sabato 24 marzo 2012

L’ONU ricorda la figura di monsignor Oscar Arnulfo Romero/ Romero e Teologia della Liberazione scritto da Giulio Girardi




Oggi non ci interessa la visita del Papa a Cuba, forse neanche domani, forse mai,.... tanto la chiesa di Roma fa i suoi sporchi giochi politico/economici e non gli interessi della povera gente.. oggi ricordiamo invece un grande teologo della liberazione, morto proprio il 24 marzo del 1980 per difendere dai soprusi fascisti i campesinos, i diseredati, gli ultimi , …
(by Sandino)

L’ONU ricorda la figura di monsignor Oscar Arnulfo Romero
Nazioni Unite, 23 mar (Prensa Latina) Le Nazioni Unite domani renderanno omaggio all’ucciso sacerdote salvadoregno Oscar Arnulfo Romero, in occasione della Giornata Internazionale per il Diritto alla Verità per le Vittime delle Violazioni dei Diritti Umani e per la Dignità delle Vittime.
La data, stabilita nel dicembre del 2010 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ricorda il sacerdote ucciso in un massacro il 24 marzo 1980 per il fatto di rifiutare di rimanere in silenzio sulla violenza, sugli abusi e sull’ingiustizia.
In un messaggio, il segretario generale dell'organismo mondiale, Ban Ki-moon, ha affermato la necessità di preservare e di scoprire la verità sulle violazioni dei diritti umani commesse durante i periodi di repressione e di conflitto.
Ha detto che il diritto alla verità ed alla giustizia è essenziale per porre fine all'impunità sulle violazioni dei diritti umani, ed ha appoggiato le famiglie che vogliono conoscere la sorte dei loro cari, vittime di sparizioni forzate.
Allo stesso tempo, ha accolto con favore la recente nomina di un relatore speciale delle Nazioni Unite per la promozione della verità, della giustizia, del risarcimento e delle garanzie di non ripeterle.
Ban Ki-moon ha inoltre sottolineato l'importanza del lavoro di diversi meccanismi di ricerca della verità e della riconciliazione in diversi paesi.
La data in ricordo di Mons. Romero ha l'obiettivo di promuovere la memoria delle vittime di violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani e l'importanza del diritto alla verità ed alla giustizia.
Istituendo la commemorazione, l'Assemblea Generale ha definito il religioso salvadoregno come un umanista dedicato alla difesa dei diritti umani, alla tutela della vita umana ed alla promozione della sua dignità.
Ig/ogt/vc


Gli amici di Cuba gruppo“Italo Calvino” Piombino/ V.di Cornia  vogliono ricordare
Mons. Romero con uno scritto più incisivo (2005) del grande compagno/teologo Giulio Girardi morto il 26 febbraio 2012,
che pochi anni fa alla Villetta -Garbatella -Roma in una iniziativa a sostegno di Cuba abbiamo avuto il piacere di conoscere e di  parlarci un poco, malgrado già fosse debilitato nella salute.

