giovedì 28 febbraio 2013

Romania:In preparazione un nuovo disegno di legge per proibire le organizzazioni e i simboli comunisti

 

Romania:In preparazione un nuovo disegno di legge per proibire le organizzazioni e i simboli comunisti

Andrei Muraru, nominato presidente dell'Istituto per l'investigazione dei crimini del comunismo e la memoria dell'esilio romeno [IICCMER], nome altisonante che nasconde solo un buco di denaro pubblico diretto nelle tasche delle sue alte cariche, ha annunciato di stare preparando un nuovo progetto di legge per cercare di proibire le organizzazioni e i simboli comunisti in Romania, così come la diffusione dei nomi delle persone colpevoli di quelli che loro chiamano "atti di repressione del periodo compreso tra il 1945 e il 1989". Secondo la fonte, verrà presentato in parlamento il prossimo marzo o, al massimo, nel mese di aprile.

Come abbiamo detto, questo IICCMER è un organo ufficiale creato poco dopo il colpo di Stato contro i lavoratori rumeni del dicembre 1989, col fine di criminalizzare il passato comunista, falsare e nascondere le sue conquiste sociali ed economiche e trasformare la lotta contro i criminali economici e i residui del fascismo nel paese, in "repressione" e "dittatura".

In realtà, l'istituzione è un buco nero di denaro pubblico nonché luogo ambito dagli amici dei governi di turno per riempire i propri conti bancari con le tasse dei romeni. Nel frattempo serve da avanguardia ideologica per sostenere la dittatura capitalista attraverso la falsificazione e la criminalizzazione del passato comunista, soprattutto in momenti come questo in cui i lavoratori rumeni lamentano sempre più passività di fronte alla presa del potere della classe capitalista da 22 anni, attraversando due decenni di miseria economica e peggio, la perdita costante di benessere e diritti sociali.

Nel 2007 è stata presentata dal presidente dell'IICCMER, Vladimir Tismaneanu, (per inciso, figlio di un importante leader comunista nel periodo tra le due guerre ed importante personaggio durante gli anni del socialismo in Romania), una relazione dal titolo "Risultati finali della Commissione presidenziale per l'analisi della dittatura comunista in Romania", in cui hanno indicato una serie di "crimini", ma con poche prove a dimostrazione. Inoltre, in molti casi, quello che chiamavano "crimine" era semplicemente il rinchiudere in prigione un "fascista" o un gruppo terrorista responsabile del boicottaggio delle fabbriche o della produzione economica della Romania.

In effetti, la relazione, poi approvata dal parlamento, che ha portato il presidente Traian Basescu (anche lui figlio di una importante funzionario comunista) a condannare pubblicamente e ufficialmente il comunismo, è stato criticato anche da alcuni media rumeni meno radicali, anche se generalmente e all'unanimità tutti sono anticomunisti, come vuoto e superficiale (vedere la dichiarazione di molti intellettuali del regime capitalista romeno, Anti-comunismo, malattia senile del capitalismo).

Vladimir Tismaneanu è stato membro di quello che egli stesso chiama "il clan di Ceausescu", amico intimo di Nicu, figlio maggiore e membro di quella élite filocapitalista che si andò forgiando in Romania, d'accordo nell'abbandonare la lotta di classe ed uno dei primi che, dopo essere fuggito negli Stati Uniti direttamente verso un posto ben pagato come professore universitario ed ideologo anti-Ceausescu, si unì al trionfo di quelle élites che si impadronirono del potere negli anni '90 e si spartirono la ricchezza una volta di proprietà di tutti i lavoratori. Proprio in questi ultimi mesi si è scoperto che durante il suo mandato nel IICCMER, aveva ben munto e utilizzato milioni di denaro pubblico in privilegi personali, telefonate, viaggi, ecc... (Vale a dire, ciò che fa un politico capitalista con il denaro dei lavoratori, lo ruba).

L'obiettivo di IICCMER, di Tismaneanu e di tutti coloro che detengono il potere oggi in Romania, vale a dire i grandi capitali e le grandi aziende capitalistiche arricchitesi in questi ultimi due decenni con la spoliazione, il saccheggio e lo sfruttamento a proprio vantaggio della ricchezza rumena e con le leggi che essi stessi fanno, è di mantenere distante la possibilità, il grande incubo dei grandi mafiosi capitalisti, ovunque nel mondo e ancor di più nei paesi in cui un giorno questo era realtà: che i lavoratori tornino ad organizzarsi per prendere il potere e colgano l'occasione di vivere del lavoro e della ricchezza prodotta dalla classe lavoratrice.

Per questo motivo si tenta molto e sovente, in Polonia, in Ungheria, in Cechia e nella Repubblica Moldova, ecc... L'obiettivo è quello di ostacolare comunque una rinascita del movimento operaio e delle organizzazioni comuniste e di ogni focolaio di lotta sociale che possa dar vita alla mera possibilità che i grandi parassiti economici, la classe capitalista, perda i propri privilegi economici, smetta di vivere nel lusso a spese della miseria dei lavoratori e sia costretta persino a lavorare per il bene collettivo.

E così passerà non solo sotto il regime della tirannia capitalista, dove si trova quella classe che ostenta con il pugno di ferro e lo mantiene con tutte le forme di violenza e repressione, ma anche, e questo è stato il grande errore della maggior parte degli stati comunisti nel mondo, all'interno delle società socialiste stesse, nelle quali un giorno si abbassò il livello di guardia, senza tener conto che i capitalisti sono come le zecche e aspettano, sempre preparati, sempre pronti a tutto, per calpestare il prossimo, la compagna o il compagno, il momento giusto per tornare a succhiare il sangue dei lavoratori e la vita del suo popolo (e, se possibile, anche di altri).

Vi lascio con un video che mostra le immagini dell'estrema povertà oggi in Romania (il servizio è della televisione Antena3 del dicembre 2012, due mesi fa), immagini che prima del 1989 erano fantascienza e a cui nessuno avrebbe mai creduto se un viaggiatore del futuro gliele avesse mostrate (per vedere come la Romania è cambiata dal colpo di stato, si può leggere l'articolo di questo blog Cosa ha significato la "rivoluzione?").


Il video ci mostra ciò che è la Romania che questo Istituto difende e sulla quale si reggono gli straordinari privilegi ed il sontuoso livello di vita, tanto delle sue alte cariche, come di tutta la classe politica del regime, per non dire di quelli che lo controllano, i grandi miliardari ed i proprietari delle grandi corporazioni locali ed internazionali.

E' in rumeno, ma le immagini parlano da sole.



 


Immagine da internet  inserita da Sandino autore blog

venerdì 22 febbraio 2013

Rivoluzione civile: dall’America Latina all’Europa


Rivoluzione civile: dall’America Latina all’Europa


di Fabio Marcelli | 20 febbraio 2013




Conobbi Rafael Correa, da poco eletto presidente dell’Ecuador, all’aeroporto di Cochabamba in Bolivia nel dicembre 2006. Avevo partecipato a un evento collaterale al vertice dei presidenti sudamericani (Unasur) dove avevo svolto un parallelo e un confronto fra i processi di integrazione regionale in Europa e in America Latina. Stavo facendo la fila al check-in in compagnia di due deputate salvadoregne, già comandanti guerrigliere del Frente Farabundo Martì, quando passò Correa e gli facemmo un applauso. Lui si fermò e ci chiese da dove venissimo. Lo salutammo e gli augurammo buon lavoro.

