivoluzione Cubana prima sono
arrivato a Cristo, per arrivare a Marx, a Lenin, ad Engels, prima sono arrivato
a Cristo, per arrivare al popolo, prima sono arrivato a Cristo.” (Daniel
Ortega, 2014)(12) Di seguito un giudizio politico fatto nel 2009 da Gilberto
López y Rivas(13) sull'importanza e sui
limiti che ha avuto il sandinismo. Manca un giudizio
adeguato sugli anni del ritorno al potere di Ortega, su cui al momento è
difficile esprimersi con un occhio storico: “La Rivoluzione Popolare Sandinista
(RPS), che ha trionfato il 19 luglio del 1979, è stato il primo movimento
armato rivoluzionario vincente dopo la rivoluzione cubana. Si è trattato di una
rottura del cordone sanitario statunitense sui processi rivoluzionari in
America Latina, seguito alla sconfitta politico militare della Baia dei Porci e
al brutale golpe contro il governo costituzionale di Unità Popolare in Cile. In
Nicaragua avvenne una rivoluzione contro la dittatura e con chiari contenuti
sociali, in un paese strategico per il controllo economico, politico e militare
degli USA sul continente. Fu questo il motivo che scatenò l’imperialismo, il
quale reagì alla vittoria rivoluzionaria con tutta la sua violenza,
organizzando una sanguinosa guerra d’aggressione durata per tutti gli anni '80,
con un tragico bilancio di morti e feriti. Sul piano strettamente militare, la
Rivoluzione riuscì ad organizzare una difesa basata sulla partecipazione
popolare, una guerra di tutto il popolo che impedì la presa del potere da parte
dei controrivoluzionari in ogni porzione del territorio nazionale. Nonostante
le risorse fornite dagli Stati Uniti, i sabotaggi all’economia e
all’infrastruttura, le frequenti imboscate a miliziani, soldati e funzionari
del governo rivoluzionario, gli USA in Nicaragua non hanno vinto militarmente.
La Rivoluzione Popolare Sandinista, nonostante questa pressione, riuscì a
riscattare la dignità nazionale nicaraguese, cambiando radicalmente le
condizioni economiche, sociali, culturali e politiche del paese. Concependo la
nazione non soltanto come la somma di territorio, lingua, economia e cultura o
carattere nazionale, ma come un fenomeno dinamico in cui classi, frammenti di
classe e gruppi socio-etnici lottano per l’egemonia. La vittoria rese possibile
un processo formativo e di consolidamento della nazione che era stato
visibilmente sospeso e deformato durante il somozismo. Alla base di queste
trasformazioni vi fu l’eliminazione dal potere politico della famiglia Somoza e
il passaggio a una democrazia di maggioranze popolari, che rigenerò la natura
stessa della nazione e dei suoi elementi costitutivi. Il rapporto fra Stato
nazionale e la sua base, il popolo e il territorio, cambiò qualitativamente. Il
somozismo manteneva solo una sovranità formale sulle sue frontiere, mentre la
Rivoluzione nazionalizzò il territorio e le sue risorse naturali, aprendo una
profonda presa di coscienza della sua identità, riconoscendo le varie realtà
etnico-culturali, le diverse confluenze linguistiche e, per la prima volta,
s’identificò come una nazione multietnica e multiculturale. Il Nicaragua fu una
scuola di quadri per tutto il continente. La presenza internazionalista di
latinoamericani prima, durante l’insurrezione e nei dieci anni di governo
rivoluzionario, costituì un importante contributo ai processi di cambiamento in
America Latina.
