domenica 29 luglio 2018

IL #NICARAGUA E LA LOTTA ANTIMPERIALISTA




..Al fine di fare chiarezza sulla storia recente del Nicaragua, da qualche mese colpito da una nuova “rivoluzione colorata” organizzata dall'imperialismo. Gramsci diceva che “la Storia insegna ma non ha scolari”. Spero che queste pagine possano mostrare che qualche scolaro ce l'ha ancora, aiutando anzitutto il movimento comunista a cogliere il nesso tra quanto sta accadendo oggi in Nicaragua e la storia recente non soltanto sua, ma più in generale dell'America Latina e dell'intero “Terzo Mondo” posto sotto costante attacco da parte dell'Imperialismo Statunitense. ..




Estratto da Alessandro Pascale (a cura di), “A Cent'anni dalla Rivoluzione d'Ottobre. In Difesa del Socialismo Reale e del Marxismo-Leninismo”, Volume II, dicembre 2017, pp. 450-460; il libro è scaricabile gratuitamente su www.intellettualecollettivo.it.
 Il testo viene messo a disposizione dell'Associazione Politico-Culturale “Marx21” al fine di fare chiarezza sulla storia recente del Nicaragua, da qualche mese colpito da una nuova “rivoluzione colorata” organizzata dall'imperialismo. Gramsci diceva che “la Storia insegna ma non ha scolari”. Spero che queste pagine possano mostrare che qualche scolaro ce l'ha ancora, aiutando anzitutto il movimento comunista a cogliere il nesso tra quanto sta accadendo oggi in Nicaragua e la storia recente non soltanto sua, ma più in generale dell'America Latina e dell'intero “Terzo Mondo” posto sotto costante attacco da parte dell'Imperialismo Statunitense.
Su questi temi ricordo che nel libro sono presenti ampi materiali, concentrati soprattutto nel secondo volume. Alessandro Pascale 20 luglio 2018

5. IL NICARAGUA E LA GUERRIGLIA ANTIMPERIALISTA DI SANDINO.

“Quando accetta la riunione con Sacasa, Sandino nomina Ramón Raudales come capo del distaccamento di Wiwilí e si dirige verso Managua in compagnia di suo fratello Socrate e dei generali Estrada ed Umanzor, (16 febbraio). Dichiara che la Guardia Nazionale è incostituzionale (17 febbraio). Si riunisce infine con Sacasa e Somoza nella casa Casa Presidenziale (18 febbraio). Il quotidiano La Prensa afferma che Sandino deve consegnare le armi senza condizioni (18 febbraio). Sacasa nomina il generale Horacio Portocarrero delegato presidenziale nei dipartimenti del nord, con l'aperta opposizione di Somoza (20 febbraio). Dopo una conversazione telefonica, Arthur Bliss Lane e Somoza concedono un'intervista (21 febbraio). Successivamente Lane pranza con Moncada. Alle sei del pomeriggio dello stesso giorno, Somoza si riunisce con sedici ufficiali della guardia nazionale per concludere il piano criminale. Dopo una cena con Sacasa Sandino, scendendo dalla Casa Presidenziale, viene rapito e portato al campo di aviazione a nordest di Managua dove viene assassinato in compagnia del generale Francisco Estrada e Juan Pablo Umanzor (21 febbraio); pochi istanti prima la stessa sorte toccò a suo fratello Sócrates. La Guardia Nazionale attacca la cooperativa agricola di Sandino a Wiwilí. Molti sandinisti vengono assassinati e il generale Abraham Rivera si arrende (3 marzo). Il Congresso Nazionale approva un decreto di amnistia per coloro che commisero qualsiasi delitto dal 16 di febbraio del 1933 in avanti (25 di agosto).” (cronistoria della morte di Sandino) (1) “Andremo verso il sole della libertà o verso la morte; se moriamo, la nostra causa continuerà a vivere.” (Augusto Cesar Sandino)2 Nell'agosto del 1925 i marines statunitensi lasciavano il Nicaragua dopo 13 anni di occupazione ma per mantenere alla presidenza Adolfo Dìaz, ex impiegato di una compagnia mineraria yankee e uomo di fiducia del Dipartimento di Stato, tornò con 2000 soldati per pacificare gli animi di ribellione nello stesso Esercito. Uno dei capi liberali, Augusto Nicolás Calderón Sandino (Niquinohomo, 18 maggio 1895 – Managua, 21 febbraio 1934), guadagnò la via delle montagne e da lì guidò la resistenza rivoluzionaria alla presenza militare statunitense dal 1927 al 1933, diventando uno precursori della guerriglia contro gli eserciti professionali e tenendo in scacco le truppe invasori che nel frattempo si davano ai saccheggi e bombardavano campagne e villaggi: “Lotto per espellere dalla mia patria l'invasione straniero. Il solo modo di mettere fine a questa lotta è che le forze che hanno invaso il territorio nazionale si ritirino immediatamente”. Di fronte all'impossibilità di una vittoria militare, gli USA di Roosevelt capitolarono, accettando il cambio di governo e ritirando le forze armate statunitensi. Ma l'autentico uomo forte, il capo della Guardia nazionale Anastasio Somoza, ex giocatore di poker e falsario, era devoto agli yankee e fu lui, il 21 febbraio 1934, a far rapire e assassinare Sandino, aprendosi le porte per il potere sotto il buon auspicio di Washington, che poté imporlo come presidente senza ulteriori resistenze nel 1936. Riportiamo quanto scrive Paco Pena: “Fedele agli interessi imperialistici, il suo governo fu una