Lo rividi nel novembre 2008 a Quito, in occasione della presentazione del Rapporto finale della Commissione di indagine sul debito estero, cui avevo avuto occasione di collaborare. Un lavoro davvero importante ed esemplare, grazie al quale finalmente è stata fatta chiarezza su un debito estero enorme, frutto di vari raggiri e conflitti d’interessi. Un’operazione analoga di trasparenza effettiva andrebbe fatta sul debito pubblico italiano e di tanti altri Paesi, ma il governo dell’Ecuador è finora stato l’unico a realizzare questa attività indispensabile. Utile anche a ridurre di molto l’entità del fardello debitorio, recuperando risorse sottratte alla vorace finanza e investite in servizi sociali, sviluppo economico e benessere del popolo.

In effetti, con Correa presidente, il denaro è andato a finire dalla parte giusta. Le cifre parlano da sole: la povertà è stata ridotta del 12%, aumentate le tasse nei confronti delle imprese multinazionali, incrementati gli investimenti in salute, istruzione e cultura. Risultati riconosciuti dal popolo ecuadoriano che domenica, a grande maggioranza, ha confermato la sua fiducia nei confronti di Correa.

Per certi commentatori sono democratici solo quelli che sono “omogenei” all’Occidente, ovvero possono vantare servilismo nei confronti delle potenze dominanti e dei poteri finanziari (e autoritarismo nei confronti dei propri popoli). Tutti gli altri sono pericolosi populisti, dittatori mascherati, ecc. Solo chi prende ordini dalle istituzioni finanziarie internazionali, secondo i pennivendoli di casa nostra, può essere definito democratico a tutti gli effetti. Ma questa genia, che ha fatto danni e disastri negli anni passati, è fortunatamente in via di estinzione in America Latina, tanto è vero che non corrispondono più pienamente a questi connotati neanche presidenti di destra come il colombiano Santos e il cileno Piñera. E Correa è parte integrante, anzi uno dei protagonisti, di questa lunga primavera latinoamericana, tanto è vero che ha voluto dedicare la sua vittoria al comandante Chavez, che nel frattempo sta meglio ed è tornato in Venezuela, dove gode del 70% dei consensi e speriamo possa godere di lunga e fattiva vita alla faccia dei menagramo.

Sfogliando un libro di storia, qualche giorno fa, sono stato colpito da un’analogia. Intorno al 1820, mentre in Europa infuriava la restaurazione monarchica guidata dalla Santa Alleanza, in America Latina Simon Bolivar e altri combattevano per l’indipendenza. Oggi, a due secoli quasi di distanza, in America Latina sono poste le nuove frontiere dell’umanità in lotta contro il neoliberismo e il mercantilismo sfrenato, mentre l’Europa si dibatte in una profonda crisi di prospettiva dovuta in buona parte al prevalere di ideologie oramai stantie, espressione solo del potere prevaricatore e paralizzante delle oligarchie finanziarie. Solo liberandosi di questo potere sarà possibile restituire un futuro ai nostri Paesi, nell’interesse dei giovani e delle future generazioni.

Quindi per molti aspetti va seguito l’esempio dell’America Latina. Un’altra analogia degna di nota è, a tale riguardo quella tra il partito di Correa, che si chiama Rivoluzione Cittadina, e la coalizione capeggiata da Antonio Ingroia, che si chiama Rivoluzione Civile. Due elementi in comune: il riferimento alla necessità di una trasformazione sociale profonda e il richiamo alla cittadinanza, al protagonismo dal basso, al potere di tutti quelli che sono senza potere e senza diritti, ma sarebbe ora che si svegliassero anche qui da noi. 
 

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giovedì 21 febbraio 2013

Le domande a Yoani Sánchez  che i media non rivolgeranno /Yoani Sánchez sotto attacco terroristico. La IV Flotta invaderà il Brasile?


Le domande a Yoani Sánchez
 che i media non rivolgeranno 

  20-02-2013 - Salim Lamrani (Ópera mundi) amicuba
 

L’oppositrice cubana più famosa farà il suo giro del mondo in più di una dozzina di paesi e il Professor Salim Lamrani, dalla
Sorbona di Parigi, ha preparato 40 domande da fare alla blogger. Domande che i grandi media non le rivolgeranno.

