domenica 6 aprile 2014

Quando rinsaviranno gli americani?


Ucraina e Jugoslavia
 
"A volte ho la sensazione che da qualche parte, nell'enorme palude statunitense, qualcuno in laboratorio conduca esperimenti, come sui ratti, senza realmente comprendere le conseguenze di quello che sta facendo". Vladimir Putin, 4 Marzo 2014. Cinque anni fa, scrissi un articolo per una conferenza di Belgrado in commemorazione del decimo anniversario dall'inizio dei bombardamenti NATO in Jugoslavia. In questo documento ho evidenziato che la disintegrazione della Jugoslavia era un laboratorio sperimentale per perfezionare le varie tecniche che sarebbero poi state utilizzate nelle cosiddette "rivoluzioni colorate" o in altre operazioni di "cambio di regime" contro i leader considerati indesiderabili dal governo degli Stati Uniti. A quel tempo, avevo in particolare sottolineato le analogie tra la regione della Krajina dell'ex Jugoslavia e l'Ucraina. Ecco quanto scrivevo all'epoca:

Dove sono scoppiate più violentemente le guerre che hanno determinato la disintegrazione della Jugoslava? In una regione chiamata Krajina. Krajina significa terra di confine. Così l'Ucraina: una varietà dello stesso ceppo slavo. Sia la Krajina che l'Ucraina sono terre di frontiera tra cristiani cattolici in occidente e cristiani ortodossi in oriente. La popolazione è divisa tra chi a oriente desidera rimanere legato alla Russia e chi a occidente è attratto dalle terre cattoliche. Ma in Ucraina nel suo complesso, i sondaggi mostrano che circa il settanta per cento della popolazione è contraria all'adesione NATO. Eppure gli Stati Uniti e i suoi satelliti continuano a parlare del "diritto" dell'Ucraina di aderire alla NATO. Non si parla mai del diritto di non aderire alla NATO.

Condizione per l'Ucraina di adesione alla NATO è l'estromissione delle basi militari straniere dal territorio ucraino. Ciò implica espellere la Russia dalla sua storica base navale a Sebastopoli, essenziale per la flotta russa nel Mar Nero. Sebastopoli è sulla penisola di Crimea, abitata da russi patriottici e diventata parte amministrativa dell'Ucraina nel 1954 per volere di Nikita Krusciov, un ucraino.

All'incirca quanto aveva fatto Tito, un croato, che assegnò quasi tutta la costa adriatica della Jugoslavia alla Croazia, rafforzandone i confini amministrativi a danno dei serbi.

Siccome le stesse cause possono generare effetti simili, l'insistenza degli Stati Uniti sulla "liberazione" dell'Ucraina dall'influenza russa può generare le stesse conseguenza dell'insistenza occidentale nel "liberare" i croati cattolici dai serbi ortodossi. Ossia la guerra. Ma invece che una piccola guerra contro i serbi, che non disponevano né di mezzi né della volontà a combattere l'Occidente (dal momento che si pensavano maggioritariamente parte di esso), una guerra in Ucraina significherebbe una guerra con la Russia. Una superpotenza nucleare che non resterà passivamente ad osservare gli Stati Uniti muovere la loro flotta e le loro basi aeree ai bordi del territorio russo, sia nel Mar Nero che nel Mar Baltico, per terra, mare e aria.

Ogni giorno, gli Stati Uniti si impegnano nell'espansione della NATO, addestrando forze,
costruendo basi, definendo accordi. Questo va avanti costantemente, ma è scarsamente riportato dai media. I cittadini dei paesi della NATO non hanno idea dell'impresa in cui sono coinvolti. (...) La guerra era facile quando significava la distruzione di una Serbia inerme e innocua, senza vittime fra gli aggressori della NATO. Ma quando il belligerante è una superpotenza con un arsenale nucleare a disposizione, la cosa non è così divertente."