Persino l’EZLN non lo si potrebbe capire senza
l’esperienza nicaraguese. Il Nicaragua provocò un movimento di solidarietà
popolare di proporzioni mai viste e pure l’aiuto di governi (in modo aperto o
discreto) fra cui si distinsero Cuba e Messico. La vittoria sandinista stimolò
anche la propagazione dell’erronea teoria del “domino rivoluzionario”, con
effetti negativi nelle lotte armate di El Salvador e Guatemala, con un
trionfalismo senza fondamento. La Repubblica Popolare Sandinista ruppe con
molti schemi dominanti nel movimento rivoluzionario latinoamericano: a) la
presenza importante del settore cristiano; b) la direzione collettiva, anche se
si ebbe la deriva dell’orteguismo dentro il FSLN; c) le elezioni del 1984 e il
mantenimento della pluralità politica in un contesto di costruzione del potere
popolare; d) gli sforzi (falliti) di non allineamento; e) l’irriverenza di
forme e contenuti; f) le radici nazionali (Sandino, la storia di resistenza antisomozista,
ecc.). La RPS affrontò il problema etnico-nazionale dopo quattro anni di
sconfitte, con una prospettiva interculturale e autonomista che ruppe con gli
schemi del marxismo schematico basato sul riduzionismo classista e
proletarizzante. Il Nicaragua divenne così un esempio d’autonomia per molti dei
movimenti indigenisti in formazione. Tanto che, di nuovo, non si potrebbe
capire il processo d’autonomie in America Latina, senza tenere conto
dell’importante progresso realizzato su questo terreno durante la rivoluzione
sandinista. La sconfitta elettorale nel 1990 e la perdita del potere fu per i
sandinisti un duro colpo, ma lo fu anche per tutti i processi rivoluzionari
armati in corso (El Salvador, Guatemala, Colombia) e influì nelle prospettive
di altri movimenti politici non armati che assunsero le strategie elettorali
come la loro ragion d’essere (PRD, in Messico, PT, in Brasile, ecc). Ciò che
seguì la sconfitta elettorale colpì anche i partiti e i movimenti in America
Latina. Si trattò di una fase di corruzione che nella rivoluzione cubana non
era avvenuta; in questa fase vennero coinvolti importanti quadri del
sandinismo, che si appropriarono di beni e risorse pubbliche gettando via
l’eredità di riferimento etico che la RPS aveva conservato durante i dieci anni
di guerra.” Nel 2014 Ortega ha celebrato il 35° anniversario della rivoluzione
sandinista affrontando una serie di questioni politiche importanti. Ha
“ringraziato il presidente del Venezuela Nicolás Maduro per la presenza […] e
ha assicurato che quest'ultimo ha in atto una sfida gigantesca tanto con il
popolo venezuelano, quanto con gli altri popoli dell'America. “Egli sta di
fronte ad una rivoluzione che oggi è l'avanguardia nella lotta dei popoli
dell'America Latina e dei Caraibi. È una forza determinante per continuare a
fortificare l'integrazione, l'unità dei popoli dell'America Latina e dei
Caraibi, la lotta per la sovranità dei popoli dell'America Latina e dei
Caraibi. L'unità dei popoli dell'America latina e dei Caraibi è una forza determinante
per continuare a rinforzare l'integrazione e la lotta per la sovranità di
questi popoli”, ha sottolineato. Ha dichiarato inoltre che ciò spiega l'odio
dell'impero e dei suoi sodali contro Nicolás. […] Il comandante Daniel ha anche
approfittato del suo discorso per chiedere la sospensione dell'occupazione
della Palestina da parte delle forze militari dell'esercito di Israele […].
Daniel ha affermato che benché in questi ultimi anni della seconda tappa della
Rivoluzione si siano fatti grandi progressi, restano ancora molte sfide
davanti”. Pur avendo fatto “progressi nella lotta alla povertà, nella lotta
alla povertà estrema, nella lotta alla denutrizione, nella sanità e
nell'istruzione, nella costruzione di strade e di vie di comunicazione, nelle
politiche produttive, nei diritti della gioventù, nel protagonismo del popolo”
e “nella pratica della solidarietà" indicava come obiettivi la lotta
all'analfabetismo e alla povertà nelle zone rurali sostenendo la necessità di
portare avanti lo sviluppo delle forze produttive del Paese.(14)
14 -
RedGlobe, “Celebrati a Managua i 35 anni della Rivoluzione Sandinista”, cit
Tratto
da :