"Pur con nostre evidenti diversità di pensiero su alcuni punti della documentazione riteniamo valida questa analisi sulla sanità cubana"
(Blogger di Amici di Cuba "gruppo Italo Calvino")
attenzione cliccare sulle foto sotto per ingrandirle
A Cuba si può
Gavino Maciocco
I Cubani stanno affrontando i problemi delle malattie croniche in un
modo che deriva dalla loro peculiare storia economica e politica, ma il
sistema che hanno creato – con un medico per tutti, con il focus sulla
prevenzione e una chiara attenzione per la salute comunitaria – può
indicare la strada giusta anche agli altri paesi.
“Per un visitatore che viene dagli USA, Cuba “is disorienting”. Auto americane ovunque, ma tutte fabbricate prima degli anni ’60. Le nostre carte di credito, i nostri smartphone
non funzionano. L’accesso a internet è pressoché inesistente. E il
sistema sanitario sembra quasi irreale. Ci sono troppi dottori. Ogni
persona ha un suo medico di famiglia. Ogni cosa è gratuita –
completamente gratuita e non c’è bisogno di autorizzazioni per accedere
ai servizi e non ci sono ticket da pagare. Il sistema è rigidamente
organizzato e la prima priorità è la prevenzione. Sebbene Cuba abbia a
disposizione risorse molto limitate, il suo sistema sanitario ha
risolto problemi che noi non siamo ancora in grado di gestire. I
medici di famiglia, insieme agli infermieri e altri operatori sanitari,
hanno la responsabilità di erogare le cure primarie e i servizi
preventivi per il gruppo dei loro pazienti – circa 1000 pazienti per
medico nelle aree urbane. (…) Tutti i pazienti sono registrati in
relazione al loro livello di rischio, da I a IV. (…) Ogni paziente è
visitato a domicilio una volta l’anno, e quelli con malattie croniche
sono controllati più frequentemente. Quando necessario, i pazienti
vengono riferiti al poliambulatorio di distretto (“policlinico”) per la
valutazione specialistica, per poi tornare al livello di comunità per il
proseguimento delle cure. (..) I tassi di copertura vaccinale sono tra i
più alti al mondo. La speranza di vita alla nascita è di 78 anni,
identico a quello degli USA. Il tasso di mortalità infantile è crollato
dal 80 per mille nati vivi negli anni 50 a meno del 5 per mille,
inferiore a quello degli USA, mentre il tasso di mortalità materna rimane ancora molto elevato e in media con il range dei paesi caraibici”.
Ho sopra riportato ampi brani di un articolo pubblicato il 24 gennaio 2013 sul New England Journal of Medicine[1] che mostra il paradosso della sanità cubana:
avere con un reddito medio-basso livelli di salute (speranza di vita
alla nascita, mortalità infantile) pari a quelli dei paesi più ricchi.
Naturalmente – spiega l’articolo – non c’è niente di romantico nel sistema sanitario cubano,
dove le risorse sono veramente scarse. Lo stipendio mensile dei medici,
ad esempio, è di 20 dollari (più benefit come l’abitazione e beni di
prima necessità). Molti tra i migliori medici cubani sono stati mandati
dal governo a lavorare in altri paesi dell’America latina (con stipendi
assai più alti): dal 2002, 18 mila medici sono partiti per il Venezuela
per realizzare un programma di assistenza sanitaria alle fasce più
povere della popolazione in cambio di forniture di petrolio. Le
attrezzature ospedaliere sono generalmente desuete e arretrate, sia per
mancanza di soldi che a causa dell’embargo imposto dagli USA. Proprio a
causa dell’embargo Cuba ha sviluppato una sua industria del farmaco e
delle biotecnologie che sta diventando competitiva.
“Ogni visitatore – conclude l’articolo del NEJM – si rende
conto che Cuba è arretrata rispetto ai paesi sviluppati nelle
infrastrutture di base come strade, case, acquedotti e fognature.