1 - Aporrea.org, “Si compiono 76 anni dall'assassinio di Augusto César Sandino, Generale degli Uomini Liberi”, 22 febbraio 2010, disponibile su http://www.resistenze.org/sito/te/po/ni/poniab22-006395.htm.
 2 - Citato in Cubainformazione, “Sandino, un esempio di resistenza”, 18 maggio 2017, disponibile su http://www.cubainformazione.it/?p=23484.

successione di crimini e corruttele. Rimase al potere fino al 1956, quando venne crivellato di pallottole dal poeta Rigoberto Perez. Il presidente Franklin D. Roosevelt disse di Somoza, l'uomo degli USA: “Somoza sarà pure un figlio di puttana, ma è un figlio di puttana che sta dalla nostra parte”.” (Paco Pena) (3) Su Sandino ha scritto Bianca Braccitorsi (4 ): “Cesar Sandino ragazzo e adolescente, assisté alla caduta del presidente Zelaya, liberale blandamente progressista ma geloso dell'indipendenza del suo paese, al primo sbarco dei marines Usa a sostegno del colpo di stato del partito conservatore, alla ribellione del generale indio Zeledon, schiacciata nel sangue. Giovane e già esperto meccanico nel 1920 fu coinvolto in una rissa e costretto ad espatriare in Honduras, in Guatemala, e infine in Messico a Tampico, città operaia con una vivace presenza sindacale, dove ebbe la possibilità di dare uno sbocco politico alle sue confuse idee di giustizia sociale e indipendenza nazionale, scoprendo il legame fra i discorsi di Simon Bolivar, letti nella biblioteca paterna, e le miserabili condizioni di vita di sua madre. Individuò anche il nemico da battere, l'imperialismo USA. Con questo bagaglio, più qualche risparmio ed una pistola, nel 1926 tornerà nel Nicaragua ancora una volta invaso dai marines accorsi a sostenere i conservatori minacciati da una rivolta liberale. Cesar Sandino fu accolto con diffidenza da patrioti sinceri che volevano l'indipendenza nazionale, ma mantenendo ben ferme le distinzioni di classe: “Terra ai contadini” è una parola d'ordine “bolscevica” e i bolscevichi non hanno buona fama nella borghesia latino americana. Rispondono invece con slancio, contadini operai e ragazze di vita di Puerto Cabezas, con l'aiuto dei quali vengono recuperati fucili e munizioni gettati in mare per ordine degli statunitensi. Di queste armi e di trecento uomini è fatto il nucleo iniziale dell'esercito sandinista che ha nel suo programma politico, oltre alla fine di ogni intromissione militare, politica e economica degli Usa in Nicaragua, la riforma agraria, il controllo del lavoro di donne e minori, l'istruzione e la sanità pubbliche e gratuite. Aderiscono i vecchi militanti delusi dai vecchi capi nazionalisti, uomini e donne dei villaggi indios depredati, operai, studenti e anche rivoluzionari provenienti da tutta l'area latinoamericana, tra i quali il salvadoregno Farabundo Martì, più tardi fondatore del partito comunista del suo paese e fucilato dal dittatore Martinez. “Avremo in Nicaragua il nostro trionfo definitivo” scrive Sandino “con cui si accenderà la miccia dell'esplosione proletaria contro gli imperialisti della terra”.”
Ha scritto righe altrettanto intense Dante Liano (5 ): “Forse la magia di Augusto César Sandino sta nel

3 - P. Pena, “Gli interventi statunitensi in America Latina”, cit., pp. 344-345.
4 - B. Braccitorsi, “Il generale degli uomini liberi”, 23 febbraio 2004, disponibile su http://www.resistenze.org/sito/te/po/ni/poni4b23.htm.
 5 Dalla prefazione di M. Campisi, “Sandino. Il generale degli uomini liberi”, Fratelli Frilli editori, 2003.

