L’Honduras vive dal
2009 un regime instaurato da un golpe di Stato appoggiato dagli Stati Uniti,
contro il legittimo presidente costituzionale Mel Zelaya. Un regime da subito
riconosciuto dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, spietatamente neo-liberale,
oligarchico, corrotto e violento. L’Honduras non è un Paese qualsiasi del
Centro America. Sin dai tempi della United Fruit, fino agli anni delle basi
paramilitari della “contra” antisandinista nicaraguense, il Paese è sempre
servito da piattaforma di sostegno alle violente politiche militariste degli
Stati Uniti nella regione con la presenza di importanti basi militari di
Washington.
Dopo il primo governo
golpista guidato da Roberto Micheletti (di origini bergamasche), i suoi degni
successori sono stati Porfirio Lobo e l’attuale presidente Juan Orlando
Hernández. Si sono moltiplicati gli omicidi di studenti, giornalisti, dirigenti
sociali e politici (uno per tutti quello dell’ambientalista Berta Cáceres), la
repressione, il carcere e le minacce verso chi protesta. Nelle recenti elezioni
del 26 novembre scorso, il Tribunale Supremo Elettorale (TSE) nel suo primo
bollettino aveva annunciato il chiaro vantaggio (del 5%), del candidato
Salvador Nasralla, della “Alianza de Oposición contra la Dictadura” su Juan
Orlando Hernandez candidato conservatore del Partido Nacional, partito di
governo coinvolto nel golpe del 2009.
Col passare delle ore e dei giorni, nonostante il vantaggio di Nasralla,
il TSE (controllato dal governo) non ha voluto emettere altri bollettini
parziali mantenendo l’incertezza sul risultato e contribuendo così
all’aggravarsi del clima di tensione. A
quasi una settimana dal voto, non esiste un risultato definitivo, mentre il TSE
aggiudica al Presidente uscente un vantaggio di poco più dell’1%. Ma in questa
settimana, ci sono state denunce nei mezzi di comunicazione internazionali e
nelle reti sociali relative ai brogli avvenuti per favorire il candidato del
Partido Nacional. Tra le altre, l’opposizione ha denunciato il “buco”
informatica del TSE misteriosamente inservibile per diverse ore, oltre alla
“sospensione” di più di 300.000 voti messi sotto osservazione dal
tribunale. Per questo, l’opposizione ha
chiesto di ricontare i voti di diverse regioni, ma il Tribunale Elettorale si è
rifiutato di farlo. Viceversa, il
governo ha risposto alla crescente domanda di trasparenza, e democrazia nel
Paese, con lo “stato d’assedio”, il coprifuoco e la repressione violenta delle
manifestazioni di piazza che, sino a questo momento, ha provocato 11 morti
accertati, decine di feriti e centinaia di arresti. Cresce la repressione anche
contro la stampa e i giornalisti non allineati. In linea con Washington, tace
la missione dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA) guidata dal
golpista boliviano Jorge “Tuto” Quiroga. Da parte sua, la missione dell’Unione
Europea ha chiesto di non dare altri risultati fino a ricontare tutti i voti
alla presenza di tutti i partiti.
NO AL GOLPE
ELETTORALE
IN HONDURAS !
RISPETTATE IL VOTO
POPOLARE !
FUERA
JOH !
BERTA VIVE !
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