Sui
risultati elettorali del 14 aprile 2013
Il
risultato finale delle elezioni del 14 aprile 2013 assegna
all'opposizione più di 7 milioni e 362 mila voti, con un aumento di
circa 770 mila voti rispetto alle elezioni del 7 ottobre 2012. Ma
questo incremento, apparentemente impressionante, non è in realtà
poi così grande. Si osservi quanto segue.
C'è
stato un piccolo aumento dell'astensione dalle elezioni presidenziali
del 7 ottobre (dal 19,8% al 20,4%, circa 107 mila astenuti in più).
Tuttavia, questo incremento è stato più che compensato da una
riduzione dei voti "nulli" (da 1,9% a 0,4%, circa 221 mila
in meno). Come risultato netto, abbiamo un aumento del totale dei
voti validi (+0,8%, circa 114 mila voti aggiuntivi). C'è stata anche
una significativa riduzione dei voti agli "altri"
(candidati diversi dai due principali) dal 7 ottobre al 14 aprile
(-56,8%, circa 51 mila voti in meno).
In
realtà, sia il volume di voti "nulli", come il voto per
"altri" erano stati eccessivi nel 2012. In entrambi i casi,
i risultati del 7 ottobre superarono i livelli che erano
statisticamente attesi in base alle recenti tendenze storiche: ci
sono stati circa 170 mila voti "nulli" e circa 60 mila voti
agli "altri", più di quelli statisticamente attesi.
Queste
anomalie statistiche verificatesi il 7 ottobre hanno una stessa
spiegazione: il cambiamento di candidatura di una organizzazione che
appoggiava Capriles e lo sostituì (ricordate il "fenomeno"
Reyna Sequera, candidata che ottenne il 7 ottobre quasi 71 mila voti,
dei quali 66 mila corrispondevano ad una lista che inizialmente
appoggiava a Capriles), e l'annullamento dell'appoggio di altre tre
organizzazioni al candidato dell'opposizione. In tutti i casi, questi
cambiamenti sono stati fatti all'ultimo minuto e non si sono riflessi
nella scheda elettorale che era già stata stampata.
Di
conseguenza, a Capriles nel 2012 non vennero conteggiati circa 230
mila voti espressi in suo favore dagli elettori, ma utilizzando
alcune delle schede che avevano cambiato candidato o annullato la
loro posizione, tuttavia avevano la sua foto stampata sulla scheda.
Si noti che il 14 aprile l'opposizione ha partecipato con una
denominazione unica (MUD, Tavolo dell'Unità Democratica), eliminando
così la possibilità che queste situazioni si potessero verificare
di nuovo. Quindi la crescita dell'opposizione dal 2012 al 2013 non è
stata di 770.000 voti, ma di circa 540 mila voti, per lo più
provenienti probabilmente da quella parte di elettorato che si era
astenuto il 7 ottobre.
Voto
punitivo?
Il
risultato finale del 14 aprile assegna al Presidente Maduro più di 7
milioni e 586 mila voti, il che rappresenta una riduzione rispetto al
7 ottobre di circa 605 mila voti, che molto probabilmente si sono
astenuti in questa occasione. Si notino i seguenti fatti.
Il
voto per il PSUV, principale partito dell'alleanza che guida il
processo di cambiamento, ha subito solo una lieve diminuzione in
termini proporzionali rispetto al 7 ottobre (-3,0%, circa 194 mila
voti), e la maggior parte della diminuzione di voti è stata pagata
dagli altri partiti dell'alleanza. In termini proporzionali, i
partiti che più hanno sofferto sono stati IPCN (-64,2% rispetto al 7
ottobre, circa 45 mila voti in meno), PRT (-61,5%, 36 mila voti in
meno), REDES (-52,4%, 104 mila voti), MEP (-49,9%, 93 mila voti), PPT
(-46,6%, 103 mila voti) e PCV (-42,1% rispetto al voto del 7 ottobre,
circa 206 mila voti in meno) [*]
L'argomentazione
del "voto punitivo" è basata sul malcontento popolare di
fronte alle gravi carenze della gestione governativa, gli effetti
della svalutazione, i fallimenti del servizio elettrico, la scarsità
di beni di consumo, l'aumento della criminalità e l'aumento
dell'inflazione. Ma questo pone un problema statistico: se i
risultati dell'alleanza fossero classificati semplicemente come "voto
punitivo", allora questa punizione, a parità di condizioni
("con le altre variabili immutate") dovrebbe ripartirsi tra
tutti i partiti dell'alleanza e a ciascuno toccherebbe una quota
direttamente proporzionale al suo peso relativo in essa.
