giovedì 26 giugno 2014

Intervista esclusiva al comandante delle Farc, Jesús Santrich


Tony Lopez 

Il giornalista cubano Tony Lopez, collaboratore
Jesús Santrich FARC-EP
abituale di Resumen Latinoamericano sulle questioni della Colombia, intervista il comandante delle Farc-Ep, Jesús Santrich, della Delegazione per i colloqui con il governo di Juan Manuel Santos, a L'Avana
.



In occasione del completamento del 25° ciclo dei colloqui di pace tra il governo colombiano e le Forze armate rivoluzionarie di Colombia - Esercito del popolo e allo stesso tempo in occasione della chiusura del terzo punto dell'Agenda dell'Accordo generale dell'Avana, vorremmo chiederle di presentarci un bilancio generale di ciò che finora è compreso nell'insieme del concordato tra le parti. Inizierei col chiederle se si può dire che il processo di dialogo abbia già affrontato la metà dei punti in discussione?

Prima di tutto il mio ringraziamento per la gentile concessione della possibilità di questa intervista e per il riconoscimento del successo ottenuto con questo nuovo passo nella ricerca della pace per i colombiani. Per quanto riguarda la sua domanda, possiamo dire che si è affrontata la metà dei punti contenuti nell'Accordo generale dell'Avana, e aggiungo che questo non significa essere a metà strada nell'affrontare i problemi del paese e che sono la causa dello scontro che sosteniamo.

Sebbene l'Agenda abbia sei punti che indirizzano le discussioni, nessuno deve dimenticare che esiste un preambolo dell'Accordo che ne rappresenta lo spirito stesso. Faccio questa precisazione perché ci sono una serie di questioni non registrate in modo esaustivo nel testo dell'Agenda, ma che rappresentano una parte essenziale delle questioni da risolvere. Un chiaro esempio è il modello economico che influisce direttamente sulle condizioni di vita di tutti i colombiani, generando grandi disuguaglianze e miseria a cui, ovviamente, vanno cercate alternative se si vuole veramente porre fine allo scontro. Dobbiamo anche aggiungere che in generale si parla - soprattutto i mezzi di comunicazione - del raggiungimento di tre dei sei punti. Di certo è molta la strada che resta da percorrere se consideriamo che abbiamo raggiunto degli accordi parziali e che tale è la caratteristica di questi tre accordi, cioè soltanto una parte del totale. Nulla è stato ancora completato e ciò che resta irrisolto lo è perché su quello non abbiamo trovato un'intesa; è stato da noi indicato come eccezione, in modo chiaro, affinché dopo si riprenda la discussione. Per ora, diciamo che rappresentano discussioni rinviate, che ad un certo punto dovremo concludere e che se non risolte dovranno essere sottoposte all'esame del meccanismo della controfirma, che dal nostro punto di vista dovrebbe riguardare l'Assemblea nazionale costituente.


Bene, ma se parliamo di fare un bilancio, anche se le Farc alla fine di ogni ciclo presenta le proprie analisi della situazione in una prospettiva d'insieme, come va giudicato quanto si è raggiunto? Vorrei che nel rispondere iniziasse con il primo punto, quello che si riferisce alla questione della Riforma rurale integrale.

Come ha già detto, le Farc, alla fine di ogni ciclo, presentano il loro resoconto e bilancio di ciò che è stata l'attività. Per ogni punto concluso è stato fatto lo stesso. Nelle nostre pagine e siti web e in vari documenti pubblicati abbiamo riferito i nostri punti di vista e le preoccupazioni, particolari e complessive, intendendo con ciò quello che fin dall'inizio abbiamo detto al governo, e cioè che sebbene per metodologia dividiamo la discussione di ogni tema come questione a parte, è certo che ogni punto è interconnesso con l'altro e che ciò va preso in considerazione, perché ad esempio non si può parlare di riforma agraria senza parlare dei Trattati di libero commercio o senza alludere a problemi come quello della proprietà straniera della terra. Abbiamo finora avuto progressi tangibili sulle questioni dell'Agenda che non erano mai stati raggiunti.

Devo riconoscere che durante i colloqui di La Uribe col governo di Belisario Betancur, i progressi furono enormi e di fatto si concordò una tregua che fu molto importante per lo sviluppo della vita politica nazionale. Soprattutto per quanto riguarda la creazione di spazi di partecipazione democratica che ora non è il caso di raccontare. Ma la partecipazione stessa dell'insurrezione all'attività politica aperta, al fianco di molti settori popolari e sociali che si riunirono nel progetto di pace che fu l'Unione Patriottica, mostra quanto quel processo fu importante che purtroppo è stato liquidato dal terrorismo di stato e dal militarismo.

Diciamo che ogni processo ha le sue peculiarità. Sono stati periodi di speranza per i colombiani, perché in questi momenti si ripone fiducia nella reale possibilità di una democratizzazione del paese. Tuttavia, come una costante, subentrano le frustrazioni quando l'estrema destra, i settori guerrafondai interni ed esterni al paese e soprattutto la meschinità degli imperi economici, premono con tutta la loro forza per la difesa degli interessi particolari sopra l'interesse comune. Questa volta penso che il progresso sia sostanziale, relativamente maggiore che in altri momenti rispetto ai temi più specifici affrontati.

Ricordiamo che nel primo rapporto congiunto fatto tra Farc e governo, il 21 giugno 2013, si spiegava che dopo sette mesi di trattative erano stati raggiunti una serie di accordi, evidenziando ciò che noi definiamo "Verso una nuova campagna colombiana: Riforma rurale integrale". Il punto sulla questione agraria lo chiudiamo con gli accordi parziali del 26 maggio 2013 e già ha un anno. All'epoca di quel primo rapporto, avevamo impiegato dieci cicli, in media di undici giorni ciascuno. A volte si abbrevia a volte si prolunga. Solitamente sono undici giorni distribuiti in mini-cicli di tre giorni di lavoro, con uno solo di pausa e alla fine una settimana di ritiro, più o meno. Faccio questo conteggio, che è stato comune per lo sviluppo di ogni punto, per mostrare l'intensità del lavoro, che è maggiore se si considera che durante le pause le delegazioni devono preparare i materiali, i dibattiti, consultare gli esperti, in modo che le discussioni siano davvero profonde e raccolgano le preoccupazioni e la volontà del Paese. Ad esempio, il Tavolo di colloqui per arricchire il dialogo, riguardo la questione agraria, ha approvato la realizzazione di due forum nazionali al Sistema delle Nazioni unite in Colombia e all'Università nazionale - Centro di pensiero e prosecuzione dei colloqui di pace. Dalle conclusioni, le Farc-Ep hanno ricavato gli elementi che hanno permesso la costruzione delle nostre 100 proposte minime riguardo a questo problema.

Il primo Forum nazionale sulla Politica di sviluppo agricolo integrale (Focus territoriale), è stato realizzato durante i giorni 17, 18 e 19 dicembre 2012. Tale evento ha contato sulla partecipazione di 1.314 persone provenienti da 522 organizzazioni dei 32 dipartimenti del paese, nel quale si sono raccolte le proposte di 411 persone intervenute ai tavoli di lavoro. Si è trattato, senza dubbio, di momenti molto importanti di partecipazione popolare al processo, ma per ciò che riguarda la definizione del destino del paese, è stato molto limitato e mediatizzato. Noi continuiamo a pensare che il protagonismo delle persone debba esser maggiore. E qui, a proposito, mi riferisco a quello che è stato il concorso della popolazione nel processo. E ripeto che questo meccanismo dei forum, integrato alle proposte ricevute via web al Tavolo sia importante, ma molto limitato. A noi è servito molto per elaborare le iniziative rispettando la volontà della popolazione, ma la voce delle comunità all'interno del Tavolo non si integra con queste procedure.

Vorrei aggiungere che su questa stessa tematica, pensando che gli input forniti dai forum non giungano estemporaneamente ma al momento dell'apertura di ogni punto, il secondo forum sulla Partecipazione politica si è tenuto a Bogotà, il 28, 29 e 30 aprile 2013, su richiesta del Tavolo dei colloqui, con l'appoggio dell'ufficio dell'Onu in Colombia e il Centro di pensiero per la pace dell'Università nazionale.

Questo evento ha contato sulla partecipazione di 1600 persone in rappresentanza dei 32 dipartimenti. Il 70% dei partecipanti proveniva da diverse regioni del paese, il 30% era di Bogotá. C'erano rappresentanti di partiti e movimenti politici, organizzazioni contadine e delle donne. Come nel forum agrario, è stata notevole la presenza di rappresentanti dei movimenti sociali e politici, partiti politici, sindacati e del settore imprenditoriale, di organizzazioni e movimenti di contadini, indigeni, afro-discendenti, difensori dei diritti umani, vittime, profughi, raizal [originari del dipartimento colombiano di San Andrés, Providencia e Santa Catalina, ndr], giovani, ecc, ma ora con maggiore presenza urbana, insieme al movimento Lgbti e alla forte presenza di centrali e organizzazioni sindacali, del Programma di sviluppo e pace e le iniziative nazionali e territoriali di pace, delle chiese, del settore accademico, delle università e centri di ricerca, di spazi istituzionali di partecipazione cittadina, di organizzazioni non governative coinvolte nelle questioni legate alla partecipazione politica, dei mezzi di comunicazione e delle loro associazioni.

Concentrandoci sul punto uno dell'Agenda dell'Accordo generale, "Politica di sviluppo agrario integrale", ribadisco che la chiave è stata il raggiungimento di un documento di una ventina di pagine che abbiamo intitolato "Verso una nuova campagna colombiana: Riforma rurale integrale", dove in generale viene dichiarato che la Riforma rurale integrale (Rri) deve essere l'inizio di trasformazioni strutturali della realtà rurale e agraria della Colombia, sulla base di equità e democrazia, per contribuire in tal modo alla non ripetizione del conflitto e alla costruzione di una pace stabile e duratura, che riconosce le ingiustizie che derivano dalla disuguaglianza e la miseria che hanno generato lo scontro, ed è per questo che bisogna eliminare queste cause affinché cessi il conflitto.

Questa idea di Riforma rurale integrale, in teoria è incentrata sul benessere e buon vivere delle popolazioni rurali, delle comunità contadine, indigene, nere, afro-discendenti, palanquero [creolo] e raizal, e delle persone che vivono negli spazi interetnici e interculturali, con l'obiettivo di integrare le regioni, di sradicare la povertà, promuovere l'uguaglianza, eliminare la divisione tra città e campagna, la protezione e godimento dei diritti della cittadinanza e la riattivazione della campagna, soprattutto dell'economia contadina, famigliare e comunitaria. E qui c'è la questione di fondo della visione neoliberista della campagna contro quella dell'insurrezione, che prevede la difesa dei diritti di queste masse impoverite che vivono nelle zone rurali. Nella prima, la prospettiva è provocare l'emigrazione dei contadini dalle loro terre allo scopo di venderle alle grandi multinazionali e lo sviluppo sotto la mano di questi grandi imperi. Nella seconda visione, vi è l'enfasi sull'economia contadina, famigliare, comunitaria, mettendo nelle mani della gente della campagna i moderni strumenti tecnologici e le risorse per consentirgli un lavoro dignitoso e produttivo in condizioni di sovranità. E preciso questo perché, sebbene il documento abbia molti aspetti positivi che raccolgono questa filosofia, le carenze sono lo stesso immense, a cominciare dal dibattito in corso sulla necessità di porre fine al latifondo, o quello dei limiti alla cessione della terra agli stranieri. Ci sono grossi problemi come quello dei conflitti per l'uso della terra, che includono temi come il trasferimento dei grandi centri di allevamento dai suoli che devono esser destinati alla semina per garantire la sovranità alimentare. Ma un terzo del territorio nazionale è nelle mani del settore zootecnico e il governo non osa toccare un centimetro di terra in funzione della Riforma rurale integrale.


Quindi, è o no definito il fatto che il paese si sposti sulla prima o la seconda via? Questa Riforma rurale integrale concordata non risolve dunque la contraddizione?

