giovedì 20 dicembre 2018

Intervista ad Aleida Guevara, figlia del Che



Daniela Trollio *


Anche quest'anno Aleida Guevara sta facendo un tour per l'Italia del Nord, per portare le ragioni di Cuba contro il più spietato e lungo blocco economico - quello statunitense -  mai imposto ad un paese.  

Abbiamo partecipato ad uno di questi incontri - organizzato dall'Associazione di Amicizia  Italia-Cuba di Cinisello Balsamo il 6 dicembre 2018,  dove erano presenti circa un centinaio di persone -  e abbiamo potuto farle alcune domande, le cui risposte vogliamo condividere con tutti.

D. Cosa è cambiato a Cuba dopo che Fidel se n'è andato?

R. Abbiamo cambiato il presidente - e Fidel non lo era già più - ma tutto continua come prima.

D. Avete un nuovo presidente, avete fatto il Congresso: qui in Italia c'è un dibattito perché la nuova Costituzione cubana ora permette la proprietà privata; qualcuno dice che Cuba sta lasciando la strada verso il socialismo. Lei che ne pensa?

R. La proprietà privata esistente a Cuba è piccola. Nella Costituzione precedente tale proprietà non era permessa quindi abbiamo dovuto cambiare qualcosa per permetterla, perché stavamo violando la legge principale del Paese. Stiamo parlando di un certo tipo di proprietà privata, ad esempio di un parrucchiere o una panetteria, di un piccolo ristorante che non può avere più di un certo numero di tavoli, di una persona che affitta un appartamento. Parliamo quindi  di questo tipo di proprietà, non di proprietà dei grandi mezzi di comunicazione, di mezzi di produzione, né di hotel: niente di tutto questo cambierà. La proprietà resta dello Stato socialista.

Il fatto è che, in un determinato momento di crisi mondiale, lo Stato cubano si rende conto che ci sono più di cinquecentomila persone che lavorano, ricevono un salario ma che non producono e nessuno Stato può sostenere questa situazione; ma uno Stato socialista non può lasciare cinquecentomila persone senza lavoro. Quindi, in quel momento, si è deciso di permettere che questi compagni potessero lavorare per conto proprio; ma questo, anche se lo si permetteva ad un numero importante di lavoratori, stava influendo sulla legge più importante del paese perché non era previsto nella Costituzione. Per questo c'è stato questo cambiamento, perché potessero farlo senza problemi.

D. Dopo l'Argentina e il Brasile, con le destre che vanno al potere, che problemi ha Cuba con questi paesi? Già i medici che lavoravano in Brasile hanno dovuto tornare. Altre cose?

R. Dal punto di vista economico naturalmente ci sono problemi, perché noi avevamo con la presidente Dilma (Roussef) una magnifica relazione, non con lei direttamente ma con industriali brasiliani. Ora alcuni di loro dovranno ritirarsi  a causa delle pressioni che subiranno. Non sappiamo come funzionerà questo tipo di interscambio, perché loro hanno investito capitali, ad esempio nel porto di Mariel, dove lavorano varie imprese brasiliane. E' difficile che si ritirino senza recuperare i loro capitali. Davvero, non sappiamo come agiranno ma quello che per noi è chiaro è che chi ha investimenti a Cuba sa che i profitti sono diretti al popolo e che la nostra legge va rispettata. Quindi questo è un problema di chi vuole andarsene, ma l'investimento resta. Non so, dal punto di vista economico non sappiamo cosa decideranno ma in generale noi abbiamo relazioni con imprese indipendenti, alcune statali ma non tutte. Quindi ci possono essere comunque rapporti che proseguono, ma al momento non è stata presa alcuna decisione.

D. Cuba e l'Europa: come sono i rapporti?

R. L'Unione Europea ha sempre voluto discutere dei diritti umani a Cuba e di molte altre cose ma ora abbiamo buoni rapporti, non con la Comunità come istituzione, neanche con gli Stati in quanti tali, ma con società come la Melià, che è una società turistica spagnola che a Cuba ha 11 hotels. Abbiamo con loro una relazione da molto tempo, da prima che la Comunità Europea pensasse di fare qualcosa loro c'erano già.

Io immagino che resteranno a Cuba perché, se prima hanno subito pressioni e sono rimasti, ora continueranno a farlo perché hanno molti più hotel di prima, no?! Dipende dalle imprese europee, da come metteranno in discussione il problema del blocco, perché è evidente che il blocco colpisce. In questo momento, bisogna considerare che Obama ha imposto sanzioni finanziarie straordinarie alle imprese europee che commerciavano con Cuba: alcune hanno resistito, altre no. Dipende dagli europei, noi siamo sempre qui.

D. Altra domanda: Cuba è un riferimento per tutti comunisti, i rivoluzionari del mondo. Il Partito Comunista non ha mai pensato di fare una "specie" di Internazionale? Perché?

R. Noi partecipiamo a tutti gli eventi internazionali come Partito, andiamo a vari congressi di diversi partiti di varie parti del mondo  e in questo ci comportiamo come qualsiasi Partito Comunista. Ora, non crediamo di dover fare qualcosa di "internazionale". Abbiamo partecipato al Foro di San Paolo che si è svolto all'Avana, e che è stato molto, molto positivo; facciamo congressi e abbiamo scambi con diverse entità politiche, non solo comuniste ma anche di sinistra in generale e finora abbiamo sempre lavorato abbastanza unitariamente. Non credo sia necessario fare "qualcosa" di così definito come un'Internazionale. Semplicemente quello che stiamo facendo è da una parte aiutare, dall'altra imparare e così cresciamo tutti.

D. Ultima domanda: perché gli strati popolari, gli strati più poveri, in America Latina ma non solo - anche qui - votano per le destre? Errori delle sinistre?

R. Questo ha a che vedere con il non riconoscimento della sinistra, perché tu puoi esistere come partito, avere brillanti intellettuali che siano capaci di parlare, di discutere, ma se il popolo non"tocca" l'impegno, l'unica cosa in cui finisce per credere è … la religione. Il popolo ha bisogno di "toccare con mano"; sto parlando ad esempio di salute, dove il medico parla di quello che io sto vivendo… altrimenti è molto difficile per la gente credere. Se chiudono una fabbrica, dov'è il partito comunista, dov'è la gente di sinistra? Deve stare là, appoggiare i lavoratori, resistendo fino all'ultimo con i lavoratori. Se tu non vedi questo, se non lo "tocchi", questo partito non esiste per te.

E c'è anche una campagna straordinaria contro i partiti  di sinistra e a volte un piccolo errore si trasforma in un errore immenso perché la stampa lo presenta così e la gente, normalmente, crede nella propria stampa, anche se generalmente è molto male informata. E l'informazione con cui viviamo fa sì che la gente non abbia coscienza politica.

*) Intervista e traduzione di Daniela Trollio, Centro di Iniziativa Proletaria "G.Tagarelli" - Via Magenta 88, Sesto San Giovanni, Milano






domenica 16 dicembre 2018

Tradizioni,Religione e Folklore di #Cuba : Quello che si deve sapere su l’importante figura di San Lazaro



Tutto il mondo si ricorda quello successe il 17  dicembre del 2014,… i presidenti di Cuba, Raúl Castro, e degli Stati Uniti, Barack Obama, annunciarono il ristabilimento di relazioni diplomatiche tra i due paesi.

Per larga parte del popolo cubano quella data rimarrà impressa nella storia e nella mente,...  e aldilà dei negativi eventi successivi, il 17 dicembre rimane pur sempre una data importante, infatti è il giorno in cui si celebra San Lazaro, (detto anche Babalu Ayè) il santo dei poveri dei meno favoriti. Durante questa ricorrenza centinaia di persone dall’ Avana e paesi confinanti si ritrovano in pellegrinaggi fino al suo santuario.
San Lazaro ha il suo  santuario ubicato nel paesino  Rincon nel municipio di Boyeros , 17 Chilometri a sud dell'Avana. È un complesso architettonico dove esiste anche un ospedale dermatológico che in passato funzionava come lebbrosario guidato da suore cattoliche .
Questa forse è la maggiore celebrazione religiosa che si realizza nell'isola caraibica , si potrebbe dire che per il suo impeto travolgente supera quella della Virgen de la Caridad del Cobre, patrona indiscussa dei cubani, che, viene celebrata il giorno 8 di settembre a pochi chilometri da Santiago di Cuba.
I pellegrini arrivano al santuario di San Lazaro in modi differenti, alcuni si mobilitano regolarmente con autobus altri con forme autonome di trasporto, esistono però quelli che si avventurano a camminare i 17 Km che portano al santuario, attraversando la” fredda” notte di dicembre, in compagnia di amici e familiari. Il tutto con l’ intenzione di mostrare, offrire al santo il proprio sacrificio, la propria sofferenza .
C’è da dire che esistono anche casi più estremi, sono quelli dove per mantenere la promessa molte volte si passa dalla fede al fanatismo, infatti si incontrano fedeli con una catena bloccata alla caviglia che trascina una pietra o un pezzo di metallo pesante per rendere più difficoltoso il camminare per ore, quando giungono al santuario sono distrutti per l'elevato sforzo fisico.
Si può arrivare a casi estremi dove il percorso viene fatto strisciando, o con le ginocchia … chi attua questa forma per mantenere il voto promesso, il più delle volte arriva in cattivo stato di salute, ..stanco, disidratato dal sudore, con piaghe nella pelle per lo sfregamento continuato sul selciato della strada.