Tuttavia
questo non è accaduto. Fino al 14 aprile, il PSUV rappresentava il
78% dell'alleanza, per cui statisticamente questo partito avrebbe
dovuto ricevere il 78% della "punizione", perdendo 472 mila
voti. Allo stesso modo, il PCV (che rappresentava il 6%
dell'alleanza), avrebbe dovuto perdere solo 36 mila voti e, seguendo
la stessa logica, al PPT sarebbe dovuto corrispondere una riduzione
di soli 16 mila voti, REDES 15 mila, al MEP 14 mila, a IPCN 5 mila e
PRT 4 mila. Il fatto che la riduzione di voti dell'alleanza non sia
distribuito proporzionalmente tra i partiti che la compongono e che
il principale componente dell'alleanza sia stato il meno "punito"
dall'elettorato, indebolisce l'ipotesi del "voto punitivo".
Ci
devono esser stati, pertanto, altri fattori che sono entrati in gioco
e che spiegano questi risultati. E' probabile, per esempio, che si
sia verificato il fenomeno della "astensione punitiva", che
già si presentò con forza nel 2007 e contribuì alla sconfitta
elettorale del cosiddetto "chavismo" nel referendum sulla
riforma costituzionale.
La
relativamente piccola diminuzione di voti al PSUV, indebolisce anche
l'ipotesi della diserzione o frammentazione intenzionale degli
elettori di questa organizzazione per presunte tensioni o divisioni
interne. Tutto indica che la reazione emotiva degli elettori del PSUV
per la morte del presidente Chavez, ha temporaneamente unificato il
partito proteggendolo da un ulteriore collasso. E' possibile,
tuttavia, che alcune delle tensioni intra-PSUV siano state drenate da
Tupamaros (77 mila voti in più rispetto al 7 ottobre), come si
verificò anche in occasione delle elezioni parlamentari del 2010.
Il
risultato del PCV
Il
PCV ha subito una significativa riduzione dei voti: dai quasi 490
mila del 7 ottobre ai circa 284 mila del 14 aprile. Questa riduzione,
anche se sensibile, non era del tutto inaspettata e non deve
allarmare più di tanto. Il nostro Ufficio politico nella riunione
dell'8 ottobre e l'XI Plenum del Comitato Centrale - realizzato due
settimane dopo - aveva avvertito che questi 490 mila voti non erano
"nostri", ma rappresentavano la volontà di diverse
correnti del movimento operaio e popolare, di ampi settori classisti,
critici, propositivi, autonomi e rivoluzionari, che sono a favore di
un approfondimento del processo, di una sua depurazione e del
conseguente orientamento verso il socialismo. Una parte di queste
correnti hanno espresso le loro aspirazioni e il loro disaccordo lo
scorso anno attraverso la nostra scheda. Non lo hanno fatto il 14
aprile, ma probabilmente torneranno a farlo ancora in futuro.
Tuttavia, è nostro obbligo capire le cause di questa riduzione
significativa della nostra base elettorale.
L'ipotesi
del "voto punitivo" tuttavia è ancor meno adeguata per
spiegare la riduzione del voto al PCV, che per il resto
dell'alleanza. Non ha senso pensare che il partito che è stato meno
coinvolto nelle attività di governo, sia stato uno dei più "puniti"
dalla reazione popolare a questa gestione.