Come ho detto poco fa, l'accordo riconosce e si concentra sul ruolo chiave dell'economia contadina, famigliare e comunitaria per lo sviluppo della campagna, e nello stesso scenario promuoverà diverse forme di associazione e cooperativismo al fine di generare reddito e occupazione, dignità e formalizzazione del lavoro, produzione alimentare e conservazione dell'ambiente. Sempre come Farc, quando parliamo di associazione, insistiamo sul fatto che dovrà essere un'associazione solidale, e non quella che c'è tra la volpe e la gallina, che di solito opera in Colombia, con i signori del "muscolo finanziario" che schiacciano i contadini con le loro fortune e finiscono per togliergli la terra in modo "legale". Non neghiamo la necessità di articolare forme di produzione agricola e zootecnica diverse come condizione per garantire lo sviluppo rurale, ma prima di tutto bisogna garantire che alle popolazioni conradine non sia strappata la terra attraverso meccanismi bancari o altri trucchi che vengono dispiegati all'interno di una dannosa concezione di associazione capitalista.

In questa prospettiva, è importante che l'altro proposito centrale sia quello di democratizzare l'accesso alla terra in beneficio dei contadini senza terra o con terra insufficiente, e delle comunità rurali più colpite dalla miseria, l'abbandono e il conflitto. Qui sarà fondamentale che il Fondo delle terre che si progetta di creare si faccia prontamente e che la distribuzione gratuita, che è quella concordata, non ritardi. Si è parlato di un processo di regolarizzazione dei diritti di proprietà, di decentrare e promuovere una distribuzione equa della terra, di promuovere le Zone di riserva contadina senza ulteriori ostacoli, che tra le altre cose sono aspetti coperti dalla legge in Colombia, ma che non si rispettano. Ancora dobbiamo aspettare per vedere se questo procederà effettivamente come è stato detto. Finora ci sono solo promesse, con l'avvertenza che fino a che non si giunge alla firma dell'accordo finale, tali accordi non procedono, cosa assurda se pensiamo che stiamo parlando non delle necessità dell'insorgenza, ma di rivendicazioni della popolazione più emarginata, di soluzioni ai problemi che hanno a che fare con la vita delle persone.

Bene, in questo accordo è inclusa la necessità di garantire uno sviluppo sostenibile con particolare attenzione all'importanza di proteggere e preservare l'acqua e l'ambiente, si è concluso un piano per delimitare la frontiera agricola e proteggere le aree di particolare interesse ambientale che includono le zone di riserva forestale, sempre ricercando alternative per le persone che confinano con esse o le occupano e garantendo i principi di partecipazione delle comunità rurali e lo sviluppo sostenibile.

Come dicevo, nonostante il ministro della Difesa abbia, durante tutto il tempo in cui avvenivano i dibattiti, sparato contro il processo, l'accordo riconosce le Zone di riserva contadina come una struttura che lo Stato ha per promuovere l'economia contadina e contribuire alla chiusura della frontiera agricola e la produzione alimentare. Per questo motivo, si è stabilito che il governo nazionale darà effettivo appoggio ai piani di sviluppo delle zone costituite e di quelle da costituire, in risposta alle iniziative delle comunità e delle organizzazioni agrarie che considerano rappresentative, seguendo ciò che è disposto nelle norme vigenti, e promuoverà la partecipazione attiva delle comunità alla realizzazione di questi piani. Si è parlato della creazione di infrastrutture, della costruzione della rete di strade terziarie, dell'elettrificazione e la connettività nelle comunicazioni, di ampliare e recuperare l'infrastruttura di irrigazione e drenaggio dell'economia contadina, famigliare e comunitaria, di ampliare la copertura sanitaria, l'assistenza completa in materia di istruzione, edilizia sociale, acqua e servizi igienico-sanitari di base, di incentivi all'economia contadina, famigliare e comunitaria, di promuovere l'economia solidale e cooperativa rurale che rafforza la capacità delle comunità contadine organizzate di commercializzare i prodotti, accedere a beni e servizi e, più in generale, migliorare le loro condizioni di vita, lavoro e produzione.

Si è concordato un piano di assistenza integrale tecnica, tecnologica e la promozione della ricerca, si è incluso di mettere in marcia un piano per appoggiare e consolidare la generazione di reddito dell'economia contadina, famigliare e comunitaria e dei produttori medi con redditi minori; si è accordato un piano per promuovere le condizioni adeguate per la commercializzazione dei prodotti provenienti dalla produzione dell'economia contadina, famigliare e comunitaria e si è convenuto di rafforzare il sistema di protezione e sicurezza sociale della popolazione rurale e garantire condizioni di lavoro dignitose e la protezione dei diritti dei lavoratori agricoli.

In materia di alimentazione e nutrizione, si è convenuto di assicurare la disponibilità e l'accesso sufficiente in opportunità, quantità, qualità e prezzo agli alimenti necessari per una buona nutrizione. Si è parlato del progressivo aumento della produzione alimentare da parte dell'economia contadina, famigliare e comunitaria e della creazione di condizioni che consentano ai lavoratori della campagna di migliorare i loro redditi, per la realizzazione delle varie iniziative si è concordato la messa in marcia di programmi di sviluppo con un approccio territoriale che permetteranno di implementare i piani nazionali con maggiori celerità e risorse.

Tutto questo è molto promettente, ma ci sono esortazioni senza la cui soluzione le Farc considerano che nella scelta tra neoliberismo o benessere sociale, il regime finirà per inclinarsi sul primo. Speriamo che ciò abbia una soluzione perché, come già detto, è un sofisma pensare che tutte le cose buone approvate, concordate, saranno realtà se non si prendono misure risolutive contro il latifondo, che riflette un coefficiente Gini allo 0.87, quasi il regno della disuguaglianza assoluta se si considera che la proprietà straniera della terra è straripante. L'accordo sarà solo un sogno se non si rinegoziano i Trattati di libero scambio o non si definisce in modo chiaro e in funzione della nazione l'ordinamento territoriale, ecc.


Potremmo dire allora che vi è incertezza circa la direzione del processo?

Non voglio con alcun aggettivo o con qualsiasi espressione conclusiva dare l'impressione di incertezza o semplicemente respingere le enormi


Jesús Santrich durante i colloqui di pace all'Avana
 possibilità di pace che ha questo processo. Sto semplicemente facendo una descrizione della realtà affinché l'ottimismo che abbiamo, stia con i piedi ben saldi sulla terra, intendendo che la maggior parte degli aspetti essenziali che genereranno una vera riforma rurale integrale, come un vero processo di partecipazione politica in democrazia, sono da definire e che queste definizioni sono possibili solo con il concorso della popolazione. Ciò non si fa ad un tavolo di colloqui. La popolazione deve fare suoi questi problemi e combattere per le sue soluzioni con il coraggio e l'audacia dimostrata in quest'ultimo lustro, nonostante la guerra sporca.

Finora, i progressi raggiunti sono significativi, ma non sono la panacea. Molto resta ancora da raggiungere, e stiamo parlando di un minimo, perché in realtà le proposte che abbiamo fatto puntano alla democratizzazione e modernizzazione del paese dentro parametri che nessuno potrà dire che sono quelli del socialismo, ma semplicemente quelli di un moderno stato sociale di diritto, dal quale la Colombia è ancora molto distante.



Quante proposte avete fatto e in che percentuale negli accordi raggiunti?

Le nostre proposte sono pubbliche, le presentiamo sempre all'opinione nazionale prima di porle al Tavolo. Facciamo questo per far conoscere alla gente le nostre posizioni, ciò che sosteniamo. Rendendole pubbliche la gente ha l'opportunità di osservare che realmente l'insurgencia sta portando a dibattito le sue proposte, le proposte che le comunità hanno lanciato nei forum. Questo significa che la nostra posizione politica, anche se le discussioni sono avvolte dal segreto, è di dominio della popolazione. E' molto importante per noi che la gente sappia che siamo a L'Avana non per parlare delle FARC come organizzazione, ma che lo siamo soprattutto per discutere delle loro necessità. Se si osserva, fino a questo momento non c'è nulla in ciò che è stato concordato che si riferisca ai guerriglieri. Prima devono essere le comunità. A questo proposito, nel punto agrario abbiamo fatto centinaia di proposte minime che sono pubblicate, come pubblicata è la totalità dell'accordo con le eccezioni, che nel caso del primo punto sono dieci e nel caso del punto sulla partecipazione politica, attorno al quale abbiamo anche fatto un centinaio di proposte minime, le eccezioni sono quattordici. Il punto che ha meno eccezioni è il terzo, che ne ha accumulate solo quattro per un totale di cinquanta proposte minime che abbiamo fatto. Di tutto il nostro cumulo di proposte, escluso il terzo punto che ancora richiede una piccola analisi di riflessione, penso che riflettano più o meno l'8-10 %, che è molto basso, soprattutto se si tiene conto che alcuni accordi sono posticipati e trasferiti in altri scenari, come la questione dello Statuto per l'opposizione politica o la definizione di norme che riconoscano il movimento sociale essere un soggetto di opposizione politica. Queste questioni saranno trattate in eventi nazionali in cui le organizzazioni politiche e sociali prenderanno le decisioni che danno gli strumenti per la creazione di questi corpi.


Come, in modo pratico, vedete nel governo la volontà di portare avanti il processo e la volontà di realizzare i cambiamenti su cui c'è l'accordo?

Quando si sono compiuti i quattordici cicli di scambi con il governo, le FARC -EP avevano messo sul tavolo circa 200 proposte minime per risolvere i problemi rurali e quelli relativi alla partecipazione Politica e cittadina. Già si era fatto il primo accordo parziale ed eravamo profondamente impegnati in quello della partecipazione politica. Di fatto stavamo completando le nostre centinaia di proposte minime per questo punto e avevamo cinque pagine d'accordo che si sommavano alle venti della riforma rurale. In quel momento abbiamo detto che si trattava di accordi molto importanti, ma modesti, la maggior parte dei quali non sono altro che rivendicazioni, le cui soluzioni si possono materializzare compiendo le norme legali e costituzionali. Tuttavia, negli stessi giorni quello che si vedeva per le strade e autostrade della Colombia era lo sviluppo dello sciopero nazionale agrario e popolare, corroborando l'insoddisfazione e il disagio sociale.

In pieno dibattito sulla partecipazione politica, che altro non è che il dibattito sul vero esercizio della democrazia; sullo smontamento della dottrina della sicurezza nazionale e del nemico interno. Il dibattito sulla ridefinizione delle libertà e delle norme di sicurezza cittadina; allo stesso tempo che ci offrivano di barattare pallottole con voti, il risultato delle giornate di protesta fu di 19 morti, 850 feriti e centinaia di detenuti e processati.

E dico questo per esprimere che nella pratica, il governo non si è preoccupato di riportare nella realtà ciò che promette per il futuro. Di fatto, l'attività legislativa neoliberista contraddice ciò che viene approvato a L'Avana e ciò si è mantenuto per tutto il tempo dei colloqui.

Ecco perché esprimiamo nei rapporti che facciamo come FARC, che nel tavolo e nel paese si scontrano due visioni cercando di trovare punti di coincidenza. Da un lato, diciamo, c'è l'approccio neoliberista di sviluppo del paese, promosso dal governo dando la priorità agli interessi delle multinazionali e dall'altro lato l'approccio dell'insugercia che mette in cima le rivendicazioni della maggioranza, per esempio, per una riforma rurale integrale, per la giustizia sociale e la democrazia in termini di pace con sovranità. Queste visioni si sono scontrate nelle strade, quando sono a capo della gente inerme, non incontrano l'odio aperto e attento del governo per affrontare le lamentele, ma trovano la brutalità del ESMAD e la morte.


Toccando il bilancio del primo punto penso che abbiamo affrontato aspetti degli altri punti che ci danno una visione molto ampia di quello che pensano le FARC sull'intero processo, ma vorrei che adesso ti riferissi più specificatamente a ciò che è stato concordato nel secondo e terzo punto di discussione del Tavolo.

