domenica 29 gennaio 2012

Il Brasile divorzia dall'Amazzonia

Il Brasile divorzia dall'Amazzonia
Cosa è successo in Brasile? Non sorprende la nuova normativa che legittima la deforestazione in Amazzonia. Si tratta della constatazione di chi governa il paese: i giganti del settore agrario. Il modello si consolida.
di Baron Francho
La recente decisione del Senato brasiliano di votare massicciamente a favore di un nuovo Codice Forestale che apre le porte all'amnistia per i reati commessi contro la vegetazione prima del luglio 2008, è una notizia terribile per l'Amazzonia e i difensori della natura. Al di là di considerazioni di carattere ambientale, è una notizia terribile anche per coloro che credevano che in Brasile i politici avevano cominciato a modificare la loro distorta visione del servizio pubblico.
Con l'adozione di questo codice, passato lo scorso maggio prima al Congresso ed ora al Senato, è risultato chiaro chi comanda nella prima potenza latinoamericana. Il potente settore agrario, responsabile di una lunga lista di mali che affliggono l'Amazzonia, con a capo la brutale deforestazione e l'esistenza, per nulla residua, di mano d'opera di tipo schiavistico, ha dimostrato la sua capacità di diventare il partito politico più potente del paese.
Infatti, la lobby del settore agrario brasiliano, non ha colore politico e non risponde ad una organizzazione specifica, ma è presente in ogni partito (tranne i verdi) ed è in grado di controllare entrambi i rami del parlamento e gran parte dell'esecutivo. Basta osservare il risultato della votazione: a maggio il Congresso ha approvato una prima versione del nuovo codice con 410 voti a favore e 63 contrari. In Senato, dopo una lunga discussione e aver leggermente ritoccato il testo, senza in alcun modo modificarne l'essenza (leggerezza nei provvedimenti contro coloro che hanno illegalmente disboscato e maggiore flessibilità legale per le future deforestazioni), è stato benedetto con 59 voti a favore e 7 contro.
Ciò che è stato approvato, in realtà, non è un nuovo quadro giuridico per le foreste, ma il modello di sviluppo che il Brasile ha abbracciato negli ultimi anni. Non a caso Marina Silva, che interpreta la parte più decente e credibile dell'attuale politica brasiliana, si è dimessa dalla carica di Ministro dell'Ambiente, in disaccordo con la dirigenza dell'esecutivo. Nel governo di Brasilia prevale l'idea che la priorità del paese è ora quella di raggiungere a tutti i costi il pieno potenziale economico. Ciò richiede, secondo i rappresentanti dei settori agrari, la disponibilità di nuove aree per favorire l'incremento dei raccolti e l'allevamento di bestiame. E' inoltre necessario aumentare la capacità energetica costruendo nuove centrali idroelettriche come quella di Belo Monte, dove le ONG e le organizzazioni ambientali dello Stato del Pará rimangono sul piede di guerra.
Resta da vedere cosa farà il presidente Dilma Rousseff, che deve scegliere tra il veto o dare la sua benedizione al codice per la sua entrata in vigore. Rousseff si è già pronunciata contro una riforma che implichi un maggior livello di deforestazione, anche se, dopo il via libera del Senato, ha mantenuto il silenzio sintomatico delle difficoltà che incontrerà per contrastare questo codice altamente predatorio. O meglio, un modello di sviluppo che naviga con il vento in poppa e che ha posto la conservazione della natura in secondo piano .

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