Si
noti che, come ha sottolineato l'Ufficio politico e il Comitato
Centrale nel mese di ottobre, una delle componenti importanti del
nostro voto proviene di solito dalle correnti classiste del movimento
operaio. Questo era particolarmente vero nel 2012, come risultato
della lunga offensiva guidata dal PCV per una nuova e rivoluzionaria
legge sul lavoro (LOT) e in favore dell'approvazione della Legge sui
Consigli dei lavoratori e lavoratrici. Negli oltre tre anni in cui
durò questa campagna, per il PCV, in particolare attraverso la
Corrente classista dei lavoratori "Cruz Villegas", si
crearono stretti legami di collaborazione e appoggio reciproco con i
settori più avanzati e organizzati della classe lavoratrice, che
ebbe concreta espressione elettorale il 7 ottobre.
Ma
nei mesi trascorsi tra le due elezioni presidenziali, questo rapporto
è diventato un po' meno stretto, in parte perché già si era
raggiunta la riforma della LOT, nonostante tutti i suoi difetti, e in
parte perché gli eventi nazionali (tre elezioni in sei mesi, la
malattia e la morte del presidente Chavez, la svalutazione ed i suoi
effetti) hanno distratto il centro dell'attenzione del movimento
operaio cambiando le sue priorità, ciò che ha inciso sulla politica
del PCV.
Sindacalismo
di classe e "astensione punitiva"
Si
deve inoltre tener conto della tensione che esiste tra i settori più
avanzati del movimento operaio-sindacale e il governo, in vista dei
numerosi conflitti lavorativi che si sono verificati in questi ultimi
anni, e la risposta insoddisfacente data dal governo a queste
situazioni, sia come patrocinatore dei diversi enti e imprese dello
Stato, che in qualità di responsabile e arbitro dei rapporti di
lavoro attraverso gli Ispettorati e altre agenzie del Ministero del
Lavoro (Mintrass). I numerosi casi di vessazioni e ostilità contro i
Consigli dei lavoratori, l'ostacolo alla formalizzazione dei
sindacati in processo di costituzione, il ritardo e la riluttanza
nella discussione e firma dei contratti e accordi collettivi, il
licenziamento ingiustificato e gli abusi generalizzati nel lavoro in
cui è incorso il governo, tanto in qualità di parte padronale che
nel Mintrass, hanno creato un clima di rabbia tra i lavoratori
organizzati.
E
a questo si aggiungono gli attacchi orchestrati negli ultimi due anni
dal governo e dal PSUV contro l'Unione Nazionale dei Lavoratori
(UNETE), nel processo di costituzione della cosiddetta Centrale
Bolivariana Socialista dei Lavoratori (CBST), organizzazione di
carattere padronale, dipendente e sottomessa al governo, che ha
causato gravi danni alla già fragile unità del movimento
operaio-sindacale. Non è un caso che UNETE, che aveva attivamente
fatto campagna per la rielezione del presidente Chavez nel mese di
ottobre, non abbia partecipato alla campagna per l'elezione
dell'attuale presidente Maduro, che molti identificano come uno dei
principali dirigenti del settore che ha scatenato la campagna di
attacchi contro UNETE e il sindacalismo di classe autonomo.
Non
abbiamo alcun dubbio che, con l'inibizione di UNETE, nel cui seno
sviluppa la propria attività la Corrente classista dei lavoratori
"Cruz Villegas", e il malessere generale tra i settori più
coscienti e avanzati del movimento operaio-sindacale, il PCV abbia
perso il 14 aprile decine di migliaia di voti che ci avevano
accompagnato nelle precedenti elezioni presidenziali e che questa
volta hanno ingrossato le fila della "astensione punitiva".
E'
stato difficile per coloro che hanno subito gravi e ripetuti
attacchi, generalmente attribuiti a un settore vicino al presidente
Maduro, votare per lui. E il PCV non è riuscito a far loro
comprendere appieno l'importanza delle elezioni che si avvicinavano e
la necessità di rinviare temporaneamente le loro legittime lamentele
di fronte alla contraddizione principale del momento, dal momento che
la possibilità della soluzione reale delle loro rivendicazioni
dipende dalla continuità e dall'approfondimento del processo
rivoluzionario di cambiamento, nella prospettiva dell'obiettivo
socialista.