I dibattiti sul punto della partecipazione politica iniziano dalla metà di giugno, forse l'11, momento in cui iniziano anche a insistere sulla necessità di creare una Commissione d'indagine della storia del conflitto, al fine di seguire criteri di verità che ci permetteranno di avanzare nel processo, ma soprattutto accumulare informazioni per affrontare la questione delle vittime, che per noi è fondamentale.

Come ho già spiegato negli eventi di partecipazione cittadina che si sono realizzati a Bogotá, sono emerse proposte minime, un centinaio in tutto, che portiamo al Tavolo e va sottolineato che una delle principali proposte è stata quella di convocare un'Assemblea Nazionale Costituente che richiederà un accordo politico prima dell'impulso e della realizzazione.

Negli stessi cicli in cui si dibattevano gli aspetti della partecipazione politica e cittadina, abbiamo toccato aspetti relativi al quadro giuridico per la pace o ai meccanismi di controfirma degli accordi, approfittando per stabilire posizioni chiare che stiamo ribadendo in ogni ciclo. Ad esempio, abbiamo espresso le posizioni che mettono in chiaro la nostra opposizione alla definizione unilaterale sia del quadro giuridico per la pace come la definizione unilaterale di un meccanismo di controfirma, che in questo caso, il governo ha insistito sul fatto che fosse il referendum. In quei giorni e poi, in altre occasioni, ci riferiamo particolarmente alla questione delle vittime dello scontro, interrogando sulla responsabilità storica di chi ha generato e partecipato a questa guerra, ma promuovendo la realizzazione di un atto di contrizione di tutti.

Per quanto riguarda questi temi e per la validità che hanno per questa epoca, voglio trascrivere ciò che testualmente abbiamo espresso in un rapporto che ha fatto per il paese il comandante Timoleon Jimenez:

"Sul denominato Quadro Giuridico. In Colombia si è dichiarato ufficialmente che c'è un conflitto tra due parti con responsabilità da parte di ognuno, ma anche si rivela la terribile circostanza che il conflitto continua attraverso l'ingerenza di basi militari statunitensi che calpestano la nostra sovranità. Si richiede quindi che ogni transizione o normativa per la stessa, sia il prodotto di un accordo e non di una imposizione".

"Si deve tenere in conto che a nulla serve l'unilateralismo soprattutto se si osserva che l'accettazione della responsabilità del conflitto toglie allo Stato la legittimità necessaria per essere giudice. Non si può essere giudice e parte, soprattutto quando si tratta di uno Stato responsabile; e per di più quando la guerra interna persiste senza vincitori né vinti. Un processo di pace necessita di assoluta sovranità giuridica, senza ingerenze esterne che ostacolano la riconciliazione".

"Sulle vittime. Ciò di cui si tratta è l'aprire nei colloqui de L'Avana il capitolo che permetterà di stabilire la verità storica che ha condotto a più di 60 anni di dissanguamento nazionale, all'identificazione delle vittime e alla loro necessaria riparazione. Il tutto con l'obiettivo di evidenziare la necessità che il risarcimento comprenda l'obbligo per le parti, del perdono collettivo, nel senso che dopo aver raggiunto la pace finale, ci obblighiamo tutti ad un "mai più".

"In conseguenza, abbiamo proposto che si proceda immediatamente all'integrazione della commissione di revisione e chiarificazione della verità della storia del conflitto interno colombiano fatta da esperti nazionali e stranieri per stabilire la verità di ciò che è accaduto durante la violenza di parte, l'origine dell'attuale contesa come risultato dello scontro fratricida, il perché dell'emergere delle guerriglie e l'innesco da allora del conflitto sociale armato interno".

"Abbiamo invitato l'intero paese ad una giornata di riflessione e di contrizione, nella quale tutti i responsabili del conflitto sociale armato facciano presenza massiva in ogni angolo della Patria addolorata. Una giornata affinché si esprimano i partiti tradizionali e coloro che si evidenziano di questi come responsabili; Lo Stato con in testa il signor Presidente e i suoi ministri, facendo eco alle dichiarazioni del Dr. Juan Manuel Santos davanti alla Corte Costituzionale; i capi delle forze di sicurezza pubblica; i paramilitari dai luoghi in cui si trovano; i capi degli altri organismi costituiti; coloro che furono ai comandi delle forze insurgenti oggi in pensione; gli ex presidenti ed ex comandanti delle forze, sindacati e datori di lavoro, i mezzi di comunicazione, le potenze straniere che hanno sostenuto i governi nella guerra contro il popolo e la chiesa del regime".

"Il giorno che si sceglierà per i fini preposti, l'insurgencia si manifesterà ugualmente da ogni angolo della Patria colombiana".

"Sulla proposta di referendum del governo. Nel Tavolo deve prevalere il principio di uguaglianza in momenti in cui il destino del bene supremo della pace è in gioco. E' con il concorso del popolo, attraverso meccanismi affidabili, evitando che si cedano attribuzioni ad una singola persona o a istituzioni in discussione, che si devono approvare gli accordi.

I colombiani devono cercare un organo con reali attribuzioni per conoscere la riforma della giustizia, dell'indipendenza organica della giurisdizione, del riordinamento territoriale, della creazione di un organo elettorale indipendente. Un ente che risolva il problema della sicurezza giuridica che richiede il futuro della pace".

Bene, ora sul tema in sé della partecipazione politica e cittadina è maggiormente conosciuto il concordato intorno allo statuto per l'opposizione, l'ampliamento dei meccanismi di partecipazione cittadina, il rafforzamento della democrazia, la creazione di distretti speciali elettorali per le zone rurali o più emarginate del paese, la maggiore partecipazione delle comunità nei media locali e regionali, la maggiore presenza negli organi di controllo, ecc.

Abbiamo poi completato accordi importanti come l'impegno di convocare senza indugio i partiti e i portavoce delle organizzazioni sociali per tracciare le linee guida per sviluppare finalmente uno statuto per l'opposizione politica e anche una normalizzazione che dia un vero riconoscimento, con garanzie, all'esistenza e ai diritti del movimento sociale.

Questo scenario di dibattito è stato impiegato a fondo per parlare della necessità di riformare la legge dei meccanismi di partecipazione cittadina (Legge 134 del 1994) e l'urgenza di ripensare le leggi di sicurezza cittadina: in merito, si è raggiunto l'impegno di generare garanzie per la mobilitazione e la protesta, rafforzando il rispetto per le forme di azione politica, l'esercizi legittimi del diritto di riunione, alla libertà di movimento, alla libertà di espressione, alla libertà di coscienza e all'opposizione in democrazia; che queste pratiche devono essere osservate come apporto all'integrazione politica e pertanto il governo deve garantire gli spazi per incanalare le domande dei cittadini, senza violazioni. In questo stesso senso si è raggiunto l'impegno della revisione e che è necessaria la modifica di tutte le norme che si applicano alla mobilitazione e alla protesta sociale. Questo sommando l'impegno di ampliare e rafforzare le istanze di partecipazione cittadina per l'interlocuzione e costruzione delle agende di lavoro in tutti i livelli che consentano l'attenzione rapida delle petizioni e proposte dei cittadini.

Oltre venti pagine di accordi includono questi impegni verso l'espansione della democrazia. Tuttavia, insistiamo sulla soluzione urgente a problemi come la corruzione, alla quale bisogna porre fine urgentemente, come fine bisogna porre all'interferenza delle mafie che in un modo o nell'altro hanno assediato lo Stato in tutti i suoi organi: esecutivo, legislativo e giudiziario. Crediamo urgente la necessità di porre un freno alla criminalità del colletto bianco di un settore finanziario che si dedica a distruggere il paese, depredando le risorse naturali del paese, mentre saccheggia le tasche di tutti i colombiani e consegna la patria alle multinazionali.

Sono tutti aspetti che hanno a che fare con la democrazia e su di essi insistiamo come abbiamo fatto anche ed è una delle eccezioni, sul fatto che i mezzi di comunicazione non possano continuare ad essere nelle mani di tre o quattro ricconi che hanno preso il sopravvento sequestrando la democrazia per manipolare la coscienza nazionale. Abbiamo detto e lo ripetiamo, che si possono avere ogni sorta di meccanismi di partecipazione se si vuole mostrare il paese come una democrazia sulla carta, ma l'informazione è quella che conduce al fatto che questi meccanismi finiscano per essere canali di espressione di pensieri precedentemente cucinati e venduti da tre o quattro individui, che sono sempre i detentori del potere.

Si tratta di una necessità vitale per la democrazia ridefinire il possesso dei mezzi di comunicazione. E così, in questa questione penso che siano raccolti gli aspetti nodali di questo punto, dando risalto ad una delle principali eccezioni che è nel tema della Sicurezza Nazionale, rispetto alla quale esigiamo la sua cancellazione nel quadro della necessaria smilitarizzazione della società e dello Stato che richiede la pace.


Infine, perché non ci dà alcuni dettagli su quello che è stato l'accordo sul terzo punto.

Credo che questo sia quello più fresco nella testa della gente, così che non voglio dare molti dettagli. Qui l'essenziale è che si definirà una nuova politica per la lotta contro le droghe e un trattamento differenziato agli anelli più deboli che coinvolge il fenomeno e ci riferiamo soprattutto alla popolazione o comunità che nella terra sono legate alla coltivazione e dall'altro lato ai consumatori. Noi crediamo che l'accento della persecuzione debba concentrarsi sui narcotrafficanti. Quindi, succede, che all'interno di questo schema, il proibizionismo o il mero trattamento punitivo, poliziesco o militarista della questione sarà relegato e si assumerà una visione incentrata sul rispetto dei diritti umani considerando che si tratta di un problema sociale che richiede misure sociali per la sua soluzione, la quale, tra le altre cose, non dipende dalla Colombia ma da tutte le nazioni toccate dal flagello. Quindi, in questo scenario che comporta l'impegno di generare un nuovo quadro istituzionale per promuovere i piani, al di fuori delle azioni di contro-insurrezione, si è concordato di creare un Programma nazionale integrale di sostituzione delle coltivazioni d'uso illecito (PNIS), che mediante Piani integrali di sostituzione e sviluppo alternativo (PISDA) mettano in marcia le azioni che hanno a che fare con la nuova politica. Ciò che è essenziale è il concorso, il protagonismo delle comunità, la base delle decisioni sono le Assemblee Comunitarie e l'essenza del programma e dei Piani sono le soluzioni sociali ai problemi della povertà dei contadini e delle popolazioni rurali impegnate nelle colture. Pertanto questo programma e i Piani fanno parte strutturale della Riforma Rurale Integrale.

Accanto a questo si è concordato la creazione di un Programma Nazionale d'Intervento Integrale contro il Consumo di Droghe, integrato al sistema sanitario pubblico, che di per sé sarebbe una istanza di alto livello, per articolare le istituzioni con competenze nella materia e coordinare un processo partecipativo di revisione, aggiustamento e messa in marcia della politica contro il consumo, come una priorità e una politica di Stato che richiede, tra l'altro, il rafforzamento delle capacità, sia nazionali che territoriali, nel quadro del sistema di protezione sociale e la corrispondente disposizione delle risorse.

In esso il Governo Nazionale ha l'impegno di progettare e implementare un Sistema Nazionale di Attenzione al Consumatore di Droghe Illecite che include azioni complementari di riabilitazione e integrazione sociale.

E infine c'è la questione della soluzione al fenomeno della produzione e commercializzazione di stupefacenti, terza voce del punto 3 dell'Agenda, per la cui analisi si è partiti dal riconoscere che il problema è di ordine transnazionale e quindi la sua soluzione implica agire contemporaneamente sia all'interno del paese, che in coordinamento e con l'impegno della comunità internazionale.

Internamente, l'impegno è quello di progettare politiche e programmi per eliminare i fattori e i meccanismi che stimolano e mantengono il problema, la produzione e la commercializzazione di droghe illecite lucrando su di esse. L'obiettivo centrale, disarticolare le organizzazioni criminali compromesse con questo flagello, includendo le reti dedicate al riciclaggio di denaro.

Lo scopo più grande, comune, è un paese senza narcotraffico e questo significa che nella lotta venga posta una nuova visione per affrontare la questione del chiarimento del rapporto tra produzione e commercializzazione di droghe illecite e conflitto, tra cui il rapporto tra i paramilitari e il narcotraffico e la volontà di tutti di contribuire a questo chiarimento.