1. Chi organizza e finanzia il suo tour mondiale?
2. Nel mese di agosto 2002, dopo che si è sposata con un tedesco di nome Karl G., lasciò Cuba, “una vasta prigione con muri ideologici” per emigrare in Svizzera, una delle nazioni più ricche del mondo. Contro ogni previsione, nel 2004, si decise a ritornare a Cuba, “barca che fa acqua sul punto di affondare”, dove “esseri delle tenebre, che come vampiri si nutrono della nostra umana felicità, ci inoculano la paura attraverso colpi, minacce e ricatti “, dove “le tasche si svuotavano, la frustrazione cresceva e la paura si stabiliva”. Quali sono le ragioni che hanno motivato questa scelta?
3. Secondo gli archivi dei servizi diplomatici cubani di Berna, in Svizzera e dei servizi di migrazione dell’isola, aveva chiesto di tornare a Cuba a causa delle difficoltà economiche incontrate in Svizzera. E ‘vero?
4. Come poteva sposare Karl G. Se si era già sposata con il suo attuale marito, Reinaldo Escobar?
5. E’ ancora il suo obiettivo quello di stabilire un “capitalismo sui generis” a Cuba?
6. Lei ha creato il suo blog Generazione Y nel 2007. Nel 2008 ha vinto il Premio Ortega y Gasset di Giornalismo, del valore di 15.000 euro, il 4 aprile 2008, assegnato dal quotidiano spagnolo El País. Di solito, questo prestigioso premio viene dato a giornalisti o scrittori con una lunga carriera letteraria. È la prima volta che una persona con un profilo così l’ottiene. Lei è stata anche indicata tra le 100 persone più influenti dalla rivista Time (2008). Il suo blog è stato incluso nella lista dei 25 migliori blog del mondo da CNN e Time Magazine (2008) e ha vinto anche il premio spagnolo Bitacoras.com così come The Bob’s (2008). El País l’ha inclusa nella sua lista delle 100 personalità ispaniche più influenti del 2008. La rivista Foreign Policy ha fatto ancora di più nel dicembre 2008, inserendola tra i 10 intellettuali più importanti dell’anno. La rivista messicana il Gato Pardo ha fatto lo stesso nel 2008. La prestigiosa università americana Columbia le ha assegnato il premio Maria Moors Cabot. Come si spiega questa valanga di premi, accompagnati da cospicui finanziamenti, in un solo anno di esistenza?
7. A cosa si devono i 250.000 euro ottenuti grazie a questi premi, un importo pari a più di 20 anni di salario minimo in un paese come la Francia, quinta potenza mondiale e a 1488 anni di salario minimo a Cuba?
8. L’Inter American Press Association, che raggruppa i grandi conglomerati di media privati, decise di nominarla vice presidente regionale per Cuba della commissione per la libertà di stampa e informazione. Qual è il suo stipendio mensile per questa posizione?
9. Lei è anche un corrispondente del quotidiano spagnolo El Pais. Qual è il suo stipendio mensile?
10. Quanti biglietti per il cinema, il teatro, quanti libri, mesi di affitto o pizze può permettersi a Cuba con il suo reddito mensile?
11. Come può pretendere di rappresentare i cubani quando si ha un tenore di vita che nessuno sull’isola può permettersi?
12. Come fa a connettersi a Internet se afferma che i cubani non hanno accesso a Internet?
13. Come può il suo blog può usare Paypal, il sistema di pagamento on-line, se ogni persona che vive a Cuba non può utilizzarlo a causa delle sanzioni economiche che vietano, tra le altre cose, l’e-commerce?
14. Come può disporre del diritto d’autore per il suo blog “Generazione Y © 2009 – Tutti i diritti riservati”, mentre nessun altro blogger cubano può fare lo stesso per le leggi del blocco?
15. Chi c’è dietro il desdecuba.net, sito il cui server è ospitato in Germania dalla società Cronos AG Regensburg registrato sotto il nome di Josef Biechele, che ospita anche siti web di estrema destra?
16. Come ha potuto fare la registrazione del dominio tramite l’azienda statunitense GoDady dato che lo vieta formalmente la legislazione (USA) sulle sanzioni economiche?
17. Il suo blog è disponibile in non meno di 18 lingue (inglese, francese, spagnolo, italiano, tedesco, portoghese, russo, sloveno, polacco, cinese, giapponese, lituano, ceco, bulgaro, olandese, finlandese, ungherese, coreano e greco). Nessun altro sito al mondo, tra cui quelli di importanti istituzioni internazionali come le Nazioni Unite, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, l’OCSE e l’Unione europea, dispone di tante versioni linguistiche. Né il sito web del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, né la CIA dispongono di una tale varietà. Chi finanzia le traduzioni?
18. Come è possibile che il sito che ospita il suo blog dispone di una larghezza di banda 60 volte superiore a quella che Cuba ha per tutti gli utenti Internet?
19. Chi paga per la gestione del flusso di oltre 14 milioni di visite al mese?
20. Hai più di 400.000 seguaci sul suo account Twitter. Solo un centinaio di loro risiedono a Cuba. Lei segue più di 80.000 persone. Lei dice “Twitto via sms senza accesso al web.” Come si possono seguire più di 80.000 persone senza accesso a Internet?
21. Il sito www.followerwonk.com di analizza il profilo dei seguaci di qualsiasi membro della comunità Twitter. Dal 2010 rivela un’attività impressionante di suoi account. A partire dal giugno 2010, si sono iscritti più di 200 account Twitter diversi ogni giorno, con punte che possono raggiungere i 700 account in 24 ore. Come riesce a eseguire tal prodezze?
22. Perché circa 50.000 dei suoi seguaci sono in realtà fantasmi o account inattivi? In effetti, degli oltre 400.000 profili @ yoanisanchez, 27.012 sono uova (profili senza foto) e 20.000 account hanno le caratteristiche di un fantasma in quanto ad attività presente nella rete (da zero a tre messaggi inviati dalla creazione dell’account ).
23. Come è possibile che molti account di Twitter non abbiano nessun seguace, seguono solo lei e hanno emesso solo 2.000 messaggi? E’ stato fatto forse per creare una popolarità fittizia? Chi ha finanziato la creazione di account fittizi?
24. Nel 2011, lei ha pubblicato 400 messaggi al mese. Il prezzo di un post a Cuba è di $ 1,25. Ha speso 6.000 dollari l’anno per l’utilizzo di Twitter. Chi ha pagato per questo?
25. Come è possibile che il presidente Obama le abbia rilasciato un’intervista, quando riceve centinaia di richieste da importanti mezzi di comunicazione in tutto il mondo?
26. Lei ha dichiarato pubblicamente di aver inviato al presidente Raúl Castro una richiesta di intervista dopo le risposte di Barack Obama. Tuttavia, il funzionario del capo della diplomazia degli Stati Uniti a Cuba, Jonathan D. Farrar afferma che lei non hai mai scritto a Raúl Castro: “Non si aspettava una risposta perché ha confessato di non haver mai inviato [domande] al presidente cubano”. Perché ha mentito?
27. Perché lei, così esplicita nel suo blog, nasconde i suoi incontri con i diplomatici degli Stati Uniti a La Habana?
28. Tra il 16 e il 22 settembre 2010, si è riunita in segreto nel suo appartamento con il Sottosegretario di Stato Bisa Williams durante la sua visita a Cuba, come rivelato nei documenti di Wikileaks. Perché mantenere un mantello di silenzio su questo incontro? Di che cosa avete parlato?
29. Michael Parmly, ex diplomatico statunitense a La Habana ha detto che si è riunito regolarmente con lei nella sua residenza personale, come indicato dai documenti riservati della SINA. In un’intervista, ha dichiarato la sua preoccupazione per la pubblicazione dei cablogrammi diplomatici americani da parte di Wikileaks: “Mi preoccuperebbe molto che le numerose conversazioni che ho avuto con Yoani Sanchez venissero pubblicate. Lei potrebbe pagarne le conseguenze per tutta la vita.” La domanda che viene subito in mente è: quali sono le ragioni per le quali lei potrebbe avere problemi con la giustizia cubana se le sue attività, come dice, rispettano il quadro della legalità?
30. Pensa ancora che “molti scrittori americani avrebbero meritato il Premio Nobel per la letteratura, piuttosto che Gabriel García Márquez “?
31. Pensate ancora che “la libertà di stampa era plurale e aperta, con programmi radiofonici di ogni tendenza politica” sotto la dittatura di Fulgencio Batista tra il 1952 e il 1958?
32. Lei ha detto nel 2010: “L’embargo è stato l’argomento perfetto per il governo cubano per mantenere l’intolleranza, il controllo e la repressione interna. Se le sanzioni venissero tolte domani, dubito che vedremmo gli effetti.” E’ ancora convinta che le sanzioni economiche non abbiano alcun effetto sul popolo cubano?
33. Lei condanna l’imposizione di sanzioni economiche contro Cuba?
34. Lei condanna la politica degli Stati Uniti che cerca un cambiamento di regime a Cuba, in nome della democrazia, pur sostenendo le peggiori dittature del Medio Oriente?
35. Lei è favorevole alla estradizione di Luis Posada Carriles, un esule cubano ed ex agente della CIA, responsabile di più di un centinaio di omicidi, che ha riconosciuto i suoi crimini e vive liberamente a Miami grazie alla protezione di Washington?
36. Lei è a favore del ritorno della base di Guantánamo che gli Stati Uniti occupano?
37. Lei è a favore della liberazione dei Cinque prigionieri politici cubani incarcerati negli Stati Uniti dal 1998 per infiltrare le organizzazioni terroristiche di esiliati cubani in Florida?
38. Vi sembra normale che gli Stati Uniti finanzino l’opposizione interna a Cuba per ottenere il “cambio di regime”?
39. Per voi, quali sono le conquiste della Rivoluzione cubana?
40. Quali interessi si nascondono dietro di lei?

