domenica 8 aprile 2012

Djamel Ameziane: l'inferno della Base Navale di Guantanamo/El infierno de la Base Naval de Guantánamo


Djamel Ameziane: l'inferno della Base Navale di Guantanamo
8 aprile 2012 - Miguel Fernández Martínez giornalista della redazione nord americana di Prensa Latina
Più di un decennio c'é voluto alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) per contestare per la prima volta il governo USA in favore dell'algerino Djamel Ameziane, uno dei prigionieri nella base navale nord americana di Guantanamo.
Quindi molto tempo dopo, il CIDH, di discutibile credibilità e una lunga storia di ingerenza negli affari interni dell'America Latina, insieme con il Centro per i Diritti Costituzionali (CCR con il suo acronimo in inglese) e il Centro per la Giustizia e Diritto Internazionale (CEJIL) hanno deciso di richiedere alla Casa Bianca di porre fine all'ingiusta detenzione di Ameziane.
Incarcerato da oltre 10 anni, senza imputazioni e senza diritto ad un processo equo, si é interposto un ricorso di habeas corpus di fronte alla grave violazione dei suoi più elementari diritti umani.
Sia il CIDH che il CEJIL, con uffici a Washington e strettamente legati alla controversa Organizzazione degli Stati Americani (OSA), hanno unito le loro forze con il CCR, un'organizzazione con sede a New York e fondata nel 1966 da avvocati che rappresentavano i movimenti per i diritti civili, per portare alla luce il caso della ingiusta detenzione di Ameziane.
Secondo il parere espresso negli ultimi giorni di marzo, la Commissione eserciterà la sua giurisdizione sul caso di questo uomo confinato a Guantanamo, e ha sottolineato che non c'é nessun rimedio interno efficace per le vittime di detenzioni ingiuste e altri abusi nella base.
Inoltre esaminerà con attenzione la mancanza del governo degli Stati Uniti per non aver trasferito Ameziane, né qualsiasi altro detenuto a Guantanamo durante l'ultimo anno.
La denuncia riconosce che è il periodo di tempo più lungo senza un trasferimento da quando l'illegale prigione fu aperta nel gennaio 2002, ciò che costituisce una violazione del Diritto Internazionale.
I ricorrenti hanno anche ribadito la necessità di rivedere le misure relative all'applicazione della Legge di Autorizzazione della Difesa Nazionale firmata da Barack Obama il 31 dicembre 2011, che autorizza la detenzione a tempo indeterminato delle persone arrestate e limita il loro trasferimento da Guantanamo.
L'algerino Ameziane è un rifugiato che abbandonò il suo paese nei primi anni novanta, in fuga dalla guerra civile. Ha vissuto in Austria e in Canada, lavorando come chef finché gli si negò il rifugio permanente.
Temendo la deportazione in Algeria, si trasferì in Afghanistan, poco prima dell'invasione statunitense, nell'ottobre del 2001.
Come altre migliaia di profughi, fuggì in Pakistan per sfuggire alla guerra, ma fu detenuto e venduto alle forze USA in cambio di una ricompensa, e trasferito nel territorio arbitrariamente occupato dagli Stati Uniti a Cuba.
Ora, teme di essere riportato al suo paese d'origine, con la possibilità di essere perseguitato a causa della sua etnia berbera e il suo status di detenuto di Guantanamo. L'amministrazione Obama rimpatriò forzatamente due algerini e Ameziane non vuole subire la stessa sorte.
Ameziane spera che un altro paese lo riceva, forse dove possa usare le sue conoscenze del francese, inglese o tedesco, sempre che sia un luogo sicuro. Ma intanto, resterà in attesa di una decisione della Casa Bianca per recuperare la sua libertà.
Riferendosi al caso dell'algerino, il principale avvocato del CCR, J.Wells Dixon, ha dichiarato che "le detenzioni indefinite a Guantanamo non termineranno a meno che la comunità internazionale fornisca rifugi sicuri agli uomini che non possono ritornare ai loro paesi d'origine per paura di essere torturati o perseguitati."