Per questo comma, abbiamo discusso del Giudizio effettivo, della strategia contro le attività coinvolte nel narcotraffico e riciclaggio di denaro, nel controllo degli ingressi, della strategia di lotta contro la corruzione, della realizzazione di una conferenza Internazionale e di spazi di dialoghi regionali per trattare la questione e si è concordato di continuare a parlare in punti successivi, probabilmente nel quadro della discussione del punto 5.2 dell'Agenda dell'Accordo Generale dei meccanismi che dovrà, tra l'altro, affrontare il problema del chiarimento del rapporto tra produzione e commercializzazione di droghe illecite e conflitto, tra cui il rapporto tra il paramilitarismo e il narcotraffico, come espresso prima, che è un aspetto importante da sottolineare.


Per quanto riguarda questa questione del conflitto e del narcotraffico, la destra a cui hanno fatto eco i media internazionali, tra cui il presidente Santos riferendosi alla questione, ha detto che le FARC con questo accordo si impegnano a svincolarsi dal narcotraffico. Cosa vuol dire questa affermazione? che si ammette che ci siano dei legami con il narcotraffico?

No, assolutamente no. E' chiaro che le FARC-EP sono una organizzazione politica, militare, rivoluzionaria, non un'organizzazione di narcotrafficanti. Altra cosa è la propaganda sporca che fa ogni giorno il regime per screditarci e toglierci la nostra condizione di combattenti popolari. Il problema con l'argomento che contiene la tua domanda è la falsità, la manipolazione, la distorsione con la quale generalmente agiscono i mezzi di comunicazione che rispondono agli interessi dei loro proprietari, dei conglomerati economici o agli interessi del regime e peggio ancora, agli interessi statunitensi. All'interno di tutte queste matrici l'insorgenza deve essere screditata e da qui deriva l'atteggiamento per cui perfino un accordo così tanto importante quale è l'intesa che abbiamo appena firmato, viene distorta.

La prima cosa da chiarire è che in questo accordo non si dice che il conflitto in Colombia deriva dal narcotraffico, no. Ci sono cause di ordine sociale precedenti alla nascita del fenomeno della produzione e commercializzazione delle droghe illecite. Anche il fenomeno delle coltivazioni di coca e il collegamento di contadini e di altri settori rurali nelle fasi primarie della produzione è legata alla situazione di miseria che soffrono. Poi, il conflitto politico, sociale, armato in Colombia non inizia né finisce con l'agire contro il narcotraffico, ma contro le cause della miseria che l'hanno generato. Un'altra cosa è che in questo scenario di miseria  il fenomeno del narcotraffico aggrava le cose e in questo modo si tratta  di un flagello ha permeato le istituzioni e le parti essenziali di tutto il tessuto sociale.

Poi, ci sono aspetti chiave come ad esempio il riconoscimento che si fa in modo testuale e primario relativo al fatto che "Il conflitto interno in Colombia ha una lunga storia di vari decenni e ha cause che esulano dalla comparsa delle coltivazioni di uso illecito su larga scala e alla produzione e commercializzazione di droghe illecite nel territorio". E' anche importante sottolineare che ciò che analizziamo è che "la persistenza delle colture è legata in parte all'esistenza di condizioni di povertà, di emarginazione, di debole presenza istituzionale", questo senza scartare che in mezzo ci sta anche "l'esistenza di organizzazioni criminali dedicate al narcotraffico". Ma il fenomeno non lo possiamo risolvere da soli e per questo abbiamo detto che "siamo consapevoli che il raggiungimento di questo obiettivo dipende anche da consensi e definizioni di portata globale da parte di tutti gli Stati, in particolare quelli che direttamente o indirettamente sono interessati da questo problema di carattere transnazionale".

In ogni caso si tratta di un accordo tra il governo e un'organizzazione politica, non un accordo con un'organizzazione di narcos e questo accordo si è fatto perché si è ottenuto di definire il problema come una questione di tutti e anche la sua soluzione; cioè stiamo parlando di una responsabilità collettiva per la sua soluzione e per questo il primo impegno che chiediamo è quello che il Governo Nazionale a partire dalla comprensione che ci sia corruzione nelle istituzioni causata dal problema delle droghe illecite, metta in marcia le politiche ed i programmi che abbiamo concordato, tra cui quello di guidare un processo nazionale efficace per rompere definitivamente qualsiasi tipo di rapporto di questo flagello con i diversi ambiti della vita pubblica. Da tale impegno, le FARC –EP, hanno detto che l'impegno è quello di contribuire in modo efficace, con la massima determinazione e in forme diverse e attraverso azioni pratiche per la soluzione definitiva del problema delle droghe illecite, che si riferisce alla nostra capacità di convocazione politica e persuasione nello scenario rurale, delle persone che si fidano delle nostre capacità per aiutare a stimolare un processo di cambiamento in questo e ogni altro aspetto degli accordi. Dall'altra parte abbiamo anche detto che metteremo fine a ogni relazione, che in funzione della ribellione, si fosse presentata con questo fenomeno.

Quindi succede che tutto ciò che facciamo per quanto riguarda la ricerca di finanziamenti è in funzione della ribellione e in effetti, come abbiamo detto prima, in alcune aree del paese abbiamo stabilito dei meccanismi impositivi a coloro che si avvalgono di questo business capitalista transnazionale.

Non si tratta né di produzione, né di commercializzazione, ma di una imposta così come si fa con qualsiasi capitale che si muove nelle aree d'influenza, dove allo stesso tempo abbiamo stabilito controlli per impedire che i contadini siano colpiti dai mercanti di qualsiasi natura.

Infine, vorrei dire che è diverso che diciamo "cessare ogni rapporto che, in funzione della ribellione, si fosse presentato con questo fenomeno", dal dire come ha espresso il Presidente Santos il 16 maggio, che il nostro impegno è quello di "cessare ogni rapporto con questo fenomeno". Pertanto, ciò che viene detto è che abbiamo un rapporto con l'intero fenomeno e che adesso lo cesseremo, questo è falso. Quello che diciamo è che si porrà fine se si presenterà, perché quello di cui si tratta è che siamo disposti ad analizzare qualsiasi situazione in qualsiasi area ma in relazione alle imposte, ripeto, a questo business transnazionale capitalista e questo il governo lo sa bene.

E per non finire con i riferimenti ai pregiudizi, vorrei ribadire che in questo punto restano alcune eccezioni:
1. Nuova Politica criminale. Nel processo di ridefinizione della politica anti-droghe si deve procedere con la progettazione di una nuova politica criminale dello Stato che concentri i propri sforzi sulla persecuzione e l'incarcerazione dei principali beneficiari del mercato delle droghe illecite, così come lo smantellamento delle reti di traffico transnazionali e di riciclaggio di denaro. Le FARC-EP insistono sulla formazione della "Commissione per la progettazione di una politica nazionale anti-droghe democratica e partecipativa", con gruppi di lavoro di accademici ed esperti per formulare gli orientamenti generali per queste nuove politiche dello Stato in questo settore. Soprattutto in momenti in cui tutto il paese mette in discussione il sistema giudiziario.

2. Sospensione immediata delle irrorazioni aeree con glifosato e riparazione integrale delle sue vittime. Le FARC-EP considerano che nello sviluppo degli orientamenti generali della Nuova politica anti-droghe si deve procedere con l'immediata sospensione delle irrorazioni aeree con glifosato, o qualsiasi altro agente chimico e il pieno risarcimento delle sue vittime. Questo comporta: l'identificazione delle vittime delle irrorazioni aeree con agenti chimici; pieno risarcimento delle vittime delle irrorazioni aeree con agenti chimici; l'istituzione di un fondo per risarcimenti per le vittime delle irrorazioni aeree con sostanze chimiche.

In definitiva, il vecchio sistema di sradicamenti forzati con la fumigazione, ha fallito causando enormi danni al tessuto ambientale e sociale, il che significa che si devono cercare alternative urgenti.

3. Sulla salute pubblica: Riconoscendo l'importanza dell'accordo in questo comma, le FARC-EP considerano necessario definire l'impegno di trasformazione strutturale del sistema sanitario pubblico, che permetta di inquadrare lo sviluppo del programma e dei piani.

4. Necessità di una Conferenza Nazionale: le FARC-EP, ritengono che sia necessaria la creazione, su istanze del Tavolo dei Dialoghi, di una Conferenza Nazionale sulla politica di lotta contro le droghe, per progredire, anche, nella realizzazione degli aggiustamenti e adattamenti normativi e delle azioni richieste da questa lotta, considerando le nuove tendenze internazionali che enfatizzano l'attenzione sui diritti umani di fronte al fenomeno di produzione, consumo e commercializzazione di droghe illecite.

Uno dei principali compiti di questa Conferenza Nazionale deve essere quello di analizzare e trarre conclusioni sulla questione della commercializzazione e produzione di droghe illecite, come fenomeno legato al paramilitarismo. La Conferenza affronterà anche la questione relativa al rapporto tra conflitto, narcotraffico e impatto sulle istituzioni.





Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 espanol :
 



lunedì 9 giugno 2014

L'esplosione sociale bussa alle porte del Brasile




Alcuni giorni fa in un'analisi sul capitalismo pubblicata su resistenze Miguel Urbano Rodrigues, storico comunista portoghese,il passaggio che riguardava l'America  Latina  lo terminò così :
....La difesa della Rivoluzione bolivariana è oggi un dovere rivoluzionario. La sua sconfitta avrebbe gravi conseguenze per i governi progressisti di Evo Morales in Bolivia e Rafael Correa in Ecuador e addirittura minaccerebbe la continuità della Rivoluzione cubana.

Relativamente a Brasile e Argentina, il modello neo-sviluppista dei governi di Dilma Rousseff e Cristina Kirchner è ben tollerato dagli Stati Uniti. Le transnazionali non sono state colpite dalle loro politiche assistenzialistiche. L'ex Tupamaro Mujica in Uruguay è una delusione. Gli elogi appena ricevuti da Obama durante la sua visita a Washington sono esplicativi. Nulla di positivo c'è da aspettarsi dai governi di Messico, Perù, Colombia e Cile, sostanzialmente allineati con la strategia degli Stati Uniti per la regione.
In Colombia, invece, l'eroica lotta delle FARC, che dura da più di mezzo secolo, continua ad essere una sfida all'imperialismo. Con l'eccezione di Israele, nessun altro paese riceve "aiuti" militari così grandi. Grazie a questo, l'oligarchia colombiana può mantenere un esercito di 500.000 uomini, ma neanche così riesce a eliminare l'eroica guerriglia comunista creata da Manuel Marulanda........
Articolo completo :



L'esplosione sociale bussa alle porte del Brasile

Edmilson Costa *
 membro del Comitato Centrale del PCB


- E' tempo di mobilitare gli organizzati, organizzare i disorganizzati e costruire la contro-egemonia nel campo proletario

Il capitalismo monopolista brasiliano ha creato una struttura economica sviluppata, un sistema industriale dinamico, diversificato e verticalizzato ed una produzione agricola tipicamente capitalistica, che fornisce il mercato interno e ha un peso significativo nelle esportazioni totali, fatti che in mezzo secolo hanno collocato il Brasile tra le dieci principali economie del mondo. Il risultato di questo processo è stata la costruzione di una società urbana, metropolizzata, complessa e perversamente diseguale, ma con un insieme di singolarità, fenomeni sociali, culturali e comportamenti nuovi, che iniziano ad esprimersi in modo esplosivo nella congiuntura brasiliana, in quanto rappresentano una domanda sociale repressa che non si adatta ai vecchi rapporti di produzione costruiti nell'ultimo mezzo secolo.

