Ha
fallito il socialismo?
È
la domanda che molte persone si fanno in tutto il mondo, anche se la
borghesia e gli imperialisti asseriscono che sì, il socialismo ha
fallito. Questa affermazione tagliente è quella che genera il dubbio
negli altri.
Anche
noi ci facciamo la stessa domanda, ma ne facciamo anche un altra: ha
fallito il capitalismo? E rispondiamo immediatamente: il capitalismo
ha completamente fallito e non risponde a nessuna delle aspirazioni
degli oppressi dei cinque continenti.
Gli
oppressi vogliono la pace e il capitalismo conduce alla guerra, gli
oppressi hanno fame e il capitalismo non può offrirgli cibo, gli
oppressi hanno bisogno di un posto di lavoro e il capitalismo porta
alla disoccupazione, gli oppressi vogliono imparare e il capitalismo
li tiene nell'ignoranza, gli oppressi vogliono la libertà e il
capitalismo li lega con pesanti catene di ferro...
Questo
è il terribile scenario che colpisce migliaia di milioni di persone
in tutto il mondo quando si alzano ogni mattina. Pertanto, dire che
il socialismo ha fallito, quando il capitalismo ci mostra
spudoratamente le sue ferite e frustrazioni, è una vera aberrazione.
Se chiediamo a noi stessi se il socialismo ha fallito, la prima cosa
da capire è in cosa hanno fallito i paesi socialisti.
Forse
nei paesi socialisti i lavoratori pativano la disoccupazione?
Soffrivano la fame? Gli operai avevano a disposizione scuole e
università per far studiare i loro figli? I paesi socialisti si
imbarcarono in guerre e aggredirono i loro vicini? Potevano riunirsi
gli operai liberamente per discutere e risolvere i loro problemi?
Pensiamo
che la risposta a tutte queste domande sia che, in sostanza, il
socialismo ha risolto favorevolmente i problemi più urgenti delle
masse sfruttate ed oppresse. E non solo loro: tutta l'umanità, tutto
il mondo è avanzato con esso; tutti dovremmo sentirci partecipi e
orgogliosi che, per la prima volta, si è dimostrato che il
capitalismo non è la fine della storia e che è possibile costruire
una nuova società in cui tutti siamo padroni del nostro destino, per
imbarcarci verso la pace, la libertà e la prosperità in modo
definitivo. Il socialismo è l'unica alternativa. Questo è ciò che
è veramente importante: adesso e solo adesso, è dimostrato che il
capitalismo è la causa dei nostri problemi e che la soluzione è
quella di ucciderlo e di costruire il socialismo come passo verso il
comunismo, l'abolizione dello Stato, delle classi sociali e della
lotta di classe.
Il
socialismo non è un'utopia, non è un sogno: si può e si deve
edificare. La storia dimostra che i popoli non si suicidano, che
sempre sono stati capaci di unirsi per cercare soluzioni alla loro
miseria e che, inevitabilmente, in tutto il mondo si solleveranno in
milioni per schiacciare la borghesia e aprire la strada ad una nuova
società. Pertanto, il socialismo è possibile, è inevitabile e
nulla può impedire la sua venuta.
Ma
il socialismo non è nemmeno il paradiso. Gli atei già sanno che il
paradiso non esiste, ma ci sono alcuni che stanno iniziando a
scoprire adesso che sotto il socialismo ci sono stati anche dei
problemi e talvolta gravi problemi, se non corretti adeguatamente,
possono farci arretrare.
Pertanto,
è importante parlare delle grandi conquiste storiche del socialismo,
ma non possiamo nascondere il fatto che ci sono stati anche dei
difetti e dei mali e che tutte queste carenze e mali non possiamo
imputarle solo alla triste eredità del capitalismo, ma provengono da
errori propri del socialismo.
Quando
questi problemi affiorano in alcune riunioni, si prendono in
considerazione solo alcune esperienze specifiche di alcuni paesi
socialisti, in particolare l'Unione Sovietica. Ma di solito si
dimenticano le altre, come la Comune di Parigi, la più antica,
quella che Marx ed Engels hanno vissuto molto da vicino.
Diciamo
questo perché tutta quella crosta piccolo borghese che prolifera in
diversi movimenti popolari, non serve ad altro che demoralizzare,
seminare sconcerto e confusione.