A questa celebrazione sono presenti numerose persone con limitazioni fisiche come zoppi, ciechi, gobbi, etc. Queste giungono con l'intenzione di chiedere elemosine e condividere nella notte il molto o il poco. Molti vestono con il tessuto dei sacchi di iuta. Altri vestono di colore violetto come l'abbigliamento di San Lazaro, portando rami di girasoli che poi lasciano ai piedi del santo. Durante la notte della celebrazione si fuma in maniera straordinaria, inalando il fumo per poi esalarlo di fronte all'immagine del santo come un atto di esorcismo. Inoltre si beve  rum o aguardiente accompagnati da qualche dolce.
Nei quartieri più popolari e umili, le persone nere, mulatte e bianche unite dalle stesse credenze e con differenze di età, si riuniscono in locali o case con  tamburi e percussioni varie, intonando ritmi legati alle religioni originali dell’Africa ritmi che fanno muovere e ballare intensamente ….. Va detto che queste sedute religiose sempre più frequenti (non solo sull’indirizzo africano), ultimamente evidenziano una rivitilizzazione della fede popolare nell'isola,







giovedì 6 dicembre 2018

Confessioni di un mercenario contro il Venezuela / Las confesiones de García Palomo y la agenda mercenaria contra #Venezuela



“Il mondo sosterrebbe le Forze Armate in Venezuela se decidessero di proteggere la loro gente e ripristinare la democrazia eliminando un dittatore”, scrisse il senatore Marco Rubio il 9 febbraio 2018. Otto giorni prima, l’ex-segretario del dipartimento di Stato, Rex Tillerson, suggerì all’Università di Austin, in Texas, che l’esercito venezuelano prendesse in mano la situazione nel Paese. “Nella storia del Venezuela e, di fatto, di altri Paesi dell’America Latina, è spesso l’esercito a occuparsene, quando le cose vanno molto male e quando i capi militari capiscono che non possono più servire il popolo, s’incaricano della transizione pacifica”, aveva detto Tillerson il giorno prima di iniziare un tour in America Latina. Poi, ancora una volta, gli Stati Uniti negarono di conoscere un piano militare per rovesciare il Presidente Nicolás Maduro proprio nel contesto dello smantellamento della cellula armata di Óscar Pérez, ispirato da motivi politici e religiosi evangelici, e sostenuto dai portavoce anti-Chavez di Miami e Florida.
La richiesta per un nuovo colpo di Stato
Ancora una volta, Bloomberg pubblicava la storia dell’ex colonnello Oswaldo García Palomo, che affermava di chiedere il sostegno dei “governi amici” per un nuovo golpe contro il Presidente Maduro. Dopo l’omicidio fallito, Miraflores avvertì che García Palomo continuava coi piani insurrezionali dopo aver partecipato alla cosiddetta “Operazione Costituzione” e al tentativo di assassinare il presidente coi droni esplosivi d’agosto. “I nostri colleghi in Venezuela dovrebbero sapere che lavoriamo ogni giorno per unire le forze internazionali e nazionali ed eliminare il governo usando le armi in modo che il Paese non continui a sanguinare e morire”, disse l’ex- colonnello che mira al modo ideale per installare un consiglio di transizione con guida civile per chiamare le elezioni come Tillerson disse pubblicamente a febbraio. Su questo, Garcia Palomo riconosceva di avere contatti coi capi dell’opposizione e consultazioni sui prossimi piani. Secondo il rapporto firmato da Andy Rosati ed Ezra Fieser, l’ex-membro della Guardia Nazionale Bolivariana aveva deciso di alzare il proprio profilo per scuotere l’opinione pubblica su ciò che considera “banda criminale, non governo”. In un recente video, Garcia Palomo esortava le Forze Armate Nazionali Bolivariane ad “assumersi la responsabilità di propria famiglia, dio, legge, Paese e resto del mondo”, ripetendo la stessa diatriba politica religiosa con cui l’ex-pilota Oscar Perez era solito invocare il rovesciamento di Maduro. D’altra parte, l’ex-colonnello non negava di essere il collegamento dei gruppi dissidenti in Venezuela coi governi di Colombia e Stati Uniti, come denunciò ad agosto il presidente in una conferenza stampa sui collegamenti internazionali delle persone coinvolte nel fallito omicidio. L’ex-colonnello ammise di lavorare in modo che i “governi amici” aiutino i golpisti a realizzare i loro piani.
Cospirazioni vecchie e nuove con connessioni internazionali
Garcia Palomo riconosceva che la cosiddetta “Operazione Costituzione” è fallita perché il suo gruppo fu “infiltrato” dalle agenzie di sicurezza statali per impedire la rivolta militare. L’operazione consisteva nell’assediare Caracas, occupare importanti strutture militari e logistiche, come aeroporti, basi e ministeri, e catturare Maduro, insieme ai leader civili-militari di alto rango, da giudicare a livello internazionale alla vigilia delle elezioni presidenziali del 20 maggio. Secondo Bloomberg, dopo il fallito omicidio, il gruppo di Garcia Palomo si incontrò in Colombia con la cellula che cercò di assassinare il Presidente Maduro con due droni. Sebbene l’ex colonnello lo neghi, le indagini delle agenzie di sicurezza statali sostengono che anche lui ne fosse coinvolto. Dopo tale attentato, Maduro espresse in una conferenza stampa ad agosto che Garcia Palomo ancora “cerca di reclutare soldati per le sue avventure criminali e fasciste” viaggiando in diversi Paesi della regione. Secondo il rapporto, l’ex-colonnello persino attraversò il confine tra Colombia e Venezuela per partecipare alla prima delle operazioni, così come la famiglia lasciava il Paese con l’aiuto del governo dell’ex-presidente Juan Manuel Santos. Il ruolo della Colombia, insieme agli Stati Uniti, così come riconosciuto, è fin troppo evidente dato che García Palomo organizzò i suoi piani golpistici dal Paese vicino dopo essere diventato un latitante per la partecipazione all’attentato a Fort Paramacay, Valencia, realizzato da un gruppo di ex-soldati legati all’ex-capitano Juan Carlos Caguaripano e ad Óscar Pérez, ex-ispettore del Corpo investigativo scientifico, criminale e forense.
Florida, gruppi irregolari e denunce del Venezuela
Dalla fine delle Guarimbas nel 2017, è sempre più evidente la collocazione centrale delle cellule armate paramilitari ed irregolari che pretendono di essere l’avanguardia nel conflitto contro lo Stato venezuelano. Le dichiarazioni di García Palomo, insieme allo smantellamento del gruppo di Óscar Pérez, mostrano che tali cellule sono costituite da militari, poliziotti, delinquenti comuni e membri della cosiddetta “Resistenza”, proclamatasi fondamentalista in politica e religione similmente ad altre organizzazioni terroristiche nel mondo impiegate per attaccare gli Stati che si oppongono agli Stati Uniti. Pensate ai “ribelli” siriani o libici, prima di far parte dello SIIL. La costante richiesta di Marco Rubio del colpo di Stato militare, come il sostegno a tali piani della Casa Bianca, dimostra anche il ruolo fondamentale svolto dalla Florida come base finanziaria, politica e operativa di tali gruppi, noti per aver ricevuto soldi dai gruppi anti-chavisti in esilio per sviluppare le operazioni nel paese, specialmente dopo il clamoroso fallimento del colpo di Stato nel 2017. Il governo venezuelano ha ripetutamente affermato che tali gruppi hanno il sostegno da Colombia e Stati Uniti, come la protezione di Garcia Palomo mentre cerca altre adesioni ai piani per far deragliare la Costituzione del Venezuela. Tuttavia, di fronte all’ipotesi del nuovo mandato di Maduro, si sottolinea l’evidente cartellizzazione tra tali gruppi e le diverse frazioni antichaviste che aderiscono al pseudo-“ufficio di transizione” che dopo il colpo di Stato pretenderebbe nuove elezioni. Perciò, coll’elevazione del profilo pubblico di García Palomo dal media finanziario Bloomberg è più che evidente che cerchi di fare credere un imminente epilogo del nuovo tentativo di golpsita. Ciò che viene ripetuto non cessa di essere pericoloso nell’attuale contesto venezuelano, dove la via della forza sembra l’unica alternativa lasciata dai fattori sfavorevoli nel Paese divenuto uno Stato difficile da rioccupare dal 1998.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
Tratto da:
 Las confesiones de García Palomo y la agenda mercenaria contra Venezuela

"El mundo apoyaría a las Fuerzas Armadas en Venezuela si deciden proteger a su gente y restaurar la democracia eliminando a un dictador", escribió el senador Marco Rubio el 9 de febrero de 2018.
Ocho días antes, el ex secretario del Departamento de Estado, Rex Tillerson, había sugerido en la Universidad de Austin, Texas, que los militares venezolanos podrían hacerse cargo de la situación en el país.
"En la historia de Venezuela y, de hecho, en la historia de otros países de América Latina y América del Sur, muchas veces los militares son los que se encargan de eso. Cuando las cosas están muy mal y los líderes militares se dan cuenta de que ya no pueden servir al pueblo, ellos se encargan de una transición pacífica", afirmórelajado Tillerson un día antes de comenzar su gira por América Latina.
Luego, una vez más, Estados Unidos desmintió conocer la existencia de un plan militar para derrocar al presidente Nicolás Maduro justamente en el contexto de ladesarticulación de la célula armada de Óscar Pérez, inspirada en motivos políticos y religiosos evangélicos, y respaldadas por voceros antichavistas desde Miami y Florida.
El llamado a un nuevo golpe de Estado
Este martes, nuevamente, Bloomberg publicó un reportaje donde el ex coronel Oswaldo García Palomo afirma buscar el apoyo de "gobiernos amigos" para un nuevo plan golpista contra el presidente Maduro. Desde el fallido magnicidio, Miraflores había alertado que García Palomo continuaba con sus planes insurrecionales después de haber participado de la llamada "Operación Constitución" y el intento de asesinar al presidente con drones con explosivos en agosto de este año.
"Nuestros colegas en Venezuela deben saber que estamos trabajando todos los días para unir fuerzas internacionales y nacionales, y eliminar al gobierno mediante el uso de armas para que el país no siga sangrando y muriendo", dijo a Bloomberg este ex coronel que plantea como objetivo ideal de su grupo instalar una junta de transición con cabeza civil para eventualmente convocar a elecciones de la misma forma que en febrero Tillerson lo había marcado públicamente. Sobre esto, García Palomo reconoció tener contactos con líderes opositores y una línea de consulta sobre próximos planes.
Según el reportaje firmado por Andy Rosati y Ezra Fieser, el ex miembro de la Guardia Nacional Bolivariana decidió elevar su perfil para agitar la opinión pública ante lo que considera como "una banda criminal, no un gobierno". En un video reciente, García Palomo insta a los miembros de la Fuerza Armada Nacional Bolivariana a "asumir su responsabilidad su familia, dios, la ley, su país y el resto del mundo", repitiendo la misma diatriba política religiosa que el ex piloto Óscar Pérez utilizó para llamar al derrocamiento de Maduro.
Por otro lado, el ex coronel no negó que sea el enlace de los grupos disidentes en Venezuela con los gobiernos de Colombia y Estados Unidos, como denunció el presidente el pasado mes de agosto en una conferencia de prensa acerca de las conexiones internacionales de los involucrados con el fallido magnicidio. El propio ex coronel afirmó, incluso, que trabaja para que "gobiernos amigos" ayuden a los golpistas a concretar sus planes.
Viejas y nuevas conspiraciones con conexiones internacionales
García Palomo reconoció que la denominada "Operación Constitución" falló porque su grupo fue "infiltrado" por los organismos de seguridad del Estado que se anticiparon a la insurrección militar. Esta operación consistía en sitiar Caracas, apoderarse de instalaciones militares y logísticas claves, como aeropuertos, bases y ministerios públicos, y capturar a Maduro, junto con altos mandos del directorio cívico-militar, para que sean juzgados internacionalmente en las vísperas de las elecciones presidenciales del 20 de mayo.
Según un reportaje de Bloomberg, posterior al fallido magnicidio, el grupo de García Palomo incluso se reunió en Colombia con la célula que intentó asesinar al presidente Maduro con dos drones. Aunque el ex coronel lo niega, las investigaciones de los organismos de seguridad del Estado sostienen que también estuvo involucrado en este fallido plan.
Luego de este intento de asesinato, Maduro expresó en una conferencia de prensa en agosto que García Palomo aún estaba "tratando de reclutar soldados para sus aventuras criminales y fascistas" viajando por varios países de la región. De acuerdo al reportaje, el ex coronel, incluso, atravesó la frontera entre Colombia y Venezuela para participar en la primera de las operaciones, al igual que su familia que se fue del país con la ayuda del gobierno del ex presidente Juan Manuel Santos.
El papel de Colombia, junto con Estados Unidos, además de reconocido, es por demás evidente dado que García Palomo organizó gran parte de sus planes golpistas desde el país vecino luego de que se convirtiera en prófugo de la justicia por su participación en el ataque armado al Fuerte Paramacay, Valencia, realizado por un grupo de ex militares relacionados con el ex capitán Juan Carlos Caguaripano y Óscar Pérez, ex inspector del Cuerpo de Investigaciones Científicas, Penales y Criminalísticas.
La Florida, los grupos irregulares y las denuncias de Venezuela
Desde finales de las guarimbas en 2017, se hace cada vez más evidente la puesta en el centro de la escena de células armadas paramilitares e irregulares que pretenden asumir el papel de vanguardia en el conflicto contra el Estado venezolano. Las declaraciones de García Palomo, junto con la desarticulación del grupo de Óscar Pérez, muestran que estas células se encuentran integradas por militares, policías, delincuentes comunes y miembros de la denominada "Resistencia", entre los que se pregona un discurso fundamentalista en lo político y lo religioso de una forma similar a otras organizaciones terroristas a nivel mundial que son empleadas para atacar a Estados que adversan a Estados Unidos. Piense en los "rebeldes" sirios o libios, antes de formar parte del Daesh.
Los constantes llamados de Marco Rubio a un golpe militar, como el apoyo de estos planes por parte de la Casa Blanca, también evidencia el papel fundamentalque juega la Florida como base financiera, política y operativa de estos grupos, que según se sabe han recibido dinero de grupos de antichavistas en el exilio para desarrollar sus operaciones en el país, sobre todo desde el rotundo fracaso del golpe de color en 2017.
El gobierno venezolano en reiteradas oportunidades denunció además que estos grupos cuentan con el respaldo, principalmente, de Colombia y Estados Unidos, incluso, protegiendo a García Palomo para que continúe buscando mayores adhesiones a sus planes para descarrillar el hilo constitucional en Venezuela. Sin embargo, de cara a la asunción del nuevo mandato de Maduro, destaca la evidente cartelización que existe entre estos grupos y las distintas fracciones antichavistas en confluir en una mal llamada "Junta de Transición" que luego de un golpe convoque a nuevas elecciones.
Por eso, la elevación del perfil público de García Palomo en un medio financiero como Bloomberg es más que claro que busca proyectar la percepción de que se acerca un inminente desenlace devenido de un nuevo intento golpista. Lo que por manido y repetido no deja de ser peligroso en el actual contexto venezolano, donde la vía de la fuerza parece ser la única alternativa que le ha quedado a los factores adversos del país para hacerse de un Estado que se les hace difícil de reconquistar desde 1998

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martedì 27 novembre 2018

Vocazione umanista dei medici cubani illumina decine di paesi



L'umanesimo e la solidarietà dei medici di Cuba permettono che decine di paesi si avvantaggino coi risultati dell'isola in materia di salute. 
                            
In questo scenario -guidato dal principio di condividere con altri paesi quello che si ha - il ministro di Salute Pubblica di Cuba, Josè Angel Portal, ha definito doloroso ma necessario la decisione di non continuare a partecipare al programma Più Medici del Brasile.

Lo scorso 14 novembre, il Ministero di Salute Pubblica (Minsap) ha annunciato che non continuerà a fare parte dell'iniziativa attivata nel 2013 dall’allora presidentessa Dilma Rousseff per garantire copertura sanitaria ai settori più poveri della nazione sud-americana.

La posizione cubana risponde ai condizionamenti ed alle minacce del presidente eletto, Jair Bolsonaro, che ha definito i medici dell'isola come “schiavi moderni”.

Inoltre, ha criticato la preparazione dei cooperanti della maggiore delle Antille ed ha annunciato l'intenzione di condizionare la loro permanenza nel programma alla convalida del titolo, usando come unica via la contrattazione individuale.

“Abbiamo preso una decisione dolorosa, ma necessaria, in difesa della dignità professionale ed umana dei nostri collaboratori e della loro sicurezza. Da mesi stiamo attenti ai pronunciamenti minaccianti e provocatori del presidente eletto”, ha detto Portal in dichiarazioni al sito web Cubadebate.

Durante gli ultimi cinque anni, circa 20 mila collaboratori cubani hanno curato 113.359.000 pazienti, in circa 3600 municipi.

In un momento, i medici dell'isola sono stati l’ 80% di tutti i partecipanti nel programma che ha come obbiettivo garantire la presenza di medici locali e stranieri in zone povere ed appartate del paese sud-americano.

Il lavoro dei professionisti cubani nei luoghi di povertà estrema, in favelas di Rio de Janeiro, Sao Paulo, Salvador de Baia, nei 34 Distretti Speciali Indigeni, soprattutto nell'Amazzonia, è stato ampiamente riconosciuto dai governi federali, statali e municipali, e dalla loro popolazione.

Dirigenti, attivisti ed il popolo brasiliano hanno respinto le posizioni di Bolsonaro ed allertato sulle possibili conseguenze.

“Non abbiamo mai avuto un medico, poi ne è arrivato uno cubano che ha irradiato felicità proporzionando salute ed oggi ci tolgono la vita con la fine della partecipazione dei professionisti dell'isola nel programma Più Medici del Brasile”, ha detto a Prensa Latina il capo tribù indiano Ismael Martin, del villaggio indigeno Tekohà Karumbey, nello stato meridionale del Paranà.

Mentre, l'ex presidentessa Rousseff ha qualificato come una perdita irreparabile la fine dell'accordo tra Cuba e l'Organizzazione Panamericana della Salute (OPS) che garantiva la partecipazione di professionisti cubani in Più Medici.

Tale progetto “creato durante il mio governo, ha offerto fino al 2016 attenzione medica a 63 milioni di brasiliani e brasiliane, molti dei quali non avevano avuto mai accesso ad un professionista della salute”, ha spiegato in un esteso articolo pubblicato nella sua pagina personale in Internet.

D’accordo con la Rete Internazionale di Intellettuali, Artisti e Movimenti Sociali in Difesa dell'Umanità-capitolo Brasile, circa 44 milioni di brasiliani di umili entrate rimarranno senza attenzione medica a partire dal 2019, in più di due mila municipi dell'interno del paese.

LE MENZOGNE DI BOLSONARO

Cuba ha smascherato le menzogne propagate da Bolsonaro sulla presenza di medici dell'isola nel programma Più Medici.

In questo senso, il Minsap ha manifestato che i collaboratori cubani ricevono il cento percento dei loro salari, e benché non si trovino nel loro paese, mantengono i loro posti di lavoro e garanzie lavorative e sociali.

In Brasile, i membri di Più Medici non ricevono salari, perché non sono usati dal sistema di salute locale, bensì borsisti che prestano servizi primari, in sintonia con la Legge Federale per il programma.

Il governo del paese sud-americano non paga salari all'Organizzazione Panamericana della Salute, ma paga per i servizi che questo ha contrattato al Minsap.

Rispetto a questo denaro, i funzionari hanno precisato che i cooperanti che prendono la decisione personale di incorporarsi a Più Medici, firmano un contratto col citato Ministero e volontariamente condividono parte delle entrate per fortificare il sistema di salute universale e gratuito cubano.

Questa posizione solidale e ben lontana dell'egoismo ed individualismo non solo viene dimostrata in Brasile, ma anche in altre nazioni che pagano per i loro servizi, hanno sottolineato.

Un'altra delle menzogne di Bolsonaro, molto criticato per l'impatto della sua ostilità nei brasiliani più poveri (alcuni parlano di un blackout di salute per decine di milioni di persone), è che Cuba proibisce ai collaboratori di parlare coi loro parenti.

In realtà, la maggioranza hanno ricevuto visite dei loro cari e mantengono comunicazione permanente con loro; le regole del programma stabilite dal governo del Brasile regolano l'accesso e la convivenza di persone esterne all'iniziativa, hanno commentato le autorità del settore.

In relazione con la preparazione dei medici cubani, nell'isola il ripudio alle menzogne del mandatario eletto è categorico, la loro formazione è riconosciuta a livello mondiale, per gli indicatori di salute ottenuti nella maggiore delle Antille e per l'appoggio dato ad un centinaio di paesi affinché migliorino i suoi.

Cosset Lazo e Waldo Mendiluza, giornalisti di Prensa Latina Vocazione umanista dei medici cubani illumina decine di paesi
   

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mercoledì 1 agosto 2018

Info #Cuba : Il #PPG cubano estende il suo uso per varie malattie



...Nel maggio 2017, in un Seminario nazionale realizzato in occasione  dei 25 anni d’esperienza con il prodotto naturale Policosanol, conosciuto comunemente come PPG, gli specialisti di tutto il paese hanno mostrato i risultati di questo medicinale cubano creato dal Centro Nazionale delle
Investigazioni Scientifiche che si utilizza per diverse malattie con notevoli risultati. 
Il Dottore in Scienze Rafael Gámez, direttore generale dei Laboratori Dalmer, che appartengono al gruppo di imprese BioCubaFarma, ha spiegato all’Agenzia Cubana de Notizie che oltre a dimostrare la sua efficacia negli ictus ischemici e nelle malattie cardiovascolari, esistono altre prove cliniche che consigliano il suo utilizzo. 
«Nel Seminario sono stati mostrati i risultati della sua azione che è anti aggregante per le piastrine, che riduce il colesterolo, che dà sicurezza per la tolleranza del prodotto», ha precisato l’esperto. 
Gli studi garantiscono l’incremento del miglioramento e della qualità della vita degli anziani che lo usano, che non solo stanno meglio per il calo del colesterolo, ma anche per lo stato della percezione della  salute. 
Il dottor  Gámez  ha detto che l’uso di altre sostanze potrebbe essere complicato se si considera che il metabolismo delle persone anziane è più complesso e possono avere reazioni ai medicinali.
In genere, tra l’altro, questi pazienti  prendono vari medicinali. 
La speranza di vita in Cuba è aumentata: il 19.8 % della popolazione supera i 60 anni e questo fa sì che s’incrementano le malattie croniche non trasmissibili, come l’ipertensione e il diabete, tra le altre e questo significa l’uso di farmaci. Generalmente la poli medicazione è un problema serio per la terza età e il Policosanol ha dimostrato di non interferire con gli altri medicinali,  non provoca reazioni avverse e quindi è d’elezione per gli anziani che lo possono prendere non solo  per cura, ma anche come prevenzione delle malattie, tra le quali le cardiovascolari, le cerebrovascolari, le complicazioni arterio- trombotiche. 
Nella maggioranza degli studi si riflette un incremento nella percezione della salute dei pazienti di età media e avanzata che usano in maniera prolungata il PPG, ha sottolineato ancora. (Traduzione GM – Granma Int.)
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domenica 29 luglio 2018

IL #NICARAGUA E LA LOTTA ANTIMPERIALISTA




..Al fine di fare chiarezza sulla storia recente del Nicaragua, da qualche mese colpito da una nuova “rivoluzione colorata” organizzata dall'imperialismo. Gramsci diceva che “la Storia insegna ma non ha scolari”. Spero che queste pagine possano mostrare che qualche scolaro ce l'ha ancora, aiutando anzitutto il movimento comunista a cogliere il nesso tra quanto sta accadendo oggi in Nicaragua e la storia recente non soltanto sua, ma più in generale dell'America Latina e dell'intero “Terzo Mondo” posto sotto costante attacco da parte dell'Imperialismo Statunitense. ..




Estratto da Alessandro Pascale (a cura di), “A Cent'anni dalla Rivoluzione d'Ottobre. In Difesa del Socialismo Reale e del Marxismo-Leninismo”, Volume II, dicembre 2017, pp. 450-460; il libro è scaricabile gratuitamente su www.intellettualecollettivo.it.
 Il testo viene messo a disposizione dell'Associazione Politico-Culturale “Marx21” al fine di fare chiarezza sulla storia recente del Nicaragua, da qualche mese colpito da una nuova “rivoluzione colorata” organizzata dall'imperialismo. Gramsci diceva che “la Storia insegna ma non ha scolari”. Spero che queste pagine possano mostrare che qualche scolaro ce l'ha ancora, aiutando anzitutto il movimento comunista a cogliere il nesso tra quanto sta accadendo oggi in Nicaragua e la storia recente non soltanto sua, ma più in generale dell'America Latina e dell'intero “Terzo Mondo” posto sotto costante attacco da parte dell'Imperialismo Statunitense.
Su questi temi ricordo che nel libro sono presenti ampi materiali, concentrati soprattutto nel secondo volume. Alessandro Pascale 20 luglio 2018

5. IL NICARAGUA E LA GUERRIGLIA ANTIMPERIALISTA DI SANDINO.

“Quando accetta la riunione con Sacasa, Sandino nomina Ramón Raudales come capo del distaccamento di Wiwilí e si dirige verso Managua in compagnia di suo fratello Socrate e dei generali Estrada ed Umanzor, (16 febbraio). Dichiara che la Guardia Nazionale è incostituzionale (17 febbraio). Si riunisce infine con Sacasa e Somoza nella casa Casa Presidenziale (18 febbraio). Il quotidiano La Prensa afferma che Sandino deve consegnare le armi senza condizioni (18 febbraio). Sacasa nomina il generale Horacio Portocarrero delegato presidenziale nei dipartimenti del nord, con l'aperta opposizione di Somoza (20 febbraio). Dopo una conversazione telefonica, Arthur Bliss Lane e Somoza concedono un'intervista (21 febbraio). Successivamente Lane pranza con Moncada. Alle sei del pomeriggio dello stesso giorno, Somoza si riunisce con sedici ufficiali della guardia nazionale per concludere il piano criminale. Dopo una cena con Sacasa Sandino, scendendo dalla Casa Presidenziale, viene rapito e portato al campo di aviazione a nordest di Managua dove viene assassinato in compagnia del generale Francisco Estrada e Juan Pablo Umanzor (21 febbraio); pochi istanti prima la stessa sorte toccò a suo fratello Sócrates. La Guardia Nazionale attacca la cooperativa agricola di Sandino a Wiwilí. Molti sandinisti vengono assassinati e il generale Abraham Rivera si arrende (3 marzo). Il Congresso Nazionale approva un decreto di amnistia per coloro che commisero qualsiasi delitto dal 16 di febbraio del 1933 in avanti (25 di agosto).” (cronistoria della morte di Sandino) (1) “Andremo verso il sole della libertà o verso la morte; se moriamo, la nostra causa continuerà a vivere.” (Augusto Cesar Sandino)2 Nell'agosto del 1925 i marines statunitensi lasciavano il Nicaragua dopo 13 anni di occupazione ma per mantenere alla presidenza Adolfo Dìaz, ex impiegato di una compagnia mineraria yankee e uomo di fiducia del Dipartimento di Stato, tornò con 2000 soldati per pacificare gli animi di ribellione nello stesso Esercito. Uno dei capi liberali, Augusto Nicolás Calderón Sandino (Niquinohomo, 18 maggio 1895 – Managua, 21 febbraio 1934), guadagnò la via delle montagne e da lì guidò la resistenza rivoluzionaria alla presenza militare statunitense dal 1927 al 1933, diventando uno precursori della guerriglia contro gli eserciti professionali e tenendo in scacco le truppe invasori che nel frattempo si davano ai saccheggi e bombardavano campagne e villaggi: “Lotto per espellere dalla mia patria l'invasione straniero. Il solo modo di mettere fine a questa lotta è che le forze che hanno invaso il territorio nazionale si ritirino immediatamente”. Di fronte all'impossibilità di una vittoria militare, gli USA di Roosevelt capitolarono, accettando il cambio di governo e ritirando le forze armate statunitensi. Ma l'autentico uomo forte, il capo della Guardia nazionale Anastasio Somoza, ex giocatore di poker e falsario, era devoto agli yankee e fu lui, il 21 febbraio 1934, a far rapire e assassinare Sandino, aprendosi le porte per il potere sotto il buon auspicio di Washington, che poté imporlo come presidente senza ulteriori resistenze nel 1936. Riportiamo quanto scrive Paco Pena: “Fedele agli interessi imperialistici, il suo governo fu una

1 - Aporrea.org, “Si compiono 76 anni dall'assassinio di Augusto César Sandino, Generale degli Uomini Liberi”, 22 febbraio 2010, disponibile su http://www.resistenze.org/sito/te/po/ni/poniab22-006395.htm.
 2 - Citato in Cubainformazione, “Sandino, un esempio di resistenza”, 18 maggio 2017, disponibile su http://www.cubainformazione.it/?p=23484.

successione di crimini e corruttele. Rimase al potere fino al 1956, quando venne crivellato di pallottole dal poeta Rigoberto Perez. Il presidente Franklin D. Roosevelt disse di Somoza, l'uomo degli USA: “Somoza sarà pure un figlio di puttana, ma è un figlio di puttana che sta dalla nostra parte”.” (Paco Pena) (3) Su Sandino ha scritto Bianca Braccitorsi (4 ): “Cesar Sandino ragazzo e adolescente, assisté alla caduta del presidente Zelaya, liberale blandamente progressista ma geloso dell'indipendenza del suo paese, al primo sbarco dei marines Usa a sostegno del colpo di stato del partito conservatore, alla ribellione del generale indio Zeledon, schiacciata nel sangue. Giovane e già esperto meccanico nel 1920 fu coinvolto in una rissa e costretto ad espatriare in Honduras, in Guatemala, e infine in Messico a Tampico, città operaia con una vivace presenza sindacale, dove ebbe la possibilità di dare uno sbocco politico alle sue confuse idee di giustizia sociale e indipendenza nazionale, scoprendo il legame fra i discorsi di Simon Bolivar, letti nella biblioteca paterna, e le miserabili condizioni di vita di sua madre. Individuò anche il nemico da battere, l'imperialismo USA. Con questo bagaglio, più qualche risparmio ed una pistola, nel 1926 tornerà nel Nicaragua ancora una volta invaso dai marines accorsi a sostenere i conservatori minacciati da una rivolta liberale. Cesar Sandino fu accolto con diffidenza da patrioti sinceri che volevano l'indipendenza nazionale, ma mantenendo ben ferme le distinzioni di classe: “Terra ai contadini” è una parola d'ordine “bolscevica” e i bolscevichi non hanno buona fama nella borghesia latino americana. Rispondono invece con slancio, contadini operai e ragazze di vita di Puerto Cabezas, con l'aiuto dei quali vengono recuperati fucili e munizioni gettati in mare per ordine degli statunitensi. Di queste armi e di trecento uomini è fatto il nucleo iniziale dell'esercito sandinista che ha nel suo programma politico, oltre alla fine di ogni intromissione militare, politica e economica degli Usa in Nicaragua, la riforma agraria, il controllo del lavoro di donne e minori, l'istruzione e la sanità pubbliche e gratuite. Aderiscono i vecchi militanti delusi dai vecchi capi nazionalisti, uomini e donne dei villaggi indios depredati, operai, studenti e anche rivoluzionari provenienti da tutta l'area latinoamericana, tra i quali il salvadoregno Farabundo Martì, più tardi fondatore del partito comunista del suo paese e fucilato dal dittatore Martinez. “Avremo in Nicaragua il nostro trionfo definitivo” scrive Sandino “con cui si accenderà la miccia dell'esplosione proletaria contro gli imperialisti della terra”.”
Ha scritto righe altrettanto intense Dante Liano (5 ): “Forse la magia di Augusto César Sandino sta nel

3 - P. Pena, “Gli interventi statunitensi in America Latina”, cit., pp. 344-345.
4 - B. Braccitorsi, “Il generale degli uomini liberi”, 23 febbraio 2004, disponibile su http://www.resistenze.org/sito/te/po/ni/poni4b23.htm.
 5 Dalla prefazione di M. Campisi, “Sandino. Il generale degli uomini liberi”, Fratelli Frilli editori, 2003.

fatto che non rappresenta l’eroe tipico, lontano e irraggiungibile. Nei murales, il volto meticcio deve essere colorato di marrone, non di arancione come si fa coi bianchi, e i suoi tratti regolari non denunciano nessuna bellezza cinematografica. Ha il volto segnato di qualunque contadino centroamericano. Il cappello, poi, bianco alato con una striscia alla base, è quello di tutti i lavoratori che si recano al lavoro, sotto le stelle mattutine. Sandino è un eroe, non un mito, e per questo lo troviamo molto più vicino a noi. Non una vita stupenda né cinematografica, ma l’eterna esistenza degli umili. La sua grandezza è la sua ribellione. Sandino imparò a dire di no agli americani in Messico, coi rivoluzionari di quel paese, e vide che si poteva mantenere la dignità e la vita contemporaneamente. Forse, il gesto più significativo della sua vita fu dire di no al padre. Volano via in questo episodio terribile tutti i trattati di psicoanalisi e di sociologia prodotti dai nostri scienziati. Il padre, uomo semplice e tranquillo, che segue gli ordini del governo senza riflettere, va dal figlio a dirgli: “Arrenditi”. La frase deve essere stata ancora più comica, dato il nome di Sandino: “Augusto César, arrenditi!”. E Sandino, che è sicuro dei suoi ideali, manda a quel paese suo padre e i generali che gliel’hanno mandato. Sandino è uomo libero, è “il generale degli uomini liberi”, e gli uomini liberi sono un esercito di straccioni, donne e bambini, che lo seguono per le montagne del Nicaragua. “Qui non si arrende nessuno!” gridano con le bandiere sandiniste sporche del fango e rotte dalle intemperie. Sopra di loro, il cielo stellato di Kant e del Nicaragua. Sandino abbraccia gli uomini, non gli dà la mano. Fa parte delle sue credenze spiritiste. Sandino porta con sé l’aura della dignità. A un certo punto, per sempre, Sandino diventa la dignità dei centroamericani. Un uomo buono e deciso, testardo e tutto d’un pezzo come può indovinare il tradimento di uno dei più malvagi uomini politici dell’America Centrale, il servo Anastasio Somoza? Avvolto nella sua dignità, Augusto César Sandino va incontro alla morte. […] Conoscere la storia di questo eroe semplice è imparare cosa è il Centroamerica e dove scorrono le sue arterie più nascoste, le sue “vene profonde”, là dove la gente ricorda e recupera il suo statuto di umanità. Augusto César Sandino, la storia del nostro orgoglio e la nostra libertà.
5.1. I SANDINISTI AL POTERE IN NICARAGUA
Il 19 luglio 1979 il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale riesce ad entrare a Managua, capitale, e a porre fine alla dittatura della famiglia dei Somoza, istruita e armata dagli americani, di cui era fedele ed ubbidiente alleata. Il Frente Sandinista de Liberacion Nacional (FSLN), era stato fondato nel 1961 e aveva aggiunto nel 1963 la denominazione sandinista in onore al comandante guerrigliero Augusto César Sandino. Il Fronte gode di un vastissimo appoggio popolare, soprattutto tra i contadini (che più scontavano la repressione degli sgherri di Somoza e il durissimo sfruttamento a cui erano sottoposti dalle multinazionali nordamericane), tra gli studenti, gli intellettuali, e molti cristiani della chiesa povera, convinti assertori della teologia di liberazione. L'esasperazione creata dai Somoza, che avevano creato una dittatura che basata sul massacro e sul terrore, sullo sfruttamento dei territori e sull'abbandono della popolazione (più del 75% di analfabeti e due terzi della popolazione che guadagnava meno di 300 dollari all'anno, mentre Somoza, in esilio di Miami, aveva cumulato secondo l'intelligence statunitense circa 900 milioni di dollari), ha negli anni spesso portato a gesti individuali estremi e azioni di rivolta, susseguitesi per i decenni successivi, e creano sempre più consenso nei confronti dell'organizzazione sandinista: tanto per fare degli esempi, la liquidazione dell'odiato generale Perez Vega, caduto nella trappola tesagli dall'avvocatessa militante Nora Astorga o la spettacolare operazione di occupazione del Palazzo Nazionale, con il sequestro di 76 membri del congresso. Il 10 gennaio 1978 Pedro Joaquin Chamorro, editore di uno dei giornali di opposizione al regime, La Prensa, viene assassinato da sicari di Somoza, di fatto facendo crescere l'indignazione popolare e preparando il terreno per l'offensiva finale. A seguito di questo omicidio la rivolta popolare dilaga in tutte le città del Paese, mentre l'offensiva sandinista parte alla conquista delle campagne. Il presidente USA Carter non riesce nell'intento di promuovere dal nulla un'alternativa “moderata” ai sandinisti, facendo promuovere all'ultimo momento dalla stampa e dai sindacati controllati dalla CIA la necessità di un nuovo movimento politico: in poco più di un anno la dittatura è rovesciata e il FSLN sale al potere. A questo punto Carter “autorizzò la CIA a offrire un sostegno finanziario e di altro genere agli oppositori” e iniziarono a far “pressioni sui sandinisti affinché includessero nel nuovo governo alcuni personaggi”. Si continuò il finanziamento “a organizzazioni non governative e al settore privato, compreso l'American Institute for Free Labor Development, da lungo tempo avamposto della CIA”, con l'obiettivo evidente di rinsaldare le posizioni per “rafforzare gli uomini della cosiddetta opposizione moderata e indebolire l'influenza dei paesi socialisti in Nicaragua”. Ogni aiuto militare venne rifiutato, mentre nel frattempo i sostenitori di Somoza si organizzarono come contras, nell'attuare azioni terroristiche contro il governo che nel frattempo attuò una politica da subito incentrata sull'alfabetizzazione di massa, sul miglioramento del sistema sanitario nazionale e in genere nel miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Il nuovo governo espropriò naturalmente i beni di Somoza (le sole proprietà agricole corrispondevano a un quarto dell'arativo totale) e le aree non coltivate, ridistribuendo le terre confiscate a circa 60.000 famiglie contadine; nazionalizzò le banche private, le compagnie di assicurazione, i settori minerario, forestale e ittico, istituì una serie di enti pubblici, come l'ENAL (Empresa Nicaragüense del Algodón), la BANANIC (Empresa Nicaragüense del Banano), l'ANAZUCAR (Empresa Nicaragüense del Azúcar), l'ENMAR (Empresa Nicaragüense de Productos del Mar) ecc., per incrementare le principali produzioni e controllare il relativo commercio.
Un rapporto di Amnesty International riguardante i primi tre anni della Giunta al potere (1979-1981) giudicò la situazione dei diritti dell'uomo in Nicaragua notevolmente migliorata. Nell'agosto 1979 venne emanato lo Statuto dei diritti e garanzia dei nicaraguensi e abolita la pena di morte e fu promulgato lo Statuto Fondamentale della Repubblica di Nicaragua; quest'ultimo abolì la costituzione, la presidenza, il congresso e tutte le corti; garantì il pieno rispetto della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e del Patto Internazionale sui diritti civili e politici dell’ONU e della Dichiarazione Diritti e Doveri dell’Uomo dell’Organizzazione degli Stati Americani, sancì l'uguaglianza incondizionata di tutti i nicaraguensi, la libertà di coscienza e di religione, di unione e organizzazione politica, sciolse la Guardia Nazionale e gli organi di spionaggio, istituì un Esercito Nazionale composto dai combattenti del FSLN e dagli ufficiali della disciolta Guardia Nazionale che si erano uniti alla lotta per il rovesciamento di Somoza. Lo Statuto precisava, inoltre, che l'Esercito assumeva temporaneamente le funzioni di polizia in tutto il paese. Chiaramente iniziava il boicottaggio economico da parte statunitense con le strategie che ormai ben già conosciamo, e quando salì al potere Reagan, condannò “la scalata al potere del Nicaragua dei marxisti-leninisti” e si affrettò a trovare ogni mezzo, legale o illegale, per finanziare i Contras nella guerriglia.(6)

6 -  W. Blum, “Il libro nero degli Stati Uniti”, cit., pp. 432-452. 5.2. L'AIUTO DEL BLOCCO SOCIALISTA CONTRO I CONTRAS DELLA CIA.

5.2. L'AIUTO DEL BLOCCO SOCIALISTA CONTRO I CONTRAS DELLA CIA.

A questo punto diamo la parola a Andrew e Gordievskij7 per mostrare l'atteggiamento del blocco socialista: “Malgrado l'appoggio cubano […] Mosca non si precipitò a soccorrere i sandinisti. Apprezzava il loro sostegno morale” riguardo all'azione sovietica “dell'Afghanistan, e trovava di suo gusto il loro inno nazionale che stigmatizzava gli yankees come “nemici dell'umanità”. Tuttavia il Cremlino continuò per due anni a nutrire la speranza che il conformista partito comunista nicaraguense potesse prendere il posto dei meno ortodossi sandinisti come forza dominante del nuovo regime. Alla fine del 1981 Castro e i rapporti del KGB avevano convinto Mosca della genuinità dello spirito rivoluzionario dei sandinisti […]. Con l'assistenza dei cubani e dei sovietici, i sandinisti potenziarono l'esercito del Nicaragua portandone gli effettivi da 5.000 a 119.000, facendone pertanto la maggiore forza militare nella storia dell'America centrale. (Malgrado il sostegno americano, gli inetti guerriglieri antisandinisti Contras non superarono mai, neppure nelle stime più ottimistiche, la forza complessiva di 20.000 unità) Il Centro di Mosca fu svelto a concludere un accordo con i servizi d'informazione di Managua e mandare alcuni ufficiali del Ventesimo Dipartimento a stabilire il contatto con “i nostri amici nicaraguensi” […] il direttore del servizio [di intelligence del Nicaragua, ndr] era un ufficiale della DGI cubana che usava lo pseudonimo di Renan Montero. Il Centro mandò settanta consiglieri e istituì in Nicaragua una scuola per la sicurezza dello Stato. […] il Nicaragua permise ai sovietici di installare sul suo territorio quattro basi per la sigint.” Manovre ingiustificate? Forse no, visto “l'aiuto degli USA ai Contras (guerriglieri antisandinisti) e la rivelazione, nel 1984, che la CIA aveva collaborato a minare i porti nicaraguensi e alla distruzione dei serbatoi di petrolio nel porto di Corinto sulla costa del Pacifico. […] Nell'America latina, e anche altrove, si alzò un'ondata di sdegno contro gli Stati Uniti, facendo convergere la solidarietà internazionale sulla lotta antisandinista contro l'imperialismo americano. Malgrado la popolarità personale di Reagan, i suoi appelli per maggiori finanziamenti ai Contras non convinsero né il Congresso né l'opinione pubblica americana. Gli aiuti ai Contras cessarono ufficialmente nel 1984. I tentativi di continuarli in forma ufficiosa invischiarono la Casa Bianca […].” Dunque il supporto offerto dall'URSS e da Cuba, e pienamente accettato dal governo nicaraguense, è stato determinante per proteggere il Nicaragua dai tentativi golpisti degli USA, che in questo caso persero per il resto del periodo della guerra fredda un tassello del puzzle del Centro America. I supporti sovietici proseguirono anche dopo, così come la guerra sotterranea degli USA (solo nel 1986 il Congresso degli Stati Uniti approvò lo stanziamento di cento milioni di dollari per

7- C. Andrew & O. Gordievskij, “La storia segreta del KGB”, cit., pp. 593-594.

finanziare i Contras) proseguì finché non riuscì a vincerla ottenendo la vittoria delle elezioni nella prima tornata elettorale pluripartitica del 1990 (nella quale vinse l'Unione Nazionale di Opposizione, ampiamente finanziata con milioni di dollari dagli USA). Nel frattempo però, nel 1987, il leader sovietico Michail Gorbaciov aveva proposto di sospendere gli aiuti militari sovietici al Nicaragua se gli USA avessero interrotto l'appoggio militare ai contras: “non esistono indicazioni di sorta che il presidente abbia dato alcun seguito alla proposta”. Per spiegare la sconfitta alle elezioni del 1990, i sandinisti ritennero che “i dieci anni di guerra su tutti i fronti avevano logorato la popolazione. Temevano che, finché i sandinisti fossero restati al potere, i contras e gli Stati Uniti non avrebbero mai moderato la campagna per rovesciarli. La gente votò per la pace. (Come la popolazione della Repubblica Dominicana aveva votato nel 1966 per il candidato appoggiato dagli Stati Uniti per prevenire un ulteriore intervento militare americano). […] Aquì no se rinde nadie. Per dieci anni la gente del Nicaragua aveva gridato questo slogan: “Qui nessuno si arrende”. Ma nel febbraio 1990, fecero esattamente questo.” Si apriva così per il Paese un periodo di transizione e di assestamento della vita politica, caratterizzato dal contrasto fra gli orientamenti del potere governativo e quelli di istituzioni a predominante composizione sandinista (esercito, sindacati, ecc.), e si dava avvio a una politica economica neoliberista. Profondi dissidi si verificavano ben presto sia all'interno della coalizione di maggioranza, sia nel Fronte di Liberazione Nazionale Sandinista (FLNS), che si scisse. La corrente sandinista moderata, capeggiata da Sergio Ramírez, infatti si separava nel 1994, dando origine nel 1995 a un nuovo gruppo politico, il Movimento Rinnovato Sandinista (MRS). Anche le elezioni del 1996 vedevano la sconfitta del leader sandinista Daniel Ortega e l'avvento del candidato della destra, il neosomozista Arnoldo Alemán Lacayo, rappresentante della grande proprietà terriera, guardato con simpatia dalle gerarchie ecclesiastiche locali. Assunta la carica nel gennaio 1997, Alemán confermava la politica economica delle privatizzazioni adottata dall'amministrazione precedente e cercava di trovare una soluzione legale alle richieste di quanti, primi fra tutti la famiglia Somoza, si erano visti confiscare le proprietà durante il periodo della rivoluzione sandinista. Trovato un accordo fra la maggioranza e l'opposizione sandinista per la restituzione delle terre espropriate e arresosi l'ultimo movimento di guerriglia attivo nel Paese, il Fronte unito Andrès Castro, il processo di pacificazione nazionale si concludeva nel 1997. La politica neoliberista di Alemán e la drastica riduzione del deficit del Paese, attuata per realizzare il rigido programma strutturale imposto dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, facevano però precipitare il Nicaragua in uno stato di grave recessione economica. Bisogna aspettare il novembre 2006 per veder tornare i sandinisti, molto moderatisi nel tempo, al potere: nelle elezioni presidenziali vince Daniel Ortega con il 38,07% dei voti; il candidato “liberale” Eduardo Montealegre, appoggiato da Washington, si ferma al 29%. Nel 2011 Ortega viene rieletto con il 62,6% dei consensi. Nel 2014 il Parlamento approvava una modifica alla Costituzione che rafforza il potere legislativo del presidente, permettendogli di ricandidarsi per un terzo mandato nel 2016 stravinto addirittura con il 72,44% dei voti. Nonostante alcune critiche giunte da sinistra (8 ), analisti sostengono che i motivi della larga riconferma ottenuta da Ortega sono da ricercarsi nelle politiche sociali portate avanti in favore dei meno abbienti, oltre che negli investimenti pubblici nelle infrastrutture, per l’elettrificazione del paese, per la salute e l’educazione. Politiche di sostegno alla cultura e allo sport sono state implementate con forza e convinzione. Da non dimenticare lo sviluppo e il rafforzamento della cooperazione con la Cina, come si evince dai lavori per la realizzazione del canale del Nicaragua che sta attraendo numerosi investimenti nel paese. Tra i messaggi di congratulazioni per questa nuova vittoria ottenuta dal Comandante Ortega, vi sono quello del Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolas Maduro che parla di “vittoria della Patria Grande in Nicaragua”; così come il leader cubano Raul Castro che afferma come con questa schiacciante vittoria “Nuestra America potrà continuare a contare sul Nicaragua per avanzare verso la giustizia e la prosperità per i nostri popoli”.(9)

8 - Ad esempio M. Urbano Rodrigues, “Daniel Ortega ha tradito la Rivoluzione sandinista”, 12 novembre 2016, disponibile su http://www.resistenze.org/sito/te/po/ni/ponigm14-018557.htm.
 9 - Fonti ulteriori usate per il capitolo: W. Blum, “Il libro nero degli Stati Uniti”, cit., pp. 431-452; Enciclopedia DeAgostini-Sapere.it, “Nicaragua”, disponibile su http://www.sapere.it/enciclopedia/Nicar %C3%A0gua.html#id_dfffb -8043-36e9-b406-343c721fab91; Infoaut, “19 luglio 1979 come i sandinisti rovesciarono la dittatura di Somoza”, 19 luglio 2017, disponibile su https://www.infoaut.org/storia-di-classe/19-luglio-1979-isandinisti-rovesciano-la-dittatura-di-somoza
; Autore Ignoto, “Nicaragua: nuovo trionfo elettorale per Daniel Ortega e il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale”, 7 novembre 2016, disponibile su http://www.lantidiplomatico.it/dettnewsnicaragua_nuovo_trionfo_elettorale_per_daniel_ortega_e_il_fronte_sandinista_di_liberazione_nazionale/5694_177 67/.

5.3. IL RUOLO DESTABILIZZATORE DELLE ONG

“Né il governo degli Stati Uniti né i suoi alleati europei vedono bene il modello di commercio e cooperazione inspirato dal socialismo che si sviluppa nei paesi dall'Alba. Appoggiano la campagna di destabilizzazione dell'opposizione nicaraguense come appoggiarono quelle che ebbero luogo in Venezuela e Bolivia. Tutte questi campagne fanno parte dello sforzo dei governi degli Stati Uniti e dei suoi alleati di ostacolare i tentativi dei paesi dell'America Latina di avanzare verso un'integrazione progressista e sovrana al di fuori della logica capitalista della globalizzazione corporativa.” (Associazione Amicizia e Solidarietà Italia-Nicaragua, 2008)10 In un articolo uscito su Misiòn Verdad nel 201611, si accusa gli USA di aver attuato per anni, con la fine della guerriglia dei Contras, una nuova tipologia di operazione clandestina. Leggiamo: “Le ONG sono le facciate “indipendenti” che beneficiano dell’aiuto finanziario, e che operano con obiettivi chiari, nel contesto della guerra con risorse asimmetriche. Ma anche partiti politici sono attenti al portafoglio dei dollari. Non è per pura speculazione che Misión Verdad ha riportato i casi che si riferiscono al contesto venezuelano […]. E il caso nicaraguense, come quello venezuelano, non è esente dai finanziamenti di enti governativi statunitensi. […] I dati forniti dal giornalista svedese Dick Emanuelsson confermano il finanziamento da parte del Dipartimento di Stato (via NED e USAID) e del National Democratic Institute (IND, del partito di Hillary Clinton), per citarne solo due, ai partiti principali di quella che è definita “Coalizione Democratica” e alle ONG in Nicaragua. La ONG “Movimento per il Nicaragua”, che si dice difensora dei diritti della “società civile” contro la “dittatura sandinista” e che riunisce più i mascalzoni dei media che la gente nelle strade, ha come finanziatore, oltre la NED, la USAID e l’IND, come già si è detto, anche l’ambasciata degli Stati Uniti a Managua (città capitale del Nicaragua), la Open Society Foundation di George Soros, attraverso la rete “Probidad”, l’Istituto Repubblicano Internazionale (IRI) e l’ambasciata del Giappone, paese rivale – geopoliticamente parlando – della Repubblica Popolare Cinese. Anche la ONG “Comisión Permanente de Derechos Humanos”, rappresentata dal suo direttore esecutivo Marcos Carmona, ha ricevuto un buon mazzo di bigliettoni (20.000 dollari, non di più nel 2008, ma Emanuelsson fa notare che tale somma equivale a 25.671 salari minimi al mese) da parte della USAID. Un’altra ONG, l’“Istituto di Studi Strategici e Politiche Pubbliche”, ha

10 -Associazione Amicizia e Solidarietà Italia-Nicaragua, “Le chiavi per capire il conflitto sandinista”, 2 luglio 2008, disponibile su http://www.resistenze.org/sito/te/po/ni/poni8g14-003462.htm.
 11 - Misiòn Verdad, “Il ruolo di istituzioni statunitensi e ONG nella destabilizzazione del Nicaragua”, 31 agosto 2016, traduzione a cura di Marx21 e disponibile su http://www.marx21.it/index.php/internazionale/america-latina-ecaraibi/27139-il-ruolo-di-istituzioni-statunitensi-e-ong-nella-destabilizzazione-del-nicaragua.

ricevuto dalla NED più di 50.000 dollari dal 2005, e ha contato sull’appoggio del NDI, della Banca Interamericana di Sviluppo (BID) e dell’IRI per l’organizzazione di manifestazioni. Tanto il Partito Liberale quanto il Movimento di Rinnovamento Sandinista (MRS) si sono impantanati nella stessa cloaca finanziaria, e gli stessi dirigenti del MRS hanno dichiarato pubblicamente che ci sono state marce e riunioni sotto l’auspicio dell’IRI. Gli interessi di diversi repubblicani nella storia del Nicaragua sono stati rivelati fin dal decennio del 1980. Riassume il giornalista svedese: “Questo organismo (IRI) è stato diretto fino alla sua morte (7 dicembre 2006) dalla fervente anticomunista Jean Jordan Kirkpatrick. Questa signora era l’ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU nel 1983 quando il suo capo, il presidente Ronald Reagan, aveva disseminato di mine il golfo di Fonseca e impedito alle navi di entrare nel principale porto del Nicaragua sulla costa pacifica, il porto di Corinto. […] I repubblicani e Reagan&Kirkpatrick cercavano con le mine di soffocare il piccolo paese centramericano. Il popolo nicaraguense fu vittima di innumerevoli massacri da parte dei “Contras”, diretti da un altro repubblicano, l’ambasciatore John Negroponte, dalla capitale honduregna. Più di 50.000 nicaraguensi furono vilmente assassinati dalla guerra di Reagan e dei repubblicani durante il decennio del 1980”. La lista delle organizzazioni finanziate da differenti organismi del governo di Wall Street, scusate, dalla Casa Bianca, è lunga, ma non per questo meno pericolosa.”

5.4. PREGI E LIMITI DELL'ESPERIENZA SANDINISTA

“Nei momenti di gioia e nel momenti di dolore ho invocato sempre Dio e ho ringraziato Dio. Le nostre radici sono il cristianesimo, di lì vengono i nostri valori: dal cristianesimo”. “Per arrivare a Sandino sono prima dovuto arrivare a Cristo, per arrivare alla Rivoluzione Cubana prima sono arrivato a Cristo, per arrivare a Marx, a Lenin, ad Engels, prima sono arrivato a Cristo, per arrivare al popolo, prima sono arrivato a Cristo.” (Daniel Ortega, 2014)(12) Di seguito un giudizio politico fatto nel 2009 da Gilberto López y Rivas(13) sull'importanza e sui

12 -  RedGlobe, “Celebrati a Managua i 35 anni della Rivoluzione Sandinista”, 20 luglio 2014, traduzione in italiano del Centro di Cultura e Documentazione Popolare e pubblicazione su http://www.resistenze.org/sito/te/po/ni/ponieg21- 014847.htm.
 13 - G. López y Rivas, “Il significato attuale della Rivoluzione Popolare Sandinista in America Latina”, 19 luglio 2009, disponibile su http://www.resistenze.org/sito/te/po/ni/poni9g21-005408.htm.

limiti che ha avuto il sandinismo. Manca un giudizio adeguato sugli anni del ritorno al potere di Ortega, su cui al momento è difficile esprimersi con un occhio storico: “La Rivoluzione Popolare Sandinista (RPS), che ha trionfato il 19 luglio del 1979, è stato il primo movimento armato rivoluzionario vincente dopo la rivoluzione cubana. Si è trattato di una rottura del cordone sanitario statunitense sui processi rivoluzionari in America Latina, seguito alla sconfitta politico militare della Baia dei Porci e al brutale golpe contro il governo costituzionale di Unità Popolare in Cile. In Nicaragua avvenne una rivoluzione contro la dittatura e con chiari contenuti sociali, in un paese strategico per il controllo economico, politico e militare degli USA sul continente. Fu questo il motivo che scatenò l’imperialismo, il quale reagì alla vittoria rivoluzionaria con tutta la sua violenza, organizzando una sanguinosa guerra d’aggressione durata per tutti gli anni '80, con un tragico bilancio di morti e feriti. Sul piano strettamente militare, la Rivoluzione riuscì ad organizzare una difesa basata sulla partecipazione popolare, una guerra di tutto il popolo che impedì la presa del potere da parte dei controrivoluzionari in ogni porzione del territorio nazionale. Nonostante le risorse fornite dagli Stati Uniti, i sabotaggi all’economia e all’infrastruttura, le frequenti imboscate a miliziani, soldati e funzionari del governo rivoluzionario, gli USA in Nicaragua non hanno vinto militarmente. La Rivoluzione Popolare Sandinista, nonostante questa pressione, riuscì a riscattare la dignità nazionale nicaraguese, cambiando radicalmente le condizioni economiche, sociali, culturali e politiche del paese. Concependo la nazione non soltanto come la somma di territorio, lingua, economia e cultura o carattere nazionale, ma come un fenomeno dinamico in cui classi, frammenti di classe e gruppi socio-etnici lottano per l’egemonia. La vittoria rese possibile un processo formativo e di consolidamento della nazione che era stato visibilmente sospeso e deformato durante il somozismo. Alla base di queste trasformazioni vi fu l’eliminazione dal potere politico della famiglia Somoza e il passaggio a una democrazia di maggioranze popolari, che rigenerò la natura stessa della nazione e dei suoi elementi costitutivi. Il rapporto fra Stato nazionale e la sua base, il popolo e il territorio, cambiò qualitativamente. Il somozismo manteneva solo una sovranità formale sulle sue frontiere, mentre la Rivoluzione nazionalizzò il territorio e le sue risorse naturali, aprendo una profonda presa di coscienza della sua identità, riconoscendo le varie realtà etnico-culturali, le diverse confluenze linguistiche e, per la prima volta, s’identificò come una nazione multietnica e multiculturale. Il Nicaragua fu una scuola di quadri per tutto il continente. La presenza internazionalista di latinoamericani prima, durante l’insurrezione e nei dieci anni di governo rivoluzionario, costituì un importante contributo ai processi di cambiamento in America Latina.
Persino l’EZLN non lo si potrebbe capire senza l’esperienza nicaraguese. Il Nicaragua provocò un movimento di solidarietà popolare di proporzioni mai viste e pure l’aiuto di governi (in modo aperto o discreto) fra cui si distinsero Cuba e Messico. La vittoria sandinista stimolò anche la propagazione dell’erronea teoria del “domino rivoluzionario”, con effetti negativi nelle lotte armate di El Salvador e Guatemala, con un trionfalismo senza fondamento. La Repubblica Popolare Sandinista ruppe con molti schemi dominanti nel movimento rivoluzionario latinoamericano: a) la presenza importante del settore cristiano; b) la direzione collettiva, anche se si ebbe la deriva dell’orteguismo dentro il FSLN; c) le elezioni del 1984 e il mantenimento della pluralità politica in un contesto di costruzione del potere popolare; d) gli sforzi (falliti) di non allineamento; e) l’irriverenza di forme e contenuti; f) le radici nazionali (Sandino, la storia di resistenza antisomozista, ecc.). La RPS affrontò il problema etnico-nazionale dopo quattro anni di sconfitte, con una prospettiva interculturale e autonomista che ruppe con gli schemi del marxismo schematico basato sul riduzionismo classista e proletarizzante. Il Nicaragua divenne così un esempio d’autonomia per molti dei movimenti indigenisti in formazione. Tanto che, di nuovo, non si potrebbe capire il processo d’autonomie in America Latina, senza tenere conto dell’importante progresso realizzato su questo terreno durante la rivoluzione sandinista. La sconfitta elettorale nel 1990 e la perdita del potere fu per i sandinisti un duro colpo, ma lo fu anche per tutti i processi rivoluzionari armati in corso (El Salvador, Guatemala, Colombia) e influì nelle prospettive di altri movimenti politici non armati che assunsero le strategie elettorali come la loro ragion d’essere (PRD, in Messico, PT, in Brasile, ecc). Ciò che seguì la sconfitta elettorale colpì anche i partiti e i movimenti in America Latina. Si trattò di una fase di corruzione che nella rivoluzione cubana non era avvenuta; in questa fase vennero coinvolti importanti quadri del sandinismo, che si appropriarono di beni e risorse pubbliche gettando via l’eredità di riferimento etico che la RPS aveva conservato durante i dieci anni di guerra.” Nel 2014 Ortega ha celebrato il 35° anniversario della rivoluzione sandinista affrontando una serie di questioni politiche importanti. Ha “ringraziato il presidente del Venezuela Nicolás Maduro per la presenza […] e ha assicurato che quest'ultimo ha in atto una sfida gigantesca tanto con il popolo venezuelano, quanto con gli altri popoli dell'America. “Egli sta di fronte ad una rivoluzione che oggi è l'avanguardia nella lotta dei popoli dell'America Latina e dei Caraibi. È una forza determinante per continuare a fortificare l'integrazione, l'unità dei popoli dell'America Latina e dei Caraibi, la lotta per la sovranità dei popoli dell'America Latina e dei Caraibi. L'unità dei popoli dell'America latina e dei Caraibi è una forza determinante per continuare a rinforzare l'integrazione e la lotta per la sovranità di questi popoli”, ha sottolineato. Ha dichiarato inoltre che ciò spiega l'odio dell'impero e dei suoi sodali contro Nicolás. […] Il comandante Daniel ha anche approfittato del suo discorso per chiedere la sospensione dell'occupazione della Palestina da parte delle forze militari dell'esercito di Israele […]. Daniel ha affermato che benché in questi ultimi anni della seconda tappa della Rivoluzione si siano fatti grandi progressi, restano ancora molte sfide davanti”. Pur avendo fatto “progressi nella lotta alla povertà, nella lotta alla povertà estrema, nella lotta alla denutrizione, nella sanità e nell'istruzione, nella costruzione di strade e di vie di comunicazione, nelle politiche produttive, nei diritti della gioventù, nel protagonismo del popolo” e “nella pratica della solidarietà" indicava come obiettivi la lotta all'analfabetismo e alla povertà nelle zone rurali sostenendo la necessità di portare avanti lo sviluppo delle forze produttive del Paese.(14)

14 - RedGlobe, “Celebrati a Managua i 35 anni della Rivoluzione Sandinista”, cit

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