In altre parole, l'insieme delle forze produttive che hanno permesso al Brasile di diventare un'economia industriale matura oggi è in contraddizione con il Brasile della seconda metà del secolo scorso e già non corrisponde più alle dinamiche sociali del XXI secolo. Si è esaurito un sistema di comando in cui le classi dominanti conseguivano l'egemonia attraverso il consenso spontaneo del proletariato e della popolazione in generale. Adesso sta avvenendo un mutamento di qualità nella relazione: la popolazione sfruttata e depredata sta perdendo il rispetto spontaneo per l'ordine pubblico oltrepassando le frontiere delle relazioni pacifiche della congiuntura precedente. È evidente per tutte le forze politiche e sociali il vecchio enigma della sfinge: risolvi o ti divoro!

Questa nuova congiuntura sta consentendo l'emergere di una nuova serie di fenomeni sociali e politici, come le grandi manifestazioni di massa nelle strade, senza leadership, senza la necessità di carri audio, senza direzione o obiettivi ancora chiaramente definiti; come l'elevato livello di violenza da parte della popolazione dei quartieri periferici con blocchi di strade e viali, barricate, incendi di autobus e treni, occupazioni di edifici pubblici e privati​​; continui scontri con la polizia; le "rolezinhos" della gioventù adolescente nei centri commerciali e agglomerati pubblici; lo sciopero vittorioso dei spazzini in pieno carnevale; e anche la manifestazione dello sciopero di 20.000 lavoratori, come nel Complesso Petrolchimico di Rio de Janeiro, oltre ai diversi scioperi in assenza dei sindacati governativi.

Come sempre accade nei momenti di transizione e di disagio sociale, si verificano anche altre manifestazioni strane, a causa della mancanza di un ordine riconosciuto da tutti, come la barbarie del penitenziario di Pedrinhas, la violenza delle stesse persone contro i piccoli criminali, la giustizia privata in varie regioni del Paese, un quadro che si completa con l'espansione delle uccisioni di giovani neri, meticci e poveri delle periferie, oltre alla scomparsa di persone, vittime della polizia e dei criminali.

Questi fenomeni sociali, frutto di questa congiuntura tesa e complessa, hanno provocato il panico tra le classi dominanti, che cominciano a rendersi conto che la contestazione al proprio dominio è sempre più fuori controllo, superando i limiti che sono stati utilizzati per recintare i dominati in passato. Le classi dominanti e il loro governo cercano in tutti modi di inquadrare e contenere le nuove manifestazioni con i vecchi schemi del passato, come la repressione, la criminalizzazione sociale, la demonizzazione delle nuove forme di lotta, ma questi metodi non funzionano più come prima dal momento che questi nuovi fenomeni sociali derivano da un complesso mosaico della lotta di classe per la quale la vecchia ricetta ha poca efficacia.

Le manifestazioni e i nuovi metodi di lotta hanno provocato anche stupore e incredulità nella stragrande maggioranza delle forze di sinistra e in coloro che accomodati nei vecchi schemi di conflitto sociale, senza un innovativo sforzo per comprendere i fenomeni sociali come si stanno presentando e non come una tipologia sociologica prestabilita. Molte di queste organizzazioni con profilo di sinistra, non comprendendo le nuove dinamiche della lotta di classe in Brasile, si comportano come la sinistra delle vecchie classi dominanti, ratificando la criminalizzazione delle nuove forme di lotta, sostenendo che i lavoratori non si mascherano il volto né rompono banche o negozi, dimenticandosi che la stragrande maggioranza delle eventi si verificano in periferia e che i manifestanti fanno parte del nuovo proletariato precarizzato, nella sua stragrande maggioranza giovane, che guadagna bassi salari e vive nelle grandi metropoli [1].

Sembra che vasti settori della società - e da sinistra in particolare - non abbiano ancora capito che, così come accade in molte parti del mondo, la lotta di classe anche in Brasile ha cambiato livello dalle dimostrazioni di giugno (2013, ndr). Il ciclo di riflusso, della cooptazione, della depoliticizzazione e della passività dei lavoratori indotta e praticata dal Partito dei Lavoratori e dalla sua base alleata in questi 12 anni di governo, si sta esaurendo. Il nuovo proletariato giovane, che ha debuttato nelle lotte a giugno, è ora più maturo e più politicizzato e la congiuntura che si sviluppa a partire da adesso sarà di intensificazione della lotta di classe nelle strade, scioperi dei lavoratori, scontro con le forze della repressione nelle periferie e politicizzazione delle rivendicazioni che si stavano diffondendo nelle manifestazioni di giugno.

Per comprendere le nuove dinamiche della lotta di classe in Brasile è fondamentale ascoltare i nuovi dati dalla realtà del mondo del lavoro, il nuovo profilo del proletariato; è importante comprendere le condizioni di vita della popolazione nelle grandi metropoli urbane e l'insoddisfazione generale della povera gente delle periferie, come la sciatteria con cui le autorità trattano le rivendicazioni popolari; è rilevante anche osservare le contraddizioni tra il mercato capitalista del consumismo di lusso e le frustrazioni di milioni di giovani (per lo più componenti del proletariato precarizzato), il cui salario non è sufficiente per acquistare i prodotti che la pubblicità offre loro tutti i giorni. Questo insieme di elementi sociali, politici e persino psicologici sono alla base del malcontento della popolazione della periferia e della gioventù e all'origine delle nuove forme di protesta da parte della popolazione. Quali sono gli aspetti principali della realtà economica, sociale e politica dell'attuale Brasile?

Una società complessa, urbana, con richieste represse

Il capitalismo brasiliano ha creato un Paese economicamente sviluppato e socialmente diseguale. Il Prodotto Interno Lordo brasiliano (PIL) del 2013 ha raggiunto di 4,85 miliardi
Real (2.430 miliardi dollari), corrispondenti al settimo PIL del mondo, che colloca l'economia brasiliana, in termini puramente economici, a un livello simile alle economie centrali. Si tratta di un'economia monopolista in tutti i principali settori, verticalmente integrata, con un parco industriale con capacità di produrre tutti i beni e servizi necessari al consumo del paese, oltre a un vasto surplus per l'esportazione; con un dinamico settore dei servizi, dove le grandi reti di supermercati e grandi magazzini sono responsabili della commercializzazione della maggior parte dei prodotti del settore moderno dell'economia; un sistema finanziario sofisticato e integrato nazionalmente, anche se non adempie ancora al ruolo fondamentale di rafforzare il legame tra capitale bancario e capitale industriale; una rete di telecomunicazioni e di comunicazione sociale all'altezza del processo di accumulazione; e un settore agricolo che fornisce non solo al mercato interno, ma è diventato uno dei principali esportatori di beni in tutto il mondo.

Tuttavia, questo livello di crescita della produzione non si riflette nella distribuzione del reddito [NB] né nelle condizioni di vita delle famiglie: il Brasile ha una delle distribuzioni del reddito più diseguali del mondo, basterebbe dire semplicemente che il 10% più ricco del Paese ha accumulato nel 2009, il 42,5% del reddito nazionale, più di 40 volte del 10% più povero, mentre il 5% più ricco ha un reddito più alto rispetto al più povero del 50% (Tabella 1). Inoltre, il Brasile occupa la posizione 85 nella classifica dell'Indice di Sviluppo Umano dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

Tabella 1 - Distribuzione del reddito per persona, 1999-2009

Gruppo 1999 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
10% più poveri 1.0 1.0 1.0 1.0 1.0 1.0 1.0 1.1 1.2 1.2
20% più poveri 3.3 3.3 3.4 3.4 3.5 3.6 3.6 3.9 4.0 4.0
50% più poveri 14.5 14.8 14.9 15.5 16.0 16.3 16.5 17.2 17.6 17.8
10% più ricchi 45.7 46.1 46.1 45.3 44.6 44.7 44.5 43.3 42.7 42.5
5% più ricchi 33.1 33.4 33.0 32.7 31.7 32.0 31.7 30.7 30.4 30.3
1% più ricchi 13.2 12.5 13.3 12.9 12.7 13.0 12.8 12.4 12.3 12.4
Fonte: PNAD / Dieese

Questa macrostruttura economica è egemonizzata dai 100 maggiori gruppi operanti nel Paese. Per avere un'idea, questi gruppi hanno registrato nel 2010 un volume di vendite pari al 56% del PIL, più della metà di tutto quello prodotto in Brasile nell'anno di riferimento. Se analizziamo ancora un po' più a lungo questa constatazione, vediamo che i 20 maggiori gruppi hanno venduto nello stesso anno l'equivalente di circa il 35% del PIL, mentre solo i 10 più grandi conglomerati del Paese ottengono un fatturato lordo di vendite pari a circa il 25% del PIL (Tabella 2). Questi gruppi sono leader sia nel settore industriale, minerario, agro-alimentare, che finanziario, commerciale e dei servizi in generale, il che significa che nessun settore dell'economia brasiliana sfugge al processo di monopolizzazione.
Tabella 2 - Fatturazione dei maggiori 20 gruppi e percentuale del PIL, 2010



Ordem Empresa Faturamento
R$ milhão % do PIB
Simples Acumulado
1 Petrobrás 268.107,00 7,30 7,30
2 Bradesco 121.983,20 3,32 10,61
3 Banco do Brasil 114.307,20 3,11 13,73
4 Vale 85.345,00 2,32 16,05
5 JBS 57.107,10 1,55 17,60
6 Odebrecht 55.860,50 1,52 19,12
7 CEF 55.833,20 1,52 20,64
8 Santander 55.765,30 1,52 22,16
9 Telefonica 50.027,80 1,36 23,52
10 Itaúsa 47.942,00 1,30 24,82
11 Ambev 46.881,40 1,28 26,10
12 Fiat 46.078,30 1,25 27,35
13 Oi 45.928,20 1,25 28,60
14 Ultra 44.201,00 1,20 29,81
15 Pão de Açúcar 36.144,40 0,98 30,79
16 Gerdau 35.666,40 0,97 31,76
17 Votorantim 34.224,00 0,93 32,69
18 Volksvagem 30.024,00 0,82 33,51
19 Eletrobrás 29.814,70 0,81 34,32
20 BRF Brasil Foods 26.033,40 0,71 35,03
Fonte: Grandi Gruppi, Economic Value 2011

Se osserviamo dal punto di vista della proprietà, possiamo anche constatare che questi 100 maggiori gruppi economici, il 58% sono di capitale per lo più nazionale, mentre il 42% sono controllati da capitale straniero. Ma se guardiamo, ad esempio, l'industria, che è il settore più dinamico dell'economia, quello che crea nuova ricchezza, vediamo che la partecipazione di capitale straniero è superiore a quello del capitale nazionale. Tuttavia, i dati sul controllo azionario dei grandi gruppi economici meritano una qualificazione, perché se non chiariamo questa analisi trarremmo l'impressione che il capitale nazionale ha il comando dell'economia. In effetti, la stragrande maggioranza dei gruppi di capitale nazionale è associata, ad un certo punto della loro attività economica, al capitale straniero, dal momento che questo è funzionale, poiché apre spazi per l'azione nel mercato internazionale e per diventare attore importante nei flussi finanziari internazionali.

Questi dati mostrano anche chiaramente non solo il grado di concentrazione dell'economia brasiliana, ma soprattutto il livello di relazione tra il capitale nazionale e il capitale straniero, cioè, il legame organico tra l'economia brasiliana e le economie centrali. In quasi tutti i settori dinamici dell'economia, come l'industria automobilistica, tecnologia d'informazione, chimica, farmaceutica, metallurgia, tra gli altri, il capitale internazionale egemonizza il processo di produzione. Allo stesso, anche nei settori tradizionali, dove il capitale nazionale è sempre stato maggioritario, come la finanza, il commercio e agroalimentare, il capitale straniero sta avanzando in modo straordinario negli ultimi anni.

Il capitale monopolista generalmente si concentra nelle grandi città, inquadrando nella sua logica tutte gli altri settori più fragili del capitale e interconnettendo in modo subordinato l'economia brasiliana ai centri dirigenti e ai flussi finanziari del capitale internazionale. Lo stesso è avvenuto nella campagna, dove l'agroalimentare ha anch'esso subordinato le piccole imprese e le altre forme di produzione alla logica del mercato, occupato vaste aree di terreno per la produzione di merci e si è trasformato in uno dei principali esponenti del settore delle esportazioni brasiliane, ma la sua logica di sviluppo non può sopravvivere senza l'alleanza organica con i gruppi internazionali, sia in relazione alla fornitura di sementi, fertilizzanti e pesticidi, sia in termini di commercio internazionale. In tempi buoni, questo rapporto di subordinazione è oscurato dallo stesso contesto di crescita, dal momento che nell'aumento del ciclo tutti stanno guadagnando. Tuttavia, la logica della subordinazione diventa più evidente nei momenti di crisi internazionale del capitale, che costringono a un clima del
si salvi chi può e tutti i meccanismi egemonici sono azionati ​​per promuovere gli interessi del capitale internazionale.