*
Membro del Comitato Centrale e del Dipartimento nazionale
d'istruzione ideologica del PCV.
Articolo
pubblicato su Tribuna Popular 220
NdR
[*]
Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV); Partito Comunista del
Venezuela (PCV); Movimento Elettorale del Popolo (MEP); Patria per
Tutti (PPT); Indipendenti per la Comunità Nazionale (IPCN); REDES;
Partito Rivoluzionario del Lavoro (PRT)
Sobre
los resultados electorales del 14 abril
Fernando
Arribas García *
El
resultado final de las elecciones del 14-A adjudica a la oposición
más de 7 millones 362 mil votos, lo que representa un crecimiento de
unos 770 mil votos con respecto al 7 de octubre de 2012. Pero este
aumento aparentemente impresionante no es en realidad tan grande.
Obsérvese lo siguiente:
Hubo
un pequeño incremento de la abstención desde las elecciones
presidenciales del 7-O (de 19,8% a 20,4%, unos 107 mil
abstencionistas más). Sin embargo, este incremento fue compensado
con creces por una reducción de los votos «nulos» (de 1,9% a 0,4%,
unos 221 mil menos). Como resultado neto, hubo un aumento del total
de votos válidos (+0,8%, unos 114 mil votos adicionales). Hubo
además una reducción importante de los votos por «otros»
(candidatos distintos a los dos principales) desde el 7-O al 14-A
(-56,8%, unos 51 mil votos menos).
En
realidad, tanto el volumen de votos «nulos» como el de votos por
«otros» habían sido excesivos en 2012. En ambos casos, los
resultados del 7-O superaron los niveles que eran estadísticamente
esperables según las tendencias históricas recientes: hubo unos 170
mil votos «nulos» y unos 60 mil votos por «otros» más que lo que
era estadísticamente esperable.
Estas
anormalidades estadísticas ocurridas el 7-O tienen una misma
explicación: el cambio de candidatura de una organización que
apoyaba a Capriles y lo sustituyó (recuérdese el «fenómeno»
Reyna Sequera, candidata que obtuvo el 7-O casi 71 mil votos, de los
cuales 66 mil correspondieron a una tarjeta que inicialmente apoyaba
a Capriles), y las anulaciones del apoyo de otras tres organizaciones
al candidato de la oposición. En todos los casos, estos cambios
fueron hechos a última hora y no quedaron reflejados en la boleta
electoral que ya estaba impresa.
En
consecuencia, a Capriles no se le contabilizaron en 2012 unos 230 mil
votos que fueron emitidos en su favor por los electores, pero usando
alguna de las tarjetas que habían cambiado de candidato o anulado su
postulación, y sin embargo tenían su foto impresa en la boleta.
Obsérvese que el 14-A la oposición participó bajo una denominación
única (MUD), con lo que se eliminó la posibilidad de que ocurrieran
de nuevo estas situaciones. Así que el crecimiento de la oposición
de 2012 a 2013 no fue de 770 mil votos sino de alrededor de 540 mil
votos, seguramente procedentes en su mayoría de la porción del
electorado que se había abstenido el 7-O.
¿«Voto
castigo»?
El
resultado final del 14-A adjudica al Presidente Maduro más de 7
millones 586 mil votos, lo que representa una reducción con respecto
al 7-O de unos 605 mil votos, que muy probablemente se abstuvieron en
esta oportunidad. Obsérvense los siguientes hechos:
La
votación por el PSUV, principal partido de la alianza que impulsa el
proceso de cambios, sufrió apenas una leve disminución en términos
proporcionales con respecto al 7-O (-3,0%, unos 194 mil votos), y el
grueso de la disminución del voto de la alianza fue sufrido por el
resto de los partidos de la misma. En términos proporcionales, los
partidos que más sufrieron fueron IPCN (-64,2% de su votación del
7-O, unos 45 mil votos menos), PRT (-61,5%, 36 mil votos menos),
REDES (-52,4%, 104 mil votos), MEP (-49,9%, 93 mil votos), PPT
(-46,6%, 103 mil votos) y PCV (-42,1% de su votación del 7-O, unos
206 mil votos menos).