La
caduta della Comune di Parigi del 1871, che è stata una pesante
sconfitta per la classe operaia mondiale, non ha in nessun modo
demoralizzato Marx ed Engels, che presero da essa importanti
esperienze senza le quali la Rivoluzione di Ottobre sarebbe stata
impossibile. Non esiste crisi, né crollo rivoluzionario che non si
può convertire in una vittoria. Questa è anche la lezione che Lenin
ha tratto dalla Rivoluzione russa del 1905, anch'essa fallita.
Noi
comunisti non siamo nostalgici; né possiamo vivere del passato, né
nemmeno prendere in considerazione solo i nostri successi, che, del
resto, sono moltissimi e molto importanti (più dei fallimenti,
ovviamente). Se parliamo del passato, è per apprendere da esso e
questo costituisce l'essenza stessa del nostro movimento. E' ciò che
contraddistingue la nostra rivoluzione da tutte le rivoluzioni del
passato.
Ricordiamo
quel passaggio che Marx scrisse 150 anni fa ne Il
18 brumaio di Luigi Bonaparte:
"Le rivoluzioni proletarie, invece, criticano continuamente se
stesse; interrompono ad ogni istante il loro proprio corso; ritornano
su ciò che già sembrava cosa compiuta per ricominciare daccapo, si
fanno beffe in modo spietato e senza riguardi delle mezze misure,
delle debolezze e delle miserie dei loro primi tentativi; sembra che
abbattono il loro avversario solo perché questo attinga dalla terra
nuove forze e si levi di nuovo più formidabile di fronte ad esse; si
ritraggono continuamente, spaventate dall'infinita immensità dei
loro propri scopi, sino a che si crea la situazione in cui è reso
impossibile ogni ritorno indietro e le circostanze stesse gridano:
Hic
Rhodus, hic salta!
Qui è la rosa, qui devi ballare".
Tuttavia,
a molti piacerebbe che le cose fossero in altro modo, che tutto fosse
come una sfilata giocosa su una strada dritta che avanza
continuamente, senza fermarsi, senza battute d'arresto e colpendo il
bersaglio ad ogni passaggio. Ma le cose non sono mai state così, non
lo sono adesso e non lo saranno mai. Chi la pensa in altro modo
dovrebbe pensare seriamente a dedicarsi alle proprie questioni
personali, perché se esamina se stesso capirà che non contribuisce
in nulla, che è un peso per il movimento, che trasmette agli altri
il suo pessimismo, la sua confusione e demoralizzazione.
Come
spesso accade, il più delle volte, questo tipo di persone non hanno
il coraggio di riconoscere il loro vero stato d'animo e danno la
colpa gli altri, in particolare ai lavoratori. Essi si considerano
persone coscienti, impegnate e dedite alla lotta; il problema è che
le masse sono molto arretrate, egoiste e sono fortemente influenzate
dal capitalismo, dal consumismo e dalla bella vita. Secondo questo
criterio, così diffuso, il problema non starebbe nell'avanguardia,
ma nelle masse.
Beh,
questo non è solamente falso, ma la divulgazione di tali erronee
opinioni è profondamente corrosiva e, naturalmente, impropria per
dei rivoluzionari. Siamo convinti che le masse si leveranno contro il
capitalismo e ciò che ci chiediamo ogni giorno è se, quando ciò
accadrà, saremo pronti a compiere il nostro dovere di comunisti, di
avanguardia rivoluzionaria. Saremo in grado di essere avanguardia di
questo movimento? Saremo in grado di guidare le lotte del
proletariato e dirigerle verso la frantumazione della borghesia e del
suo Stato?
Quindi
noi comunisti, dobbiamo essere critici non con le masse, ma con noi
stessi, con ciò che diciamo e facciamo e saremmo un gruppo di
furfanti della peggior specie, se pretendessimo di giustificarci con
l'arretratezza degli altri, della stragrande maggioranza (per reale
che questa arretratezza possa essere).
Chi
è veramente arretrato? Questa nostra posizione spiega,
ulteriormente, la stessa arretratezza del movimento di massa.
Vediamo. Forse alcuni pensano che l'arretratezza cresca naturalmente,
che le masse sono arretrate per loro natura o per ignoranza. Qualcuno
è anche convinto che le masse sono arretrate per l'influenza della
propaganda borghese e della televisione.
Tutto
ciò non sono altro che menzogne. E' solo una parte della verità,
che deve essere integrata da un'altra: le masse sono anche frustrate
e demoralizzate dai tanti tradimenti che hanno visto per molti anni.