Di conseguenza, questa congiuntura mette fine alle vecchie illusioni di una probabile alleanza del proletariato con settori della borghesia brasiliana, come immaginano alcune forze della sinistra, perché questa borghesia nazionale non è nazionale e i suoi interessi sono organicamente legati agli interessi del grande capitale internazionale. Nel 1964, molti settori accreditavano una posizione antimperialista della borghesia, ma quando il colpo di stato ebbe luogo quasi tutta la borghesia sostenne il nuovo ordine. Adesso, in condizioni molto più sfavorevoli, dove si mescolano la globalizzazione e la crisi economica globale, insistere su questa alleanza è comportarsi come i mistici che credono negli elfi, sirene e nel mulo senza testa...

Il capitalismo monopolista brasiliano ha creato una società urbana e complessa, dove circa l'83% della popolazione vive nelle città, con un alto livello di concentrazione urbana nelle regioni metropolitane. Le 20 maggiori regioni metropolitane del Paese hanno una popolazione di 76 milioni di abitanti, circa il 40% della popolazione. Solo la regione metropolitana di San Paolo ha una popolazione corrispondente a oltre il 10% della popolazione nazionale, che di per sé riflette il livello di concentrazione della popolazione urbana del paese. In altre parole, i dati demografici indicano un Paese urbano, con una popolazione concentrata nelle grandi città, proprio dove pulsa maggiormente il teatro delle lotte sociali e dove ci sono le esigenze più represse della popolazione. Per avere un'idea del grado di urbanizzazione del Paese e della configurazione del mondo del lavoro, è importante sottolineare che l'insieme della popolazione occupata, costituita da circa 93 milioni di persone, solo 13,4 milioni sono legati alle attività agricole, mentre 80,5 milioni sono legati ad attività non agricole. (Tabella 3).
Tabella 3 – Persone occupate con 15 o più anni, a seconda dell'attività
(1000 persone)




Brasile Nord Nord-Est Sud-Est Sud Centro-Ovest
Agricola 13368 1644 5874 2908 2078 864
Dipendenti 4110 350 1505 1332 477 446
Autonomi 3915 637 1656 673 756 194
Imprenditori 313 29 98 96 42 47
Non remunerati 1491 279 643 214 315 40
Lavoratori autoconsumo 3540 350 1972 594 487 137
Non agricola 80547 5774 17814 37765 12645 6549
Impiegati 54218 3550 11122 26312 8795 4438
Lavoratori domestici 6355 432 1513 3007 871 533
Autonomi 15596 1428 4223 6564 2162 1219
Imprenditori 3251 173 564 1563 652 299
Non remunerati 1056 182 367 295 158 54
Lavoratori nella costruzione per proprio uso 70 8 24 24 8 6
Fonte: PNAD 2012

Proprio come il capitalismo monopolista ha concentrato le imprese e le persone nelle grandi città, ha concentrato anche il proletariato. La popolazione occupata del Paese è composta da 93.900.000 persone, con 19,6 milioni di lavoratori autonomi e di 3,6 milioni di imprenditori. L'insieme dei lavoratori brasiliani è composto da un totale di 64,7 milioni, comprendente i lavoratori domestici, in quanto il proletariato è costituito da 58.300.000 di salariati (Tabella 4).
Tabella 4 – Persone occupate con 15 o più anni, per grandi regioni
(1000 persone)




Brasile Nord Nord-Est Sud-Est Sud Centro-Ovest
Totale 93915 7417 23688 40673 14723 7414
Dipendenti 58328 3900 12628 27644 9227 4884
Lavoratori domestici 6355 432 1513 3007 871 533
Lavoratori autonomi 19511 2065 5879 7237 2918 1413
Imprenditori 3564 202 662 1659 694 347
Lavoratori autoconsumo 3540 350 1972 594 487 137
Non remunerati 2547 461 1010 508 473 94
Lavoratori nella costruzione per proprio uso 70 8 24 24 8 6
Fonte: National Household Survey

La stragrande maggioranza di questi lavoratori (60,8%) vivono nelle regioni del Sud e Sud-Est del Brasile, dove vi sono anche i principali conglomerati economici del Paese. Una delle caratteristiche principali del nuovo proletariato brasiliano è il fatto che il 62,8% lavora nei settori del servizio, commercio e riparazioni, mentre il 16,7% lavora in attività agricole, il 13,5% nell'industria e il 7,8% nelle costruzioni. In altre parole, il 38,2% è legato direttamente alla produzione, mentre il 62,8% lavora nei servizi in generale (Tabella 5). Come in tutte le economie sviluppate, il numero totale dei lavoratori nel settore dei servizi è quasi il doppio dei lavoratori direttamente impegnati nella produzione. In altre parole, la maggior parte del nuovo proletariato lavora nel settore dei servizi e vive in grandi città. Forse, questo spiega il perché le grandi manifestazioni di luglio non furono costituite da settori della classe media, ma da giovani proletari precarizzati del settore.
Tabella 5 – Persone occupate con 15 o più anni, secondo l'attività di lavoro principale

(1000 persone)


Settore di attività Brasile Nord Nord-Est Sud-Est Sud Centro-Ovest
Totale 93915 7417 23688 40673 14723 7414
Agricola 13368 1644 5874 2908 2078 864
Industria 13161 761 2155 6564 2851 830
Costruzione 8218 686 2038 3611 1257 625
Commercio e Riparazione 16688 1321 4223 7147 2558 1439
Trasporto, stoccaggio e comunicazione 5252 361 1068 2585 816 422
Amministrazione pubblica 5178 556 1361 2015 658 588
Istruzione, salute e servizi sociali 9100 687 2185 4226 1287 715
Servizi domestici 6355 432 1513 3007 871 533
Altri servizi collettivi,sociali e personali 3748 248 846 1825 525 304
Altre attività 8307 360 129 4668 1237 747
Attività mal definite 69 14 20 25 5 5
Fonte: PNAD 2012

L'insieme della classe lavoratrice del Paese ha un profilo molto diverso dal proletariato tipico del periodo fordista, non solo in termini di occupazione, ma anche in termini generazionali, di formazione scolastica e professionale. Si tratta di un proletariato giovane, a stragrande maggioranza tra i 18 e i 35 anni che ha studiato almeno il doppio dei lavoratori del periodo di ascesa delle lotte negli anni '70: oltre il 60% di questi lavoratori ha più di otto anni di studio e che il 48,2% hanno oltre 11 anni di studio (Tabella 6).
Tabella 6 - Popolazione attiva con 15 anni e più anni di studio
(1000 persone)




Brasile Nord Nord-Est Sud-Est Sud Centro-Ovest
Totale 93915 7417 23688 40673 14723 7414
Senza Istruzione e meno di un anno 6247 679 3169 1493 464 441
1 a 3 anni 6844 796 2675 2068 838 467
4 a 7 anni 19286 1615 5122 7623 3501 1426
8 a 10 anni 16152 1278 3615 7024 2865 1370
11 e più anni 45260 3019 9071 22438 7032 3701

Fonte: PNAD 2012

Una questione importante da considerare è: quasi tutto il proletariato attuale ha iniziato la sua attività nel mercato del lavoro nel periodo di riflusso delle lotte sociali, l'egemonia del neoliberismo e la direzione politica del Partito dei Lavoratori. Pertanto, durante l'offensiva contro i diritti e gli interessi dei salariati, la frammentazione del movimento sindacale, la cooptazione dei movimenti sociali, l'affievolimento della lotta di classe e la diffusione ideologica della ricerca di soluzioni individuali per la risoluzione dei problemi dei lavoratori. Si tratta di un proletariato che non è passato attraverso la scuola della lotta di classe e quindi non ha ancora acquisito l'esperienza dello scontro con il capitale. Una delle conseguenze di questa situazione è il livello di sindacalizzazione della popolazione occupata: anche tenendo conto del fatto che in questo gruppo sono inclusi i lavoratori autonomi, gli imprenditori e altre categorie non direttamente salariate, il risultato dimostra davvero un tasso molto basso di sindacalizzazione: dei 93,9 milioni di occupati, solo il 16,7% è sindacalizzato, mentre l'83,3% non ha alcun legame associativo con i sindacati (Tabella 7).
Tabella 7 - Popolazione attiva, secondo associazione a un sindacato 2012

 
(1000 persone)



Brasile Nord Nord-Est Sud-Est Sud Centro-Ovest
Totale 93915 7417 23688 40673 14723 7414
Sindacalizzati 15728 1080 4507 6237 2914 990
Non sindacalizzati 78188 6338 19181 34436 11809 8424
Fonte: PNAD 2012

Le condizioni di lavoro della stragrande maggioranza del proletariato brasiliano sono precarie e una parte importante svolge una giornata di lavoro dove non c'è rispetto alcuno per i diritti minimi già conquistati da più di un secolo da parte dei lavoratori, come il riposo domenicale e la settimana di 40 ore. Circa un terzo dei lavoratori ha una giornata di lavoro di 45 ore settimanali. Per comprendere le drammatiche condizioni di lavoro di un enorme parte di salariati delle grandi città, basta dire che nel commercio, nei centri commerciali, nei call center, per esempio, che coinvolgono circa 20 milioni di salariati, questi lavoratori passano praticamente la propria vita. Lavorano da domenica a domenica, in un regime di orari flessibili, dove la giornata è definita dagli interessi del capitale, dove perdono completamente il controllo della loro vita sociale riguardo alla famiglia, figli o  amici.

Altri due aspetti drammatici della vita del proletariato delle grandi metropoli è la bassa remunerazione, fatto tipico dell'economia brasiliana, soprattutto a partire dall'attuazione della dittatura militare, quando essa promosse a ferro e fuoco una economia di bassi salari, un processo che ha viziato le classi dominanti e che è proseguito nel periodo democratico approfondendosi nel periodo del neoliberismo. Circa il 72% dei salariati, pari a un universo di 46,7 milioni di lavoratori, più di due terzi della manodopera occupata, guadagna fino a 3 salari minimi, mentre 18,2 milioni ricevono solo un salario minimo (Tabella 8 ). I bassi salari pagati nell'economia brasiliana sono in contraddizione aperta con il grado di sviluppo dell'economia brasiliana, dal momento che in Brasile gli imprenditori possiedono uno dei più alti tassi di profitto del mondo industriale, ma pagano anche uno dei salari più bassi delle economie industrializzate.
Tabella 8 - I dipendenti con 15 o più anni, secondo il reddito mensile da lavoro principale

 
(1000 persone)


Classe di rendimento mensile Brasile Nord Nord-Est Sud-Est Sud Centro-Ovest
Totale 64683 4332 14140 39651 10143 5417
Fino a 1 salario minimo 18269 1706 7792 5735 1755 1280
Più da 1 a 2 salari minimi 20516 1544 4013 13702 4943 2314
Più da 2 a 3 salari minimi 7934 399 863 4355 1617 700
Più da 3 a 5 salari minimi 6189 389 753 3418 1086 543
Più da 5 a 10 salari minimi 2843 161 357 1565 430 330
Più da 10 a 20 salari minimi 940 38 122 533 126 122
Più di 20 salari minimi 250 8 25 144 31 42
Senza rendimento 27 1 6 14 5 1

Fonte: PNAD 2012

Anche dal punto di vista della legalità del lavoro, la cui istituzionalizzazione fu definita nei primi anni '40 del secolo scorso, con la promulgazione del CLT (Consolidamento delle Leggi del Lavoro), la maggioranza dei lavoratori brasiliani non sono protetti: dei 64,7 milioni di salariati, solamente 39,1 milioni hanno il libretto del lavoro, mentre 18,6 milioni non sono garantiti dalla legislazione lavorativa e 7 milioni sono militari e funzionari statali (Tabella 9). Un'altra delle conseguenze di questa situazione è il fatto che questi lavoratori senza garanzie non ricevono ferie, tredicesima, FGTS (Fondo di Garanzia per Tempo di Servizio), oltre ad altri diritti versati ai lavoratori con libretto.
Tabella 9 - Lavoratori di 15 e più anni, con e senza libretto




Brasile Nord Nord-Est Sud-Est Sud Centro-Ovest
Totale 64683 4332 14140 30651 10143 5417
Con libretto del lavoro assegnato 39096 1852 6341 20770 6945 3188
Altri senza libretto assegnato 18611 1765 6092 7016 2231 1508
Militari e funzionari statali  6976  715  1707  2866  967  721

Fonte: PNAD 2012

Inoltre, questo proletariato deve affrontare anche una mobilità urbana straziante, che costringe ogni lavoratore a circa quattro ore per andare e tornare dal lavoro. Quando il giovane proletario studia di notte, come succede a circa sei milioni di studenti, il suo ritorno a casa è intorno all'una. Dorme appena quattro / cinque ore, perché deve alzarsi molto presto per affrontare il trasporto caotico in autobus e metropolitane affollate. Questo proletariato si alimenta anche male, poiché l'
alimentazione che ricevono dalle imprese, quando la ricevono, non è sufficiente per realizzare un pasto in un ristorante.