Il caso di Djamel Ameziane potrebbe aiutare a conoscere più a fondo la realtà nascosta dietro il filo spinato della base navale statunitense.
La decisione dell'allora presidente George W. Bush, portò all'affollamento nelle sue caserme di oltre 800 prigionieri provenienti da 42 paesi, accusati di appartenenza alla organizzazione terroristica di Al Qaeda e ai gruppi estremisti talebani.
Si mantiene ancora un limbo giuridico sulla sorte dei 171 prigionieri, che sono privati di ogni opzione legale per difendere i propri diritti, violati impunemente dagli Stati Uniti.
Come una incancellabile macchia per la sua carriera politica rimarrà la promessa, non mantenuta da parte del Presidente Obama, di chiudere il carcere militare di Guantanamo, con cui sedusse milioni di elettori nel 2008.
Le strutture carcerarie nella zona occupata di Guantanamo sono considerate come le ​​più costose del mondo, rimbombando nelle tasche dei contribuenti degli Stati Uniti a ragione di circa 800000 $ all'anno per ogni detenuto. Secondo i dati pubblicati dal quotidiano The Bellingham Herald, tale importo è 30 volte il costo per mantenere un detenuto nelle carceri federali.
Molte persone hanno gridato a gran voce, durante questi 10 anni, che si ponga fine all'inferno di Guantanamo, dopo che innumerevoli denunce hanno confermato che nelle sue strutture si tortura i prigionieri e si violano i loro diritti umani all'applicare l'isolamento. Le prove accumulate contro le procedure utilizzate dai carcerieri USA sono impressionanti.
I rapporti della Croce Rossa Internazionale e documenti trapelati dalla Federal Bureau of Investigation, hanno riconosciuto l'uso di torture basate su tattiche di coercizione fisica e psicologica. Inoltre si conoscono casi di prigionieri costretti a vivere in regime d'isolamento sotto custodia segreta per diversi anni. Sono stati denunciati alimentazioni forzate a prigionieri in sciopero della fame e interrogatori condotti a termine dopo confinamenti, in condizioni estreme di temperatura, luce e rumore, molestie e dolore umano per ottenere una confessione.
Si richiede che il CIDH, oltre a contribuire a liberare questi uomini privati ​​dei loro diritti, ottenga di far sedere gli Stati Uniti sul banco degli imputati, mentre che il mondo e la giustizia sono ancora in attesa.


Djamel Ameziane: El infierno de la Base Naval de Guantánamo
Miguel Fernández Martínez*
Más de una década le tomó a la Comisión Interamericana de Derechos Humanos (CIDH) para impugnar por primera vez al gobierno de Estados Unidos a favor del argelino Djamel Ameziane, uno de los prisioneros de la Base Naval norteamericana de Guantánamo.
Tanto tiempo después, la CIDH , de cuestionable credibilidad y con un largo historial de injerencia en asuntos internos de Latinoamérica, junto al Centro de Derechos Constitucionales (CCR por sus siglas en inglés) y el Centro por la Justicia y el Derecho Internacional (CEJIL) decidieron solicitar a la Casa Blanca poner fin al injusto cautiverio de Ameziane.
Encerrado por más de 10 años, sin cargos y sin derecho a un juicio justo, se interpuso un recurso de habeas corpus ante la flagrante violación de sus más elementales derechos humanos.
Tanto la CIDH como el CEJIL, con oficinas en Washington y vinculadas estrechamente a la controvertida Organización de Estados Americanos (OEA), unieron sus fuerzas con el CCR, una organización con sede en New York y fundada en 1966 por abogados que representaban a los movimientos de derechos civiles, para sacar a la luz el caso del injusto encierro de Ameziane.
Según el dictamen emitido en los últimos días de marzo, la Comisión ejercerá su jurisdicción sobre el caso de este hombre confinado en Guantánamo, y resaltó que no hay ningún recurso interno efectivo para las víctimas de detenciones injustas y otros abusos en la base.
Revisará minuciosamente además, el fracaso del gobierno de Estados Unidos por no transferir a Ameziane, ni a ningún otro detenido en Guantánamo durante este último año.