MONSIGNOR ROMERO E LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE”
Per la Teologia della Liberazione, mons. Romero. rap-presenta oggi una delle grandi sorgenti di ispirazione. Ma non tutti conoscono la profonda evoluzione che segnò la sua vita e il suo impegno pastorale: evoluzione che lo condusse a maturare scelte radicalmente nuove. Più che di una evoluzione, si tratta di una repentina illuminazione, che lo sconvolse, quando il suo amico, il padre Rutilio Grande e due contadini con lui, morirono assassinati sulla via di Aguilares, il 12 marzo del 1977. La via di Aguilares fu per lui come la via di Damasco per San Paolo, una rottura radicale con il suo passato. Essa segnò la sua conversione e divise in due parti la sua vita, due periodi contrassegnati da due concezioni della vita, del sacerdozio, del cristianesimo.
Era stato nominato vescovo di San Salvador e preferito a mons. Rivera y Damas, dietro pressioni della oligarchia, perché conosciuto come conservatore e legato all'Opus Dei. Essi speravano che la sua pastorale avrebbe segnato una rottura con quella del suo predecessore, Luis Chávez y González. La sua nomina destò vive preoccupazioni nei settori progressisti della diocesi.
Egli dissentiva aggressivamente dalla Teologia della Liberazione, accusandola di orizzontalismo, razionalismo, marxismo e considerandola una deviazione "politica" della missione della Chiesa.
Per questo egli era ostile ai gesuiti, per esempio a Jon Sobrino, criticava la loro cristologia, che, diceva, conduce alla rivoluzione e all'odio di classe; era ostile ai sacerdoti che ispiravano la loro pastorale alla Conferenza episcopale di Medellín . Dissentiva per queste ragioni anche dalla pastorale del suo amico p. Rutilio Grande, che pure stimava personal-mente, tanto che era per lui un problema. Si adoperò, con gli altri vescovi, perché i gesuiti fossero allontanati dalla direzione del seminario. Accettava le novità del Concilio e di Medellín, ma le interpretava in chiave conservatrice, ossia rifiutandole.
Conservatore in teologia, lo era anche in politica. Avallò, con gli altri vescovi, la militarizzazione dell'università, considerata un luogo di sovversione, e la conseguente repressione
Di passaggio a Cuernavaca, evitò di visitare mons. Méndez Arceo, considerato un "vescovo rosso".
L'assassinio del p. Rutilio e dei due contadini lo sconvolse. Essa sciolse ai suoi occhi la "contraddizione" del p. Rutilio, attestando la validità della sua pastorale e la coerenza della sua vita. Egli vide in lui un martire.
Così la scelta dei poveri, nucleo della pastorale di Rutilio, divenne la sua.. Sono i poveri che lo evangelizzano, che lo convertono. Sono essi che lo "manipolano", come dicono i suoi detrattori. Il loro punto di vista diventa il suo. Egli è consapevole del cambiamento che questo punto di vista opera in lui. Parlando di una signora dell' Opus Dei, come anche del segretario della nunziatura, egli commenta: "non capiscono come io non capivo".
Del suo passato, egli chiede perdono a una comunità di base, e anche al rettore del seminario. Ne è pentito.
Questa nuova scelta cambia per lui il senso di tutte le cose. I poveri sono il Cristo nella storia, il Cristo crocifisso.
Per fedeltà ai poveri, egli deve affrontare l'ostilità e l'incomprensione della oligarchia, del governo, dell'esercito, della maggioranza dei vescovi (ad eccezione solo di Rivera y Damas), dei dicasteri romani (in particolare del card. Baggio), della nunziatura. Tra i vescovi, mons. Aparicio e il cardinale Casariego lo giudicano un irresponsabile, che mette a rischio la Chiesa con la sua ostilità al governo ed all'esercito La sua radio emittente viene distrutta, per tacitare la sua parola.
La scelta dei poveri cambia la sua concezione della Chiesa, identificata appunto con i poveri e giustamente chiamata, egli dice,"chiesa popolare".
Essa relativizza il senso della istituzione e del diritto canonico.
Essa cambia il senso dell'identità cristiana, definita non più dall'appartenenza all'istituzione ma dall'identificazione con i poveri.
Essa cambia il senso della missione sacerdotale ed episcopale che diventa quella di "andare raccogliendo i cadaveri e tutto ciò che produce la persecuzione della Chiesa"; diventa quella di restituire la speranza ai poveri.
Essa cambia la sua esperienza di Dio, che diventa il Dio dei poveri; il senso della gloria di Dio diventa la vita del povero (gloria Dei vivens pauper).
Essa cambia le sue scelte politiche, individuando nel popolo il criterio di valutazione dei partiti politici.
Essa cambia il suo rapporto con la curia romana e la nunziatura, che diventa più libero ed autonomo.
Essa cambia il senso dell'autorità che diventa testimo-nianza di coerenza; e che ispira una continua consultazione del popolo e quindi la fedeltà al punto di vista del popolo.
Essa cambia il senso della messa, che, celebrata con i poveri, cessa di essere un dovere giuridico e diventa la presenza di Cristo crocifisso e sanguinante e il sacramento della comunione con i poveri.
Essa rinnova il senso dell'amore, scoprendo la sua dimensione politica e con essa una nuova concezione del martirio.
Essa rinnova infine il senso della risurrezione, che cessa di essere una prospettiva individuale e diventa la forma definitiva di identificazione con il popolo: "se mi uccidono risorgerò nel popolo".
Così la Teologia della Liberazione cessa di essere una nuova dottrina e diventa una nuova

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