Nonostante ciò i Cubani hanno cominciato ad affrontare gli stessi
problemi di salute dei paesi sviluppati, con crescenti tassi di
incidenza delle malattie coronariche e di obesità (11,7% dei cubani ha
oggi più 65 anni di età). Il loro “unusual” sistema sanitario
affronta questi problemi in un modo che deriva dalla peculiare storia
dell’economia e della politica di Cuba, ma il sistema che hanno
creato – con un medico per tutti, con il focus sulla prevenzione e una
chiara attenzione per la salute comunitaria – può indicare la strada
giusta anche agli altri paesi”.
Salute e sanità a Cuba (I parte)
Sara Barsanti e gli Studenti della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
Questo è il primo di due post dedicati al sistema sanitario cubano,
frutto del viaggio di studio di un gruppo di studenti di medicina della
Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Lo stato di salute della popolazione e
l’organizzazione del sistema sanitario.
C’è una tendenziale relazione tra stato dell’economia di un paese e
salute della sua popolazione. Non è il caso di Cuba, che presenta un PIL
pari a quello di paesi del terzo mondo e indicatori di salute (speranza
di vita alla nascita e mortalità infantile) pari ai paesi sviluppati,
anzi in alcuni casi anche migliori, come risulta dalle Figure 1 e 2
(Cuba è rappresentata dal cerchio più grande)[1].
Figura 1. Relazione tra PIL pro capite e speranza di vita alla nascita, 139 paesi. WHO 2006
Figura 2. Relazione tra PIL pro capite e mortalità dei bambini al di sotto dei 5 anni, 139 paesi. WHO 2006
Il “paradosso” del sistema sanitario cubano sfugge spesso alla letteratura internazionale[2].
Se le risorse economiche sono scarse ma i risultati sono eccellenti,
quali sono i punti cardine del sistema sanitari cubano? Quali sono i
punti forza di questo sistema e quali possono essere esportati in altri
sistemi sanitari?
Il viaggio che hanno compiuto gli studenti di medicina del 4-5 e 6
anno della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa nasce con l’obiettivo di
esplorare – attraverso due settimane di permanenza a L’Havana – il
sistema sanitario cubano e di capire i suoi elementi fondanti. Da tale
importante, per certi versi unica, esperienza nasce il presente
articolo, che per motivi di lunghezza è stato suddiviso in due parti.
Nella prima parte, qui, saranno descritte la struttura generale e la storia del sistema sanitario.
Nella seconda parte, che sarà oggetto di un prossimo post, si parlerà di formazione dei professionisti e di cure primarie.
Il sistema sanitario cubano nel suo complesso
Il sistema sanitario cubano è un sistema sanitario pubblico governato
e coordinato dal Ministero di Salute Pubblica (MINSAP). Il sistema
consta di 3 livelli amministrativi (nazionale, provinciale e municipale)
e 4 livelli di servizio (nazionale, provinciale e municipale e di
settore). La figura seguente mostra lo schema di riferimento del sistema
cubano (ndr CMEF: consultorio del medico e infermiera famiglia)[3].
Figura 3. Schema rappresentativo del sistema sanitario cubano
Il sistema sanitario cubano si fonda sul principio per cui la
salute è un diritto sociale inalienabile e tutti i cubani hanno diritto
all’assistenza sanitaria completa senza distinzioni. I servizi sono finanziati quasi interamente tramite risorse pubbliche.
Il Ministero della Salute è l’organismo regolatore del sistema,
concentra e distribuisce le risorse destinate ai servizi sanitari e
opera a tutti i livelli.
L’assistenza di primo livello dovrebbe coprire circa l’80% dei
problemi di salute della popolazione e i suoi servizi sono forniti
principalmente nei consultori dei medici e infermieri di famiglia (il
termine “di famiglia” vale sia per i medici che per gli infermieri!) e
nei poliambulatori specialistici (chiamati policlinici). Questi servizi
di base dipendono dai municipi.
I servizi di secondo livello - ospedali provinciali – coprono circa il 15% dei problemi di salute.
Nel terzo livello – ospedali specializzati o istituti
eccellenza – vengono gestiti circa il 5% dei problemi di salute o le
complicanze legate a determinate malattie.
