giovedì 13 settembre 2012

Sahara: strumenti e conseguenze di un'occupazione/Sahara: herramientas y consecuencias de una ocupación


Sahara: strumenti e conseguenze di un'occupazione

04/09/2012
 
Sebbene pensando al Sahara la prima immagine che ci viene in mente è quella della Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD) e degli accampamenti dei rifugiati di Tinduf, l'occupazione del Sahara Occidentale da parte del Marocco costituisce ancora nel 2012 una realtà sanguinosa. Invisibile nei mass media, arrivano sue notizie solo in modo sporadico, quando ha luogo qualche evento che, per le sue dimensioni, riesce a superare la censura imposta dalla monarchia alauita, come nel caso del sanguinario smantellamento dell'accampamento di Gdeim Izik nel novembre 2010.
L'occupazione del Sahara Occidentale dopo il ritiro delle forze occupanti spagnole nel 1975, è stata portata a termine con gli strumenti abituali degli stati espansionisti: occupazione militare, instaurazione di uno stato poliziesco torturatore, invasione del territorio mediante coloni, proibizione dei mezzi di comunicazione e organizzazioni dissidenti, subordinazione dell'attività economica agli interessi della metropoli e colonizzazione culturale nel tentativo di distruggere i tratti linguistici e culturali del paese occupato.
Il Sahara Occidentale presenta, inoltre, una particolarità che lo distingue da altri molti paesi occupati: quella di essere un territorio conteso, in attesa di un referendum che conta sull'avallo dell'ONU. Benché il Marocco lo consideri suo territorio, lo includa nelle sue mappe e nei suoi programmi scolastici, lo amministri e sfrutti le sue risorse naturali ed il suo popolo, il suo diritto sul Sahara Occidentale non è formalmente riconosciuto a livello internazionale.
Ciò non è ostacolo alle forze di occupazione nella repressione continua, continuata ed impunita verso il popolo saharawi. Un numero impossibile da quantificare di omicidi, ma che arrivano a varie migliaia dall'inizio dell'occupazione, più di 500 sparizioni, migliaia di imprigionati in condizioni disumane di sovraffollamento e di umiliazioni costanti, diverse prigioni segrete nelle quali alcuni carcerati sono rimasti più di un decennio senza che nessuno sapesse dove fossero, applicazione sistematica della tortura ai detenuti e carcerati senza neanche la preoccupazione di non lasciare segni sui corpi, stupri di donne che organizzavano la lotta contro l'occupazione o semplicemente perché familiari di qualche detenuto... tutto ciò è una costante attenuata deliberatamente da molti stati che si definiscono "democratici." Quegli stessi stati che dimostrano stupore ed indignazione davanti alle violazioni dei diritti umani da parte dei governi che non si piegano ai loro interessi.
Questa situazione di repressione quotidiana condiziona completamente la vita del popolo saharawi nei territori occupati, poiché in pratica tutte le famiglie hanno sofferto la brutale repressione, in un modo o nell'altro. Le conseguenze per i popoli in lotta, le conosciamo tutti: esilio, famiglie separate, impossibilità di continuare gli studi, perdita del posto di lavoro e grandi difficoltà per trovarne un altro, penuria economica, controllo sociale costante, relegazione a cittadini di seconda scelta... Come fanno notare alcuni carcerati dopo essere usciti di prigione, si esce di galera per entrare in un'altra più grande, chiamata Aaiún, Smara, Dajla...
Ma se la repressione diretta costituisce il fenomeno più visibile dell'occupazione, non sono meno importanti altre strategie con le quali il regime alauí tenta di scardinare l'identità del popolo saharawi ed appoggia la marochinizzazione. Tra esse lo spostamento massiccio di popolazione marocchina nei territori occupati, che ebbe il suo principale precedente nella Marcia verde del 1975.