Così, eccoci cinque anni più tardi da quel mio articolo, e io mi accingo a partecipare ad un'altra commemorazione di Belgrado, questa volta del quindicesimo anniversario dall'inizio dei bombardamenti NATO in Jugoslavia. E questa volta, non ho davvero nulla da dire. Altri, più autorevoli, dal professor Stephen Cohen a Paul Craig Roberts, hanno già detto le stesse cose, più e più volte. Molti di noi hanno messo in guardia contro la pericolosa follia di cercare di provocare costantemente la Russia, arruolando suoi vicini in un'alleanza militare in cui il nemico non poteva che essere... la Russia. Di tutte le nazioni vicine alla Russia, nessuna è più organicamente legata alla Russia per lingua, storia, realtà geopolitica, religione e sentimenti. Il sottosegretario di Stato USA per l'Europa e l'Eurasia, Victoria Nuland, ha apertamente vantato che gli Stati Uniti hanno speso cinque miliardi di dollari per guadagnare influenza in Ucraina, più propriamente per allontanare l'Ucraina dalla Russia, in un'alleanza militare con gli Stati Uniti. Non è più un segreto che Nuland abbia intrigato persino contro gli alleati europei, che nutrivano un'ambizione meno brutale, sostituendo il presidente eletto col protetto dagli Stati Uniti: "Yats", come la sottosegretaria chiama Yatsenyuk, in effetti è stato prontamente installato nel governo di estrema destra instauratosi dopo le azioni violente perpetrare da parte di uno dei pochissimi movimenti fascisti violenti che ancora sopravvivono in Europa.

È vero, i media occidentali non riportano tutti i fatti a loro disposizione. Ma sulla rete viaggiano le informazioni. E nonostante questo, i governi europei non protestano, non ci sono manifestazioni di piazza, gran parte dell'opinione pubblica sembra accettare l'idea che il cattivo della storia sia il presidente russo, accusato di impegnarsi in un'aggressione non provocata contro la Crimea, quando in effetti sta rispondendo ad una delle provocazioni più clamorose della storia.

I fatti ci sono. I fatti sono eloquenti. Cosa posso dire che non dicano i fatti?

Quindi, fino ad ora, sono rimasta senza parole davanti a quella che mi pare una totale follia. Tuttavia, alla vigilia del mio viaggio a Belgrado, ho accettato di rispondere alle domande del giornalista Dragan Vukotic per il quotidiano serbo Politika. Ecco l'intervista.
D. Nel suo saggio Fools' Crusade: Yugoslavia, NATO, and Western Delusions, aveva illustrato un atteggiamento diverso sul bombardamento della Jugoslavia da parte della NATO rispetto molti dei suoi colleghi intellettuali in Occidente. Cosa l'ha spinta a trarre una simile conclusione impopolare?

R. Molto tempo fa, come studente dell'area russa, ho trascorso diversi mesi in Jugoslavia, vivendo in un ostello per studenti a Belgrado e ho fatto amicizie. Mi sono rivolta a questi vecchi amici per avere un loro giudizio, in particolare sulle fonti usate dai giornalisti occidentali. Nutro da sempre interesse sulla politica estera statunitense. Ho cominciato la mia inchiesta sui conflitti in Yugoslavia, leggendo documenti fondamentali, come i discorsi di Milosevic, il memorandum dello studioso serbo Alija Izetbegovic, notando l'inesattezza del modo in cui erano rappresentati sui media occidentali. Non ebbi istruzioni dagli editori, e in effetti i miei editori presto rifiutarono di pubblicare i miei articoli. Non sono stata l'unico osservatore esperto a essere esclusa dalla copertura dei media occidentali.
D. Anche se gli eventi successivi hanno confermato che l'operazione di bombardamento illegale di un paese senza l'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza era completamente sbagliata, i media occidentali mainstream e i politici citano ancora il successo del "modello Kosovo". Cosa commenta?

R. Per loro, è stato un successo, dal momento che costituiva un precedente per l'intervento della NATO. Non avrebbero mai ammesso che si sbagliavano.
D. Apprestandosi all'"intervento umanitario" contro la Siria, l'amministrazione Obama ha riferito che stavano studiando "la guerra aerea della NATO in Kosovo come un possibile modello per agire senza un mandato delle Nazioni Unite".

R. Questo non è sorprendente, dal momento che la fissazione di un simile precedente è stato uno dei motivi di quella guerra aerea.
D. In uno dei suoi articoli si interrogava a proposito della Libia sulla posizione della Corte Penale Internazionale (CPI), rammentando il "modello familiare" nel caso del Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia. Che cosa pensa di questi strumenti di giustizia internazionale e del loro ruolo nelle relazioni internazionali?