Ed è di questo aspetto che nessuno vuole parlare e, pertanto, a noi
spetta portare alla luce la sporcizia. Cerchiamo di essere chiari:
dal 1939, in condizioni terribili, gli operai spagnoli hanno offerto
esempio senza precedenti di resistenza abnegata contro il fascismo;
diedero tutto e in migliaia morirono nella lotta. Solo durante il
periodo della transizione il fascismo uccise più di 500 antifascisti
e tuttavia, cosa hanno fatto ancora gli operai accanto a loro? Che
atteggiamento assunsero coloro che si proclamavano avanguardia?
Alzarono la testa nella lotta o la nascosero sotto la sabbia? Per
caso queste circostanze non influenzano lo stato d'animo attuale
delle masse?
Tutto
ciò ci porta, ancora una volta, al punto di partenza: il problema
non sono le masse, ma l'avanguardia, il cumulo del disfattismo, della
confusione e demoralizzazione che coloro che si considerano come
persone coscienti, stanno trasmettendo attorno a loro. Nonostante
l'immensa fiducia che le masse hanno depositato nei paesi socialisti
e nelle organizzazioni comuniste, il revisionismo ha tradito il
movimento operaio dal 1956. E' logico che le masse ci guardino con
sospetto. Sono morti un milione di combattenti nella guerra contro il
fascismo, per poi anni dopo i comunisti riconciliarsi con loro?
Abbastanza eroico è stato che, nonostante questo, nonostante il
tradimento revisionista, gli operai siano andati avanti per molti
anni nel buio, spontaneamente.
Riflettiamo
un po': il socialismo in nessun paese è stato sconfitto dal
capitalismo, ma piuttosto il contrario. Le masse hanno vinto tutte le
guerre che sono state combattute contro i loro oppressori, perché
sono invincibili. Solo per una cosa è stato dimostrato che le masse
non sono pronte: il tradimento dalle proprie file, la pugnalata alla
schiena di tutti coloro che si proclamano i loro migliori difensori,
di coloro che si riempiono la bocca di frasi marxiste-leniniste
apprese a memoria.
A
questo proposito vogliamo solo aggiungere una cosa a quello che
abbiamo già detto sulle nostre stesse origini: alcuni pensano che
non si deve essere settari per evitare che molti combattenti di
valore vadano fuori del Partito Comunista. Questo è vero, ma tenete
conto che i problemi più grandi che ha sofferto il movimento operaio
non provengono propriamente da tali errori settari, ma precisamente
che tutti questi soggetti in ultima analisi non sono tali e
starebbero meglio fuori dai ranghi delle file rivoluzionarie.
Una
lunga esperienza storica dimostra che i rivoluzionari autentici si
ritrovano, pur lontani che siamo. Talvolta, non conoscendo
l'esistenza dell'altro, il nemico ci mette insieme nelle stesse
barricate. Se non ci troviamo è perché non siamo nella stessa lotta
e quindi non vale la pena che ci inganniamo parlando di una falsa
unità tra di noi.
Pertanto,
è chiaro che questa non è la cosa più importante. La cosa
importante è proprio il contrario e cioè che il fascismo non ha
schiacciato il glorioso Partito Comunista e che nemmeno
l'imperialismo ha vinto nell'Unione Sovietica. I problemi sono venuti
dal di dentro, perché vi era dentro chi non doveva esserci, non
perché erano fuori quelli che dovevano essere dentro. Questo già lo
sapevamo da quando Lenin disse quella paradossale frase così tanto
dimenticata: un partito comunista si rafforza epurandosi.
Abbiamo
tutti letto molte volte che le famose purghe di Stalin ridussero la
dirigenza bolscevica fino al punto che restò da solo al comando. Ma
se esaminiamo l'esperienza storica di ogni rivoluzione, è successo
lo stesso in ognuna di esse.
Forse
nella Rivoluzione francese non si fecero rotolare le teste degli
stessi rivoluzionari, oltre a quelle dei marchesi? Non è successo lo
stesso in Messico? Perché succede questo? E' drammatica
responsabilità degli stessi rivoluzionari? Sono le masse che fanno
la rivoluzione. La risposta a queste domande, a nostro avviso, è la
seguente: la rivoluzione non la fanno i comunisti, ma le masse. Come
suggerisce il nome, è una massa eterogenea di milioni di persone che
si sono lanciate nella battaglia per il bisogno e la disperazione
della loro situazione. Ognuna di quelle persone che rischiano la vita
nella lotta, ha problemi concreti e urgenti del tipo più vario, per
i quali rivendica una soluzione.
Giustamente
i problemi arrivano quando si cerca di determinare non solo qual è
la soluzione ad ogni problema, ma come raggiungerla. Poi tutte le
rivoluzioni hanno aperto più alternative, ciascuna delle quali si
presenta come la soluzione per antonomasia.
Perché
queste alternative non possono discutersi con calma e risolversi
pacificamente?
Anche
se la borghesia dice il contrario, i comunisti sono a favore per la
risoluzione di tutti i problemi della rivoluzione in modo pacifico.
Ma, sembra stupido dirlo. Parlare della rivoluzione è soltanto la
metà della questione, l'altra metà è la controrivoluzione.
Una
rivoluzione scatena una feroce contro-rivoluzione e da secoli i
borghesi sono maestri nell'arte della menzogna, dell'inganno,
dell'infiltrazione e dello scontro. Se sappiamo che questo lo fanno
adesso, quando hanno tutto il potere nelle loro mani, cosa faranno
quando ne saranno privati? Faranno di tutto: useranno i carri armati,
lanceranno i missili con testate radioattive e non gli dispiacerà di
organizzare un massacro di grandi dimensioni per farla franca.
La
controrivoluzione impedisce che i problemi siano risolti (adesso e
dopo) pacificamente. E' sempre stato e, purtroppo, sempre continuerà
ad esser così anche in futuro. Inganneremmo i lavoratori se gli
dicessimo un'altra cosa e dobbiamo essere pronti a questa eventualità
perché dialogare è facile, ma dall'altro bisogna imparare a sparare
con i cannoni.
Questa
è anche la radice del crollo dei paesi socialisti (da non confondere
con il crollo del socialismo). Alcuni credono che il socialismo sia
un modo di produzione, un punto di arrivo, quando, in realtà, il
socialismo è solo una fase di transizione per il vero punto di
destinazione, che è l'abolizione delle classi, della lotta di classe
e, quindi, di tutti gli Stati, della violenza e ogni forma di potere
e di oppressione di un uomo su un altro. Noi vogliamo arrivare li e
il socialismo è l'unica strada.
Forse
molti parlano del fallimento del socialismo, perché non sanno quello
che è il socialismo e si immaginano, nella loro infinita ingenuità,
che dopo aver fatto la rivoluzione del 1917 la Russia fosse un paese
socialista nel 1918. Ovviamente questo non è accaduto perché il
socialismo è una fase di transizione che richiede tempo per la sua
costruzione, durante il quale agiscono forze, come abbiamo detto, di
natura molto diversa. Alcune spingono in avanti e altre spingono
indietro.
Nella
Critica
del Programma di Gotha,
Marx già diceva che il socialismo si crea sulle rovine del
capitalismo e pertanto, presenta ancora tutti i suoi aspetti, in
campo economico, morale e intellettuale; il sigillo della vecchia
società dal cui seno essa è uscita. Come i satelliti spaziali, il
primo problema del socialismo è decollare, rompere con l'inerzia del
passato e con la legge di gravità che ci tiene alla terra. Senza ciò
non possiamo raggiungere il cielo.
Ma
poi si scopre che il cielo che abbiamo ottenuto non è quello che
descrive la Bibbia e appaiono nuovi problemi e nuovi antagonismi che
anch'essi dobbiamo essere in grado di risolvere adeguatamente, perché
se deviamo di un solo millimetro da un percorso preciso, invece di
andare verso la Luna andremo verso Giove o, quel che è peggio,
ricadiamo sulla Terra.
Se
non si rompe totalmente e assolutamente con il capitalismo e ognuno
dei suoi mali, se tutte le contraddizioni che il socialismo genera
non si risolvono correttamente, se la rivoluzione si intorpidisce, i
problemi si vanno ad accumulare fino a che diventare insolubili.
Il
capitalismo non è la fine della storia e nemmeno il socialismo. La
storia non si ferma mai. Quando i paesi socialisti non avanzavano, in
realtà stavano retrocedendo, non solo per la pressione imperialista,
ma perché ad essa si sono uniti errori propri, creando un rapporto
di forze molto sfavorevole, che alla fine lo ha sepolto.
Il
compito non è facile. Ma è più facile per noi di quanto lo fosse
per i parigini nel 1871 o per i sovietici nel 1917. Ora sappiamo
molto di più e noi possiamo continuare a imparare dalla loro
esperienza, continuiamo a discutere e giungere a una migliore
comprensione, non per esser degli studiosi, ma per migliorare quello
che hanno fatto, evitare i loro errori e moltiplicare i loro grandi
successi.
La
Comune di Parigi è durata solo poche settimane, l'Unione Sovietica è
durata quarant'anni. La seguente durerà quaranta secoli! Il
socialismo non solo non ha fallito, ma ha messo tutta l'umanità
sulle vette più alte mai raggiunte. Abbiamo motivo di essere molto
ottimisti.