fatto che non rappresenta l’eroe tipico, lontano e irraggiungibile. Nei murales, il volto meticcio deve essere colorato di marrone, non di arancione come si fa coi bianchi, e i suoi tratti regolari non denunciano nessuna bellezza cinematografica. Ha il volto segnato di qualunque contadino centroamericano. Il cappello, poi, bianco alato con una striscia alla base, è quello di tutti i lavoratori che si recano al lavoro, sotto le stelle mattutine. Sandino è un eroe, non un mito, e per questo lo troviamo molto più vicino a noi. Non una vita stupenda né cinematografica, ma l’eterna esistenza degli umili. La sua grandezza è la sua ribellione. Sandino imparò a dire di no agli americani in Messico, coi rivoluzionari di quel paese, e vide che si poteva mantenere la dignità e la vita contemporaneamente. Forse, il gesto più significativo della sua vita fu dire di no al padre. Volano via in questo episodio terribile tutti i trattati di psicoanalisi e di sociologia prodotti dai nostri scienziati. Il padre, uomo semplice e tranquillo, che segue gli ordini del governo senza riflettere, va dal figlio a dirgli: “Arrenditi”. La frase deve essere stata ancora più comica, dato il nome di Sandino: “Augusto César, arrenditi!”. E Sandino, che è sicuro dei suoi ideali, manda a quel paese suo padre e i generali che gliel’hanno mandato. Sandino è uomo libero, è “il generale degli uomini liberi”, e gli uomini liberi sono un esercito di straccioni, donne e bambini, che lo seguono per le montagne del Nicaragua. “Qui non si arrende nessuno!” gridano con le bandiere sandiniste sporche del fango e rotte dalle intemperie. Sopra di loro, il cielo stellato di Kant e del Nicaragua. Sandino abbraccia gli uomini, non gli dà la mano. Fa parte delle sue credenze spiritiste. Sandino porta con sé l’aura della dignità. A un certo punto, per sempre, Sandino diventa la dignità dei centroamericani. Un uomo buono e deciso, testardo e tutto d’un pezzo come può indovinare il tradimento di uno dei più malvagi uomini politici dell’America Centrale, il servo Anastasio Somoza? Avvolto nella sua dignità, Augusto César Sandino va incontro alla morte. […] Conoscere la storia di questo eroe semplice è imparare cosa è il Centroamerica e dove scorrono le sue arterie più nascoste, le sue “vene profonde”, là dove la gente ricorda e recupera il suo statuto di umanità. Augusto César Sandino, la storia del nostro orgoglio e la nostra libertà.
5.1. I SANDINISTI AL POTERE IN NICARAGUA
Il 19 luglio 1979 il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale riesce ad entrare a Managua, capitale, e a porre fine alla dittatura della famiglia dei Somoza, istruita e armata dagli americani, di cui era fedele ed ubbidiente alleata. Il Frente Sandinista de Liberacion Nacional (FSLN), era stato fondato nel 1961 e aveva aggiunto nel 1963 la denominazione sandinista in onore al comandante guerrigliero Augusto César Sandino. Il Fronte gode di un vastissimo appoggio popolare, soprattutto tra i contadini (che più scontavano la repressione degli sgherri di Somoza e il durissimo sfruttamento a cui erano sottoposti dalle multinazionali nordamericane), tra gli studenti, gli intellettuali, e molti cristiani della chiesa povera, convinti assertori della teologia di liberazione. L'esasperazione creata dai Somoza, che avevano creato una dittatura che basata sul massacro e sul terrore, sullo sfruttamento dei territori e sull'abbandono della popolazione (più del 75% di analfabeti e due terzi della popolazione che guadagnava meno di 300 dollari all'anno, mentre Somoza, in esilio di Miami, aveva cumulato secondo l'intelligence statunitense circa 900 milioni di dollari), ha negli anni spesso portato a gesti individuali estremi e azioni di rivolta, susseguitesi per i decenni successivi, e creano sempre più consenso nei confronti dell'organizzazione sandinista: tanto per fare degli esempi, la liquidazione dell'odiato generale Perez Vega, caduto nella trappola tesagli dall'avvocatessa militante Nora Astorga o la spettacolare operazione di occupazione del Palazzo Nazionale, con il sequestro di 76 membri del congresso. Il 10 gennaio 1978 Pedro Joaquin Chamorro, editore di uno dei giornali di opposizione al regime, La Prensa, viene assassinato da sicari di Somoza, di fatto facendo crescere l'indignazione popolare e preparando il terreno per l'offensiva finale. A seguito di questo omicidio la rivolta popolare dilaga in tutte le città del Paese, mentre l'offensiva sandinista parte alla conquista delle campagne. Il presidente USA Carter non riesce nell'intento di promuovere dal nulla un'alternativa “moderata” ai sandinisti, facendo promuovere all'ultimo momento dalla stampa e dai sindacati controllati dalla CIA la necessità di un nuovo movimento politico: in poco più di un anno la dittatura è rovesciata e il FSLN sale al potere. A questo punto Carter “autorizzò la CIA a offrire un sostegno finanziario e di altro genere agli oppositori” e iniziarono a far “pressioni sui sandinisti affinché includessero nel nuovo governo alcuni personaggi”. Si continuò il finanziamento “a organizzazioni non governative e al settore privato, compreso l'American Institute for Free Labor Development, da lungo tempo avamposto della CIA”, con l'obiettivo evidente di rinsaldare le posizioni per “rafforzare gli uomini della cosiddetta opposizione moderata e indebolire l'influenza dei paesi socialisti in Nicaragua”. Ogni aiuto militare venne rifiutato, mentre nel frattempo i sostenitori di Somoza si organizzarono come contras, nell'attuare azioni terroristiche contro il governo che nel frattempo attuò una politica da subito incentrata sull'alfabetizzazione di massa, sul miglioramento del sistema sanitario nazionale e in genere nel miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Il nuovo governo espropriò naturalmente i beni di Somoza (le sole proprietà agricole corrispondevano a un quarto dell'arativo totale) e le aree non coltivate, ridistribuendo le terre confiscate a circa 60.000 famiglie contadine; nazionalizzò le banche private, le compagnie di assicurazione, i settori minerario, forestale e ittico, istituì una serie di enti pubblici, come l'ENAL (Empresa Nicaragüense del Algodón), la BANANIC (Empresa Nicaragüense del Banano), l'ANAZUCAR (Empresa Nicaragüense del Azúcar), l'ENMAR (Empresa Nicaragüense de Productos del Mar) ecc., per incrementare le principali produzioni e controllare il relativo commercio.
Un rapporto di Amnesty International riguardante i primi tre anni della Giunta al potere (1979-1981) giudicò la situazione dei diritti dell'uomo in Nicaragua notevolmente migliorata. Nell'agosto 1979 venne emanato lo Statuto dei diritti e garanzia dei nicaraguensi e abolita la pena di morte e fu promulgato lo Statuto Fondamentale della Repubblica di Nicaragua; quest'ultimo abolì la costituzione, la presidenza, il congresso e tutte le corti; garantì il pieno rispetto della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e del Patto Internazionale sui diritti civili e politici dell’ONU e della Dichiarazione Diritti e Doveri dell’Uomo dell’Organizzazione degli Stati Americani, sancì l'uguaglianza incondizionata di tutti i nicaraguensi, la libertà di coscienza e di religione, di unione e organizzazione politica, sciolse la Guardia Nazionale e gli organi di spionaggio, istituì un Esercito Nazionale composto dai combattenti del FSLN e dagli ufficiali della disciolta Guardia Nazionale che si erano uniti alla lotta per il rovesciamento di Somoza. Lo Statuto precisava, inoltre, che l'Esercito assumeva temporaneamente le funzioni di polizia in tutto il paese. Chiaramente iniziava il boicottaggio economico da parte statunitense con le strategie che ormai ben già conosciamo, e quando salì al potere Reagan, condannò “la scalata al potere del Nicaragua dei marxisti-leninisti” e si affrettò a trovare ogni mezzo, legale o illegale, per finanziare i Contras nella guerriglia.(6)