Yoani Sánchez sotto attacco terroristico.
La IV Flotta invaderà il Brasile?

20-02-2013 - M. H. Lagarde http://cambiosencuba.blogspot.it/

La democrazia che Yoani Sánchez vuole per Cuba  è durata appena poche ore. Dopo essere stata ricevuta in Brasile al grido di "traditore, agente della CIA e Cuba sí Yankee no" che, curiosamente, ha chiamato insulti, la blogger cubana ha detto che era contenta di essi perché era la democrazia che ella desiderava per Cuba.

"Lasciando l'aeroporto, ho visto una dimostrazione di democrazia e pluralismo, perché c'era un gruppo di persone che volevano darmi il benvenuto e un altro gruppo che manifestava contro la mia presenza. Questo mi ha rallegrato perché pensavo che un giorno potremo fare lo stesso a Cuba", ha detto.

Ma la gioia é durata molto poco. Il giorno dopo, quando la blogger con la sua nuova area di portavoce del Dipartimento di Stato, si è detta contro l'embargo (come una buon agente yankee non dice blocco - posizione che di certo condividono un sacco di legislatori degli Stati Uniti che non per questo vogliono niente di buono per la Rivoluzione cubana), e i suoi detrattori sono risultati essere molti di più dei suoi seguaci fantasmi, la anche filologa, benché abbia mantenuto per tutto il tempo sul suo viso un sorriso forzato, ha perso il controllo delle parole.

La unica blogger milionaria  al mondo - la sua fortuna a colpi di ingiustificati premi ammonta a 7.812.500 pesos cubani - oltre a mentire spudoratamente e assicurare che nel suo piatto non aveva pomodori, improvvisamente, e molto in sintonia con l'ultimo pericolo che minaccia il paese che la paga, ha trasformato i democratici, del giorno prima, niente meno che in "terroristi".

"Le grida, gli insulti, era come se fossero stati orchestrati da terroristi", ha detto Sanchez a El Nuevo Herald, il giornale della mafia anticubana di Miami. "Io sono una persona pacifica, che lavora con il verbo, con la parola, non c'era il perché aver tanta aggressività".

Come se invece di verità i suoi nuovi "aggressori" l'avessero attaccata, come fanno di solito i suoi difensori e pubblicisti a Miami, con le bombe in hotel o omicidi mirati.

Per colmo la "intelligente" blogger  ha chiamato anche, coloro che rifiutavano elogiare la grossolana trama con cui giustifica il suo "lavoro", come "repressori". Qualcosa che è piuttosto sorprendente se si considera che gli organizzatori della tournée brasiliana della Sanchez hanno chiesto, dopo i  democratici insulti dei "terroristi", maggior sicurezza della polizia  per la "dissidente". Strano paradosso. Yoani Sanchez deve essere l'unica "dissidente" al mondo con protezione della polizia. Sarà che in Brasile i "terroristi", come  li chiama la sedicente "diplomatica popolare", reprimono la polizia? O sarà che i membri della Polizia Federale e Militare brasiliana sono, in quella nazione sudamericana, gli unici fan cu cui conta la famosa blogger?

La mercenaria cubana in realtà dovrebbe offendersi con coloro che l'hanno presa per i suoi lunghi capelli e le hanno fatto credere che il suo multi premiato personaggio di vittima arrogante potrebbe risultare credibile da qualche parte.

Se ciò che Yoani Sánchez vuole é che applaudano il suo decadente discorso controrivoluzionario, che ha già più di mezzo secolo, dovrebbe smettere d'ingannare gli "ingenui", della colletta su Internet, che pagano il biglietto aereo e limitare il suo tour mondiale di 80 giorni alla visita del ristorante Versailles a Miami o agli uffici di Langley.



tratto da :
immagini  da internet inserire da autori blog


martedì 19 febbraio 2013

A Cuba si può - Salute e sanità a Cuba (I parte) -Salute e sanità a Cuba (parte II)

"Pur con  nostre evidenti diversità di pensiero su alcuni punti  della documentazione riteniamo valida questa analisi sulla sanità cubana"  

(Blogger di Amici di Cuba "gruppo Italo Calvino")

 attenzione cliccare sulle foto sotto per ingrandirle

A Cuba si può

Inserito da on 18 febbraio 2013 
Gavino Maciocco
I Cubani stanno affrontando i problemi delle malattie croniche in un modo che deriva dalla loro peculiare storia economica e politica, ma il sistema che hanno creato – con un medico per tutti, con il focus sulla prevenzione e una chiara attenzione per la salute comunitaria – può indicare la strada giusta anche agli altri paesi.

“Per un visitatore che viene dagli USA, Cuba “is disorienting”. Auto americane ovunque, ma tutte fabbricate prima degli anni ’60. Le nostre carte di credito, i nostri smartphone non funzionano. L’accesso a internet è pressoché inesistente. E il sistema sanitario sembra quasi irreale. Ci sono troppi dottori. Ogni persona ha un suo medico di famiglia. Ogni cosa è gratuita – completamente gratuita e non c’è bisogno di autorizzazioni per accedere ai servizi e non ci sono ticket da pagare. Il sistema è rigidamente organizzato e la prima priorità è la prevenzione. Sebbene Cuba abbia a disposizione risorse molto limitate, il suo sistema sanitario ha risolto problemi che noi non siamo ancora in grado di gestire. I medici di famiglia, insieme agli infermieri e altri operatori sanitari, hanno la responsabilità di erogare le cure primarie e i servizi preventivi per il gruppo dei loro pazienti – circa 1000 pazienti per  medico nelle aree urbane. (…) Tutti i pazienti sono registrati in relazione al loro livello di rischio, da I a IV.  (…) Ogni paziente è visitato a domicilio una volta l’anno, e quelli con malattie croniche sono controllati più frequentemente. Quando necessario, i pazienti vengono riferiti al poliambulatorio di distretto (“policlinico”) per la valutazione specialistica, per poi tornare al livello di comunità per il proseguimento delle cure. (..) I tassi di copertura vaccinale sono tra i più alti al mondo. La speranza di vita alla nascita è di 78 anni, identico a quello degli USA. Il tasso di mortalità infantile è crollato dal 80 per mille nati vivi negli anni 50 a meno del 5 per mille, inferiore a quello degli USA, mentre il tasso di mortalità materna rimane ancora molto elevato e in media con il range dei paesi caraibici”.
Ho sopra riportato ampi brani di un articolo pubblicato il 24 gennaio 2013 sul New England Journal of Medicine[1] che mostra il paradosso della sanità cubana: avere con un reddito medio-basso livelli di salute (speranza di vita alla nascita, mortalità infantile) pari a quelli dei paesi più ricchi.
Naturalmente – spiega l’articolo – non c’è niente di romantico nel sistema sanitario cubano, dove le risorse sono veramente scarse. Lo stipendio mensile dei medici, ad esempio, è di 20 dollari (più benefit come l’abitazione e beni di prima necessità). Molti tra i migliori medici cubani sono stati mandati dal governo a lavorare in altri paesi dell’America latina (con stipendi assai più alti): dal 2002, 18 mila medici sono partiti per il Venezuela per realizzare un programma di assistenza sanitaria alle fasce più povere della popolazione in cambio di forniture di petrolio.  Le attrezzature ospedaliere sono generalmente desuete e arretrate, sia per mancanza di soldi che a causa dell’embargo imposto dagli USA.   Proprio a causa dell’embargo Cuba ha sviluppato una sua industria del farmaco e delle biotecnologie che sta diventando competitiva.
“Ogni visitatore – conclude l’articolo del NEJM – si rende conto che Cuba è arretrata rispetto ai paesi sviluppati nelle infrastrutture di base come strade, case, acquedotti e fognature. Nonostante ciò i Cubani hanno cominciato ad affrontare gli stessi problemi di salute dei paesi sviluppati, con crescenti tassi di incidenza delle malattie coronariche e di obesità (11,7% dei cubani ha oggi più 65 anni di età). Il loro “unusual” sistema sanitario affronta questi problemi in un modo che deriva dalla peculiare storia dell’economia e della politica di Cuba, ma il sistema che hanno creato – con un medico per tutti, con il focus sulla prevenzione e una chiara attenzione per la salute comunitaria – può indicare la strada giusta anche agli altri paesi”.