¿Ha fracasado el socialismo?
Es
la pregunta que mucha gente se hace en todo el mundo, aunque la
burguesía y los imperialistas lo ponen como una aseveración: sí,
el socialismo ha fracasado, dicen. Esta afirmación tajante es
lo que genera la duda entre los demás.
Nosotros
nos hacemos esa misma pregunta, pero además nos hacemos otra: ¿Ha
fracasado el capitalismo?, e inmediatamente respondemos con la
afirmativa: el capitalismo ha fracasado totalmente y no
satisface ninguna de las aspiraciones de los oprimidos de los cinco
continentes.
Los
oprimidos quieren paz y el capitalismo nos conduce a la guerra; los
oprimidos tienen hambre y el capitalismo no puede ofrecerles comida;
los oprimidos necesitan un trabajo y el capitalismo los conduce
al desempleo; los oprimidos quieren aprender y el capitalismo los
mantiene en la ignorancia, los oprimidos quieren libertad y el
capitalismo los ata con pesadas cadenas de hierro,…
Ese
es el terrible panorama que padecen miles de millones de personas en
todo el mundo cuando se levantan cada mañana. Por eso, decir que el
socialismo ha fracasado cuando el capitalismo nos muestra
impúdicamente sus llagas y sus frustraciones es una verdadera
aberración. Si de ahí pasamos a preguntarnos si el socialismo
ha fracasado, lo primero que habrá que concretar es en qué han
fracasado los países socialistas.
¿Acaso en
los países socialistas los trabajadores padecieron el desempleo?
¿Sufrieron hambre? ¿Los obreros disponían de escuelas y
universidades para que sus hijos estudiaran? ¿Se embarcaron los
países socialistas en guerras y agredieron a sus vecinos? ¿Podían
reunirse los obreros libremente para discutir y resolver sus
problemas?
Nosotros
pensamos que la respuesta a todas esas preguntas es que, en esencia,
el socialismo resolvió de manera favorable los problemas más
acuciantes de las masas explotadas y oprimidas. Y no sólo
ellos: toda la humanidad, todo el mundo salió ganando con
ello; todos debemos sentirnos partícipes y orgullososde que,
por primera vez, se demostrara que el capitalismo no es el fin de la
historia y que es posible construir una nueva sociedad en la que
todos seamos dueños de nuestro destino para embarcarnos rumbo
a la paz, la libertad y el bienestar de una manera
definitiva. El socialismo es la única alternativa. Eso es lo
realmente importante: ahora y sólo ahora está comprobado que el
capitalismo es la causa de nuestros problemas y que la solución está
en acabar con él y construir el socialismo como paso previo
hacia el comunismo, la abolición del Estado, de las clases sociales
y de la lucha de clases.
El
socialismo no es una utopía, no es un sueño: se puede y se
debe edificar. La historia demuestra que los pueblos no se suicidan,
que siempre han sido capaces de juntarse para buscar soluciones
a su miseria y que, inevitablemente, en todo el mundo se levantarán
por millones para aplastar a la burguesía y abrir el camino hacia
una sociedad nueva. Por tanto, el socialismo no es posible, es
inevitable, y nada ni nadie puede impedir su advenimiento.
Pero
el socialismo tampoco es el paraíso. Los ateos ya sabíamos que el
paraíso no existe pero hay algunos que empiezan a descubrir ahora
que bajo el socialismo también hubo problemas, y a veces
problemas importantes que si no se solucionan correctamente pueden
conducirnos marcha atrás.
Por
tanto es importante hablar de los grandes logros históricos del
socialismo, pero no podemos ocultar que también existieron
deficiencias y lacras, y que todas esas deficiencias y lacras no
las podemos imputar sólo al triste legado del capitalismo sino que
provienen de errores cometidos por el propio socialismo.
Cuando
estas cuestiones afloran en algunas reuniones, sólo se tienen en
cuenta algunas experiencias concretas de algunos países socialistas,
sobre todo de la Unión Soviética. Pero se olvidan
habitualmente de otras, como la Comuna de París, la más
antigua, aquella que Marx y Engels vivieron muy de cerca.
Decimos
esto porque toda esa costra de pequeño burgueses que proliferan por
los diversos movimientos populares, no pretenden otra cosa que
desmoralizar, sembrar el desconcierto y la confusión.
La
caída de la Comuna de París de 1871, que fue una dura derrota de la
clase obrera mundial, en modo alguno desmoralizó
a Marx y Engels, que sacaron de ella importantes
experiencias sin las cuales laRevolución de Octubre hubiera
resultado imposible. No existe crisis ni descalabro revolucionario
que no se pueda convertir en una victoria. Esa es también la lección
que Lenin extrajo de la Revolución rusa de
1905, también fracasada.
Los
comunistas no somos nostálgicos; ni podemos vivir del pasado ni
tampoco tener en cuenta sólo nuestros aciertos, que, por lo demás,
son muchísimos y muy importantes (más que los fracasos, por
supuesto). Si hablamos del pasado es para aprender de él y eso
constituye la esencia misma de nuestro movimiento. Es lo que
diferencia a nuestra revolución de todas las revoluciones pasadas.
Recordemos
aquel pasaje que Marx escribió hace 150 años en el Dieciocho
Brumario de Luis Bonaparte: las revoluciones proletarias, decía,
se critican constantemente a sí mismas, sobre lo que parecía
terminado, para comenzarlo de nuevo desde el principio, se burlan
concienzuda y cruelmente de las indecisiones, de los lados fijos y de
la mezquindad de sus primeros intentos, parece que sólo
derriban a su adversario para que éste saque de la tierra nuevas
fuerzas y vuelva a levantarse más gigantesco frente a ellas,
retroceden constantemente aterradas ante la vaga enormidad de sus
propios fines.Los aguafiestas.
Sin
embargo, a muchos les gustaría que las cosas fueran de otra manera,
que todo fuera como un desfile jocoso en línea recta avanzando
continuamente, sin paradas, sin retrocesos y acertando en la
diana con cada uno de los pasos. Pero las cosas nunca han sido así,
no lo son ahora y no lo serán nunca. Quienopine de otra manera debe
meditar seriamente acerca de dedicarse a sus asuntos personales
porque si se examina a sí mismo se apercibirá de que no
contribuye en nada, que es una carga para el movimiento, que
transmite a los demás su pesimismo, su confusión y su
desmoralización.
Ocurre
que, la mayor parte de las veces, ese tipo de personas no tienen el
coraje de reconocer su auténtico estado de ánimo y echan la culpa a
los demás, especialmente a los trabajadores. Ellos se
consideran a sí mismos personas conscientes, comprometidas y
abnegadas en la lucha; el problema es que las masas están muy
atrasadas, son egoístas y están muy influenciadas por el
capitalismo, el consumismo y la buena vida. Según este criterio -tan
extendido- el problema no estaría en la vanguardia sino en las
masas.
Pues
bien, eso no solamente es falso sino que la divulgación de ese tipo
de opiniones erróneas es profundamente corrosiva, y por supuesto, es
impropio de revolucionarios. Nosotros estamos convencidos de que
las masas se levantarán contra el capitalismo, y lo que nos
preguntamos a nosotros mismos cada día es lo siguiente: cuando
eso suceda, ¿estaremos preparados para cumplir con nuestra
obligación de comunistas, de vanguardia revolucionaria?
¿Conseguiremos estar a la cabeza de ese movimiento? ¿Seremos
capaces de orientar las luchas del proletariado y encaminarlas hacia
el aplastamiento de la burguesía y su Estado?
Por
eso nosotros, los comunistas, con quienes debemos ser críticos no es
con las masas sino con nosotros mismos, con lo que decimos y hacemos,
y nos convertiremos en un atajo de canallas de la peor especie
cuando pretendamos justificarnos con el atraso de los demás, de la
inmensa mayoría (por real que pueda ser ese atraso).
¿Quién
está realmente atrasado? Esa postura nuestra explica, además,
el mismo atraso del movimiento de masas. Veamos. Quizá haya
quien piense que ese atraso brota espontáneamente, que las
masas son atrasadas por su propia naturaleza o por ignorancia.
También hay quien está convencido de que las masas están atrasadas
por influencia de la propaganda burguesa y la televisión.
Todo
eso no es que sea mentira. Es que es sólo una parte de la verdad que
tiene que ser complementada con la otra: las masas también están
frustradas y desmoralizadas por las múltiples traiciones que
han observado a su alrededor durante muchos años. Y éste es el
aspecto del que nadie quiere hablar y, por tanto, a nosotros nos
corresponde sacar a la luz los trapos sucios. Seamos claros: desde
1939, en condiciones terribles, los obreros españoles han ofrecido
un ejemplo inaudito de resistencia abnegada contra el fascismo;
lo dieron todo y murieron miles en la lucha. Sólo durante la
transición el fascismo asesinó a tiro limpio a más de 500
antifascistas y, sin embargo, ¿qué vieron los obreros a su
alrededor? ¿qué actitud tomaron aquellos que se proclamaban como su
vanguardia? ¿Sepusieron a la cabeza de la lucha o la escondieron
debajo del ala? ¿Acaso esas circunstancias no influyen sobre el
estado de ánimo actual de las masas?