La denuncia reconoce que es el periodo de tiempo más largo sin una transferencia desde que la ilegal prisión se abrió en enero de 2002, lo que constituye una violación del Derecho Internacional.
Los demandantes reiteraron además la necesidad de revisar las medidas relacionadas con la aplicación de la Ley de Autorización de Defensa Nacional, firmada por Barack Obama el 31 de diciembre de 2011, que autoriza la detención indefinida de los arrestados y restringe su transferencia desde Guantánamo.
El argelino Ameziane es un refugiado que abandonó su país a comienzos de los años noventas, huyendo de la guerra civil. Vivió en Austria y Canadá, trabajando como chef de cocina, hasta que se le negó el refugio permanente.
Temiendo ser deportado a Argelia, se trasladó a Afganistán, poco antes de la invasión de Estados Unidos, en octubre de 2001.
Como otros miles de refugiados, escapó a Pakistán para huir de la guerra, pero fue detenido y vendido a las fuerzas estadounidenses a cambio de una recompensa, y trasladado al territorio ocupado arbitrariamente por Estados Unidos en Cuba.
Ahora, teme ser devuelto a su país de origen, ante la posibilidad de ser perseguido debido a su etnia bereber y su condición de detenido de Guantánamo. La administración de Obama repatrió forzosamente a dos argelinos y no quiere correr la misma suerte.
Ameziane tiene la esperanza de que otro país lo reciba, quizás donde pueda usar sus conocimientos de francés, inglés o alemán, siempre que sea un lugar seguro. Pero mientras, seguirá pendiente a una decisión de la Casa Blanca para recuperar su libertad.
Refiriéndose al caso del argelino, el abogado principal del CCR, J. Wells Dixon, declaró que “las detenciones indefinidas en Guantánamo no terminarán a menos que la comunidad internacional ofrezca hogares seguros a los hombres que no pueden retornar a sus países de origen por temor a ser torturados o perseguidos.”
El caso de Djamel Ameziane quizás ayude a conocer más a fondo la realidad oculta tras las alambradas de la base naval estadounidense.
La decisión del entonces presidente George W. Bush, propició el hacinamiento en sus barracas de más de 800 prisioneros procedentes de 42 países, bajo la acusación de pertenecer a la organización terrorista Al Qaeda y a los grupos extremistas talibanes.
Aún se mantiene un limbo jurídico sobre la suerte de 171 presos, a quienes se les priva de toda opción legal para defender sus derechos, violados impunemente por Estados Unidos.
Como una mancha imborrable para su carrera política, quedará la promesa incumplida por el presidente Obama, de cerrar la prisión militar de Guantánamo, con lo que sedujo a millones de votantes en 2008.
Las instalaciones carcelarias en la zona ocupada de Guantánamo están consideradas como las más costosas del mundo, retumbando en el bolsillo de los contribuyentes estadounidenses a razón de unos 800 mil dólares anuales por cada cautivo.
Según datos publicados por el diario The Bellingham Herald, esta cantidad de dinero constituye 30 veces el costo de mantener a un reo en las prisiones federales.
Muchas voces han clamado durante estos 10 años porque se ponga fin al infierno de Guantánamo, después de que innumerables denuncias corroboraron que en sus instalaciones se tortura a los prisioneros y se violan sus derechos humanos al aplicar el confinamiento solitario. Las evidencias acumuladas contra los procedimientos empleados por los carceleros norteamericanos son impresionantes.
Informes de la Cruz Roja Internacional y documentos filtrados del Buró Federal de Investigaciones, reconocieron el uso de torturas basadas en tácticas de coerción física y psicológica.
También se conocen casos de presos obligados a vivir en régimen de incomunicación bajo custodia secreta durante varios años.
Se han denunciado alimentaciones forzosas a prisioneros en huelga de hambre e interrogatorios llevados a cabo tras confinamientos en condiciones extremas de temperatura, luz y ruido, vejaciones y dolor humano para conseguir una confesión.
Se reclama que la CIDH , además de contribuir a liberar a esos hombres privados de sus derechos, consiga alguna vez sentar a Estados Unidos en el banquillo de los acusados, mientras que el mundo y la justicia continúan esperando.


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