6 -  W. Blum, “Il libro nero degli Stati Uniti”, cit., pp. 432-452. 5.2. L'AIUTO DEL BLOCCO SOCIALISTA CONTRO I CONTRAS DELLA CIA.

5.2. L'AIUTO DEL BLOCCO SOCIALISTA CONTRO I CONTRAS DELLA CIA.

A questo punto diamo la parola a Andrew e Gordievskij7 per mostrare l'atteggiamento del blocco socialista: “Malgrado l'appoggio cubano […] Mosca non si precipitò a soccorrere i sandinisti. Apprezzava il loro sostegno morale” riguardo all'azione sovietica “dell'Afghanistan, e trovava di suo gusto il loro inno nazionale che stigmatizzava gli yankees come “nemici dell'umanità”. Tuttavia il Cremlino continuò per due anni a nutrire la speranza che il conformista partito comunista nicaraguense potesse prendere il posto dei meno ortodossi sandinisti come forza dominante del nuovo regime. Alla fine del 1981 Castro e i rapporti del KGB avevano convinto Mosca della genuinità dello spirito rivoluzionario dei sandinisti […]. Con l'assistenza dei cubani e dei sovietici, i sandinisti potenziarono l'esercito del Nicaragua portandone gli effettivi da 5.000 a 119.000, facendone pertanto la maggiore forza militare nella storia dell'America centrale. (Malgrado il sostegno americano, gli inetti guerriglieri antisandinisti Contras non superarono mai, neppure nelle stime più ottimistiche, la forza complessiva di 20.000 unità) Il Centro di Mosca fu svelto a concludere un accordo con i servizi d'informazione di Managua e mandare alcuni ufficiali del Ventesimo Dipartimento a stabilire il contatto con “i nostri amici nicaraguensi” […] il direttore del servizio [di intelligence del Nicaragua, ndr] era un ufficiale della DGI cubana che usava lo pseudonimo di Renan Montero. Il Centro mandò settanta consiglieri e istituì in Nicaragua una scuola per la sicurezza dello Stato. […] il Nicaragua permise ai sovietici di installare sul suo territorio quattro basi per la sigint.” Manovre ingiustificate? Forse no, visto “l'aiuto degli USA ai Contras (guerriglieri antisandinisti) e la rivelazione, nel 1984, che la CIA aveva collaborato a minare i porti nicaraguensi e alla distruzione dei serbatoi di petrolio nel porto di Corinto sulla costa del Pacifico. […] Nell'America latina, e anche altrove, si alzò un'ondata di sdegno contro gli Stati Uniti, facendo convergere la solidarietà internazionale sulla lotta antisandinista contro l'imperialismo americano. Malgrado la popolarità personale di Reagan, i suoi appelli per maggiori finanziamenti ai Contras non convinsero né il Congresso né l'opinione pubblica americana. Gli aiuti ai Contras cessarono ufficialmente nel 1984. I tentativi di continuarli in forma ufficiosa invischiarono la Casa Bianca […].” Dunque il supporto offerto dall'URSS e da Cuba, e pienamente accettato dal governo nicaraguense, è stato determinante per proteggere il Nicaragua dai tentativi golpisti degli USA, che in questo caso persero per il resto del periodo della guerra fredda un tassello del puzzle del Centro America. I supporti sovietici proseguirono anche dopo, così come la guerra sotterranea degli USA (solo nel 1986 il Congresso degli Stati Uniti approvò lo stanziamento di cento milioni di dollari per

7- C. Andrew & O. Gordievskij, “La storia segreta del KGB”, cit., pp. 593-594.

finanziare i Contras) proseguì finché non riuscì a vincerla ottenendo la vittoria delle elezioni nella prima tornata elettorale pluripartitica del 1990 (nella quale vinse l'Unione Nazionale di Opposizione, ampiamente finanziata con milioni di dollari dagli USA). Nel frattempo però, nel 1987, il leader sovietico Michail Gorbaciov aveva proposto di sospendere gli aiuti militari sovietici al Nicaragua se gli USA avessero interrotto l'appoggio militare ai contras: “non esistono indicazioni di sorta che il presidente abbia dato alcun seguito alla proposta”. Per spiegare la sconfitta alle elezioni del 1990, i sandinisti ritennero che “i dieci anni di guerra su tutti i fronti avevano logorato la popolazione. Temevano che, finché i sandinisti fossero restati al potere, i contras e gli Stati Uniti non avrebbero mai moderato la campagna per rovesciarli. La gente votò per la pace. (Come la popolazione della Repubblica Dominicana aveva votato nel 1966 per il candidato appoggiato dagli Stati Uniti per prevenire un ulteriore intervento militare americano). […] Aquì no se rinde nadie. Per dieci anni la gente del Nicaragua aveva gridato questo slogan: “Qui nessuno si arrende”. Ma nel febbraio 1990, fecero esattamente questo.” Si apriva così per il Paese un periodo di transizione e di assestamento della vita politica, caratterizzato dal contrasto fra gli orientamenti del potere governativo e quelli di istituzioni a predominante composizione sandinista (esercito, sindacati, ecc.), e si dava avvio a una politica economica neoliberista. Profondi dissidi si verificavano ben presto sia all'interno della coalizione di maggioranza, sia nel Fronte di Liberazione Nazionale Sandinista (FLNS), che si scisse. La corrente sandinista moderata, capeggiata da Sergio Ramírez, infatti si separava nel 1994, dando origine nel 1995 a un nuovo gruppo politico, il Movimento Rinnovato Sandinista (MRS). Anche le elezioni del 1996 vedevano la sconfitta del leader sandinista Daniel Ortega e l'avvento del candidato della destra, il neosomozista Arnoldo Alemán Lacayo, rappresentante della grande proprietà terriera, guardato con simpatia dalle gerarchie ecclesiastiche locali. Assunta la carica nel gennaio 1997, Alemán confermava la politica economica delle privatizzazioni adottata dall'amministrazione precedente e cercava di trovare una soluzione legale alle richieste di quanti, primi fra tutti la famiglia Somoza, si erano visti confiscare le proprietà durante il periodo della rivoluzione sandinista. Trovato un accordo fra la maggioranza e l'opposizione sandinista per la restituzione delle terre espropriate e arresosi l'ultimo movimento di guerriglia attivo nel Paese, il Fronte unito Andrès Castro, il processo di pacificazione nazionale si concludeva nel 1997. La politica neoliberista di Alemán e la drastica riduzione del deficit del Paese, attuata per realizzare il rigido programma strutturale imposto dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, facevano però precipitare il Nicaragua in uno stato di grave recessione economica. Bisogna aspettare il novembre 2006 per veder tornare i sandinisti, molto moderatisi nel tempo, al potere: nelle elezioni presidenziali vince Daniel Ortega con il 38,07% dei voti; il candidato “liberale” Eduardo Montealegre, appoggiato da Washington, si ferma al 29%. Nel 2011 Ortega viene rieletto con il 62,6% dei consensi. Nel 2014 il Parlamento approvava una modifica alla Costituzione che rafforza il potere legislativo del presidente, permettendogli di ricandidarsi per un terzo mandato nel 2016 stravinto addirittura con il 72,44% dei voti. Nonostante alcune critiche giunte da sinistra (8 ), analisti sostengono che i motivi della larga riconferma ottenuta da Ortega sono da ricercarsi nelle politiche sociali portate avanti in favore dei meno abbienti, oltre che negli investimenti pubblici nelle infrastrutture, per l’elettrificazione del paese, per la salute e l’educazione. Politiche di sostegno alla cultura e allo sport sono state implementate con forza e convinzione. Da non dimenticare lo sviluppo e il rafforzamento della cooperazione con la Cina, come si evince dai lavori per la realizzazione del canale del Nicaragua che sta attraendo numerosi investimenti nel paese. Tra i messaggi di congratulazioni per questa nuova vittoria ottenuta dal Comandante Ortega, vi sono quello del Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolas Maduro che parla di “vittoria della Patria Grande in Nicaragua”; così come il leader cubano Raul Castro che afferma come con questa schiacciante vittoria “Nuestra America potrà continuare a contare sul Nicaragua per avanzare verso la giustizia e la prosperità per i nostri popoli”.(9)

8 - Ad esempio M. Urbano Rodrigues, “Daniel Ortega ha tradito la Rivoluzione sandinista”, 12 novembre 2016, disponibile su http://www.resistenze.org/sito/te/po/ni/ponigm14-018557.htm.
 9 - Fonti ulteriori usate per il capitolo: W. Blum, “Il libro nero degli Stati Uniti”, cit., pp. 431-452; Enciclopedia DeAgostini-Sapere.it, “Nicaragua”, disponibile su http://www.sapere.it/enciclopedia/Nicar %C3%A0gua.html#id_dfffb -8043-36e9-b406-343c721fab91; Infoaut, “19 luglio 1979 come i sandinisti rovesciarono la dittatura di Somoza”, 19 luglio 2017, disponibile su https://www.infoaut.org/storia-di-classe/19-luglio-1979-isandinisti-rovesciano-la-dittatura-di-somoza
; Autore Ignoto, “Nicaragua: nuovo trionfo elettorale per Daniel Ortega e il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale”, 7 novembre 2016, disponibile su http://www.lantidiplomatico.it/dettnewsnicaragua_nuovo_trionfo_elettorale_per_daniel_ortega_e_il_fronte_sandinista_di_liberazione_nazionale/5694_177 67/.

5.3. IL RUOLO DESTABILIZZATORE DELLE ONG

“Né il governo degli Stati Uniti né i suoi alleati europei vedono bene il modello di commercio e cooperazione inspirato dal socialismo che si sviluppa nei paesi dall'Alba. Appoggiano la campagna di destabilizzazione dell'opposizione nicaraguense come appoggiarono quelle che ebbero luogo in Venezuela e Bolivia. Tutte questi campagne fanno parte dello sforzo dei governi degli Stati Uniti e dei suoi alleati di ostacolare i tentativi dei paesi dell'America Latina di avanzare verso un'integrazione progressista e sovrana al di fuori della logica capitalista della globalizzazione corporativa.” (Associazione Amicizia e Solidarietà Italia-Nicaragua, 2008)10 In un articolo uscito su Misiòn Verdad nel 201611, si accusa gli USA di aver attuato per anni, con la fine della guerriglia dei Contras, una nuova tipologia di operazione clandestina. Leggiamo: “Le ONG sono le facciate “indipendenti” che beneficiano dell’aiuto finanziario, e che operano con obiettivi chiari, nel contesto della guerra con risorse asimmetriche. Ma anche partiti politici sono attenti al portafoglio dei dollari. Non è per pura speculazione che Misión Verdad ha riportato i casi che si riferiscono al contesto venezuelano […]. E il caso nicaraguense, come quello venezuelano, non è esente dai finanziamenti di enti governativi statunitensi. […] I dati forniti dal giornalista svedese Dick Emanuelsson confermano il finanziamento da parte del Dipartimento di Stato (via NED e USAID) e del National Democratic Institute (IND, del partito di Hillary Clinton), per citarne solo due, ai partiti principali di quella che è definita “Coalizione Democratica” e alle ONG in Nicaragua. La ONG “Movimento per il Nicaragua”, che si dice difensora dei diritti della “società civile” contro la “dittatura sandinista” e che riunisce più i mascalzoni dei media che la gente nelle strade, ha come finanziatore, oltre la NED, la USAID e l’IND, come già si è detto, anche l’ambasciata degli Stati Uniti a Managua (città capitale del Nicaragua), la Open Society Foundation di George Soros, attraverso la rete “Probidad”, l’Istituto Repubblicano Internazionale (IRI) e l’ambasciata del Giappone, paese rivale – geopoliticamente parlando – della Repubblica Popolare Cinese. Anche la ONG “Comisión Permanente de Derechos Humanos”, rappresentata dal suo direttore esecutivo Marcos Carmona, ha ricevuto un buon mazzo di bigliettoni (20.000 dollari, non di più nel 2008, ma Emanuelsson fa notare che tale somma equivale a 25.671 salari minimi al mese) da parte della USAID. Un’altra ONG, l’“Istituto di Studi Strategici e Politiche Pubbliche”, ha

10 -Associazione Amicizia e Solidarietà Italia-Nicaragua, “Le chiavi per capire il conflitto sandinista”, 2 luglio 2008, disponibile su http://www.resistenze.org/sito/te/po/ni/poni8g14-003462.htm.
 11 - Misiòn Verdad, “Il ruolo di istituzioni statunitensi e ONG nella destabilizzazione del Nicaragua”, 31 agosto 2016, traduzione a cura di Marx21 e disponibile su http://www.marx21.it/index.php/internazionale/america-latina-ecaraibi/27139-il-ruolo-di-istituzioni-statunitensi-e-ong-nella-destabilizzazione-del-nicaragua.