La
argumentación del «voto castigo» se sustenta en la insatisfacción
popular ante las graves deficiencias de la gestión gubernamental,
los efectos de la devaluación, las deficiencias del servicio
eléctrico, la escasez de bienes de consumo, el auge de la
delincuencia y el repunte de la inflación. Pero esto plantea un
problema estadístico: si los resultados de la alianza del proceso se
debieran simplemente al llamado «voto castigo», entonces ese
castigo, bajo condiciones ceteris paribus («con las demás
variables inalteradas») se habría repartido proporcionalmente entre
todos los partidos de la alianza y a cada cual le habría tocado una
alícuota directamente proporcional a su peso relativo en el total de
la alianza.
Sin
embargo esto no fue así. Hasta el 14-A, el PSUV representaba el 78%
de la alianza, por lo que lo estadísticamente esperable era que este
partido recibiera el 78% del «castigo» y hubiera perdido 472 mil
votos. De igual manera, el PCV (que representaba 6,0% de la alianza),
debería haber perdido sólo 36 mil votos; y, siguiendo con la misma
lógica, a PPT le correspondía una reducción de apenas 16 mil
votos, a REDES 15 mil, a MEP 14 mil, a IPCN 5 mil y a PRT 4 mil. El
hecho de que la reducción del voto de la alianza no se haya
distribuido proporcionalmente entre los partidos que la componen y
que el principal componente de la alianza haya sido el menos
«castigado» por el electorado, debilita la hipótesis del «voto
castigo».
Tiene
que haber habido, por lo tanto, otros factores que entraron en juego
y explican los resultados de la alianza. Es probable, por ejemplo,
que haya ocurrido el fenómeno de la «abstención castigo», que ya
se hizo presente con fuerza en 2007 y contribuyó a la derrota
electoral del denominado «chavismo» en el referendo por la reforma
constitucional.
La
relativamente pequeña disminución de la votación del PSUV, también
debilita la hipótesis de la deserción o fragmentación intencional
de los votantes de esta organización por supuestas tensiones o
divisiones internas. Todo indica que la reacción emotiva de los
votantes del PSUV ante la muerte del Presidente Chávez, unificó
temporalmente a este partido y lo protegió de un mayor descalabro.
Es posible sin embargo que algunas de las tensiones intra-PSUV se
hayan drenado hacia Tupamaro (77 mil votos más que el 7-O), como
podría haber ocurrido también en las elecciones parlamentarias de
2010.
La
votación del PCV
El
PCV sufrió una significativa reducción de su votación: de casi 490
mil votos el 7-O a unos 284 mil el 14-A. Esta reducción, aunque
sensible, no era enteramente inesperada ni debe alarmarnos en exceso;
ya nuestro Buró Político, en su reunión del 8 de octubre, y el XI
Pleno del Comité Central –realizado menos de dos semanas más
tarde–, advirtieron que esos 490 mil votos no eran «nuestros»,
sino que representaban la voluntad de diferentes corrientes del
movimiento obrero y popular, de amplios sectores clasistas, críticos,
propositivos, autónomos y revolucionarios, que están a favor de la
profundización del proceso, su depuración y orientación
consecuente hacia el socialismo. Una parte de estas corrientes que
expresaron sus aspiraciones y su disconformidad el año pasado a
través de nuestra tarjeta, no lo hicieron el 14-A, pero seguramente
volverán a hacerlo en el futuro. No obstante, es nuestra obligación
profundizar en las causas de esa notable reducción de nuestro caudal
electoral.
La
hipótesis del «voto castigo» es todavía menos adecuada para
explicar la reducción de la votación del PCV, que para la del resto
de la alianza. No tiene sentido suponer que el partido que ha estado
menos asociado con la gestión de gobierno, haya sido uno de los más
«castigados» por la reacción popular ante esa gestión.
Obsérvese
que, como lo apuntaban el Buró Político y el Comité Central en
octubre, uno de los componentes importantes de nuestra votación
proviene habitualmente de las corrientes clasistas del movimiento
obrero. Esto fue particularmente cierto en 2012, como resultado de la
larga ofensiva liderizada por el PCV en pro de una nueva y
revolucionaria Ley Orgánica del Trabajo (LOT) y en pro de la
aprobación de la Ley de los Consejos de Trabajadores y Trabajadoras.
En los más de tres años que duró esa campaña, el PCV,
especialmente a través de la Corriente Clasista de Trabajadores
«Cruz Villegas», forjó lazos estrechos de colaboración y apoyo
mutuo con los sectores más avanzados y organizados de la clase
trabajadora, lo que tuvo expresión electoral concreta el 7-O.
Pero
en los meses que transcurrieron entre ambas elecciones
presidenciales, esa relación se hizo algo menos estrecha, en parte
porque ya se había logrado la reforma de la LOT, pese a todas sus
deficiencias, y en parte porque los acontecimientos nacionales (tres
procesos electorales en seis meses, la enfermedad y muerte del
Presidente Chávez, la devaluación y sus efectos) distrajeron el
foco de atención del movimiento obrero y modificaron sus
prioridades, lo que incidió en la política del PCV.
El
sindicalismo clasista y la «abstención castigo»
Asimismo,
debe tomarse en cuenta la tensión que existe entre los sectores más
avanzados del movimiento obrero-sindical y el gobierno, en vista de
los numerosos conflictos laborales que se han venido suscitando en
los últimos años, y la insatisfactoria respuesta que ha dado el
gobierno a estas situaciones, ya en calidad de patrono en los
diferentes entes y empresas del Estado, o ya en calidad de rector y
árbitro de la relación laboral desde las Inspectorías y otras
dependencias del Ministerio del Trabajo (Mintrass). Los numerosos
casos de acoso y hostigamiento contra los Consejos de Trabajadores,
obstaculización de la formalización de sindicatos en proceso de
constitución, demora y renuencia en la discusión y firma de
contratos y convenciones colectivas, despido injustificado, y
maltrato laboral generalizado en que ha incurrido el gobierno, tanto
en su condición de parte patronal como desde el Mintrass, han creado
un clima de molestia entre los trabajadores organizados.
Y
a ello hay que agregar los ataques orquestados en los dos últimos
años desde el gobierno y desde el PSUV contra la Unión Nacional de
Trabajadores (UNETE), en el proceso de constitución de la llamada
Central Bolivariana Socialista de Trabajadores (CBST), organización
de carácter patronal, dependiente y sumisa al gobierno, que ha
causado serios daños a la ya frágil unidad del movimiento
obrero-sindical. No es casual que UNETE, que había hecho campaña
activamente a favor de la reelección del Presidente Chávez en
octubre, se haya inhibido de participar en la campaña por la
elección del hoy Presidente Maduro, a quien además muchos
identifican como uno de los dirigentes fundamentales del sector que
desató esa campaña de ataques contra UNETE y el sindicalismo
clasista autónomo.
No
nos cabe duda de que, con la inhibición de UNETE, en cuyo seno
desarrolla su actividad la Corriente Clasista de Trabajadores «Cruz
Villegas», y el malestar generalizado entre los sectores más
conscientes y avanzados del movimiento obrero-sindical, el PCV dejó
de recibir el 14-A decenas de miles de votos que nos habían
acompañado en la anterior elección presidencial y que en esta
oportunidad pasaron a engrosar las filas de la «abstención
castigo».
Era
difícil que quienes han sufrido severos y reiterados ataques
generalmente atribuidos a un sector cercano al Presidente Maduro,
votaran por él. Y el PCV no logró hacerles entender a cabalidad la
importancia de la elección que se avecinaba y la necesidad de
posponer temporalmente sus legítimos reclamos ante la contradicción
principal del momento, en vista de que la posibilidad de la solución
real de sus reivindicaciones depende de la continuidad y
profundización revolucionaria del proceso de cambios, en la
perspectiva del objetivo socialista.
*Miembro
del Comité Central y del Departamento Nacional de Educación
Ideológica del PCV.
Artículo
publicado en Tribuna Popular 220
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