A partire da quel momento e specialmente a partire dal 1991, il regime marocchino ha promosso lo spostamento della popolazione marocchina per far procedere progressivamente la colonizzazione, offrendo condizioni vantaggiose ai nuovi coloni (posti di lavoro con stipendi allettanti, agevolazioni per comprare case, eccetera).
Parte di questi coloni rappresenta inoltre una forza di scontro addizionale nei casi in cui le forze repressive si vedono in difficoltà nelle grandi proteste, che arriva fino alla collaborazione di molti di loro come spie. Benché non esistano dati affidabili sulla popolazione perché non esiste un censimento pubblico, la supremazia numerica dei coloni marocchini nel Sahara Occidentale è un dato di fatto, si parla di 2 o 3 coloni per ogni saharawi. Con l'alterazione demografica, il regime marocchino persegue nel suo intento di annacquare l'identità e la presenza del popolo saharawi cercando di condizionare a suo favore i risultati di un possibile referendum, che ogni volta appare sempre più improbabile a causa degli ostacoli permanenti messi dal Marocco durante gli ultimi due decenni.
Ancora una volta e come possiamo attualmente verificare in Hego Euskal Herria, le modifiche del censimento ed i movimenti della popolazione si rivelano come un arma, come un grossolano stratagemma utilizzato per gli stati espansionisti per appoggiare la propria occupazione.
La dipendenza economica del Sahara occupato è anche un aspetto da sottolineare poiché condiziona non solo la vita giornaliera dei saharawi, ma anche la validità del loro futuro stato. Se già di per sé il Sahara è un territorio che ostacola o direttamente rende impossibile gran parte delle attività economiche, il Sahara liberato o RASD si trova in pieno deserto e le terre coltivabili sono principalmente sotto occupazione marocchina.
Le principali attività produttive nel Sahara Occidentale sono l'estrazione di fosfati, la pesca nelle zone marittime saharawi e la produzione di ortaggi in zone molto localizzate; attività destinate principalmente all'esportazione e ad ingrassare la monarchia alauí, come è stato denunciato varie volte da diverse istanze. Sostenuta in uno sistema di furto di risorse naturali, senza uno sviluppo equilibrato tra i differenti settori economici, ricevendo dal Marocco in pratica la totalità di fattori produttivi e degli alimenti, l'economia del Sahara Occidentale è completamente determinata dalla sua condizione di colonia.
Un altro aspetto dell'occupazione è il suo effetto deculturizzante che va molto oltre le conseguenze ovvie della supremazia demografica della popolazione marocchina su una cultura ed una lingua (il hassannia) che considera strano ed inferiore. Tutta una serie di misure legali assicurano un programma di studi educativo sostenuto dall'ideologia espansionista marocchina, una relegazione totale del hassania e perfino la proibizione di determinate pratiche abituali del popolo saharawi, come per esempio l'installazione di haimas [accampamenti ndt] nel deserto e lo smantellamento di Gdeim Izik.
In sintesi, tutta una strategia con varie espressioni per ridurre al minimo un popolo e consumare di fatto l'occupazione di un territorio. Nonostante ciò, il popolo saharawi continua a lottare e si intensifica il sentimento e la coscienza contro l'occupazione, specialmente tra la gioventù. Di fronte all'occupazione e all'occultamento internazionale e lungi da essere un popolo dominato, le migliaia di combattenti caduti e repressi, le proteste giornaliere e l'evidente presenza militare e poliziesca per strada mostrano che il popolo saharawi prosegue a lottare attivamente per il suo diritto ad essere libero, ad essere un popolo.
Il compito degli altri popoli del mondo è triplice e complementare: solidarizzare con la sua lotta, smascherare la complicità criminale degli stati che danno copertura all'occupazione del Sahara e lottare per la libertà del proprio paese di fronte a questi stati imperialisti, cosa che costituisce in ultima istanza il migliore contributo che possiamo offrire agli altri popoli del mondo, compreso il saharawi.

 Sahara: herramientas y consecuencias de una ocupación

Si bien al hacer referencia al Sahara la primera imagen que se nos viene a la mente es la de la República Árabe Saharaui Democrática (RASD) y los campamentos de refugiados de Tinduf, la ocupación del Sahara Occidental por Marruecos constituye una realidad sangrante todavía en 2012. Invisibilizada en los medios de comunicación, sólo nos llegan noticias muy esporádicamente, cuando tiene lugar algún suceso que, por sus dimensiones, consigue superar la censura impuesta por la monarquía alauita, como fue el caso del sangriento desmantelamiento del campamento de Gdeim Izik en noviembre de 2010.
La ocupación del Sahara occidental tras la retirada de las fuerzas ocupantes españolas en 1975 se ha llevado a cabo utilizando las herramientas habituales de los estados expansionistas: ocupación militar, instauración de un estado policial torturador, invasión del territorio mediante colonos, prohibición de medios de comunicación y organizaciones disidentes, subordinación de la actividad económica a los intereses de la metrópoli y colonización cultural que intenta destruir los rasgos lingüísticos y culturales del pueblo ocupado. El Sahara occidental presenta, además, una particularidad que lo diferencia de otros muchos pueblos ocupados; la de ser un territorio en disputa, en espera de un referéndum que cuenta con el aval de la ONU. Aunque Marruecos lo considere su territorio, lo incluya en sus mapas y en su currículum educativo, lo administre y explote sus recursos naturales y a sus pobladores, su derecho sobre el Sahara occidental no está formalmente reconocido a nivel internacional.
Ello no es óbice para que las fuerzas de ocupación repriman de forma continuada y con total impunidad al pueblo saharaui. Un numero imposible de cuantificar de asesinados pero que llegan a varios miles desde el comienzo de la ocupación, más de 500 desaparecidos, miles de encarcelados en unas condiciones infrahumanas de hacinamiento y humillaciones constantes, varias cárceles secretas en las que algunos presos han permanecido más de una década sin que nadie supiera su paradero, aplicación sistemática de la tortura a los detenidos y presos sin preocuparse siquiera de no dejar marcas, violación de mujeres por organizarse y luchar contra la ocupación o simplemente por ser familiares de algún detenido... son una constante obviada deliberadamente por muchos estados autodenominados «democráticos». Esos mismos estados que aparentan asombro e indignación ante violaciones de los derechos humanos por parte de gobiernos que no se pliegan a sus intereses.
Dicha situación de represión diaria condiciona por completo la vida del pueblo saharaui en los territorios ocupados, ya que prácticamente todas las familias han sufrido la brutal represión de una u otra forma. Las consecuencias las conocemos todos los pueblos en lucha: exiliados, familias rotas, imposibilidad de continuar los estudios, pérdida del puesto de trabajo y grandes dificultades para encontrar otro, penurias económicas, control social constante, relegación a ser ciudadanos de segunda... Como señalan algunos presos tras abandonar la prisión, salen de una cárcel para entrar en otra mayor, llamada El Aaiún, Smara, Dajla...
Pero si la represión directa constituye el fenómeno más visible de la ocupación, no son menos importantes otras estrategias con las que el régimen alauí intenta socavar la identidad del pueblo saharaui y afianzar la marroquización. Entre ellas destaca el desplazamiento masivo de población marroquí a los territorios ocupados, el cual tuvo su principal precedente en la Marcha verde de 1975.
A partir de ese momento, y especialmente a partir del alto el fuego de 1991, el régimen marroquí ha impulsado el desplazamiento de población marroquí para consumar progresivamente la colonización, ofreciendo condiciones ventajosas a los nuevos colonos (puestos de trabajo con sueldos atractivos, facilidades para comprar casas, etc). Parte de estos colonos supone además una fuerza de choque adicional para los casos en que las fuerzas represoras se ven desbordadas en grandes protestas, al margen de la colaboración de muchos de ellos como chivatos. Aunque no existen datos fiables sobre la población porque no existe un censo público, la supremacía numérica de los colonos marroquíes en el Sahara Occidental es un hecho (se habla de 2 o 3 colonos por cada saharaui). Con la alteración demográfica, el régimen marroquí persigue diluir la identidad y presencia del pueblo saharaui e intentar condicionar a su favor los resultados de un posible referéndum que cada vez se ve más improbable, debido a los permanentes obstáculos puestos por Marruecos a lo largo de las últimas dos décadas. Una vez más, y tal y como podemos comprobar actualmente en Hego Euskal Herria, las alteraciones del censo y los movimientos de población se revelan como un arma, como una burda estratagema, utilizada por los estados expansionistas para afianzar su ocupación.
La dependencia económica del Sahara ocupado es también un aspecto a destacar, ya que condiciona no sólo la vida diaria de los saharauis sino también la viabilidad de su futuro estado. Si ya de por sí el Sahara es un territorio que dificulta o directamente imposibilita gran parte de las actividades económicas, el Sahara liberado o RASD se encuentra en pleno desierto, quedando las tierras cultivables principalmente bajo ocupación marroquí. En este sentido, las principales actividades productivas en el Sahara Occidental son la extracción de fosfatos, la pesca en los caladeros saharauis y la producción de hortalizas en zonas muy localizadas; actividades destinadas principalmente a la exportación y a engordar las arcas de la monarquía alauí, como se ha denunciado reiteradamente desde diversas instancias. Sustentada en un esquema de robo de recursos naturales, sin un desarrollo equilibrado entre los diferentes sectores económicos, recibiendo desde Marruecos la práctica totalidad de insumos y alimentos, la economía del Sahara Occidental está totalmente determinada por su condición de colonia.
Otro aspecto de la ocupación es su efecto aculturizante, que va mucho más allá de las consecuencias obvias de la supremacía demográfica de la población marroquí sobre una cultura y un idioma (el hassannia) que consideran extraño e inferior. Toda una batería de medidas legales aseguran un currículum educativo sustentado en la ideología expansionista marroquí, una relegación total del hassania e incluso la prohibición de determinadas prácticas habituales del pueblo saharaui, como por ejemplo la instalación de haimas en el desierto desde el desmantelamiento de Gdeim Izik.
En resumen, toda una estrategia con variadas expresiones para minorizar a un pueblo y consumar de facto la ocupación de un territorio. A pesar de ello, el pueblo saharaui sigue luchando y se intensifica el sentimiento y la conciencia contra la ocupación, especialmente entre la juventud. Frente a la ocupación y la ocultación internacional, y lejos de ser un pueblo dominado, los miles de luchadores y luchadoras caídos y reprimidos, las protestas diarias y la evidente presencia militar y policial en las calles muestran que el pueblo saharaui sigue vivo y luchando por su derecho a ser libre, a ser un pueblo más.
La labor de los demás pueblos del mundo es triple y complementaria: solidarizarnos con su lucha, desenmascarar la complicidad criminal de los estados que dan cobertura a la ocupación del Sahara y luchar por la libertad del propio pueblo frente a dichos estados imperialistas, lo cual constituye en último término la mejor aportación que podemos ofrecer a los demás pueblos del mundo, incluido el saharaui.

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