ricevuto dalla NED più di 50.000 dollari dal 2005, e ha contato sull’appoggio del NDI, della Banca Interamericana di Sviluppo (BID) e dell’IRI per l’organizzazione di manifestazioni. Tanto il Partito Liberale quanto il Movimento di Rinnovamento Sandinista (MRS) si sono impantanati nella stessa cloaca finanziaria, e gli stessi dirigenti del MRS hanno dichiarato pubblicamente che ci sono state marce e riunioni sotto l’auspicio dell’IRI. Gli interessi di diversi repubblicani nella storia del Nicaragua sono stati rivelati fin dal decennio del 1980. Riassume il giornalista svedese: “Questo organismo (IRI) è stato diretto fino alla sua morte (7 dicembre 2006) dalla fervente anticomunista Jean Jordan Kirkpatrick. Questa signora era l’ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU nel 1983 quando il suo capo, il presidente Ronald Reagan, aveva disseminato di mine il golfo di Fonseca e impedito alle navi di entrare nel principale porto del Nicaragua sulla costa pacifica, il porto di Corinto. […] I repubblicani e Reagan&Kirkpatrick cercavano con le mine di soffocare il piccolo paese centramericano. Il popolo nicaraguense fu vittima di innumerevoli massacri da parte dei “Contras”, diretti da un altro repubblicano, l’ambasciatore John Negroponte, dalla capitale honduregna. Più di 50.000 nicaraguensi furono vilmente assassinati dalla guerra di Reagan e dei repubblicani durante il decennio del 1980”. La lista delle organizzazioni finanziate da differenti organismi del governo di Wall Street, scusate, dalla Casa Bianca, è lunga, ma non per questo meno pericolosa.”

5.4. PREGI E LIMITI DELL'ESPERIENZA SANDINISTA

“Nei momenti di gioia e nel momenti di dolore ho invocato sempre Dio e ho ringraziato Dio. Le nostre radici sono il cristianesimo, di lì vengono i nostri valori: dal cristianesimo”. “Per arrivare a Sandino sono prima dovuto arrivare a Cristo, per arrivare alla Rivoluzione Cubana prima sono arrivato a Cristo, per arrivare a Marx, a Lenin, ad Engels, prima sono arrivato a Cristo, per arrivare al popolo, prima sono arrivato a Cristo.” (Daniel Ortega, 2014)(12) Di seguito un giudizio politico fatto nel 2009 da Gilberto López y Rivas(13) sull'importanza e sui

12 -  RedGlobe, “Celebrati a Managua i 35 anni della Rivoluzione Sandinista”, 20 luglio 2014, traduzione in italiano del Centro di Cultura e Documentazione Popolare e pubblicazione su http://www.resistenze.org/sito/te/po/ni/ponieg21- 014847.htm.
 13 - G. López y Rivas, “Il significato attuale della Rivoluzione Popolare Sandinista in America Latina”, 19 luglio 2009, disponibile su http://www.resistenze.org/sito/te/po/ni/poni9g21-005408.htm.

limiti che ha avuto il sandinismo. Manca un giudizio adeguato sugli anni del ritorno al potere di Ortega, su cui al momento è difficile esprimersi con un occhio storico: “La Rivoluzione Popolare Sandinista (RPS), che ha trionfato il 19 luglio del 1979, è stato il primo movimento armato rivoluzionario vincente dopo la rivoluzione cubana. Si è trattato di una rottura del cordone sanitario statunitense sui processi rivoluzionari in America Latina, seguito alla sconfitta politico militare della Baia dei Porci e al brutale golpe contro il governo costituzionale di Unità Popolare in Cile. In Nicaragua avvenne una rivoluzione contro la dittatura e con chiari contenuti sociali, in un paese strategico per il controllo economico, politico e militare degli USA sul continente. Fu questo il motivo che scatenò l’imperialismo, il quale reagì alla vittoria rivoluzionaria con tutta la sua violenza, organizzando una sanguinosa guerra d’aggressione durata per tutti gli anni '80, con un tragico bilancio di morti e feriti. Sul piano strettamente militare, la Rivoluzione riuscì ad organizzare una difesa basata sulla partecipazione popolare, una guerra di tutto il popolo che impedì la presa del potere da parte dei controrivoluzionari in ogni porzione del territorio nazionale. Nonostante le risorse fornite dagli Stati Uniti, i sabotaggi all’economia e all’infrastruttura, le frequenti imboscate a miliziani, soldati e funzionari del governo rivoluzionario, gli USA in Nicaragua non hanno vinto militarmente. La Rivoluzione Popolare Sandinista, nonostante questa pressione, riuscì a riscattare la dignità nazionale nicaraguese, cambiando radicalmente le condizioni economiche, sociali, culturali e politiche del paese. Concependo la nazione non soltanto come la somma di territorio, lingua, economia e cultura o carattere nazionale, ma come un fenomeno dinamico in cui classi, frammenti di classe e gruppi socio-etnici lottano per l’egemonia. La vittoria rese possibile un processo formativo e di consolidamento della nazione che era stato visibilmente sospeso e deformato durante il somozismo. Alla base di queste trasformazioni vi fu l’eliminazione dal potere politico della famiglia Somoza e il passaggio a una democrazia di maggioranze popolari, che rigenerò la natura stessa della nazione e dei suoi elementi costitutivi. Il rapporto fra Stato nazionale e la sua base, il popolo e il territorio, cambiò qualitativamente. Il somozismo manteneva solo una sovranità formale sulle sue frontiere, mentre la Rivoluzione nazionalizzò il territorio e le sue risorse naturali, aprendo una profonda presa di coscienza della sua identità, riconoscendo le varie realtà etnico-culturali, le diverse confluenze linguistiche e, per la prima volta, s’identificò come una nazione multietnica e multiculturale. Il Nicaragua fu una scuola di quadri per tutto il continente. La presenza internazionalista di latinoamericani prima, durante l’insurrezione e nei dieci anni di governo rivoluzionario, costituì un importante contributo ai processi di cambiamento in America Latina.
Persino l’EZLN non lo si potrebbe capire senza l’esperienza nicaraguese. Il Nicaragua provocò un movimento di solidarietà popolare di proporzioni mai viste e pure l’aiuto di governi (in modo aperto o discreto) fra cui si distinsero Cuba e Messico. La vittoria sandinista stimolò anche la propagazione dell’erronea teoria del “domino rivoluzionario”, con effetti negativi nelle lotte armate di El Salvador e Guatemala, con un trionfalismo senza fondamento. La Repubblica Popolare Sandinista ruppe con molti schemi dominanti nel movimento rivoluzionario latinoamericano: a) la presenza importante del settore cristiano; b) la direzione collettiva, anche se si ebbe la deriva dell’orteguismo dentro il FSLN; c) le elezioni del 1984 e il mantenimento della pluralità politica in un contesto di costruzione del potere popolare; d) gli sforzi (falliti) di non allineamento; e) l’irriverenza di forme e contenuti; f) le radici nazionali (Sandino, la storia di resistenza antisomozista, ecc.). La RPS affrontò il problema etnico-nazionale dopo quattro anni di sconfitte, con una prospettiva interculturale e autonomista che ruppe con gli schemi del marxismo schematico basato sul riduzionismo classista e proletarizzante. Il Nicaragua divenne così un esempio d’autonomia per molti dei movimenti indigenisti in formazione. Tanto che, di nuovo, non si potrebbe capire il processo d’autonomie in America Latina, senza tenere conto dell’importante progresso realizzato su questo terreno durante la rivoluzione sandinista. La sconfitta elettorale nel 1990 e la perdita del potere fu per i sandinisti un duro colpo, ma lo fu anche per tutti i processi rivoluzionari armati in corso (El Salvador, Guatemala, Colombia) e influì nelle prospettive di altri movimenti politici non armati che assunsero le strategie elettorali come la loro ragion d’essere (PRD, in Messico, PT, in Brasile, ecc). Ciò che seguì la sconfitta elettorale colpì anche i partiti e i movimenti in America Latina. Si trattò di una fase di corruzione che nella rivoluzione cubana non era avvenuta; in questa fase vennero coinvolti importanti quadri del sandinismo, che si appropriarono di beni e risorse pubbliche gettando via l’eredità di riferimento etico che la RPS aveva conservato durante i dieci anni di guerra.” Nel 2014 Ortega ha celebrato il 35° anniversario della rivoluzione sandinista affrontando una serie di questioni politiche importanti. Ha “ringraziato il presidente del Venezuela Nicolás Maduro per la presenza […] e ha assicurato che quest'ultimo ha in atto una sfida gigantesca tanto con il popolo venezuelano, quanto con gli altri popoli dell'America. “Egli sta di fronte ad una rivoluzione che oggi è l'avanguardia nella lotta dei popoli dell'America Latina e dei Caraibi. È una forza determinante per continuare a fortificare l'integrazione, l'unità dei popoli dell'America Latina e dei Caraibi, la lotta per la sovranità dei popoli dell'America Latina e dei Caraibi. L'unità dei popoli dell'America latina e dei Caraibi è una forza determinante per continuare a rinforzare l'integrazione e la lotta per la sovranità di questi popoli”, ha sottolineato. Ha dichiarato inoltre che ciò spiega l'odio dell'impero e dei suoi sodali contro Nicolás. […] Il comandante Daniel ha anche approfittato del suo discorso per chiedere la sospensione dell'occupazione della Palestina da parte delle forze militari dell'esercito di Israele […]. Daniel ha affermato che benché in questi ultimi anni della seconda tappa della Rivoluzione si siano fatti grandi progressi, restano ancora molte sfide davanti”. Pur avendo fatto “progressi nella lotta alla povertà, nella lotta alla povertà estrema, nella lotta alla denutrizione, nella sanità e nell'istruzione, nella costruzione di strade e di vie di comunicazione, nelle politiche produttive, nei diritti della gioventù, nel protagonismo del popolo” e “nella pratica della solidarietà" indicava come obiettivi la lotta all'analfabetismo e alla povertà nelle zone rurali sostenendo la necessità di portare avanti lo sviluppo delle forze produttive del Paese.(14)

14 - RedGlobe, “Celebrati a Managua i 35 anni della Rivoluzione Sandinista”, cit

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