R. Nel contesto dei presenti rapporti di forze mondiali, la CPI come i tribunali ad hoc possono solo servire come strumento di egemonia degli Stati Uniti. Tali tribunali penali sono utilizzati solo per stigmatizzare gli avversari degli Stati Uniti. Il ruolo principale della CPI finora è stato di giustificare il presupposto ideologico che esista una "giustizia internazionale" imparziale che ignora i confini nazionali e serve a far rispettare i diritti umani. Come John Laughland ha sottolineato, un tribunale deve essere l'espressione di una particolare comunità che accetta di giudicare i propri membri. Inoltre, questi tribunali non hanno alcuna polizia propria, ma devono fare affidamento sulla forza armata di Stati Uniti, NATO e i loro stati clienti, con il risultato che sono automaticamente esenti da procedimenti giudiziari da parte di questi presunti tribunali "internazionali".
D. Qual è, a suo parere, lo scopo principale di dichiarare il cosiddetto intervento umanitario? Ha più a che fare con l'opinione pubblica nazionale e con i partner internazionali?

D. L'ideologia dei diritti dell'uomo (un concetto discutibile, per inciso, dal momento che i "diritti" devono essere oggetto di accordi politici concreti, non solo esplicitati in concetti astratti) serve sia a scopi nazionali che mondiali. Per l'Unione europea, suggerisce un nazionalismo europeo "leggero" basato sulla virtù sociale. Per gli Stati Uniti, che sono più schietti dell'Europa di oggi nel proclamare il proprio interesse nazionale, l'ideologia dei diritti dell'uomo serve a investire gli interventi stranieri della dignità di crociata, che fa appello agli alleati europei e soprattutto alla loro opinione nazionale, nonché per il mondo anglofobo in generale (Canada e Australia in particolare). È il tributo che il vizio rende alla virtù, fa eco LaRochefoucauld.
D. Spesso si usa la locuzione "Stati Uniti e i suoi satelliti europei". Cosa si intende?

R. "Satelliti" è il termine utilizzato per i membri del Patto di Varsavia. Oggi i governi degli stati membri della NATO seguono Washington docilmente come quelli del Patto di Varsavia seguivano Mosca, anche quando, come nel caso dell'Ucraina, gli Stati Uniti andranno contro gli interessi europei.
D. Come giudica gli accadimenti tra Ucraina e Crimea, soprattutto in termini di relazioni USA-Russia?

R. Le relazioni USA-Russia sono caratterizzate principalmente da una continua ostilità geostrategica statunitense verso la Russia che è in parte una questione di abitudine o inerzia, in parte un'applicazione della strategia di Brzezinski di dividere l'Eurasia al fine di mantenere l'egemonia mondiale degli Stati Uniti e in parte il riflesso della politica israeliana di dominio in Medio Oriente su Siria e l'Iran. Tra le due maggiori potenze nucleari, vi è chiaramente un aggressore e un aggredito. Spetta all'aggressore cambiare rotta se si vuole normalizzare i rapporti. Basta fare un confronto. Forse la Russia esorta il Quebec alla secessione dal Canada in modo che entri in alleanza militare con Mosca? Evidentemente no. Sarebbe un fatto paragonabile, per quanto meno grave rispetto alla recente mossa statunitense guidata da Victoria Nuland di portare l'Ucraina e anche la base navale russa a Sebastopoli, nell'orbita occidentale. La realtà materiale di questa orbita politica è la NATO, che dopo la fine dell'Unione Sovietica ha sistematicamente ampliato la sua agibilità nei paesi attorno alla Russia, con stazioni missilistiche la cui unica funzione strategica sarebbe quella di fornire agli Stati Uniti un ipotetico primo colpo in caso di attacco nucleare ai danni della Russia, e che tiene regolarmente manovre militari lungo i confini russi. La Russia non ha fatto nulla contro gli Stati Uniti e di recente ha fornito al presidente Obama un modo di

salvare la faccia e evitare di andare sotto al Congresso in materia di azione militare contro la Siria: azione che non era voluta dal Pentagono, ma desiderata da una frazione di politici orientati verso Israele, i cosiddetti "neocons". La Russia professa un'ideologia non ostile e cerca normali relazioni con l'Occidente. Che altro può fare? Aspettare che gli americani rinsaviscano.



23/03/2014

Diana Johnstone | counterpunch.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

 tratto da :


 immagine da internet inserite da amministratore blog


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