domenica 5 aprile 2015

Occupazioni, autogestione e collettivi la speranza per aggregare e ripartire. (Documento da un incontro su sport popolare)



 Testo introduttivo di compagni in incontro sullo sport  popolare:


Sono passati diversi anni, in alcune parti d'Italia anche quindici, in cui in alcune città si sono intrapresi percorsi sullo sport popolare. Dai percorsi iniziati nella città di Napoli sono nate tre squadre di calcio popolare (Quartograd, Stella Rossa, Lokomotiv Flegrea e Afro Unite) e due palestre popolari (Palestra Popolare Vincenzo Leone e Palestra Popolare Villa Medusa). Tutti questi progetti hanno in comune diverse cose: essere completamente autorganizzate e portare avanti valori come l'antifascismo, l'antirazzismo e l'antisessimo; essere completamente autofinanziati e opporsi alla logica capitalistica di trasformare anche i più bei sport in una occasione per fare profitto. E' da questi presupposti che vogliamo intavolare un tavolo di discussione e di confronto anche con altre esperienze, tipo quella venezuelana e cubana, che hanno fatto dello sport popolare una pratica politica. Discutere, dunque, di come lo sport popolare stia diventando sempre più uno strumento rivoluzionario, utile per entrare in contatto con porzioni di classe altrimenti difficilmente intercettabili. Porzioni di classe marginalizzate, che, con la crisi e la riorganizzazione capitalistica del lavoro stanno diventando sempre più ampie e importanti per il processo rivoluzionario. Lo si è visto nei cortei del 14 dicembre 2010 e 15 ottobre 2011 a Roma. In quei frangenti subalterni completamente estranei a strutture politiche o a qualunque organizzazione classica (partiti e sindacati) si sono presi, giustamente, la scena scavalcando in termini di conflitto qualunque struttura di movimento. E' da quelle giornate che ci chiediamo come organizzare queste soggettività di classe a cui, evidentemente, manca un'organizzazione. Come intercettarle visto che, a nostro avviso, rivestono sempre più un ruolo centrale nel processo rivoluzionario. Vediamo come, infatti, la ristrutturazione capitalistica sta portando ad un assottigliamento delle differenze tra garantiti e non garantiti, eliminando qualsiasi forma di tutela conquistata con anni di lotte. La produzione e le relazioni sociali, negli ultimi trent’anni, hanno conosciuto trasformazioni radicali che hanno determinato la progressiva scomparsa dei vecchi rapporti di produzione e dell’organizzazione tradizionale del lavoro nel mondo occidentale. Oggi, la quota di lavoratori garantiti, con la speranza di una pensione e la possibilità di godere dei diritti sanciti dallo Statuto dei lavoratori si riduce sempre di più ed è possibile affermare, dati alla mano, che sia già minoritaria. Assottigliamento delle differenze, naturalmente, verso il basso. La pressione salariale scaturita da un tasso di disoccupazione ai suoi record storici e lo sfruttamento semi-schiavista dei lavoratori immigrati, si impone come ricatto alla forza-lavoro autoctona. Per sopravvivere è necessario accettare qualsiasi condizione viene proposta. Oggi le acque in cui ci muoviamo sono la costante precarietà lavorativa, l'eliminazione costante di ogni diritto economico e sociale conquistato dalle lotte di classe degli anni precedenti, la forte presenza migrante nei posti centrali della produzione capitalistica, dal comparto logistico semi schiavizzante al lavoro nero. Queste porzioni di classe si sono pian piano distaccate dalla rappresentanza politica, vista sempre più come il nemico da combattere piuttosto che come l’alleato da votare. Quando ha potuto, poi, è eruttato in scontri di piazza di una intensità mai vista in Italia, almeno negli ultimi vent’anni, facendo intuire le potenzialità conflittuali di tale soggetto. Se queste sono le condizioni oggettive, manca ancora una presa di coscienza soggettiva di classe tale da trasformare il sentimento di rabbia in proposta politica. Questa è la direzione nella quale ci muoviamo. Nel farlo, siamo consci di non bastare a noi stessi. Il compito, infatti, è sicuramente più grande delle nostre sole forze. Ma il nostro compito è anche provarci attraverso un lungo e grigio lavoro quotidiano. Per questo, secondo noi, è importante lavorare su questi porzioni di classe sempre più numerosa e centrale.
Ed uno dei modi da noi individuato, oltre al grigio lavoro territoriale quotidiano, è lo sport popolare. Con questi presupposti e analisi nel marzo del 2013 nasce la Palestra Popolare Vincenzo Leone.
Uno strumento di aggregazione, socializzazione e crescita collettiva. Capire come inserire questi percorsi in quelli più generali che ci vedono impegnati tutti i giorni nelle strade, nelle scuole, nelle università e nelle fabbriche.
Discutere, anche, delle difficoltà, delle differenze, degli obiettivi. E' questo quello che vuole essere questo tavolo di discussione. Una discussione che ci arricchisca e che ci rafforzi il cammino verso la rivoluzione.




Per la diffusione del documento un grazie  ai
compagni di Mensaoccupata Napoli



 immagini  e logo dei Compagni della mensa occupata Napoli


mensa occupata Napoli



logo mensa occupata


foto tratte da



Verso il II Incontro Italiano di Solidarietà con la
Rivoluzione Bolivariana 

Napoli - 10-11-12 Aprile 2015


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