mercoledì 16 marzo 2016

La Rivoluzione cubana e il processo emancipatore d’ America Latina ...(Simposio Internazionale Cuba nella Storia, Lima febbraio 2016)


abbiamo assolutamente chiaro che questo “cambio” degli Stati Uniti
ha come fine ultimo promuovere la ricostruzione del capitalismo a Cuba

 Basilio Gutiérrez García,  dipartimento internazionale Comitato Centrale Partito Comunista di Cuba

Il Partito Comunista di Cuba è profondamente grato agli organizzatori di questo evento internazionale dedicato al 57° anniversario della vittoria della Rivoluzione Cubana ed al suo contributo alla conquista della seconda e definitiva indipendenza della Nostra America, come l’ha chiamata José Martí. (…)
La realtà dell’isola è sistematicamente deformata, nel miglior caso silenziata dai grandi media che influenzano l’opinione pubblica mondiale. Oggi si cerca di spogliare i popoli della loro memoria storica: è la strategia imperialista per stabilire un governo globale.
Nella sua relazione al Primo Congresso del PCC, Fidel Castro sottolineò: “Cuba fu l’ultima colonia della Spagna in America Latina ed oggi è il primo Paese socialista di questo emisfero. Per costruire questo singolare destino la nostra patria ha dovuto saltare ostacoli che fino ad allora erano parsi invincibili”.
Per più di trenta anni la nascente nazione cubana ha combattuto e vinto militarmente l’esercito coloniale spagnolo, ben più forte in armi e risorse per la guerra (…).  
José Martí fu la figura più alta di quell’impresa. Ha lasciato insegnamenti fondamentali per le presenti e future generazioni di cubani: la necessità dell’unione nella lotta, la necessità di conquistare tutta la giustizia, il pericolo che per Cuba e l’America Latina rappresenta l’impero del Nord.
Martí si rese conto che l’unico modo di garantire la sovranità, non solo di Cuba ma del resto dell’America Latina, era: “impedire per tempo, con l’indipendenza di Cuba che gli Stati Uniti si allarghino sulle Antille e calino con maggior forza sulle nostre terre d’America”.
Quando noi cubani eravamo sul punto di raggiungere l’indipendenza dalla Spagna, a prezzo di tanto dolore, il Presidente nordamericano dell’epoca fu autorizzato dal suo Congresso ad intervenire militarmente nel nostro Paese, frustrando la nostra ricerca di libertà e imponendo con il ricatto militare il cosiddetto “Emendamento Platt”, che legalizzò nella sostanza la perdita della nostra sovranità, fondamento illegittimo dell’attuale Base Navale di Guantánamo.
Ci venne imposta una Repubblica fantoccio ed un capitalismo sottosviluppato, mono- produttore e dipendente dall’economia nordamericana. (…)
Esattamente 60 anni dopo che l’esercito interventista yankee impedì l’ingresso a Santiago de Cuba delle truppe mambisas(NdT-combattenti indipendentisti cubani), Fidel Castro e los barbudos entrarono in quella stessa città, il 1° gennaio 1959, per cambiare definitivamente la storia di Cuba ed in buona parte quella dell’America Latina.
La Rivoluzione trasformò la vita del nostro popolo in modo radicale. Cuba non solo recuperò la sua sovranità, ma raggiunse in breve tempo, sotto le bandiere del socialismo, impressionanti risultati economici e sociali. Il Paese è riuscito a collocarsi fra quelli con un alto indice di sviluppo umano, la speranza di vita ha superato i 78 anni, la mortalità infantile si è ridotta a meno di 5 su mille nati vivi, sono riconosciuti internazionalmente i successi della medicina e della scienza cubana, l’educazione, lo sport e la cultura sono alla portata di tutti.
Nonostante le nostre risorse limitate, la Rivoluzione è sempre stata coerente con la sua politica solidale e internazionalista. Migliaia dei suoi migliori figli hanno combattuto e sono morti per la causa libertaria di altri popoli d’Africa e America Latina. Oggi migliaia di collaboratori della sanità e dell’educazione prestano servizio in più di 60 Paesi.  
Cuba ed il suo eroico popolo hanno superato il terribile colpo rappresentato dalla caduta dell’Unione Sovietica, che ha significato un crollo del PIL del 35% e la perdita in pochi mesi del 70% del suo commercio estero.
Cuba non ha ammainato le sue bandiere socialiste né i suoi principi, mentre l’imperialismo nordamericano ha rafforzato il suo criminale blocco economico, finanziario e commerciale con la Legge Torricelli e la Legge Helms-Burton.
Però la resistenza di Cuba è stata possibile anche grazie alla solidarietà internazionale, che ha scritto la sua pagina più recente e brillante per la liberazione dei nostri Cinque Eroi, combattenti antiterroristi. (…)
Il Governo degli USA ha usato il suo ampio arsenale nel tentativo ossessivo di distruggere la Rivoluzione cubana ed il suo esempio. Ricordiamo solo la Baia dei Porci, l’imposizione del blocco nel 1962, la minaccia di sterminio nucleare nella crisi dell’ottobre 1962, la guerra imposta con bande controrivoluzionarie, sradicate dopo 10 anni di dura battaglia, il terrorismo che ha lasciato 3.478 morti e 2.099 disabili, oltre a enormi danni materiali.
La storia è nota. Cuba è arrivata fin qua in piedi. Gli USA hanno fallito e lo stesso Presidente Obama lo ha riconosciuto il 17 dicembre 2014, all’inizio dell’attuale processo fra i due Paesi.
Il ristabilirsi delle relazioni diplomatiche, l’attuale fase di apertura delle Ambasciate, non comporta la normalizzazione delle relazioni stesse.
La normalizzazione è un processo lungo e complesso che comporta, fra l’altro, l’eliminazione del blocco economico, commerciale e finanziario, la restituzione del territorio occupato dalla base di Guantánamo, il risarcimento dei danni provocati dalle politiche aggressive, la sospensione delle trasmissioni illegali radio e TV del Governo nordamericano contro Cuba, in violazione di accordi internazionali e, in generale, la cessazione dei programmi sovversivi.
Questi aspetti spiegano perché Cuba non ha motivi per fare concessioni ad un Paese che non ha mai aggredito, e di cui mai ha provato a modificare il regime socio-económico e politico, e ancor meno ad abbatterne il Governo.
Ci confrontiamo da pari a pari, secondo il diritto internazionale. Abbiamo espresso la nostra determinazione ad avanzare su tutto ciò che sia di interesse comune, siamo mossi da volontà collaborativa e lavoriamo per raggiungere relazioni civili fra i nostri Paesi.  
Molti amici, giustamente preoccupati, ci avvertono sui rischi che la Rivoluzione si trova davanti. A loro chiediamo di aver fiducia: alla fin fine abbiamo una vasta esperienza dopo aver affrontato negli ultimi 100 anni l’ostilità del nord, “agitato e brutale, che ci disprezza”, come diceva José Martí.
In questo senso è opportuno ribadire che abbiamo assolutamente chiaro che questo “cambio” degli Stati Uniti ha come fine ultimo promuovere la ricostruzione del capitalismo a CubaNoi, è importante tornare a dirlo, andiamo nella direzione contraria.
La rivoluzione cubana vive un momento cruciale, il cui dato essenziale è la determinazione a continuare a costruire il socialismo, secondo le condizioni e le necessità che conformano il mondo reale in cui siamo immersi, e secondo le esigenze imposte dal nostro processo rivoluzionario.
Tutto quel che stiamo facendo nel nostro Paese è assolutamente coerente con il proposito strategico di sviluppare un socialismo prospero e sostenibile.
Nel quadro di quel che abbiamo chiamato processo di attualizzazione del modello economico e sociale, concentriamo i nostri sforzi nel dare impulso a tutte le potenzialità che il Paese può dispiegare con le sue scarse risorse naturali: per esempio, lo sviluppo scientifico, educazionale e culturale accumulalo grazie alla Rivoluzione e lo sfruttamento più efficiente delle risorse economiche.
Nel VI Congresso del Partito Comunista di Cuba, dell’aprile 2011, abbiamo approvato un documento, discusso in modo massivo con la popolazione, che offre totale chiarezza sui fondamenti della nostra politica economica, ed afferma: “La politica economica del Partito si conformerà al principio secondo cui solo il socialismo è capace di vincere le difficoltà e preservare le conquiste della Rivoluzione, e che nell’attualizzazione del modello economico primeggerà la panificazione, considerando le tendenze del mercato”.
I fondamenti del nostro socialismo prevedono di garantire l’uguaglianza delle opportunità, la maggior giustizia sociale possibile ed il predominio della democrazia popolare e partecipativa nell’ordinamento del sistema politico.
Nel prossimo aprile abbiamo programmato il VII Congresso del Partito, dove verificheremo quanto già attuato e tracceremo una strategia di sviluppo fino al 2030, approvando una concettualizzazione teorica del socialismo a Cuba.
Dobbiamo ribadire che le trasformazioni di ordine economico hanno come ultima istanza il fine che abbiamo saputo sostenere anche in tempi difficili: la salute pubblica e l’educazione, gratuite ed universali, che costituiscono diritti umani inalienabili, in definitiva: principi della Rivoluzione.
Il Governo a Cuba è stato e continuerà ad essere dei lavoratori. Tutto quel che si è fatto e si farà sarà in funzione della grande maggioranza. 
Nel contesto attuale al Partito Comunista di Cuba tocca assumere il compito di fortificare il lavoro politico e ideologico per chiarire in seno al nostro popolo quanto necessario, lo star attenti a tendenze negative che possono formarsi in gruppi sociali, come la gioventù, o nel settore della gestione non statale dell’economia, che sembra siano gliobiettivi scelti dal lavorio sovversivo.
I problemi che arriveranno non ci troveranno impreparati. Contiamo sulla forza che spiega come siamo arrivati fino qui: l’unità del popolo, agglutinato nelle sue organizzazioni sociali, il nostro partito e la coesione politica nella militanza.
La nostra dignità davanti alla prepotenza dell’impero, questa è la questione; prima di tutto la nostra capacità di resistere come abbiamo fatto finora, insieme alla convinzione che sta dalla nostra parte la verità e la ragione.
D’altro lato non è negoziabile l’amicizia che la Rivoluzione cubana ha prodotto in questi duri anni di resistenza. Gli amici storici di Cuba possono contare sulla nostra lealtà.
Manterremo il più deciso appoggio alle cause giuste dell’umanità. Lo sa la rivoluzione bolivariana in Venezuela; non dimentichiamo il diritto di Puerto Rico alla piena indipendenza, né il sofferente popolo palestinese nella sua titanica lotta, tanto per citare solo alcuni casi che palesemente e irreparabilmente ci differenziano dalla politica estera statunitense. 
La controffensiva dell’imperialismo e le destre locali acquisiscono una singolare dimensione nella Nuestra América. Con diversi strumenti di sovversione si cerca di invertire i processi rivoluzionari e progressisti in Venezuela, Brasile, Ecuador, Bolivia, fra gli altri.
Com’è stato già denunciato, si tratta di un elaborato programma di destabilizzazione, combinato con azioni di guerra economica ed attacchi mediatici, che vittimizzano prima di tutto la verità, mirando a quel che chiamano il cambio di regime in modo diretto o in sua vece, una strategia di indebolimento di lungo periodo, per imporre soluzioni elettorali che passano sopra alla vera volontà democratica dei popoli.
Molto ci siamo domandati cosa fare per affrontare queste sfide. E giustamente è nella nostra storia  che può stare la risposta, quando dall’inizio i nostri padri fondatori ci chiamarono all’unità e all’integrazione.
Bolívar lo affermò: “L’unità dei nostri popoli non è semplice chimera, ma inesorabile decreto del destino. Uniamoci e saremo invincibili”… Oggi sappiamo che è urgente necessità lavorare per la piena integrazione come obbiettivo strategico per garantirci un futuro sicuro.
Non partiamo da zero. Non è inutile insistere che nella nostra regione abbondano gli effetti negativi dei TLC, però abbiamo anche accumulato esperienze organizzative e di lotta (…).
Possiamo sentirci orgogliosi della nascita dell’ALBA, che come suggerisce il suo nome, vuole essere il mattino di una forma più elevata d’integrazione basata sulla cooperazione; del CARICOM e della UNASUR con una formidabile capacità di coordinare volontà e sciogliere conflitti fra sudamericani; del MERCOSUR, piattaforma di articolazione commerciale più datata, ed infine, al punto più alto, la CELAC.
Alla fondazione della Comunità di Stati Latinoamericani e Caraibici, CELAC, nel dicembre 2011, il Primo Segretario del Partito Comunista di Cuba, compañero Raúl Castro, disse: “Abbiamo il privilegio di assistere ad un atto fondativo trascendentale… rivendichiamo più di due secoli di lotte e speranze. Arrivare fin qui è costato sforzi en anche sangue e sacrificio. I colonizzatori di un tempo e le potenze imperiali di oggi sono stati i nemici di questo obbiettivo. La CELAC è la nostra opera più preziosa. Simbolicamente, consolida l’idea di una regione unita e sovrana, impegnata su un destino comune”. (…)
L’unità e la solidarietà saranno decisive per avanzare nell’ottenimento della seconda e definitiva Indipendenza dell’America Latina e dei Caraibi. Le recenti sconfitte elettorali della sinistra sono temporanee e non devono generare smobilitazione o demoralizzazione (…). Riprendiamo l’iniziativa con la convinzione della vittoria delle nostre giuste idee.
Infine, compañeros, Cuba continuerà nel suo cammino verso il socialismo, con la normalizzazione dei rapporti con gli USA, che indubbiamente può facilitare molto questo processo, però anche senza, così com’è stato finora. Questo significa che cammineremo senza abbandonare i principi che ci hanno permesso di fare una rivoluzione come la nostra. Come la provata vocazione solidale verso altri popoli, valore intrinseco all’idea universale del socialismo.
Il leader storico della Rivoluzione Fidel Castro, in una lettera al Presidente de la Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolás Maduro, dello scorso dicembre, riaffermò la determinazione irremovibile del nostro popolo, dicendo: “I rivoluzionari cubani, a poche miglia dagli Stati Uniti, che sempre hanno sognato di appropriarsi di Cuba per convertirla in casinò e postribolo…, non rinunceranno mai alla piena indipendenza e al rispetto totale della loro dignità”…
(Simposio Internazionale Cuba nella Storia, Lima – 4/ 6 febbraio 2016, tratto da Rebelión)

traduzione e sottolineature a cura di AsiCubaUmbria –asicubaumbria@libero.it
fatti parte dell’esercito difensore della verità contro il sistema di disinformazione di massa


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