Todo
esto nos lleva, otra vez, al punto de partida: el problema no son las
masas sino la vanguardia, el cúmulo de derrotismo, de confusión y
de desmoralización que los que se consideran a sí mismos como
personas conscientes están transmitiendo a su alrededor. A pesar de
la inmensa confianza que las masas tenían depositada en los
países socialistas y en las organizaciones comunistas, el
revisionismo lleva traicionando al movimiento obrero desde 1956. Es
lógico que las masas nos miren con desconfianza. ¿Murieron un
millón de combatientes en la guerra contra el fascismo para que
quince años después los comunistas se reconciliaran con ellos?
Bastante heroico fue que a pesar de ello, a pesar de la traición
revisionista, los obreros siguieran adelante durante muchos años
a tientas, de manera espontánea.
Reflexionemos
un poco: en ningún país del mundo el socialismo ha sido derrotado
por el capitalismo, sino todo lo contrario. Las masas han ganado
todas las guerras que han emprendido contra sus opresores porque
son invencibles. Sólo hay una cosa para la cual se ha demostrado que
las masas no están preparadas: la traición desde sus propias
filas, la puñalada por la espalda de todos aquellos que se proclaman
como sus mejores defensores, de los que se llenan la boca de
frases marxista-leninistas aprendidas de memoria.
Con
respecto a esto sólo queremos añadir una cosa a lo mucho que
venimos hablando desde nuestros mismos orígenes: hay quien
piensa que no se debe ser sectario para evitar que muchos
luchadores valiosos se queden fuera del partido comunista. Eso es
cierto, pero hay que tener en cuenta que los mayores problemas que
viene padeciendo el movimiento obrero no provienen precisamente de
ese tipo de errores sectarios sino precisamente de que todos esos
sujetos tan valiosos resultan finalmente no ser tales y estarían
mejor apartados de las filas revolucionarias.
Una
larga experiencia histórica demuestra que los
auténticos revolucionarios acabamos encontrándonos, por
lejanos que estemos. A veces, sin saber unos de la existencia de los
otros, el enemigo nos junta en las mismas barricadas. Si no nos
encontramos es porque no estamos en la misma lucha y entonces no
merece la pena que nos engañemos hablando de una falsa unidad
entre nosotros.
Por
lo tanto, es claro que eso no es lo más importante. Lo importante es
justamente lo contrario, a saber, que en España el fascismo no
aplastó al glorioso Partido Comunista y que en la URSS el
imperialismo tampoco lo logró. Los problemas vinieron desde dentro,
porque estaba dentro quien no debía, no porque estuviera fuera quien
debía estar dentro. Esto ya lo sabíamos desde que Lenin estableció
aquella frase paradójica tan olvidada: un partido comunista se
fortalece depurándose.
Todos
hemos leído muchas veces que las famosas depuraciones de Stalin
cercenaron a la dirección bolchevique, hasta el punto de que se
quedó él solito al frente. Pero si examinamos la experiencia
historica de cualquier revolución, sucedió lo mismo en
cualquiera de ellas.
¿Acaso
en la revolución francesa no rodaron las cabezas de los propios
revolucionarios además de las de los marqueses? ¿No sucedió
eso mismo en México? ¿Por qué ocurre esto? ¿Es ese drama
responsabilidad de los propios revolucionarios? Son las masas
las que hacen la revolución. La respuesta a esas preguntas, a
nuestro modo de ver, es la siguiente: la revolución no la hacen
los comunistas sino las masas. Como su propio nombre indica, las
masas es un conglomerado heterogéneo de millones de personas que se
han lanzado a la batalla por la necesidad y la desesperación de su
situación. Cada una de esas personas que arriesga su vida en la
lucha tiene problemas concretos y urgentes de la más variada especie
para los que reclama una solución.
Justamente
los problemas provienen cuando se trata de determinar no solamente
cuál es la solución de cada problema sino cómo alcanzarla.
Entonces todas las revoluciones han visto abrirse múltiples
alternativas, cada una de las cuales se presenta como la solución
por antonomasia.
¿Por
qué esas alternativas no pueden discutirse serenamente y resolverse
de manera pacífica?
Aunque
la burguesía diga lo contrario, los comunistas somos partidarios de
resolver todos los problemas de la revolución de forma
pacífica. Pero -parece tonto decirlo. Hablar de la revolución es
sólo hablar de la mitad de la cuestión. la otra mitad es la
contrarrevolución.
Una
revolución desata una feroz contrarrevolución y desde hace siglos
los burgueses son maestros en el arte de la mentira, el engaño,
la manipulación, la infiltración y el enfrentamiento. Si sabemos
que esto lo hacen ahora, cuando tienen todo el poder en sus manos,
¿qué no harán cuando se vean privados de él? Lo harán todo:
sacarán a los tanques, lanzarán misiles con cabezas radiactivas y
no les importará organizar una carnicería de enormes
dimensiones para salirse con la suya.
La
contrarrevolución impide que los problemas se solucionen (ahora y
luego) de manera pacífica. Así ha sido siempre y -lamentablemente-
así seguirá siendo en el futuro. Engañaríamos a los
trabajadores si les dijéramos otra cosa y nosotros mismos debemos
estar preparados para esa eventualidad porque dialogares fácil pero
para lo otro hay que aprender a disparar los cañones.
Esa
es la raíz también del hundimiento de los países socialistas (que
no hay que confundir con el hundimiento del socialismo). Hay quien
cree que el socialismo es un modo de producción, un punto de
llegada cuando, en realidad, el socialismo no es más que una fase de
transición hacia el verdadero punto de destino, que es la
abolición de las clases, de la lucha de clases y, por tanto, de
todos los Estados, de la violencia y de toda forma de poder y de
opresión de un hombre sobre otro. Nosotros queremos llegar ahí;
el socialismo es sólo el trayecto.
Quizá
muchos hablen del fracaso del socialismo porque no saben lo que
es el socialismo y se imaginen -en su infinita ingenuidad- que tras
hacer la revolución en 1917 Rusia era un país socialista en 1918.
Obviamente eso no sucedió así porque el socialismo es una
etapa de transición que requiere un tiempo para su edificación
durante el cual actúan fuerzas -como ya hemos dicho- de muy
distinta naturaleza. Unas empujan hacia adelante y otras empujan
hacia atrás.
En
la Crítica del Programa de Gotha, Marx ya decía que el
socialismo se crea sobre las ruinas del capitalismo y por lo tanto,
presenta todavía en todos sus aspectos, en lo económico, en lo
moral y en lo intelectual, el sello de la vieja sociedad de cuya
entraña procede. Como los satélites espaciales, el primer problema
del socialismo es despegar, romper con la inercia del pasado y
con la ley de la gravedad que nos sujeta a la tierra. Sin eso no
podemos alcanzar el cielo.
Pero
luego resulta que el cielo al que llegamos no es el que describe la
Biblia y que aparecen nuevos problemas y nuevos antagonismos que
también hay que saber resolver de manera adecuada porque si nos
desviamos sólo un milímetro de la trayectoria precisa, en lugar de
ir a la Luna acabamos en Júpiter o, lo que es peor, volvemos a
caer en la Tierra.
Si
no se despega, ni se rompe total y absolutamente con el capitalismo y
cada una de sus lacras, si las contradicciones de todo tipo que
el socialismo engendra no se solucionan correctamente, si la
revolución se adormece, los problemas se irán acumulando hasta
hacerse insolubles.
El
capitalismo no es el fin de la historia y el socialismo tampoco. La
historia no se detiene nunca. Cuando los países socialistas no
avanzaban en realidad estaban retrocediendo, no sólo por la
presión imperialista sino porque a ella se le unieron los errores
propios, creando una correlación de fuerzas muydesfavorable que los
acabó sepultando.
La
tarea no es nada fácil. Pero es más fácil para nosotros de lo que
fue para los parisinos en 1871 o los soviéticos en 1917. Ahora
sabemos mucho más y podemos seguir aprendiendo de su
experiencia, podemos seguir discutiendo y llegaremos a una
comprensión mucho mejor, no para ser unos eruditos sino para mejorar
lo que ellos hicieron, evitar sus errores y multiplicar sus
gigantescos éxitos.
La Comuna
de París sólo duró unas semanas. la Unión Soviética duró
cuarenta años. El siguiente durará cuarenta siglos!. El socialismo
no solamente no ha fracasado sino que ha puesto a toda la
humanidad en las más altas cumbres jamás alcanzadas. Tenemos
motivos para ser muy optimistas.
A
los fascistas no se les respeta duro se les combate.
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