Salute e sanità a Cuba (I parte)

Inserito da on 4 febbraio 2013
cuba
 Sara Barsanti e gli Studenti della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
Questo è il primo di due post dedicati al sistema sanitario cubano, frutto del viaggio di studio di un gruppo di studenti di medicina della Scuola Superiore S. Anna di Pisa.  Lo stato di salute della popolazione e l’organizzazione del sistema sanitario.

C’è una tendenziale relazione tra stato dell’economia di un paese e salute della sua popolazione. Non è il caso di Cuba, che presenta un PIL pari a quello di paesi del terzo mondo e indicatori di salute (speranza di vita alla nascita e mortalità infantile) pari ai paesi sviluppati, anzi in alcuni casi anche migliori, come risulta dalle Figure 1 e 2 (Cuba è rappresentata dal cerchio più grande)[1].
Figura 1. Relazione tra PIL pro capite e speranza di vita alla nascita, 139 paesi. WHO 2006
Cliccare sull'immagine per ingrandirla

Figura 2. Relazione tra PIL pro capite e mortalità dei bambini al di sotto dei 5 anni, 139 paesi. WHO 2006
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Il “paradosso” del sistema sanitario cubano sfugge spesso alla letteratura internazionale[2]. Se le risorse economiche sono scarse ma i risultati sono eccellenti, quali sono i punti cardine del sistema sanitari cubano? Quali sono i punti forza di questo sistema e quali possono essere esportati in altri sistemi sanitari?
Il viaggio che hanno compiuto gli studenti di medicina del 4-5 e 6 anno della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa nasce con l’obiettivo di esplorare – attraverso due settimane di permanenza a L’Havana – il sistema sanitario cubano e di capire i suoi elementi fondanti. Da tale importante, per certi versi unica, esperienza nasce il presente articolo, che per motivi di lunghezza è stato suddiviso in due parti.
Nella prima parte, qui, saranno descritte la struttura generale e la storia del sistema sanitario.
Nella seconda parte, che sarà oggetto di un prossimo post, si parlerà di formazione dei professionisti e di cure primarie.
Il sistema sanitario cubano nel suo complesso
Il sistema sanitario cubano è un sistema sanitario pubblico governato e coordinato dal Ministero di Salute Pubblica (MINSAP). Il sistema consta di 3 livelli amministrativi (nazionale, provinciale e municipale) e 4 livelli di servizio (nazionale, provinciale e municipale e di settore). La figura seguente mostra lo schema di riferimento del sistema cubano (ndr CMEF: consultorio del medico e infermiera famiglia)[3].
Figura 3. Schema rappresentativo del sistema sanitario cubano
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Il sistema sanitario cubano si fonda sul principio per cui la salute è un diritto sociale inalienabile e tutti i cubani hanno diritto all’assistenza sanitaria completa senza distinzioni. I servizi sono finanziati quasi interamente tramite risorse pubbliche. Il Ministero della Salute è l’organismo regolatore del sistema, concentra e distribuisce le risorse destinate ai servizi sanitari e opera a tutti i livelli.
L’assistenza di primo livello dovrebbe coprire circa l’80% dei problemi di salute della popolazione e i suoi servizi sono forniti principalmente nei consultori dei medici e infermieri di famiglia (il termine “di famiglia” vale sia per i medici che per gli infermieri!) e nei poliambulatori specialistici (chiamati policlinici). Questi servizi di base dipendono dai municipi.
I servizi di secondo livello  - ospedali provinciali – coprono circa il 15% dei problemi di salute.
Nel terzo livello – ospedali specializzati o istituti eccellenza – vengono gestiti circa il 5% dei problemi di salute o le complicanze legate a determinate malattie.
Complessivamente, quindi, l’assistenza si sviluppa attraverso una rete di circa 220 ospedali, 15 istituti di ricerca, 500 policlinici e una copertura diffusa in tutta l’isola di personale sanitario, per un totale di circa 600.000 lavoratori (9% della popolazione in età lavorativa), di cui circa 30.000 medici di famiglia. I medici sono passati da 5,2 medici ogni 1000 abitanti nel 1995 a circa 6,7 nel 2009; nello stesso periodo gli infermieri sono passati da 7 ogni 1000 abitanti a 9,5.
La storia
Prima della rivoluzione cubana del 1959,  il sistema sanitario cubano era basato su ospedali gratuiti statali, cliniche mutualistiche e ambulatori privati; gli ospedali gratuiti erano presenti solo in un terzo dei municipi ed erano di scarsa qualità. Esisteva un solo ospedale universitario, un’unica scuola di medicina e le prestazioni erano erogate per la maggior parte privatamente da medici residenti per i 2/3 a L’Havana. Solo il 10-20% circa della popolazione rurale poteva fruire di una qualche forma di assistenza medica. L’aspettativa di vita era inferiore ai 60 anni.  La mortalità infantile era del 70 per mille nati vivi e la mortalità materna era 120 per 100 mila nati vivi. L’analfabetismo arrivava nelle zone rurali al 40%; solo l’11,2% delle famiglie dei lavoratori agricoli beveva latte e solo il 2% mangiavano uova.
Dopo la rivoluzione la metà dei 6.000 medici al momento presenti sull’isola espatriò. A Cuba rimasero solo 16 professori di medicina. Il Ministero della Salute iniziò quindi un programma di nazionalizzazione e regionalizzazione dei servizi sanitari: furono realizzati 50 nuovi ospedali rurali e 160 policlinici in aree urbane, fu iniziato un programma di vaccinazione dei bambini e fu istruito nuovo personale. Vennero, inoltre, assunti 750 medici e studenti di medicina per trascorrere un periodo della loro carriera professionale nelle campagne, sulle montagne e nelle comunità costiere. L’obiettivo del servicio médico rural era quello di garantire “la prevenzione delle malattie e di rivitalizzare i servizi sanitari per i più bisognosi, perché poveri o in precarie condizioni di salute o perché residenti lontano dai centri urbani”.  Il mandato affidato a questi medici dal nuovo governo (che definiva la salute e l’educazione come una propria responsabilità sociale e un diritto individuale dei cittadini) era quello di creare un unico servizio nazionale di assistenza sanitaria, e fornire prestazioni sanitarie gratuite e accessibili a tutta la popolazione cubana. Intanto con l’embargo gli USA proibirono l’importazione di medicine e alimenti.  Negli anni ‘70 il modello di cure primarie basato sulle cliniche di comunità (o policlinici, centri polifunzionali di zona) fu lpotenziato e si accolò l’educazione alla salute, la prevenzione e il monitoraggio ambientale. Furono istituiti quattro programmi nazionali di assistenza multidisciplinare mirati alla tutela della salute materno-infantile (PAMI), al controllo delle malattie infettive, alla prevenzione e cura delle malattie croniche e alla tutela degli anziani.