Complessivamente, quindi, l’assistenza si sviluppa attraverso una
rete di circa 220 ospedali, 15 istituti di ricerca, 500 policlinici e
una copertura diffusa in tutta l’isola di personale sanitario, per un
totale di circa 600.000 lavoratori (9% della popolazione in età
lavorativa), di cui circa 30.000 medici di famiglia. I medici sono
passati da 5,2 medici ogni 1000 abitanti nel 1995 a circa 6,7 nel 2009;
nello stesso periodo gli infermieri sono passati da 7 ogni 1000 abitanti
a 9,5.
La storia
Prima della rivoluzione cubana del 1959, il sistema sanitario
cubano era basato su ospedali gratuiti statali, cliniche mutualistiche e
ambulatori privati; gli ospedali gratuiti erano presenti solo in un
terzo dei municipi ed erano di scarsa qualità. Esisteva un solo ospedale
universitario, un’unica scuola di medicina e le prestazioni erano
erogate per la maggior parte privatamente da medici residenti per i 2/3 a
L’Havana. Solo il 10-20% circa della popolazione rurale poteva fruire
di una qualche forma di assistenza medica. L’aspettativa di vita era
inferiore ai 60 anni. La mortalità infantile era del 70 per mille nati
vivi e la mortalità materna era 120 per 100 mila nati vivi.
L’analfabetismo arrivava nelle zone rurali al 40%; solo l’11,2% delle
famiglie dei lavoratori agricoli beveva latte e solo il 2% mangiavano
uova.
Dopo la rivoluzione la metà dei 6.000 medici al momento presenti
sull’isola espatriò. A Cuba rimasero solo 16 professori di medicina.
Il Ministero della Salute iniziò quindi un programma di
nazionalizzazione e regionalizzazione dei servizi sanitari: furono
realizzati 50 nuovi ospedali rurali e 160 policlinici in aree urbane, fu
iniziato un programma di vaccinazione dei bambini e fu istruito nuovo
personale. Vennero, inoltre, assunti 750 medici e studenti di medicina
per trascorrere un periodo della loro carriera professionale nelle
campagne, sulle montagne e nelle comunità costiere. L’obiettivo del servicio médico rural era
quello di garantire “la prevenzione delle malattie e di rivitalizzare i
servizi sanitari per i più bisognosi, perché poveri o in precarie
condizioni di salute o perché residenti lontano dai centri urbani”. Il
mandato affidato a questi medici dal nuovo governo (che definiva la
salute e l’educazione come una propria responsabilità sociale e un
diritto individuale dei cittadini) era quello di creare un unico servizio nazionale di assistenza sanitaria,
e fornire prestazioni sanitarie gratuite e accessibili a tutta la
popolazione cubana. Intanto con l’embargo gli USA proibirono
l’importazione di medicine e alimenti. Negli anni ‘70 il modello di
cure primarie basato sulle cliniche di comunità (o policlinici, centri
polifunzionali di zona) fu lpotenziato e si accolò l’educazione alla
salute, la prevenzione e il monitoraggio ambientale. Furono istituiti
quattro programmi nazionali di assistenza multidisciplinare mirati alla
tutela della salute materno-infantile (PAMI), al controllo delle
malattie infettive, alla prevenzione e cura delle malattie croniche e
alla tutela degli anziani.
Nel 1986 venne introdotto il Programma del Medico di Famiglia, che
mise a disposizione dei pazienti un team costituito da medico e
infermiera e garantì, a partire dai primi anni ‘90, l’assistenza
primaria al 95% delle famiglie cubane direttamente nel proprio quartiere
di residenza. Erano attive 21 scuole mediche in tutto il territorio
nazionale. Il sistema sanitario cubano cominciò a essere preso
dall’OMS, dall’Unicef e da altre agenzie internazionali come esempio per
un servizio sanitario nei Paesi in via di sviluppo. Ottimi risultati
sono stati ottenuti grazie a ripetute campagne vaccinali, grazie alle
quali per alcune malattie non si verificano casi da diversi anni:
Poliomielite, 1962; Tetano neonatale; 1972; Difterite, 1979;
Meningoencefalite post-parotidite, 1989; Sindrome rosolia congenita,
1989; Morbillo, 1993; Pertosse, 1994;Rosolia e parotite, 1995; Febbre
Gialla, 2005. Nella Tabella 1 alcuni principali dati di salute in confronto con alcuni paesi internazionali.