Ossia, i lavoratori delle grandi metropoli, affrontano il caos urbano, le cattive condizioni di salute, guadagnano salari bassi, si alimentano male, dormono poco e hanno poco tempo libero. Convivono ogni giorno con la violenza della polizia e una classe dominante ottusa che considera ancora la questione sociale come questione di polizia. Vivendo in queste condizioni non è sorprendente che le manifestazioni di piazza siano caratterizzate da un elevato livello di rabbia dei manifestanti, soprattutto i giovani. Non potrebbe essere altrimenti, dopo tutto sono anni e anni di accumulo di frustrazioni economiche e sociali. La pazienza delle persone ha un limite.

Inoltre, i salariati delle grandi metropoli sono bombardati ogni giorno dalla propaganda nei media, stimolati al consumo di griffe della moda e uno stile di vita incompatibile con il salario di questi lavoratori. Questo va generando bisogni e desideri prodotti artificialmente e nuove frustrazioni quotidiane, perché tutto ciò che viene offerto non possono acquistarlo. In questo modo, si va accumulando, indignazione e rivolta, che può esprimersi nella ricerca di soluzioni individuali, come l'emarginazione, ed  eventi esplosivi, senza obiettivi politici chiari contro il sistema. Non si può chiedere a un giovane proletariato, senza esperienza di lotta, che vive in tali condizioni, che abbia lo stesso comportamento di un esperto militante di sinistra. Questo spiega in gran parte gli eventi che si sono verificati nelle manifestazioni di giugno e i costanti scontri spontanei nei quartieri contro la polizia.

Per comprendere il rapporto tra il nuovo profilo del proletariato brasiliano, le grandi giornate di lotte del mese di giugno e le altre manifestazioni che si vanno realizzando nel Paese, è importante osservare i sondaggi che furono realizzati sugli eventi del mese di giugno 2013. Il IBOPE (Istituto Brasiliano di Opinione Pubblica) ha condotto due indagini nazionali: una per TV Globo, che è stato annunciata dal programma Fantastico, e una per la Confederazione Nazionale dell'Industria. Inoltre, altri due istituti, Inovare a Belo Horizonte, e Clave di Fà, a Rio de Janeiro, hanno condotto la ricerca con i manifestanti, solo che quest'ultimi due per i loro rispettivi Stati, che forniscono ulteriori dettagli sul profilo dei manifestanti e le motivazioni che li hanno portati in piazza.

L'indagine ha rilevato che il 75% della popolazione appoggiavano le manifestazioni e che il 78% dei manifestanti si è organizzato attraverso i social network. Tra i manifestanti interpellati, il 96% non era affiliato ad alcun partito politico, l'83% non si sentiva rappresentato da nessun partito. Un altro dato importante è il fatto che il 46% dei manifestanti non aveva mai partecipato a proteste, il 52% sono studenti e il 43% ha l'istruzione superiore e meno di 24 anni. Secondo il sondaggio, il 38% era in piazza per chiedere il miglioramento del sistema dei trasporti, per altri 30% la motivazione fu politica e il 12% in cerca di migliori servizi sanitari. Chi vuole influire nella realtà deve essere consapevole di questa realtà, poiché le nuove manifestazioni che sono già in atto hanno la stessa base, che può essere espansa con l'emergere in massa dei lavoratori più organizzati nel processo di lotta.
Una Coppa che non è del popolo

In un paese in cui mancano ospedali, centri sanitari e il traffico è una calamità pubblica, le spese faraoniche per la Coppa del mondo di calcio hanno destato un sentimento molto critico su questo evento, dopo tutto l'85% delle spese sono state a carico del governo. Le persone non sono contro la Coppa in sè, ma contro l'abuso delle autorità, la super fatturazione, la corruzione e la priorità delle spese. Per la gente comune, la comprensione è la seguente: non ci sono soldi per la sanità né per l'istruzione, ma hanno i soldi per costruire stadi e ogni giorno nasce un nuovo scandalo di corruzione. C'è qualcosa di sbagliato nel sistema.

Secondo i calcoli del governo, sono stati spesi finora circa 25,6 miliardi R$ (12,8 miliardi dollari US), ma questo numero è molto sottostimato. Altri organismi indipendenti sostengono che le spese raggiungeranno i 40 miliardi R$. Tuttavia, non è solo la spesa per la coppa che fa infuriare la popolazione. Un insieme di altri problemi, legati all'avidità capitalista, all'arroganza della FIFA e alle super fatturazioni delle opere per la Coppa e la repressione della polizia aggiungono maggiore benzina sul fuoco del malcontento popolare.

La Coppa ha intensificato l'appetito della speculazione immobiliare, che si articola per appropriarsi delle aree in prossimità degli stadi, con l'obiettivo di costruire hotels e appartamenti di lusso. Il governo, in alleanza con i grandi costruttori e aziende immobiliari, ha intensificato gli sfratti forzati e lo sfollamento della popolazione povera che vive in queste regioni. Molte favelas situate in queste zone sono state misteriosamente incendiate per costringere i residenti ad uscire. I calcoli dei Comitati Popolari della Coppa, una delle organizzazioni che sta promuovendo le manifestazioni, indicano che circa 250.000 persone sono state espulse dalle aree intorno agli stadi dove si svolgeranno le partite, attraverso la repressione violenta. È diventato un fatto comune che la polizia sfratti intere regioni con i trattori e bulldozer demolendo le case delle famiglie, che picchii uomini, donne e bambini la cui unica colpa è quella di essere residenti in prossimità degli stadi in cui si svolgeranno le partite di Coppa del Mondo.

Queste persone violentemente sfrattate dalle loro case, sono state portate in zone molto remote, dove i servizi di base, come i trasporti, la sanità e l'istruzione sono ancora più precari di quanto lo erano nei luoghi dove originariamente risiedevano. Migliaia di famiglie sono destrutturate, perché gli hanno rubato la vita sociale che hanno tenuto per anni con parenti e vicini e che ora sono gettati a se stessi. Questo spiega in gran parte il potere di mobilitazione e di lotta dei movimenti abitativi nelle grandi metropoli brasiliane, soprattutto a San Paolo e Rio de Janeiro.

Non bastasse questa violenza contro la popolazione dei quartieri poveri delle grandi metropoli, le metropoli stesse sono diventate ostaggio della FIFA. Per soddisfare gli interessi mercantili dei cartelli del calcio, il governo ha approvato la Legge Generale della Coppa, una serie di disposizioni che rappresentano un vero e proprio intervento della FIFA nel Paese, il cui scopo è quello di garantire che la coppa sia un business molto redditizio per la FIFA, per i principali sponsor della coppa e una serie di corporations imprenditoriali che ricevono fondi pubblici per costruire stadi e organizzare gli eventi.

La Legge Generale della Coppa è una escrescenza giuridica, un attentato alla sovranità nazionale e una aperta violazione ai diritti e garanzie della popolazione. Praticamente trasforma il Paese in uno Stato di emergenza durante la Coppa. Questa legge istituisce zone di esclusione di due chilometri intorno gli stadi, in cui solo gli sponsor e le società a esse collegate possono commercializzare qualsiasi tipo di prodotto - sono chiamate zone pulite, esclusive della FIFA. Tutto il commercio di strada è proibito in queste enclave calcistiche. Nei giorni delle partite nelle 12 città sedi della coppa la circolazione di auto e pedoni è limitata. In città come Salvador e Rio de Janeiro i residenti riceveranno "credenziali" per poter entrare e uscire di casa. Sono stati creati nuovi reati per colpire chi utilizza i simboli della coppa, senza il permesso della FIFA. Inoltre, l'Unione diventa responsabile per eventuali danni causati da fenomeni naturali o incidenti connessi all'evento che vanno a pregiudicare la FIFA e la stessa FIFA è esentata dal pagamento delle spese di giudizio.

Questa è inoltre una coppa dei ricchi, perché si espelle il popolo dagli stadi: il prezzo dei biglietti per le partite di calcio è proibitivo per il lavoratore. L'euforia di vedere la coppa del mondo nel proprio paese non sarà possibile, poiché la FIFA ha rapito l'allegria della popolazione. Ha trasformato il calcio in un business dove solo i ricchi possono godere. E si vede dai prezzi del biglietto. Ci sono quattro categorie: i più economici, categoria 4, hanno un costo di 50 dollari US; categoria 3, costano 100 dollari US; per chi vuole biglietti categoria 2, il prezzo è di 450 dollari US; e l'ultima delle categorie, categoria 1, i biglietti hanno un costo di 900 dollari US. Si tratta di prezzi proibitivi per la maggioranza assoluta della popolazione, che potrà solo guardare le partite in televisione. Un'altra frustrazione che alimenterà la rivolta della popolazione.

Mentre il governo ha già rilevato la profonda insoddisfazione della popolazione, ha preparato un apparato repressivo, come se il Paese fosse in tempo di guerra. Sono migliaia i soldati dell'Esercito, della Forza Nazionale e delle Polizie Militari, armati con le più moderne armi per occupare le strade e reprimere le manifestazioni. Le forze di polizia d'assalto, l'avanguardia repressiva, sembrano robocops con licenza di giocare con i gas lacrimogeni, spray al peperoncino, bombe dissuasive, proiettili di gomma, che arrestano arbitrariamente i manifestanti e sparano contro la popolazione inerme, come è accaduto nel mese di giugno. Tale contingente è aiutato da un corpo speciale, chiamato
truppa ninja, formato da centinaia di esperti di arti marziali, mascherati tra i manifestanti e il cui unico obiettivo è quello di colpire e dominare i manifestanti.

Per dare una facciata legale a questa repressione, il governo ha approvato un decreto che stabilisce le norme per garantire la legge e l'ordine durante la Coppa del Mondo, un vero AI-5 standard FIFA, che ricorda i giorni più bui della Sicurezza Nazionale e la dittatura. Questa ordinanza considera tutti i manifestanti come
nemici interni e li assimila a membri delle gang. Inoltre, prevede lunghe pene per i manifestanti che bloccheranno vie pubbliche, chiuderanno strade, realizzeranno scioperi. Si tratta di una legge di eccezione che sospende le garanzie e diritti previsti dalla Costituzione stessa. Tutto questo è stato fatto dal governo del Partito dei Lavoratori e dalla sua base alleata per assicurare la commercializzazione del calcio, i profitti del grande capitale e della FIFA.La rivolta latente, che comincia ad apparire di nuovo per le strade

Come si può osservare, l'insieme delle contraddizioni che coinvolgono la società brasiliana, così come l'insoddisfazione che è in gestazione nella popolazione, stanno venendo in superficie dopo un

lungo processo di maturazione. Il Brasile attualmente può essere paragonato ad una grande pentola a pressione pronta ad esplodere, in particolare con il completamento della Coppa del Mondo e le elezioni. Il rispetto spontaneo dell'ordine, l'obbedienza consentita delle grandi masse e la coesione sociale imposta dalla disciplina del capitale si sta deteriorando rapidamente. Si trova sempre più diffusa l'insofferenza generalizzata della popolazione nei confronti del potere pubblico e una furia su tutto ciò che è collegato alle istituzioni, sia pubbliche che private, dato che il modello economico e sociale imposto in Brasile in questi ultimi tre decenni ha bloccato i canali di espressione sociale, di rappresentanza e mediazione delle richieste popolari. Così la Coppa del Mondo è solo il catalizzatore della rivolta latente della popolazione.