Nel 1986 venne introdotto il Programma del Medico di Famiglia, che mise a disposizione dei pazienti un team costituito da medico e infermiera e garantì, a partire dai primi anni ‘90, l’assistenza primaria al 95% delle famiglie cubane direttamente nel proprio quartiere di residenza. Erano attive 21 scuole mediche in tutto il territorio nazionale. Il sistema sanitario cubano cominciò a essere preso dall’OMS, dall’Unicef e da altre agenzie internazionali come esempio per un servizio sanitario nei Paesi in via di sviluppo. Ottimi risultati sono stati ottenuti grazie a ripetute campagne vaccinali, grazie alle quali per alcune malattie non si verificano casi da diversi anni: Poliomielite, 1962; Tetano neonatale; 1972; Difterite, 1979; Meningoencefalite post-parotidite, 1989; Sindrome rosolia congenita, 1989; Morbillo, 1993; Pertosse, 1994;Rosolia e parotite, 1995; Febbre Gialla, 2005. Nella Tabella 1 alcuni principali dati di salute in confronto con alcuni paesi internazionali.
Tabella 1. Indicatori di salute a confronto, anno 2010
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Il sistema sanitario oggi
Attualmente il profilo di salute di Cuba è molto simile a quello di un paese sviluppato, dove la prima causa di morte è legata alle malattie cardiovascolari e ai tumori. La Figura 4 mostra la diffusione dei medici e infermieri nella popolazione nel 2010 e l’utilizzo nella popolazione di alcuni servizi sanitari e di prevenzione di Cuba a confronto con la media dei paesi della regione centro-americana[4].
Figura 4.  Presenza di personale sanitario e dati di utilizzo dei servizi, Cuba (barra blu) a confronto con la media regionale del Centro America.  Anno 2005
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Il “Piano di Salute Nazionale verso il 2015” del 2006 riconosce nell’invecchiamento della popolazione una sfida per i prossimi decenni e prevede un riorientamento dei servizi, in particolare di quelli erogati a livello dei policlinici di comunità, “from cure to care”. Ad oggi Cuba conta 11 milioni di abitanti: la popolazione al di sotto dei 15 anni rappresenta il 18,4% del totale, la popolazione al sopra i 65 anni l’8,6%. Dati molto lontani da quelli dei paesi industrializzati, dove la percentuale di anziani supera il 20%, ma sufficienti per parlare di transizione demografica e di conseguenza di transizione epidemiologica, con una prevalenza di malattie croniche piuttosto che infettive quali cause di morte.
Nella Figura 5 alcuni dati sui principali fattori di rischio per la salute degli adulti, a confronto con la media dei paesi della regione delle Americhe[5].
Figura 5.  Fattori di rischio per gli adulti, Cuba a confronto con la media regionale del Centro America. Anno 2005
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Ad oggi Cuba ha raggiunto tutti gli obiettivi di salute del nuovo millennio, tranne l’obiettivo riguardante la mortalità materna.
La sanità cubana di fronte alla crisi
Nel 2011 il governo ha annunciato un drastico ridimensionamento della pubblica amministrazione, con la necessità di diminuire i posti di lavoro nel pubblico di circa 500mila.  Alla luce di queste prospettive e del dibattito che ne è scaturito, per il sistema sanitario cubano di oggi vi sono rischi e opportunità. Molti tra gli studiosi, ma anche tra gli stessi cubani (medici e non), affermano il rischio di una caduta di qualità delle cure e dell’assistenza sanitaria cubana visto l’ormai sempre più frequente invio di medici cubani con alcuni paesi esteri. Molti tra i migliori medici cubani, infatti, sono mandati dal governo a lavorare in altri paesi dell’America latina: con il programma Barrio Adentro, letteralmente “nel quartiere”, a partire dal 2002 il governo venezuelano vuole garantire cure mediche di base per tutti, anche per le fasce di popolazione più miserevoli, adottando il modello cubano. Cuba, nella fase iniziale di Barrio Adentro, ha inviato circa 18.000 medici in Venezuela; da parte sua Chavez invia forniture di petrolio. Nel 2008 i medici cubani che lavoravano in paesi esteri erano circa 37.000, sparsi in più di 70 paesi. I medici che decidono di lavorare al’estero ricevono compensi maggiorati.
Quando guadagna invece un medico cubano che rimane a Cuba? Tutti i medici sono dipendenti del governo e mediamente un medico di famiglia guadagna 20 dollari al mese e ha a disposizione benefit come la casa e generi di prima necessità. È chiaro che un medico non può certo arrivare  livelli di benessere che siamo abituati a pensare nei paesi sviluppati. La sanità assorbe il 8.7% del PIL nazionale, ma se negli ultimi anni le risorse dedicate alla salute sono aumentate considerevolmente, il governo oggi sta cercando di promuovere una maggior appropriatezza nell’uso delle risorse attraverso, tra l’altro, campagne informative alla popolazione e riduzione della spesa. Nella Figura 6 si osserva la foto di un cartello esposto in tutti gli ospedali in cui si fa notare al cittadino che “il tuo sistema sanitario è gratuito… però costa”: una visita dal medico di famiglia costa 25 pesos, un esame di laboratorio circa 20 pesos. Però risulta molto difficile recuperare margini di efficienza in un modello governato a livello statale e fortemente centralizzato[6].
Figura 6. Cartelli informativi sui costi per il governo di alcuni servizi, Cuba 2012

Nonostante la professionalità dei medici, riconosciuta in molti paesi, soprattutto quelli dell’America Latina, avendo visitato i maggiori ospedali di L’Havana abbiamo potuto constatare l’arretratezza dei macchinari e attrezzature mediche e diagnostiche. Ma è proprio la professionalità dei medici e la forte attenzione al pubblico, che fa si che siano effettuate prestazioni di alta qualità clinica, comparabile alla nostra. Ancora i macchinari, data la scarsa quantità, sono tenuti in funzione tutto il giorno, in modo da sfruttare al massimo la loro resa e produttività.
Se da una parte poi la popolazione e i professionisti sono orgogliosi del sistema nazionale di salute e ne sottolineano i punti di forza, non sfuggono però commenti più aperti sulla qualità. Prendendo in considerazione i tempi di attesa ad esempio, se alcuni professionisti infatti ci hanno più volte detto che non esistono liste di attesa per prestazioni diagnostiche o specialistiche, altri invece hanno evidenziato che le liste di attesa possono arrivare anche a tre mesi.
Sara Barsanti, Laboratorio Management e Sanità, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Alice Accorroni, Federico  Barbera , Francesca Baroncelli, Lorenzo Caciagli, Daniele Canarutto, Filippo Carlo Maria Corponi, Marco Cotrufo, Valentina Da Prat, Alberico Del Torto , Lorenzo Giannini, Alessandro Grosso, Daniele  Lorenzini, Alessandro Mengozzi, Davide Maria Mocellin , Lorenzo Nesti, Margherita Notarnicola, Filippo Quattrone, Andrea Sechi, Paola  Sindaco, Leonardo Tozzi:  studenti di medicina della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Si ringraziano: Javier Rosada, Alberto Tulipani e Gabriella Laino per il loro supporto durante la visita a Cuba e Andrea Grillo, Asl 6 di Livorno, per il suo contributo al paragrafo sulla storia del sistema sanitario cubano
Risorsa
Cuba: health profile [PDF: 305 Kb]. WHO, 2010
Bibliografia
  1. Evans RG. Thomas McKeown meet fidel Catro: Physicians, population health and the Cuban paradox. Healthcare Policy 2008; 3 (4): 21-32.
  2. Spiegel JM. Commentary: daring to learn form a good example and break the “Cuba taboo”. International journal of epidemiology 2006; 35: 825-6.
  3. Dominguez-Alonso e, Zacca E. Sistema de salud de Cuba, Salud Publica de Mexico 2011; 53(2): 168-176
  4. Cuban health profile. WHO
  5. Cuban health profile. WHO
  6. Campion EW et al. A different model – Medical care in Cuba. The New England Journal of Medicine 2013; 368;4;297-9.

Salute e sanità a Cuba (parte II)

Inserito da on 11 febbraio 2013 
cuba 
Sara Barsanti e gli Studenti della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
Questo è il secondo di due post dedicati al sistema sanitario cubano, frutto del viaggio di studio di un gruppo di studenti di medicina della Scuola Superiore S. Anna di Pisa. La formazione dei medici cubani. L’Equipe Basica de Salud e il Gruppo Basico de Trabajo. La parola magica: dispensarizacion.
Il sistema formativo dei medici cubani
A Cuba la formazione universitaria, è pubblica, gratuita e rivolta senza discriminazioni a tutti coloro che, nei limiti imposti dalla pianificazione statale, abbiano volontà e capacità di affrontarla. A Cuba ci sono attualmente 26 facoltà di medicina, diffuse in tutte le provincie. Le facoltà di medicina rispondono ai Ministeri della Sanità e  dell’Educazione.  Il percorso di studi di base dura 6 anni di cui i primi 3 rivolti alle materie di base, 2 alle materie cliniche, l’ultimo dedicato alla diretta messa in pratica degli insegnamenti ricevuti. Il fine del percorso universitario è la formazione del medico di medicina generale integrata che costituisce la prima specializzazione per tutti i medici cubani. Negli ultimi anni la didattica medica si è radicalmente trasformata: le materie di base (anatomia, istologia, embriologia, fisiologia) non sono affrontate più singolarmente, ma accorpate in unico corso chiamato morfofisiologia che prevede un’esposizione trasversale, organo per organo, dei diversi ambiti di studio. Quello che più ci ha sorpreso vedendo la lista degli esami dei primi anni di medicina, sono gli esami con il maggior numero di crediti formativi: al primo anno “promozione della salute” e al secondo anno “prevenzione della salute”. Al terzo anno ancora si prosegue con salute pubblica e medicina comunitaria.
Mi domando se in Italia saremo in grado di preparare 4 esami distinti di quasi 10 crediti ciascuno su tali tematiche… E sarebbe ancora inimmaginabile avere come insegnamento obbligatorio nelle scuole la promozione della salute. Insegnamento obbligatorio nelle scuole cubane.
Per gli studenti alle lezioni si affiancano un certo numero di ore dedicate all’educazione fisica, secondo l’idea che il medico per primo debba mettere in  pratica quelle pratiche di prevenzione di cui è tenuto a farsi promotore e alla lingua inglese sono dedicati 6 esami, uno ogni anno. Le materie cliniche non prevedono solo la frequenza degli studenti nei reparti ospedalieri, ma anche nei centri di assistenza primaria, quali policlinici e medici di base secondo l’idea dei “policlinici universitari” al fine di permettere ai futuri medici di confrontarsi con le patologie di comune riscontro nella popolazione oltre ai casi acuti e selezionati tipici degli ospedali. L’affiancamento alle attività sanitarie è previsto a partire dal primo anno di facoltà. Impensabile in Italia. Alla formazione clinica si affianca la formazione alla ricerca che prevede l’approfondimento di argomenti legati alle problematiche emerse nella popolazione presso la quale ha svolto assistenza. Questo tipo di formazione diffusa ha sicuramente il grande vantaggio di creare personale medico con grandi capacità pratiche e immediatamente in grado di entrare nel sistema sanitario; un limite di tale approccio potrebbe essere costituito da un eccessivo allontanamento dei medici in formazione dai professionisti ospedalieri.
Le cure primarie, medici e infermieri di famiglia
Cuba sembra aver sviluppato un modello proprio di assistenza sanitaria con caratteristiche originali e che sviluppa pienamente i principi e i valori di Alma Ata.
Questo forte orientamento alle cure primarie, sviluppato a partire dal 1986, è garantito dalla capillare presenza sul territorio di strutture di bassa e medio-bassa complessità. Si tratta dei “consultori”, strutture dove operano le Equipe Basica de Salud (EBS) e i policlinici, dove invece operano a supporto, medici specialisti per la  gestione del paziente sul territorio. In ogni consultorio lavora una Equipe Basica de Salud composta da un medico e un infermiere di famiglia; la EBS si occupa della gestione dell’assistenza primaria in un’area geografica ben delimitata, della quale periodicamente si studiano le caratteristiche geografiche, sociologiche, demografiche per individuare i principali fattori di rischio derivanti dal territorio. A ciascun cubano è assegnato un consultorio in base al criterio di residenza; è un diritto del cittadino chiedere di cambiare medico, rivolgendosi al direttore del policlinico (che funge da supervisore dei medici di famiglia). L’EBS e in generale l’area di salute in cui sono divisi i quartieri, sono stati pensati anche come modello “architettonico”, si veda Figura 1, dove si mostra la mappa dei servizi sanitari nell’area di salute di Cayo Hueso, zona di Centro Havana[1].
Figura 1.  Mappa informativa dei servizi di cure primarie nell’area di salute di Cayo Hueso, L’Havana 2004.

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Solitamente l’EBS vive nello stesso edificio in cui si trovano i locali dedicati alle visite e assistenza medica (l’ambulatorio medico con relativa sala di attesa, la sala medicazione e l’infermeria); oggi nelle città tale modello non è sempre attuato, ma comunque l’EBS nello stesso quartiere e sono parte integrante della comunità. In generale un consultorio del medico e infermiera di famiglia serve una popolazione di circa 1000/1500 persone o 200 famiglie. L’EBS si fa anche carico dell’inclusione della popolazione a rischio all’interno dei numerosi programmi di prevenzione codificati dal Ministero della salute attraverso campagne di sensibilizzazione sui temi del tabagismo, educazione sessuale, prevenzione del cancro della cervice uterina, buona alimentazione.
Figura 2.  Cartelli informativi per  la prevenzione dell’ipertensione arteriosa, Cuba 2012
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Quando l’EBS rileva un problema di salute che non è in grado di risolvere autonomamente perché necessita di mezzi diagnostici superiori o di consulenza specialistica, il caso viene discusso con il Gruppo Basico de Trabajo (GBT). Il Gruppo Basico de Trabajo segue circa 20/25 EBS ed è composta da uno specialista di medicina interna, un pediatra, una ginecologa e un’ostetrica, uno psicologo, un dentista, un assistente sociale, uno statistico, e un tecnico di igiene ed epidemiologia. Il GBT è il mezzo di coordinamento tra il consultorio e il policlinico, attraverso un sistema di coordinamento e integrazione verticale tra i medici, dove comunque il medico di famiglia rimane l’unico responsabile del percorso di cura del paziente. Il GBA può gestire il problema autonomamente oppure definire un percorso diagnostico che può prevedere l’utilizzo di strumenti presenti nel policlinico, il ricorso a visite specialistiche che periodicamente sono calendarizzate al policlinico (specialisti che visitano ciascun policlinico un paio di volte al mese), il ricorso alla consulenza in ambiente ospedaliero oppure utilizzare altre strutture per il controllo della popolazione con fattori di rischio (come ad esempio gli hogares materno-infantil o per hogar de anzianos).  Il consultorio spesso si fa carico anche della diffusione e attivazione di attività di promozione della salute con il supporto delle organizzazioni locali di quartiere, quali il Comitato di Difesa della Rivoluzione o la Federazione di Donne Cubane: lo scopo di tali attività è quello di creare o migliorare l’approccio alla salute attraverso una visione olistica che superi la visione puramente medica e coinvolga i determinanti sociali di salute.
La parola magica: dispensarizacion
Ogni cubano può recarsi al consultorio quando vuole; il consultorio è aperto tutti i giorni lavorativi compreso il sabato.
Elemento fondante  del sistema di prevenzione, promozione e continuità assistenziale (e sanità di inziativa!) è la dispensarizacion.
La dispensarizacion è un approccio imperniato sullo studio del rischio, basato sulle caratteristiche sociali e sanitare di ciascun individuo, come singolo e come famiglia, che possono influenzare lo stato di salute e costituisce una valutazione dinamica, organizzata e continua dello stato di salute di una persona in una comunità definita. Si sviluppa attraverso 4 azioni principali:
  1. la registrazione, in cui si raccolgono i dati socioeconomici di ciascun individuo e relativa famiglia (età, sesso, titolo di studio, professione, condizioni igieniche …);
  2. la valutazione, che comprende un esame integrale della salute con un approccio biologico, sociale e psicologico;
  3. l’intervento, che comprende tutte le azioni necessarie per migliorare lo stato di salute e eliminare i rischi che possono peggiorare la condizione di salute o di malattia;
  4. il monitoraggio, secondo cui ciascun individuo a seconda della valutazione di salute che riceve, deve essere seguito e monitorato in maniera continua e sistematica.
Il processo di valutazione classifica gli individui in 4 categorie:
  1. apparentemente sano, con nessun condizione patologica e nessun rischio di salute;
  2. a rischio, ovvero persone con comportamenti che possono arrecare danno alla salute nel medio o lungo periodo, quali ad esempio fumo, poca attività fisica, consumo di alcol, comportamenti sessuali non sicuri, ma anche rischi di tipo sociale, quali basso livello di istruzione, rischio suicida,;
  3. malato, ovvero individui con condizioni patologiche o disturbi fisici o sociali che non permettano uno svolgimento delle attività quotidiane, sono ricomprese in questa categoria alcune condizioni croniche ad esempio cardiopatia ischemica, diabete mellito, asma, epilessia…;
  4. con deficienza, disturbi o incapacità (non autosufficienti), ovvero individui con condizioni che influiscono in maniera temporale o definitiva sulle capacità motorie, funzionali, sensoriali o psichiche, come ad esempio individui con infermità croniche acute.
A seconda della categoria di appartenenza, l’EBS deve monitorare lo stato di salute con cadenze di visite che vanno da un minimo di 2 annuali per gli individui sani (di cui una in ambulatorio e una a casa) ad un massimo di 4 per gli individui malati o non autosufficienti. Tale sistema, che comunque non è sviluppato in maniera uniforme nel territorio, permette una visione della salute della popolazione e dei fattori di rischio e una sanità di iniziativa che probabilmente non ha eguali. Con l’esempio di Cuba si vuole quindi sottolineare come da una parte il nesso casuale tra ricchezza e salute possa essere messo in discussione e dall’altra come un sistema reale, non fittizio o potenziale, di cure primarie possa davvero essere la base di ottimo risultati di outcome di salute. Certamente Cuba non è esente dal punto di vista sanitario di  forti limiti o spazi di miglioramento, ma deve essere presa da esempio per il ruolo che i medici e gli infermieri di famiglia svolgono nella comunità. Tutto questo a prescindere, secondo chi scrive, dalla sua storia rivoluzionaria.
Per concludere riportiamo il brano finale di un recente articolo su Cuba pubblicato dal New England Journal of Medicine: “Ogni visitatore si rende conto che Cuba è arretrata rispetto ai paesi sviluppati nelle infrastrutture di base come strade, case, acquedotti e fognature. Nonostante ciò i Cubani hanno cominciato ad affrontare gli stessi problemi di salute  dei paesi sviluppati, con crescenti tassi di incidenza delle malattie coronariche e di obesità (11,7% dei cubani ha oggi più 65 anni di età). Il loro “unusual” sistema sanitario affronta questi problemi in un modo che deriva dalla peculiare storia dell’economia e della politica di Cuba, ma il sistema che hanno creato – con un medico per tutti, con il focus sulla prevenzione e una chiara attenzione per la salute comunitaria – può indicare la strada giusta anche agli altri paesi” [2].

Sara Barsanti, Laboratorio Management e Sanità, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Alice Accorroni, Federico Barbera , Francesca Baroncelli, Lorenzo Caciagli, Daniele Canarutto, Filippo Carlo Maria Corponi, Marco Cotrufo, Valentina Da Prat, Alberico Del Torto , Lorenzo Giannini, Alessandro Grosso, Daniele Lorenzini, Alessandro Mengozzi, Davide Maria Mocellin , Lorenzo Nesti, Margherita Notarnicola, Filippo Quattrone, Andrea Sechi, Paola Sindaco, Leonardo Tozzi: studenti di medicina della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Si ringraziano: Javier Rosada, Alberto Tulipani e Gabriella Laino per il loro supporto durante la visita a Cuba e Andrea Grillo, Asl 6 di Livorno, per il suo contributo al paragrafo sulla storia del sistema sanitario cubano
Bibliografia
  1. Spiegel JM, Yassi A. Lessons from the Margins of Globalization: Appreciating the Cuban Health Paradox. Journal of Public Health Policy 2004; 25(1): 85-110
  2. Champion EW, Morissey S. A different model – Medical Care in Cuba. NEJM 2013; 368-297-9
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