Tabella 1. Indicatori di salute a confronto, anno 2010
Il sistema sanitario oggi
Attualmente il profilo di salute di Cuba è molto simile a quello di
un paese sviluppato, dove la prima causa di morte è legata alle malattie
cardiovascolari e ai tumori. La Figura 4 mostra la diffusione dei
medici e infermieri nella popolazione nel 2010 e l’utilizzo nella
popolazione di alcuni servizi sanitari e di prevenzione di Cuba a
confronto con la media dei paesi della regione centro-americana[4].
Figura 4. Presenza di personale sanitario e dati di
utilizzo dei servizi, Cuba (barra blu) a confronto con la media
regionale del Centro America. Anno 2005
Il “Piano di Salute Nazionale verso il 2015” del 2006 riconosce
nell’invecchiamento della popolazione una sfida per i prossimi decenni e
prevede un riorientamento dei servizi, in particolare di quelli erogati
a livello dei policlinici di comunità, “from cure to care”. Ad
oggi Cuba conta 11 milioni di abitanti: la popolazione al di sotto dei
15 anni rappresenta il 18,4% del totale, la popolazione al sopra i 65
anni l’8,6%. Dati molto lontani da quelli dei paesi industrializzati,
dove la percentuale di anziani supera il 20%, ma sufficienti per
parlare di transizione demografica e di conseguenza di transizione
epidemiologica, con una prevalenza di malattie croniche piuttosto che
infettive quali cause di morte.
Nella Figura 5 alcuni dati sui principali fattori di rischio
per la salute degli adulti, a confronto con la media dei paesi della
regione delle Americhe[5].
Figura 5. Fattori di rischio per gli adulti, Cuba a confronto con la media regionale del Centro America. Anno 2005
Ad oggi Cuba ha raggiunto tutti gli obiettivi di salute del nuovo
millennio, tranne l’obiettivo riguardante la mortalità materna.
La sanità cubana di fronte alla crisi
Nel 2011 il governo ha annunciato un drastico ridimensionamento della
pubblica amministrazione, con la necessità di diminuire i posti di
lavoro nel pubblico di circa 500mila. Alla luce di queste prospettive e
del dibattito che ne è scaturito, per il sistema sanitario cubano di
oggi vi sono rischi e opportunità. Molti tra gli studiosi, ma anche tra
gli stessi cubani (medici e non), affermano il rischio di una caduta di
qualità delle cure e dell’assistenza sanitaria cubana visto l’ormai
sempre più frequente invio di medici cubani con alcuni paesi esteri. Molti tra i migliori medici cubani, infatti, sono mandati dal governo a lavorare in altri paesi dell’America latina: con il programma Barrio Adentro, letteralmente “nel quartiere”, a
partire dal 2002 il governo venezuelano vuole garantire cure mediche di
base per tutti, anche per le fasce di popolazione più miserevoli,
adottando il modello cubano. Cuba, nella fase iniziale di Barrio Adentro, ha inviato circa 18.000 medici in Venezuela; da parte sua Chavez invia forniture di petrolio. Nel 2008 i medici cubani che lavoravano in paesi esteri erano circa 37.000, sparsi in più di 70 paesi. I medici che decidono di lavorare al’estero ricevono compensi maggiorati.
Quando guadagna invece un medico cubano che rimane a Cuba? Tutti i
medici sono dipendenti del governo e mediamente un medico di famiglia
guadagna 20 dollari al mese e ha a disposizione benefit come la casa e
generi di prima necessità. È chiaro che un medico non può certo
arrivare livelli di benessere che siamo abituati a pensare nei paesi
sviluppati. La sanità assorbe il 8.7% del PIL nazionale, ma se negli
ultimi anni le risorse dedicate alla salute sono aumentate
considerevolmente, il governo oggi sta cercando di promuovere una
maggior appropriatezza nell’uso delle risorse attraverso, tra l’altro,
campagne informative alla popolazione e riduzione della spesa. Nella Figura 6 si osserva la foto di un cartello esposto in tutti gli ospedali in cui si fa notare al cittadino che “il tuo sistema sanitario è gratuito… però costa”:
una visita dal medico di famiglia costa 25 pesos, un esame di
laboratorio circa 20 pesos. Però risulta molto difficile recuperare
margini di efficienza in un modello governato a livello statale e
fortemente centralizzato[6].