Nel Paese del calcio, dove lo sport è una passione nazionale, ricerche recenti indicano che oltre il 40% della popolazione critica la realizzazione della Coppa del Mondo e le spese astronomiche realizzate per la costruzione di stadi e altre opere legate all'evento, oltre al fatto che il 66% pensa che il mondiale porterà più danni che benefici alla popolazione. Questo è un dato che mai si è constatato nella storia del Brasile, dove il popolo brasiliano ama il calcio, ama la "seleção". Nei periodi di coppa del mondo è solito per le persone dipingere le strade e i muri delle case con la bandiera brasiliana; si crea un clima di gioia in relazione alla seleção. Ma questo non accade oggi: alla vigilia dell'inizio della coppa sono rare le case e le vie dipinte e non c'è nessuna euforia tra la popolazione. Questo perché le esigenze e negligenza delle autorità pubbliche in relazione alle richieste popolari represse hanno cambiato la percezione della popolazione sulla realizzazione della Coppa in Brasile.

Non si possono non includere altri motivi di insoddisfazione popolare. Elementi economici e sociali stanno diventando sempre più chiari alla popolazione. Come si può spiegare che un Paese che ha la settima più grande economia del mondo, dove oltre 50 milioni di persone vivono in condizioni di povertà e ottenengono briciole di programmi di compensazione sociale? Come si può capire che un Paese che possiede terra e acqua in abbondanza, sole tutto l'anno, praticamente tutte le materie prime necessarie per produrre beni e servizi, abbia una pressione fiscale del 34% del PIL e servizi pubblici come l'istruzione, la salute e servizi igienico-sanitari, così precari come i paesi più poveri del mondo. Come si può spiegare la perversa distribuzione del reddito, in cui il 10% più ricco possiede il 42,5% del reddito e il 50% più povero possiede meno reddito rispetto al 5% più ricco? Questa è la base materiale su cui pervade il malcontento della popolazione e la coppa è solo il pretesto che le persone trovano per dimostrare la loro indignazione.

I primi sintomi della rivolta latente sono venute in superficie con le manifestazioni di giugno, il cui processo ha aperto un nuovo ciclo di lotte sociali in Brasile. Milioni di giovani proletari hanno debuttato nella lotta di classe e hanno innalzato nuovamente le strade come palcoscenico dei cambiamenti. Queste manifestazioni, essendo sostanzialmente spontanee, non hanno avuto un chiaro obiettivo o un orientamento anti-capitalista. Riflettono solo l'indignazione del popolo contro l'ordine stabilito. Ma sono state in grado di cambiare la psicologia delle masse e la propaganda sul benessere del paese. Con le lotte di giugno la popolazione ha perso la paura di manifestare e ha imparato che solo la lotta può ottenere risultati, come ad esempio l'abrogazione dell'aumento dei biglietti dei trasporti, che fu l'innesco degli eventi del giugno 2013.

E' importante sottolineare che le lotte popolari non hanno smesso con il ciclo aperto nel mese di giugno. Hanno cambiato solo palcoscenico e forma. Invece di esprimersi nelle starde le lotte si sono espresse nei quartieri, nelle occupazioni urbane e rurali, negli scontri con la polizia, in manifestazioni contro i precari servizi pubblici. Anche le inondazioni sono state motivo di manifestazione, soprattutto nelle grandi città. Si può constatare chiaramente uno sfilacciamento del tessuto sociale, perché la lotta popolare ora contiene un elemento di violenza molto forte. Ogni motivo è sufficiente per contestare l'ordine o farsi giustizia con le proprie mani. La violenza è divenuta routine durante le manifestazioni dei quartieri periferici.

Ogni giorno, in alcune regioni delle grandi città, la popolazione fronteggia la polizia, chiude le strade e viali, brucia gli autobus (solo a San Paolo quest'anno sono stati bruciati 80 autobus), depreda treni e metropolitane, saccheggia negozi e supermercati, occupa edifici abbandonati e terreni urbani. Anche gli adolescenti dalla periferia trovano una forma per protestare, con i cosiddetti "rolezinhos", movimento in cui la gioventù adolescente della periferia va a migliaia nei centri commerciali per incontrarsi e divertirsi. In questi templi del consumo, questi giovani della periferia non sono i benvenuti perché il loro modo di vestire, il loro linguaggio e comportamento è diverso dai frequentatori del lusso e causa paura ai proprietari che chiamano la polizia per reprimere duramente i ragazzi o chiudono i negozi quando hanno notizia che ci saranno "rolezinhos" nei loro centri commerciali.

Tuttavia, è importante evidenziare che queste lotte sono ancora piuttosto frammentate e fondamentalmente rappresentano una risposta spontanea alla brutalità con cui la polizia tratta la gente della periferia e una protesta a causa del disprezzo con cui le persone vengono trattate dalle autorità governative. Ma in ogni lotta c'è la sensazione diffusa che le cose non possono continuare come sono, che il cambiamento è urgentemente necessario. Con questo sentimento diffuso, quando diventa generalizzato, come inizia a verificarsi adesso, ogni scusa è sufficiente per la lotta sociale. In altre parole, la lotta di classe sta cambiando anche di livello in Brasile, per la costernazione delle classi dominanti, prima abituati al mito che il popolo brasiliano era pacifico e ordinato e che cercava di esorcizzare la sua indignazione nella samba, nel carnevale e nel calcio.

Nella seconda metà di maggio di quest'anno, alla vigilia della Coppa del Mondo, il movimento sociale ha ottenuto un nuovo protagonsista: l'ingresso dei lavoratori organizzati nella lotta. È interessante notare che lotte organizzate dei lavoratori si erano già verificate dopo il giugno 2013, ma ancora solo in forma embrionale, come nel caso dello sciopero vittorioso dei spazzini a Rio de Janeiro, in pieno carnevale, nello sciopero nel Complesso Petrolchimico di Rio a gennaio (le cui assemblee hanno radunato 20 000 lavoratori) e gli autisti d'autobus di Porto Alegre. Tutti questi scioperi hanno mantenuto lo stesso schema: si sono tenuti in assenza dei sindacati governativi, che hanno fatto di tutto per smobilitare il movimento, compresa l'alleanza con il governo, i datori di lavoro e la polizia.

In questo momento, a qualche giorno dall'apertura del mondiale, un'ondata di manifestazioni e scioperi si diffondono in tutto il Paese. Attualmente sono in sciopero gli insegnanti della città di San Paolo, gli insegnanti della rete municipale e statale di Rio de Janeiro, professori universitari. I conducenti degli autobus di San Paolo e delle città metropolitane hanno anch'essi incrociato le braccia, così come quelli di varie città del paese; anche le polizie militari di Bahia hanno condotto uno sciopero in questo mese, così come gli agenti di polizia di 13 stati. Sono inoltre programmate una serie di nuovi scioperi in diverse categorie, che promettono un giugno con molta lotta, proprio nel primo anniversario delle manifestazioni di massa dello scorso anno. Il 15 maggio ci sono state manifestazioni contro la Coppa in 12 stati, e il Movimento dei Lavoratori Senza Tetto (MTST) va fustigando quotidianamente il governo, con occupazioni di edifici, terreni urbani, così come l'occupazione delle sedi di importanti imprese responsabili della costruzione di stadi e opere d'infrastruttura degli eventi.

Un nuovo tipo di sciopero ha avuto luogo a San Paolo, quando gli autisti di autobus della città hanno organizzato uno sciopero a sorpresa, un giorno dopo la firma dell'accordo tra l'associazione padronale e il Sindacato dei Lavoratori che non è altro che un sindacato di gestione. La base, senza alcun sostegno ha fermato per due giorni la città di San Paol, lasciando nella disperazione sia il datore di lavoro che il sindacato concertativo, la polizia e le autorità governative. Lo sciopero di base, che ha sorpreso tutti, ha avuto l'adesione della maggioranza assoluta della categoria, ma né le autorità né la polizia avevano idea di chi fossero i leader o gli interlocutori.

Come sempre accade in queste occasioni, il sindaco di San Paolo, del PT, è andato in pubblico dicendo che non capiva le ragioni del movimento, che questo tipo di sciopero senza preavviso era inammissibile, che gli scioperanti si comportavano come sabotatori, che hanno usato tattiche di guerriglia. In questo sciopero, gli autisti hanno fermato gli autobus ai capolinea, rimuovendo le chiavi e rendendo impossibile la circolazione e hanno allineato anche gli autobus sui viali principali impedendo il traffico. L'ironia di questa situazione è l'impreparazione delle autorità, che non hanno potuto reprimere gli scioperanti perché a quanto pare non avevano capi visibili, non hanno realizzato picchetti e perfino non hanno presentato una lista di richieste, salvo alcune interviste di autisti che criticano l'accordo da parte del sindacato. Sono le nuove forme di lotta di classe in Brasile.

La tendenza della lotta sociale in Brasile è di intensificarsi con l'avvicinamento del periodo della Coppa. Si amplieranno le manifestazioni di piazza e gli scioperi dei lavoratori, perché la ragione di protestare non manca. Si potrebbe anche dire che si diffonde nel sottofondo sociale, senza che sia ancora percepito, un processo di disobbedienza civile stimolato dalla furia e dall'indignazione della popolazione. Queste lotte hanno un immenso potenziale e possono evolvere ad un livello più organizzato nella misura in cui le forze della sinistra rivoluzionaria conquistano spazio tra i lavoratori e la popolazione. Non è escluso che le lotte sociali che hanno avuto inizio con gli eventi del giugno 2013 e che si sono consolidate con le manifestazioni e gli scioperi di maggio e i prossimi di giugno 2014, possano aprire uno spazio privilegiato per la costruzione di uno sciopero generale con una piattaforma di cambiamenti che metta in discussione i principali postulati dell'attuale modello economico e sociale brasiliano.

Di fronte a una situazione di questa natura, sono le forze rivoluzionarie che devono contribuire con la loro esperienza per aiutare ad organizzare i lavoratori già raggruppati nei sindacati e nelle principali entità dei movimenti sociali, organizzare i lavoratori e la popolazione ancora disorganizzata e cercare un processo di costruzione di una contro-egemonia anticapitalista, in grado di costruire un altro percorso per il Paese e soddisfare le principali rivendicazioni popolari.

Note:
1) Si presuppone qui un concetto ampio del proletariato come tutti coloro che sono costretti a vendere la loro forza lavoro per sopravvivere, che ha contraddizioni con il capitalismo e che non sono funzionali del capitale. E' vero che c'è una distinzione tecnica tra lavoratori direttamente legati nella produzione e gli altri lavoratori, ma il capitalismo globalizzato sta avvicinando sempre più tutti i salariati in funzione delle proprie contraddizioni.
[NB] In Brasile chiamano reddito qualsiasi tipo di reddito, compreso i salari.

* Dottorato in economia all'Università Statale di Campinas, con il post-dottorato presso l'Istituto di Filosofia e Scienze Umane della stessa istituzione. È autore, tra gli altri, di La globalizzazione e il capitalismo contemporaneo (Espressione Popolare, 2009), La crisi economica globale, La globalizzazione e il Brasile (Edizioni ICP, 2013). Oltre professore universitario, è direttore di ricerca presso l'Istituto Caio Prado Junior, uno dei redattori delle riviste Novos Temas e membro del Comitato Centrale del PCB.






Edmilson Costa * | resistir.infopcb.org.br
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolar