giovedì 7 dicembre 2017

USA:" L'istruzione, un contratto per servi della gleba"

info dal ventre del mostro :



Nel capitalismo tutto è merce, compresi i diritti fondamentali come l'educazione e la salute. Negli Stati Uniti, coloro che vogliono proseguire gli studi superiori e non sono (molto) ricchi devono contrarre prestiti esorbitanti: il costo di una laurea è di circa 80.000 dollari. Ne deriva, tra l'altro, un indebitamento che molti finiscono per non restituire, cadendo così, come i servi della gleba feudale, nelle mani dei loro creditori.

I prestiti contratti per l'istruzione superiore rappresentano, dopo i mutui per la casa, la maggior parte del debito degli statunitensi. Complessivamente 1,4 miliardi di dollari sono versati alle banche, un valore superiore al debito di tutte le carte di credito degli Stati Uniti e con più zeri rispetto al totale dei prestiti per automobili nel paese. Per decenni, la speculazione finanziaria ha scommesso sul debito degli studenti come se giocasse alla roulette: solo dal 2007 a questa parte, il "credito all'istruzione" è passato dall'1 al 5% del PIL degli Stati Uniti.

E così continua a crescere, insaziabile, insostenibile, incontrollato, come sempre cresce il capitalismo, anche se, ogni giorno, tremila statunitensi vanno in fallimento perché non possono pagare il debito accademico.

Ricordiamo che il costo di una laurea negli Stati Uniti è di circa 80.000 dollari e che, in media, gli ex studenti impiegano 20 anni per saldare questo debito. Nel contempo, incapace di fermare la crescita dei debiti dei lavoratori e il dimagrimento dei salari che permettono di pagare questi debiti, il capitalismo è stato incapace di risolvere ciò che, più che una crisi, è l'essenza della sua stessa natura.

In 19 Stati è stata riscoperta una sorta di oppressione feudale: ai debitori delle banche è vietato lavorare. In questi stati, l'insolvenza di un debito può comportare la revoca definitiva di ogni licenza professionale e persino della patente. Secondo il New York Times, infermieri e insegnanti sono tra i lavoratori più colpiti da queste leggi.
In alcuni di questi stati, come il Tennessee, i debitori devono persino pagare dando in mano agli istituti di credito la loro licenza professionale e prestarsi in modo permanente ad essi, in una edizione moderna della servitù della gleba. In tutti i casi, ai lavoratori che a causa di bassi salari, malattia, disoccupazione o della furbizia di qualche speculatore diventano inadempienti, può essere vietato di vendere la propria forza lavoro, trovandosi quindi impossibilitati a pagare il debito. Un difetto dei modi e delle condizioni imposte dai creditori.
È la trasformazione del sistema educativo in uno strumento di oppressione.

Inutile dire che non si pone una così tremenda spada di Damocle su tutti gli studenti dell'istruzione superiore, senza obiettivi politici più ampi.

 * Questo articolo è stato pubblicato su "Avante!" nº 2296, 30.11.2017


lunedì 4 dicembre 2017

COMUNICATO PRC CONTRO IL GOLPE ELETTORALE IN HONDURAS: SOLIDARIETA’ AL POPOLO HONDUREGNO ED AI MEMBRI DELL’ALLEANZA D’OPPOSIZIONE CONTRO LA DITTATURA



L’Honduras vive dal 2009 un regime instaurato da un golpe di Stato appoggiato dagli Stati Uniti, contro il legittimo presidente costituzionale Mel Zelaya. Un regime da subito riconosciuto dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, spietatamente neo-liberale, oligarchico, corrotto e violento. L’Honduras non è un Paese qualsiasi del Centro America. Sin dai tempi della United Fruit, fino agli anni delle basi paramilitari della “contra” antisandinista nicaraguense, il Paese è sempre servito da piattaforma di sostegno alle violente politiche militariste degli Stati Uniti nella regione con la presenza di importanti basi militari di Washington.  
Dopo il primo governo golpista guidato da Roberto Micheletti (di origini bergamasche), i suoi degni successori sono stati Porfirio Lobo e l’attuale presidente Juan Orlando Hernández. Si sono moltiplicati gli omicidi di studenti, giornalisti, dirigenti sociali e politici (uno per tutti quello dell’ambientalista Berta Cáceres), la repressione, il carcere e le minacce verso chi protesta. Nelle recenti elezioni del 26 novembre scorso, il Tribunale Supremo Elettorale (TSE) nel suo primo bollettino aveva annunciato il chiaro vantaggio (del 5%), del candidato Salvador Nasralla, della “Alianza de Oposición contra la Dictadura” su Juan Orlando Hernandez candidato conservatore del Partido Nacional, partito di governo coinvolto nel golpe del 2009.   Col passare delle ore e dei giorni, nonostante il vantaggio di Nasralla, il TSE (controllato dal governo) non ha voluto emettere altri bollettini parziali mantenendo l’incertezza sul risultato e contribuendo così all’aggravarsi del clima di tensione.  A quasi una settimana dal voto, non esiste un risultato definitivo, mentre il TSE aggiudica al Presidente uscente un vantaggio di poco più dell’1%. Ma in questa settimana, ci sono state denunce nei mezzi di comunicazione internazionali e nelle reti sociali relative ai brogli avvenuti per favorire il candidato del Partido Nacional. Tra le altre, l’opposizione ha denunciato il “buco” informatica del TSE misteriosamente inservibile per diverse ore, oltre alla “sospensione” di più di 300.000 voti messi sotto osservazione dal tribunale.  Per questo, l’opposizione ha chiesto di ricontare i voti di diverse regioni, ma il Tribunale Elettorale si è rifiutato di farlo.  Viceversa, il governo ha risposto alla crescente domanda di trasparenza, e democrazia nel Paese, con lo “stato d’assedio”, il coprifuoco e la repressione violenta delle manifestazioni di piazza che, sino a questo momento, ha provocato 11 morti accertati, decine di feriti e centinaia di arresti. Cresce la repressione anche contro la stampa e i giornalisti non allineati. In linea con Washington, tace la missione dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA) guidata dal golpista boliviano Jorge “Tuto” Quiroga. Da parte sua, la missione dell’Unione Europea ha chiesto di non dare altri risultati fino a ricontare tutti i voti alla presenza di tutti i partiti. 
                 
NO AL GOLPE ELETTORALE
IN HONDURAS !

NO ALLA DITTATURA !

RISPETTATE IL VOTO POPOLARE !

FUERA JOH !

BERTA VIVE !




venerdì 1 dicembre 2017

Il socialismo è possibile


Riappropriarsi delle analisi di Marx, Lenin, Gramsci per liberarsi dallo sfruttamento
Il mese di novembre si è caratterizzato per l'anniversario dei 100 anni della Rivoluzione russa, la prima che ha capovolto i rapporti di forza e dimostrato che il capitalismo si può abbattere e che il proletariato può prendere e gestire il potere senza sfruttamento. Una rivoluzione che ha contribuito a fare grandi passi avanti al movimento operaio in tutti i paesi del mondo, anche in quelli che del perché non staremo qui ad analizzare, non hanno fatto la rivoluzione.
Oggi, a distanza di 100 anni, il movimento operaio e la classe lavoratrice sono ritornati ad una moderna forma di schiavitù. Ricatti e repressione hanno instaurato sui luoghi di lavoro il terrore di perdere l'occupazione, l'enorme esercito dei disoccupati offre la propria manodopera al maggiore ribasso. L'esempio più eclatante è quello di Almaviva. Un anno fa 1600 lavoratori che non accettavano un'ulteriore riduzione del salario sono stati licenziati, il più grande licenziamento collettivo, insieme alla comunicazione della chiusura della sede di Roma. Falso. La sede di Roma non solo non è stata chiusa, ma ha sempre funzionato con lavoratori pagati con contratti Co.co.co. Di fronte alla recente decisione del Tribunale del lavoro del reintegro di 150 lavoratori la risposta è stata: fra 5 giorni assunti a Catania!
E poi ci sono le delocalizzazioni. Gli industriali prendono contributi dal governo - sempre solerto a sostenere questa categoria - e poi se ne vanno all'estero; le imprese straniere - tanto apprezzate dai nostri governi per gli "investimenti" in Italia - per poi finire come la Bonetti di Garbagnate acquistata dagli indiani che la chiudono, nonostante sia un polo di eccellenza per la produzione di qualità ed economicamente in attivo - comprano e spostano o chiudono, lasciando i lavoratori italiani sulla strada, altro che "prima gli italiani" famoso slogan di Lega e dei fascisti, rivolto contro gli immigrati ma mai contro le svendite delle industrie alle multinazionali!
È notizia di questi giorni l'ennesima delocalizzazione, quella della Honeywell da Lanciano (Abruzzo) alla Slovacchia (dove gli incentivi pubblici sono ancora più alti e dove maggiore è la possibilità di sfruttamento): altri 420 operai più 100 dell'indotto a casa.
I vari governi non si sono mai occupati di questo sistema di trasferimento persino di quelle imprese che avevano ricevuto sovvenzioni statali, ma è più grave il fatto che l'argomento non sia mai stato oggetto di lotta da parte dei sindacati. I confederali, ovviamente per la loro politica di sostegno ai governi e di non disturbo ai padroni, ma non c'è stata neppure opposizione da parte dei sindacati di base né un lavoro per il rafforzamento di una rete a livello internazionale che garantisse i lavoratori sottopagati di quei paesi a loro volta sfruttati e messi in condizione di concorrenza con gli italiani.
Ma i lavoratori chiusi nella difesa del proprio piccolo spazio, presi dalle difficoltà economiche della quotidianità, delusi e amareggiati non riescono ad aprire il loro orizzonte politico, ad avere la consapevolezza - tantomeno la coscienza - che si può lavorare e vivere senza padroni e che il loro sfruttamento mira solo ad aumentare i loro profitti. È la conseguenza di anni e anni di una politica opportunista e revisionista, e quindi devastante sotto tutti gli aspetti, portata avanti dalla cosiddetta sinistra.
Borghesia, revisionisti, opportunisti di ogni specie sono terrorizzati dall'opportunità che si ritorni agli anni in cui lo slogan dei lavoratori era "facciamo come in Russia". E insistono nelle provocazioni e nelle campagne per diffamare il socialismo ed equiparare il comunismo alle bestialità del fascismo e del nazismo, peraltro distrutti proprio dalle forze comuniste. A questo riguardo si distingue l'Unione europea che da anni, dal memorandum anticomunista del 2005 insiste con risoluzioni del Parlamento europeo - tra le quali quella denominata "Coscienza europea e totalitarismo" - sulle quali si sono mossi paesi come Ungheria, Lettonia, Polonia, Lituania, Estonia, Ucraina per imporre misure anticomuniste con persecuzioni, bandi sulle attività dei partiti comunisti, divieto dell'uso dei simboli, azioni penali e condanne.
In quest'area la Nato ha creato 8 eserciti e si rafforza in seguito alle pericolose decisioni del 27° Vertice di Varsavia dello scorso anno, richiedendo un ulteriore incremento della spesa, fino al 2% del Pil, a tutti gli Stati membri. Anche l'UE rafforza la sua militarizzazione, stabilisce l'Esercito Europeo, il Quartier Generale Europeo, Forze d'Emergenza, l'Unione della Difesa Europea e il Fondo Europeo per la difesa.
È la società fatta a misura per i capitalisti, gestita dai loro governi e leader attraverso misure antipopolari che hanno l'unico obiettivo quello di aumentare sempre più i propri profitti e per farlo calpestano qualsiasi diritto dei lavoratori, a partire da quello di sciopero, e non disdegnano di scatenare guerre imperialiste - i cui costi in continuo aumento (come il debito pubblico) sono scaricati sui lavoratori - per il controllo dei mercati, la rapina delle fonti energetiche e persino dell'acqua, delle rotte commerciali, di distruzione e impoverimento, imponenendo la dittatura della minoranza sulla maggioranza della popolazione. Un sistema economico-sociale che non è vincente.
Il movimento operaio deve collegare la sua lotta per la difesa del salario, dell'occupazione, della difesa dei diritti, con la lotta contro il capitalismo, l'imperialismo e i suoi piani di guerra.  Sono lontani i tempi in cui gli operai studiavano i testi classici di Marx, Lenin, Gramsci, eppure è doveroso riappropriarsene perché oggi, sebbene a distanza di 150 anni dalla pubblicazione del "Capitale", l'analisi di Marx che ha scritto per rafforzare la lotta politica della classe operaia e per il socialismo è pienamente attuale. È un'arma per conoscere la teoria del valore, del lavoro salariato, del plusvalore - e quindi dello sfruttamento -, l'organizzazione, il partito comunista e per potersi proiettare nella lotta di classe fino al rovesciamento del capitalismo.
Non si cambiano le condizioni aspettando l'arrivo di nuovi investitori, né facendosi attirare dalle promesse elettoraliste di partiti vecchi o "nuovi", e neppure credendo che nuove leggi elettorali garantiscano la "stabilità" per lo sviluppo. Nessun rinnovamento programmatico è in grado di eliminare le sofferenze della classe lavoratrice e delle masse popolari nell'ambito del capitalismo. Rimangono sempre la barbarie e la distruzione.

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