Figura 6. Cartelli informativi sui costi per il governo di alcuni servizi, Cuba 2012
Nonostante la professionalità dei medici, riconosciuta in molti
paesi, soprattutto quelli dell’America Latina, avendo visitato i
maggiori ospedali di L’Havana abbiamo potuto constatare l’arretratezza
dei macchinari e attrezzature mediche e diagnostiche. Ma è proprio la
professionalità dei medici e la forte attenzione al pubblico, che fa si
che siano effettuate prestazioni di alta qualità clinica, comparabile
alla nostra. Ancora i macchinari, data la scarsa quantità, sono tenuti
in funzione tutto il giorno, in modo da sfruttare al massimo la loro
resa e produttività.
Se da una parte poi la popolazione e i professionisti sono orgogliosi
del sistema nazionale di salute e ne sottolineano i punti di forza, non
sfuggono però commenti più aperti sulla qualità. Prendendo in
considerazione i tempi di attesa ad esempio, se alcuni professionisti
infatti ci hanno più volte detto che non esistono liste di attesa per
prestazioni diagnostiche o specialistiche, altri invece hanno
evidenziato che le liste di attesa possono arrivare anche a tre mesi.
Sara Barsanti, Laboratorio Management e Sanità, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Alice Accorroni, Federico Barbera , Francesca Baroncelli, Lorenzo
Caciagli, Daniele Canarutto, Filippo Carlo Maria Corponi, Marco Cotrufo,
Valentina Da Prat, Alberico Del Torto , Lorenzo Giannini, Alessandro
Grosso, Daniele Lorenzini, Alessandro Mengozzi, Davide Maria Mocellin ,
Lorenzo Nesti, Margherita Notarnicola, Filippo Quattrone, Andrea Sechi,
Paola Sindaco, Leonardo Tozzi: studenti di medicina della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Si ringraziano: Javier Rosada, Alberto Tulipani e Gabriella Laino per
il loro supporto durante la visita a Cuba e Andrea Grillo, Asl 6 di
Livorno, per il suo contributo al paragrafo sulla storia del sistema
sanitario cubano
Risorsa
- Evans RG. Thomas McKeown meet fidel Catro: Physicians, population
health and the Cuban paradox. Healthcare Policy 2008; 3 (4): 21-32.
- Spiegel JM. Commentary: daring to learn form a good example and
break the “Cuba taboo”. International journal of epidemiology 2006; 35:
825-6.
- Dominguez-Alonso e, Zacca E. Sistema de salud de Cuba, Salud Publica de Mexico 2011; 53(2): 168-176
- Cuban health profile. WHO
- Cuban health profile. WHO
- Campion EW et al. A different model – Medical care in Cuba. The New England Journal of Medicine 2013; 368;4;297-9.
Salute e sanità a Cuba (parte II)
Sara Barsanti e gli Studenti della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
Questo è il secondo di due post dedicati al sistema sanitario cubano,
frutto del viaggio di studio di un gruppo di studenti di medicina della
Scuola Superiore S. Anna di Pisa. La formazione dei medici cubani.
L’Equipe Basica de Salud e il Gruppo Basico de Trabajo. La parola
magica: dispensarizacion.
Il sistema formativo dei medici cubani
A Cuba la formazione universitaria, è pubblica, gratuita e rivolta
senza discriminazioni a tutti coloro che, nei limiti imposti dalla
pianificazione statale, abbiano volontà e capacità di affrontarla. A
Cuba ci sono attualmente 26 facoltà di medicina, diffuse in tutte le
provincie. Le facoltà di medicina rispondono ai Ministeri della Sanità e
dell’Educazione. Il percorso di studi di base dura 6 anni di cui i
primi 3 rivolti alle materie di base, 2 alle materie cliniche, l’ultimo
dedicato alla diretta messa in pratica degli insegnamenti ricevuti.
Il fine del percorso universitario è la formazione del medico di
medicina generale integrata che costituisce la prima specializzazione
per tutti i medici cubani. Negli ultimi anni la didattica medica si è
radicalmente trasformata: le materie di base (anatomia, istologia,
embriologia, fisiologia) non sono affrontate più singolarmente, ma
accorpate in unico corso chiamato morfofisiologia che prevede
un’esposizione trasversale, organo per organo, dei diversi ambiti di
studio. Quello che più ci ha sorpreso vedendo la lista degli esami
dei primi anni di medicina, sono gli esami con il maggior numero di
crediti formativi: al primo anno “promozione della salute” e al secondo
anno “prevenzione della salute”. Al terzo anno ancora si prosegue con
salute pubblica e medicina comunitaria.
Mi domando se in Italia saremo in grado di preparare 4
esami distinti di quasi 10 crediti ciascuno su tali tematiche… E sarebbe
ancora inimmaginabile avere come insegnamento obbligatorio nelle scuole
la promozione della salute. Insegnamento obbligatorio nelle scuole
cubane.
Per gli studenti alle lezioni si affiancano un certo numero di ore dedicate all’educazione fisica,
secondo l’idea che il medico per primo debba mettere in pratica quelle
pratiche di prevenzione di cui è tenuto a farsi promotore e alla lingua inglese
sono dedicati 6 esami, uno ogni anno. Le materie cliniche non prevedono
solo la frequenza degli studenti nei reparti ospedalieri, ma anche nei
centri di assistenza primaria, quali policlinici e medici di base
secondo l’idea dei “policlinici universitari” al fine di permettere ai
futuri medici di confrontarsi con le patologie di comune riscontro nella
popolazione oltre ai casi acuti e selezionati tipici degli ospedali.
L’affiancamento alle attività sanitarie è previsto a partire dal primo
anno di facoltà. Impensabile in Italia. Alla formazione clinica si affianca la formazione alla ricerca
che prevede l’approfondimento di argomenti legati alle problematiche
emerse nella popolazione presso la quale ha svolto assistenza. Questo
tipo di formazione diffusa ha sicuramente il grande vantaggio di creare
personale medico con grandi capacità pratiche e immediatamente in grado
di entrare nel sistema sanitario; un limite di tale approccio potrebbe
essere costituito da un eccessivo allontanamento dei medici in
formazione dai professionisti ospedalieri.
Le cure primarie, medici e infermieri di famiglia
Cuba sembra aver sviluppato un modello proprio di assistenza
sanitaria con caratteristiche originali e che sviluppa pienamente i
principi e i valori di Alma Ata.
Questo forte orientamento alle cure primarie, sviluppato a partire
dal 1986, è garantito dalla capillare presenza sul territorio di
strutture di bassa e medio-bassa complessità. Si tratta dei
“consultori”, strutture dove operano le Equipe Basica de Salud (EBS) e i
policlinici, dove invece operano a supporto, medici specialisti per la
gestione del paziente sul territorio. In ogni consultorio lavora
una Equipe Basica de Salud composta da un medico e un infermiere di
famiglia; la EBS si occupa della gestione dell’assistenza primaria in
un’area geografica ben delimitata, della quale periodicamente si
studiano le caratteristiche geografiche, sociologiche, demografiche per
individuare i principali fattori di rischio derivanti dal territorio. A
ciascun cubano è assegnato un consultorio in base al criterio di
residenza; è un diritto del cittadino chiedere di cambiare medico,
rivolgendosi al direttore del policlinico (che funge da supervisore dei
medici di famiglia). L’EBS e in generale l’area di salute in cui sono
divisi i quartieri, sono stati pensati anche come modello
“architettonico”, si veda Figura 1, dove si mostra la mappa dei servizi sanitari nell’area di salute di Cayo Hueso, zona di Centro Havana[1].
Figura 1. Mappa informativa dei servizi di cure primarie nell’area di salute di Cayo Hueso, L’Havana 2004.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla
Solitamente l’EBS vive nello stesso edificio in cui si trovano i
locali dedicati alle visite e assistenza medica (l’ambulatorio medico
con relativa sala di attesa, la sala medicazione e l’infermeria); oggi
nelle città tale modello non è sempre attuato, ma comunque l’EBS nello
stesso quartiere e sono parte integrante della comunità. In generale un consultorio del medico e infermiera di famiglia serve una popolazione di circa 1000/1500 persone o 200 famiglie.
L’EBS si fa anche carico dell’inclusione della popolazione a rischio
all’interno dei numerosi programmi di prevenzione codificati dal
Ministero della salute attraverso campagne di sensibilizzazione sui temi
del tabagismo, educazione sessuale, prevenzione del cancro della
cervice uterina, buona alimentazione.
Figura 2. Cartelli informativi per la prevenzione dell’ipertensione arteriosa, Cuba 2012
Quando l’EBS rileva un problema di salute che non è in grado di
risolvere autonomamente perché necessita di mezzi diagnostici superiori o
di consulenza specialistica, il caso viene discusso con il Gruppo
Basico de Trabajo (GBT). Il Gruppo Basico de Trabajo segue circa
20/25 EBS ed è composta da uno specialista di medicina interna, un
pediatra, una ginecologa e un’ostetrica, uno psicologo, un dentista, un
assistente sociale, uno statistico, e un tecnico di igiene ed
epidemiologia. Il GBT è il mezzo di coordinamento tra il consultorio
e il policlinico, attraverso un sistema di coordinamento e integrazione
verticale tra i medici, dove comunque il medico di famiglia rimane
l’unico responsabile del percorso di cura del paziente. Il GBA può
gestire il problema autonomamente oppure definire un percorso
diagnostico che può prevedere l’utilizzo di strumenti presenti nel
policlinico, il ricorso a visite specialistiche che periodicamente sono
calendarizzate al policlinico (specialisti che visitano ciascun
policlinico un paio di volte al mese), il ricorso alla consulenza in
ambiente ospedaliero oppure utilizzare altre strutture per il controllo
della popolazione con fattori di rischio (come ad esempio gli hogares materno-infantil o per hogar de anzianos).
Il consultorio spesso si fa carico anche della diffusione e attivazione
di attività di promozione della salute con il supporto delle
organizzazioni locali di quartiere, quali il Comitato di Difesa della Rivoluzione o la Federazione di Donne Cubane:
lo scopo di tali attività è quello di creare o migliorare l’approccio
alla salute attraverso una visione olistica che superi la visione
puramente medica e coinvolga i determinanti sociali di salute.
La parola magica: dispensarizacion
Ogni cubano può recarsi al consultorio quando vuole; il consultorio è aperto tutti i giorni lavorativi compreso il sabato.
Elemento fondante del sistema di prevenzione, promozione e continuità assistenziale (e sanità di inziativa!) è la dispensarizacion.
La dispensarizacion è un approccio imperniato sullo studio
del rischio, basato sulle caratteristiche sociali e sanitare di ciascun
individuo, come singolo e come famiglia, che possono influenzare lo
stato di salute e costituisce una valutazione dinamica, organizzata e
continua dello stato di salute di una persona in una comunità definita.
Si sviluppa attraverso 4 azioni principali:
- la registrazione, in cui si raccolgono i dati socioeconomici
di ciascun individuo e relativa famiglia (età, sesso, titolo di studio,
professione, condizioni igieniche …);
- la valutazione, che comprende un esame integrale della salute con un approccio biologico, sociale e psicologico;
- l’intervento, che comprende tutte le azioni necessarie per
migliorare lo stato di salute e eliminare i rischi che possono
peggiorare la condizione di salute o di malattia;
- il monitoraggio, secondo cui ciascun individuo a seconda
della valutazione di salute che riceve, deve essere seguito e monitorato
in maniera continua e sistematica.
Il processo di valutazione classifica gli individui in 4 categorie:
- apparentemente sano, con nessun condizione patologica e nessun rischio di salute;
- a rischio, ovvero persone con comportamenti che possono
arrecare danno alla salute nel medio o lungo periodo, quali ad esempio
fumo, poca attività fisica, consumo di alcol, comportamenti sessuali non
sicuri, ma anche rischi di tipo sociale, quali basso livello di
istruzione, rischio suicida,;
- malato, ovvero individui con condizioni patologiche o
disturbi fisici o sociali che non permettano uno svolgimento delle
attività quotidiane, sono ricomprese in questa categoria alcune
condizioni croniche ad esempio cardiopatia ischemica, diabete mellito,
asma, epilessia…;
- con deficienza, disturbi o incapacità (non autosufficienti),
ovvero individui con condizioni che influiscono in maniera temporale o
definitiva sulle capacità motorie, funzionali, sensoriali o psichiche,
come ad esempio individui con infermità croniche acute.
A seconda della categoria di appartenenza, l’EBS deve monitorare lo
stato di salute con cadenze di visite che vanno da un minimo di 2
annuali per gli individui sani (di cui una in ambulatorio e una a casa)
ad un massimo di 4 per gli individui malati o non autosufficienti. Tale
sistema, che comunque non è sviluppato in maniera uniforme nel
territorio, permette una visione della salute della popolazione e dei
fattori di rischio e una sanità di iniziativa che probabilmente non ha
eguali. Con l’esempio di Cuba si vuole quindi sottolineare come da una
parte il nesso casuale tra ricchezza e salute possa essere messo in
discussione e dall’altra come un sistema reale, non fittizio o
potenziale, di cure primarie possa davvero essere la base di ottimo
risultati di outcome di salute. Certamente Cuba non è esente dal punto
di vista sanitario di forti limiti o spazi di miglioramento, ma deve
essere presa da esempio per il ruolo che i medici e gli infermieri di
famiglia svolgono nella comunità. Tutto questo a prescindere, secondo
chi scrive, dalla sua storia rivoluzionaria.
Per concludere riportiamo il brano finale di un recente articolo su Cuba pubblicato dal New England Journal of Medicine:
“Ogni visitatore si rende conto che Cuba è arretrata rispetto ai paesi
sviluppati nelle infrastrutture di base come strade, case, acquedotti e
fognature. Nonostante ciò i Cubani hanno cominciato ad affrontare gli
stessi problemi di salute dei paesi sviluppati, con crescenti tassi di
incidenza delle malattie coronariche e di obesità (11,7% dei cubani ha
oggi più 65 anni di età). Il loro “unusual” sistema sanitario affronta
questi problemi in un modo che deriva dalla peculiare storia
dell’economia e della politica di Cuba, ma il sistema che hanno creato –
con un medico per tutti, con il focus sulla prevenzione e una chiara
attenzione per la salute comunitaria – può indicare la strada giusta
anche agli altri paesi” [2].
Sara Barsanti, Laboratorio Management e Sanità, Scuola Superiore
Sant’Anna di Pisa. Alice Accorroni, Federico Barbera , Francesca
Baroncelli, Lorenzo Caciagli, Daniele Canarutto, Filippo Carlo Maria
Corponi, Marco Cotrufo, Valentina Da Prat, Alberico Del Torto , Lorenzo
Giannini, Alessandro Grosso, Daniele Lorenzini, Alessandro Mengozzi,
Davide Maria Mocellin , Lorenzo Nesti, Margherita Notarnicola, Filippo
Quattrone, Andrea Sechi, Paola Sindaco, Leonardo Tozzi: studenti di
medicina della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Si ringraziano: Javier Rosada, Alberto Tulipani e Gabriella Laino per il
loro supporto durante la visita a Cuba e Andrea Grillo, Asl 6 di
Livorno, per il suo contributo al paragrafo sulla storia del sistema
sanitario cubano
- Spiegel JM, Yassi A. Lessons from the Margins of Globalization:
Appreciating the Cuban Health Paradox. Journal of Public Health Policy
2004; 25(1): 85-110
- Champion EW, Morissey S. A different model – Medical Care in Cuba. NEJM 2013; 368-297-9
TRATTO DA :
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